Versione 678 Dimostrazione scientifica dell’esistenza della leggendaria isola di Atlantide
Usai, Luigi, 2024, “Official discovery of Atlantis v1”, https://doi.org/10.7910/DVN/S36IEQ, Harvard Dataverse, V1
Out of Atlantis theory: il PSCA (Paradigma Sardo Corso Atlantideo) creato dallo scrivente Dr. Luigi Usai, si sta evolvendo fino a sembrare una nuova teoria, la Out of Atlantis Theory: dopo circa 3 anni e mezzo di studi in solitaria, lo scrivente Luigi Usai si sta rendendo conto che sembra quasi che il popolo Atlantideo, che popolava il blocco geologico sardo corso e in particolare le sue paleocoste abbia davvero tentato, come afferma Sonchis di Sais a Solone, di invadere tutto il bacino Mediterraneo, creando colonie in Sicilia, a Malta, a Cipro, ad Atlit Yam, in Libano, Palestina, Mesopotamia, Turchia, Afghanistan e moltissime altre terre come le Canarie e le Azzorre, come si mostra in questa documentazione di oltre 600 pagine. Sembrerebbe da queste mie ricerche che l’Indoeuropeo sia il nome che è stato dato dai linguisti all’Atlantideo: un nugolo di lingue e varianti dialettali creatosi nel blocco geologico sardo corso e parlato dalle popolazioni che vi abitavano, che poi invasero il Mare prepotentemente, conquistando ciò che potevano ed esportando ossidiana, cultura e la vocale U tipica delle lingue atlantidee in tutto il Mediterraneo, in particolare nella toponomastica, onomastica e nelle parlate locali. Usi e costumi si radicano al punto che oggi è impossibile riconoscere la vicinanza originaria della Panada di Assemini con le Panade realizzate dai popoli turchi. Ognuno è convinto di aver inventato lui quel tipo di cibo. Stessa cosa avviene con l’esportazione atlantidea e post-atlantidea (ossia dopo che Atlantide è stata semi-sommersa e son rimasti i suoi due altopiani, Sardegna e Corsica, fuori dal mare a sembrare isole isolate) del formaggio coi vermi, che in Sardegna oggi è chiamato Casu Marzu (Formaggio Marcio), mentre nelle colonie in Francia e altre località d’Europa questo formaggio coi vermi subì modificazioni e sviluppi, come avviene con le mutazioni linguistiche, e ad esempio in Francia il Casu Marzu atlantideo è realizzato anziché coi vermi del formaggio, con gli acari. Insomma, gli usi e costumi atlantidei mutarono adattandosi alle colonie: altro esempio per sociologi e antropologi, sono le maschere Atlantidee dei Mammuthones che nei Paesi Baschi, di origine atlantidea, si chiamano però Joaldùn, ma sono originari di Atlantide. Il linguista basco Eduardo Blasco Ferrer o forse un altro suo collega hanno pensato che il sardo derivasse dal Basco, ma è l’esatto opposto: i Baschi erano una colonia Atlantidea, che quindi parlava la nostra lingua e l’ha mantenuta, mutandola: il che spiega i toponimi di fiumi come Arantza e Arrexi, che in sardo significano Arancia e Radice. Gli altri centinaia di esempi li troviamo già pronti, studiati da linguisti di fama mondiale, per cui lo scrivente Luigi Usai non ha bisogno di dimostrare un fico secco: è già tutto dimostrato da Salvatore Dedola, Blasco Ferrer e moltissimi altri studiosi.
Tornando a monte: per spiegare la civiltà mancante degli Atlantidei del blocco geologico sardo corso, la linguistica si è inventata l’Indoeuropeo. Spero di aver reso un favore alla Scienza ed alla popolazione Umana. Ciao.
Le prove scientifiche più convincenti riguardanti l’esistenza di Atlantide sono state presentate dal Dr. Luigi Usai, il quale ha reinterpretato la leggendaria storia alla luce di evidenze archeologiche, geologiche, geografiche, linguistiche, storiche, oceanografiche, onomastiche e toponomastiche. Ecco un riepilogo delle principali evidenze:
0. Libia e Asia sono Sardegna e Corsica
Libia e Asia sono Sardegna e Corsica.
Fonti scientifiche:
- Erodoto, Storie, IV
- Timeo, Platone
- Crizia, Platone
- Diodoro Siculo 5.20
Atlantide era più grande della Libia e dell’Asia messe assieme, ossia Atlantide era più grande della Sardegna e Corsica messe assieme.
1. Evento Catastrofico
Usai identifica l’evento catastrofico descritto da Platone come la semi-sommersione del blocco geologico sardo-corso, avvenuta circa 11.600 anni fa.
2. Colonne d’Ercole
Le antiche Colonne d’Ercole sono state localizzate a Carloforte dal Prof. Giorgio Saba, suggerendo una diversa interpretazione geografica rispetto a Gibilterra. Luigi Usai usa nelle sue ricerche la scoperta di Saba delle Colonne d’Ercole a Carloforte. Il mondo scientifico quindi sbaglia quando afferma che le Colonne d’Ercole erano a Gibilterra: no, prima di Gibilterra erano a Carloforte, e ci sono ancora.
3. Resti di Elefanti
Sono stati rinvenuti scheletri di mammut in Sardegna, confermando la presenza di grandi fauna, similmente a quanto descritto per Atlantide. Quando Platone afferma che “ad Atlantide vi era la specie degli elefanti” stava quindi parlando dei Mammuthus Lamarmorai.
4. Costruzioni Monumentali
La presenza di oltre 7.000 nuraghe in Sardegna e Corsica riflette tecniche costruttive di tipo Atlantideo, come anche le Domus De Janas, le Tombe dei Giganti, Dolmen, Menhir, Pozzi Sacri etc.
5. Toponimia e Idronimia
La capitale di Atlantide, identificata con Sulcis, è associata a numerosi nomi di luoghi con riferimenti all’acqua, suggerendo un ambiente ricco di risorse idriche. Acquacadda, Acquafredda, Acqua Callentis, S’Acqua callenti de susu e de Baxiu; Is Sais Superiore e Inferiore a Narcao fanno riferimento a Sais in Egitto, e Sais è addirittura un cognome sardo. Acqua e Acquas sono cognomi sardi. Ad Atlantide vi erano legumi, e infatti una località si chiama Nuxis, che significa Noci, chiaro riferimento a un tipo di legume. E’ incredibile come dopo 11600 anni la toponomastica del Sulcis sia ancora piena di riferimenti al mito di Atlantide. E’ stato un autentico miracolo che fino ad oggi non siano stati cambiati questi toponimi, o siano stati lasciati comunque tutti questi riferimenti. A Domusnovas resta Monte Acqua. I Pozzi nuragici sono la dimostrazione che il tema dell’acqua era sacro per gli atlantidei-nuragici, al punto che almeno un nuraghe è addirittura costruito direttamente sopra un pozzo sacro.
6. Popolo Guerriero
Numerosi reperti archeologici, tra cui bronzetti di guerrieri, indicano una cultura bellicosa simile a quella descritta da Platone. Bronzetti di arcieri, pugili, lottatori, guerrieri. Poi le scoperte di Mont’E’ Prama: la più antica statuaria del Mediterraneo presenta nuovamente pugili, guerrieri, arcieri… insomma, gli atlantidei erano un popolo guerriero.
7. Misure Geografiche
La pianura di Atlantide, descritta da Crizia, corrisponde alle dimensioni del blocco sardo-corso, con una lunghezza di circa 555 chilometri.
8. Scoperte Archeologiche
Resti umani databili a circa 11.000 anni fa sono stati trovati in Sardegna, suggerendo una connessione temporale con la presunta guerra tra Atlantide e Grecia. Nella grotta Lanaittu sono stati trovati invece resti di 20.000 anni fa, molto prima della lotta tra Atlantide sardo corsa e la Prima Atene (di cui per ora non abbiamo fonti storiche o archeologiche). Infatti Atlantide era antica per gli antichi.
9. Miniere Antiche
Le miniere del Sulcis, tra le più antiche d’Europa, attestano la ricchezza minerale che potrebbe essere stata presente ad Atlantide. E’ stato inoltre trovato l’oricalco nei pressi di Gela, dove è custodito nel relativo museo. L’oricalco esiste, non è una favola. Forse era un trasporto da Atlantide ad altri luoghi. Ora però è necessario ricontrollare le datazioni, che gli scienziati possono aver sbagliato in buona fede.
10. Interessi Militari
L’installazione di basi militari della NSA nella regione solleva interrogativi su possibili interessi strategici legati alla storia di Atlantide.Queste evidenze suggeriscono che Atlantide non sia solo un mito, ma possa avere avuto una base storica concreta nel blocco sardo-corso, richiedendo ulteriori studi per esplorare appieno la sua importanza storica.
1. Rivisitazione della Geografia Antica
Se Libia e Asia fossero reinterpretate come Sardegna e Corsica, la geografia descritta da Erodoto e altri storici antichi cambierebbe radicalmente. Erodoto descrive la Libia come una vasta regione a sud del Mediterraneo, che corrisponde all’attuale Africa. Questa reinterpretazione richiederebbe una revisione completa delle mappe antiche e delle rotte di navigazione. Le descrizioni di terre lontane e misteriose diventerebbero riferimenti a isole ben conosciute nel Mediterraneo occidentale.
2. Riconsiderazione delle Imprese Nautiche
La circumnavigazione dell’Africa da parte dei Fenici, come descritta da Erodoto, sarebbe reinterpretata come un viaggio intorno alla Sardegna e Corsica. Questo ridurrebbe significativamente la portata e la difficoltà dell’impresa, cambiando la nostra percezione delle capacità nautiche dei Fenici. Invece di un’epica traversata di un continente, si tratterebbe di una navigazione relativamente breve e ben all’interno delle capacità nautiche dell’epoca.
3. Implicazioni Culturali e Politiche
La reinterpretazione delle regioni potrebbe influenzare la nostra comprensione delle interazioni culturali e politiche tra le antiche civiltà. Ad esempio, le relazioni tra l’Egitto e le regioni circostanti sarebbero viste sotto una nuova luce, con Sardegna e Corsica che assumerebbero un ruolo centrale nelle dinamiche del Mediterraneo antico. Questo potrebbe portare a una rivalutazione delle alleanze, dei conflitti e degli scambi culturali tra queste civiltà.
4. Nuove Prospettive sulla Storia Economica
Le rotte commerciali e le risorse naturali delle regioni reinterpretate avrebbero un impatto diverso sulla storia economica. La Sardegna e la Corsica, note per le loro risorse minerarie, potrebbero essere viste come centri economici più importanti di quanto precedentemente pensato. Questo potrebbe portare a una nuova comprensione del commercio antico e delle economie regionali.
5. Revisione delle Fonti Storiche
Accettare questa reinterpretazione richiederebbe una revisione critica delle fonti storiche. Gli studiosi dovrebbero rianalizzare i testi antichi con questa nuova prospettiva, cercando ulteriori prove a supporto o confutazione di queste teorie. Questo potrebbe portare a nuove scoperte o a una maggiore comprensione delle intenzioni e delle conoscenze degli storici antichi.
Queste sono solo alcune delle conseguenze che potrebbero derivare dall’accettazione di questa reinterpretazione. Tuttavia, è importante sottolineare che tali teorie sono altamente speculative e non ampiamente accettate nella comunità accademica.
Se hai altre domande o desideri approfondire ulteriormente, fammi sapere!
: Erodoto, Storie, Libro IV. : Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Libro VI. : Pausania, Descrizione della Grecia, Libro I.
- Erodoto (Storie, Libro IV, 42-43): Erodoto racconta effettivamente di un’impresa compiuta dai Fenici su ordine del faraone Necho II nel VI secolo a.C. Secondo Erodoto, i Fenici partirono dal Mar Rosso e navigarono intorno all’Africa, tornando in Egitto attraverso le Colonne d’Ercole (Stretto di Gibilterra). Erodoto sottolinea che i navigatori fenici riportarono che, durante il viaggio, il sole si trovava alla loro destra (a nord), cosa che conferma che navigarono oltre l’equatore1.
- Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, Libro VI, 36-39): Plinio il Vecchio menziona la stessa impresa di circumnavigazione dell’Africa, attribuendo il viaggio ai Fenici al servizio di Necho II. Sebbene Plinio sia una fonte successiva, conferma e diffonde il racconto di Erodoto2.
Queste fonti storiche sono fondamentali per comprendere l’idea che i Fenici, noti per le loro abilità nautiche, avrebbero potuto completare una circumnavigazione dell’Africa in tempi antichi.
Per questo motivo, per ora, non pagherò. Il testo delle mie scoperte, anche se non proprio identico, è pubblicato online e smembrato in una sorta di sparagmòs dionisiaco online. Tuttavia, al momento attuale è possibile ricostruire le mie idee, anche se coi giorni, mesi e anni si stanno perfezionando tantissimo e ho degli insights incredibili, che lasciano sbigottito persino me stesso. Mi rifiuto di pagare per dire al mondo cosa è Atlantide: è il rovescio, IO DOVREI ESSERE PAGATO PER DIRLO. SIAMO QUINDI DAVANTI AD UN PARADOSSO, AD UN OSSIMORO. Anzi, sto già pagando per tenere acceso e funzionante questo sito web, e anche questo non è giusto. Sto facendo un meraviglioso regalo al mondo, rivelando tutte queste informazioni che nessuno prima aveva mai compreso. Credo che sia giusto che la società mi renda omaggio e onore per ciò che sto facendo.
Luigi Usai afferma che la Bibbia è un testo atlantideo per diverse ragioni legate alla sua interpretazione dei testi antichi e alla connessione tra la storia dell’Atlantide e le tradizioni religiose. Secondo Usai Atlantide è il blocco geologico sardo-corso, quindi molti dei miti e delle storie presenti nella Bibbia sono il racconto della religione, del mito e della cultura atlantidea; dopo la semisommersione, di Atlantide sono rimasti due altopiani fuori dal pelo dell’acqua, e noi li chiamiamo Sardegna e Corsica: di Atlantide quindi forse son sopravvissuti i montanari ed i pastori e bovari, esattamente come ha affermato Sonchis di Sais a Solone. Usai suggerisce che la Bibbia, in particolare nei suoi racconti di catastrofi e di popoli antichi, riflette la memoria collettiva di eventi storici legati alla scomparsa dell’Atlantide. Inoltre, egli ritiene che i testi biblici contengano elementi che parlano di civiltà avanzate e di conoscenze perdute, simili a quelle descritte da Platone riguardo all’Atlantide. In questo contesto, Usai cerca di dimostrare che la Bibbia non è solo un testo religioso, ma anche un documento storico che potrebbe contenere informazioni sulla cultura e la società atlantidea, suggerendo che le tradizioni religiose e mitologiche abbiano influenze reciproche e che la Bibbia possa essere vista come un’eredità di quella civiltà perduta. Fino ad oggi non abbiamo capito esattamente cosa contenesse il testo della Bibbia. Luigi Usai fa una nuova esegesi biblica, mostrando come il testo in realtà parli del popolo guerriero degli ISRI, ossia dei LOTTATORI. Giacobbe viene rinominato ISRAELE, ISRI – EL, LOTTARE con DIO, perché “aveva lottato con Dio” (questo racconto è presente nella bibbia). Ecco il tema della lotta che ritorna: perché? Se il Dio della bibbia è Dio di pace e d’amore perché torna sempre il concetto di lotta e di guerra? Perché il pezzo di poesia più antico della bibbia è la storia di LAMECH che racconta IN POESIA di aver ucciso una persona? Poetizzare un assassinio? Nella bibbia? Per quale motivo, nella tradizione orale, LAMECH diventato cieco, guidato da un bambino per errore uccide Caino e quando lo scopre UCCIDE IL BAMBINO? Perché la Bibbia è la storia del popolo Atlantideo, violento e guerriero, nel suo passaggio dal blocco geologico sardo corso in Oriente, tramite migrazioni e rimescolamenti dei popoli atlantidei e sardo-corsi con i popoli orientali e in seguito egiziani, non del popolo Ebraico come lo intendiamo oggi, un tutt’uno isolato ed autonomo. Il popolo Ebraico proviene dal blocco atlantideo attualmente semi-sommerso nel Mediterraneo. Abbiamo esempi della onomastica e toponomastica atlantidea anche in Sardegna nel paese di ISILI. Ricordiamo che le lingue atlantidee sono semitiche, quindi in origine non erano vocalizzate. Luigi Usai afferma che la Bibbia sia un testo atlantideo basandosi su una serie di interpretazioni personali delle scritture e sulla sua teoria secondo cui l’Atlantide fosse il blocco geologico sardo-corso, parzialmente sommerso nel Mediterraneo occidentale. Usai ritiene che molte delle storie bibliche, come il Diluvio Universale o le narrazioni sui popoli antichi, siano in realtà riferimenti alla civiltà atlantidea e agli eventi catastrofici che avrebbero portato alla scomparsa di Atlantide. Egli suggerisce che la Bibbia, in questo contesto, non sia solo un documento religioso, ma anche un testo storico che tramanda la memoria di una civiltà perduta.
Usai sviluppa la sua teoria sostenendo che molti degli elementi e dei miti descritti nella Bibbia, come la figura di Giacobbe rinominato “Israele” (che egli interpreta come “lottatore con Dio”), riflettano temi di lotta e guerra, che sarebbero caratteristici della cultura atlantidea. Inoltre, egli collega la Bibbia al culto del toro, un elemento che ritiene centrale nella cultura sardo-atlantidea, trovando tracce di questo culto in diverse rappresentazioni archeologiche e toponomastiche in Sardegna.
Usai estende la sua teoria collegando l’onomastica e la toponomastica sarda a termini e luoghi che considera di origine atlantidea, suggerendo che le lingue parlate da questa civiltà fossero semitiche e non vocalizzate. Egli interpreta la scomparsa di Atlantide come un evento storico reale, causato dall’innalzamento del livello del mare, che avrebbe portato alla migrazione dei suoi abitanti in altre regioni del Mediterraneo e oltre, dando origine a popoli come i Sumeri, i Baschi, gli Ebrei e i Guanci.
In sintesi, Luigi Usai propone che la Bibbia contenga tracce della cultura e della storia dell’Atlantide sardo-corsa, vedendo in essa un documento che, se reinterpretato alla luce delle sue teorie, potrebbe rivelare la vera natura e le vicende di questa civiltà perduta.
Introduzione alla scoperta ufficiale della leggendaria isola di Atlantide
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguitidietro al mio legno che cantando varca,tornate a riveder li vostri liti:non vi mettete in pelago, ché forse,perdendo me, rimarreste smarriti.L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l’Orse. (Dante Alighieri)
Atlantide è il blocco geologico sardo corso semi-sommerso, ossia Haou-Nebout, ossia Meropide, CyrneIchnusa: si può vedere perfettamente misurando il blocco geologico semi-sommerso sardo corso e le sue paleocoste, oggi chiamate piattaforma continentale sardo-corsa. La specie degli elefanti erano i Mammuthus Lamarmorai. Il fango che circondava l’isola? Causato dall’erosione della piattaforma continentale sardo corsa ad opera di millenni di risacca. L’isola più grande di tutte? E’ vero, il blocco geologico sardo corso è più grande della Sicilia. C’erano i vecchi più vecchi? E’ vero, i sardi a quanto pare lo sono sempre stati. Ricca di minerali? Le miniere del Sulcis sono le più antiche d’Europa. Ci sono prove archeologiche che sia Atlantide? Si, il blocco geologico sardo corso ha la più alta densità archeologica al mondo. Erano costruttori di torri? Si, i sardo corso atlantidei hanno costruito oltre 7000 torri chiamati Nuraghes. Vi erano pietre bianche, rosse e nere? Vero, ossidiana pietra nera sarda di monte Arci commercializzata in tutta Europa, ci sono prove scientifiche in letteratura; rocce Rosse di Arbatax e Carloforte; rocce bianche? Ovunque in Sardegna.
La Sardegna non è Atlantide, ma solo un suo altopiano che emerge fuori dall’acqua, e che i marinai hanno interpretato come un’isola perché non avevano software batimetrici per vedere chiaro cosa ci fosse sotto il mare. La Meropide è un’opera che parla del blocco geologico sardo corso, ma è stato usato il termine Meropide al posto di Atlantide.
Atlantide è stata ritrovata. La capitale è il Sulcis. Atlantide è il blocco geologico sardo-corso semisommerso nell’Oceano Atlantico di millenni fa che oggi è chiamato Mediterraneo Occidentale.
Online trovate tutte le spiegazioni: è giusto, finalmente Atlantide è stata ritrovata, e dimostra come i popoli che abitavano la piattaforma continentale sardo-corsa attualmente sommersa siano migrati in altri luoghi, creando così il mito del Diluvio Universale e fondando nuove colonie, che oggi noi chiamiamo Sumeri, Baschi e Ebrei. Questi tre popoli, e forse molti altri (ad esempio quelli di Gobekli Tepe oppure il popolo dei Guanci), sono popoli migrati dal blocco sardo corso quando si resero conto che esso stava per essere sommerso dal costante innalzarsi del livello del mare, chiamato livello eustatico, che ha avuto un’escursione tra i 120 e i 140 metri, sommergendo le paleocoste atlantidee. Il popolo degli Atzechi proveniva da un’isola nell’Oceano Atlantico che stava affondando: ma per Oceano Atlantico intendevano il Mediterraneo Occidentale attuale, come già spiegato, quindi tutto coincide alla perfezione: gli Atzechi erano una migrazione atlantidea dal blocco geologico sardo corso prima che questo venisse sommerso per sempre, facendo dimenticare al mondo che quanto era accaduto era vero!
I popoli migrati infatti, come i Sumeri, avevano una lingua e scrittura propria, generalmente di natura semitica, ed erano esperti di canalizzazione perché questa era una capacità atlantidea, come quella dei Minoici, altra migrazione sardo-corso-atlantidea, ecco spiegato perché era un popolo così avanzato.
I popoli del mare sono quindi i popoli che erano migrati da Atlantide sardo-corsa verso il resto del mondo, probabilmente persino il popolo dei Guanci.
Il blocco sardo-corso è un frammento di litosfera continentale che include la Sardegna, la Corsica e le loro piattaforme continentali. L’ossidiana, una pietra nera di origine vulcanica, è un elemento naturale spesso definito come un simbolo della Sardegna nuragica e prenuragica: quindi nuragico significa atlantideo! Il termine nuragico infatti è stato inventato di sana pianta da Giovanni Lilliu, perché ai suoi tempi Atlantide era una leggenda, e nessuno studioso serio gli avrebbe creduto se avesse affermato una cosa simile (qualora se ne fosse mai accorto).
Il testo verrà corretto all’infinito, nel tentativo di creare un testo leggibile per la Comunità Scientifica.
- Il Gentilissimo Professor Giorgio Saba ha ritrovato le vere Colonne d’Ercole: esse sono il Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, nell’Isola di San Pietro, in Sardegna (Italia); la sua scoperta è descritta nel testo “Scusi, dov’è l’Ade? Ipotesi sulla storia antica della Sardegna”.
Congratulazioni ufficiali! - il Sulcis è la capitale di Atlantide;
- Atlantide non è la Sardegna: Atlantide è il blocco geologico sardo-corso parzialmente sommerso da cause da accertare; la Sardegna è soltanto un altopiano di terra emersa dell’isola semisommersa di Atlantide. Quando l’isola venne semi-sommersa, ciò che rimase fuori dall’acqua venne poi conosciuto col nome di Sardegna e di Corsica. La Corsica era la parte montuosa a nord di Atlantide.
- Ci sono prove di una sommersione, avvenuta in data da determinarsi;
- Solone cita la lunghezza della pianura di Atlantide, che convertita in km è 555 chilometri di lunghezza, e questa misura combacia incredibilmente con le dimensioni del blocco geologico sardo corso sommerso. Questo è un dettaglio molto interessante, perché Platone non poteva conoscere questa misura in quanto il blocco sardo-corso è sommerso sotto il Mediterraneo, per cui questa coincidenza di misure è impressionante. Secondo le descrizioni di Platone fornite in Timeo e Crizia, la pianura di Atlantide era lunga 3.000 stadi, che convertiti in chilometri corrispondono a circa 555 km. Questa misura coincide sorprendentemente con le dimensioni del blocco geologico sardo-corso sommerso. Questa coincidenza fornisce un ulteriore indizio che supporta la teoria di Luigi Usai secondo cui l’Atlantide potrebbe essere stata il blocco sardo-corso.
- Sono presenti rocce bianche, rosse e nere: quelle nere sono state addirittura esportate per tutto il Mar Mediterraneo, e si tratta dell’ossidiana; le rocce rosse sono famosissime in Sardegna, in particolare quelle di Arbatax e le rocce rosse di Carloforte, per citarne solo alcune. Le Rocce Rosse dell’Ogliastra sono una delle principali attrazioni naturalistiche della regione. Situate sulla costa centro-orientale della Sardegna, queste imponenti formazioni di porfido rosso emergono dalle acque verdi smeraldo, creando uno spettacolare contrasto cromatico con gli scogli bianchi e i ciottoli colorati1.La baia delle Rocce Rosse si apre a est del porto di Arbatax, una frazione turistica di Tortolì, con un fondo di scogli bianchi e alte rocce di granito rosso che conferiscono al paesaggio un aspetto unico ed estremamente affascinante1. Il riflesso delle rocce dona all’acqua un colore cangiante sul verde smeraldo, creando un’atmosfera magica e mozzafiato, soprattutto al tramonto quando le tonalità calde esaltano la bellezza del paesaggio1.Le Rocce Rosse sono state anche la location per la scena finale del film “Travolti da un insolito destino” di Lina Wertmüller (1974)1. Altre falesie di porfido rosso punteggiano il litorale ogliastrino, come ad esempio Is Scoglius Arrubius, due faraglioni alti venti metri che sono il simbolo della magnifica spiaggia di Cea, situata a pochi chilometri a sud1. In sintesi, le Rocce Rosse dell’Ogliastra sono una meraviglia naturale che offre uno spettacolo mozzafiato grazie al contrasto cromatico tra le rocce rosse e le acque verdi smeraldo. Un luogo da non perdere per chi visita la Sardegna!
Fetovaia, porto neolitico dei sardi nel 3720 avanti Cristo Secondo un articolo scritto da Angelo Mazzei, Fetovaia era un porto neolitico dei sardi nel 3720 a.C. I “Circoli Arzachena” di Piane alla Sughera, sulla montagna di Fetovaia, sono tombe a circolo del neolitico molto simili a quelle dei Circoli di li Muri, in Sardegna. Sono datate empiricamente a circa la prima metà del IV millennio a.C. Secondo Mazzei, possono essere datate con maggiore precisione intorno al 3750 a.C., data la situazione che si configura in quell’epoca di particolare intensità nelle rotte marittime dei commercianti sardi di ossidiana.Mazzei prende spunto dalla scoperta di un sito neolitico in Provenza contenente un deposito di circa 5000 frammenti di ossidiana proveniente dal Monte Arci (Oristano). Nel 2005, una scoperta rivoluzionaria è avvenuta presso Trets, nel sud della Francia, che ha ampliato significativamente la nostra comprensione della diffusione dell’ossidiana nella regione mediterranea nord-occidentale. Questo sito archeologico, chiamato “Terres Longues”, si trova nella bassa Provenza calcarea, nel bacino di Trets, e presenta tracce di una densa attività preistorica.Grazie a diverse indagini archeologiche, è stato rivelato che l’ossidiana, una pietra vulcanica spesso usata nella preistoria, era assente nelle strutture scavate ma era presente in un livello specifico di suolo del sito. Questo strato di suolo ha anche mostrato una grande quantità di selce (silex bédoulien), un altro tipo di pietra utilizzata dagli antichi abitanti. Una datazione basata su reperti faunistici trovati alla base di questo livello di suolo ha rivelato che il sito risale all’estrema fine del periodo Chasséen, situandolo intorno al 3720 ± 80 a.C.Il numero di reperti di ossidiana è impressionante, ammontando a 4548 pezzi, rendendo il sito di Terres Longues unico nel sud della Francia e oltre. L’ossidiana rappresenta più del 20% dell’intero assemblaggio, una percentuale notevolmente alta se paragonata ai dati conosciuti precedentemente. L’analisi tecnologica di questo assemblaggio litico ha l’obiettivo di definire la funzione del sito, in particolare il suo ruolo nei circuiti per la diffusione dell’ossidiana e della selce beduliana (silex bédoulien) e la presenza eventuale di una colonia sarda che fungeva da centro commerciale per lo smistamento delle merci.Ecco alcune fonti che parlano della diffusione dell’ossidiana sarda in Europa e nel mondo:- “Obsidian Studies in the Prehistoric Central Mediterranean: After 50 Years, What Have We Learned and What Still Needs to Be Done?” di Robert H. Tykot1
- “Mediterranean Islands and Multiple Flows” di Robert H. Tykot2
- “New directions in central Mediterranean obsidian studies” 3
Queste fonti forniscono informazioni dettagliate sulla diffusione dell’ossidiana sarda, in particolare quella proveniente dal Monte Arci in Sardegna, che viaggiava per centinaia di chilometri a partire dal Neolitico Antico1. Come si può notare da queste fonti, non solo ad Atlantide vi erano pietre bianche, rosse e nere, ma addirittura vi si fece un grandissimo commercio proprio di pietre nere, ossia dell’ossidiana, in giro per tutta Europa, e abbiamo tantissime prove documentate da scienziati ed archeologi che a questo studio hanno dedicato parte della loro vita, permettendoci ora di avere prove certe e documentate dell’uso di pietre nere dal popolo atlantideo sardo-corso.
Nuova scoperta nel Mediterraneo:
https://www.ilmessaggero.it/social/capri_scoperta_ossidiana_mare_subacquei-7769811.html
scoperti in fondo al mare blocchi di ossidiana preziosissima: «Persi da una nave del neolitico»: tutte le informazioni sembrano lentamente convergere verso una conferma di quanto da me affermato in questo sito web, un po’ come tutte le informazioni convergevano con la teoria della tettonica a placche, e tutte le nuove scoperte sembravano confermare la teoria, che all’inizio sembrava assurda, e in seguito si rivelò vera e scientificamente fondata. - Voce realizzata con l’aiuto dell’Intelligenza artificiale, da riscrivere e correggere: ci sono moltissime prove del culto del toro; tra le tante, la presenza toponimica dell’Isola del Toro, l’Isola della Vacca; il culto del toro al tempio di Matzanni; il ritrovamento di moltissime teste di toro rituali. Raccoglierò lentamente tutte queste prove in questa voce d’elenco.
Ci sono prove del culto del toro in Sardegna. Una delle più importanti è la presenza di bucrani, o protomi bovine, che rappresentano le corna del toro, su molti siti archeologici dell’isola. Questo simbolo è uno dei più prolifici e duraturi sull’isola, continuando durante il Calcolitico fino al Bronzo quando le corna del toro sono raffigurate in rilievo sulle tombe nuragiche1. La rappresentazione dei tori come animali sacri è estremamente antica e profondamente radicata nell’inconscio collettivo. Nel 15.000 a.C., gli aurochs (l’antenato dei nostri tori contemporanei) furono dipinti in rilievo nelle grotte di Lascaux, presentati nella famosa Sala dei Tori1. Il culto del toro si diffuse in tutto il Mediterraneo durante il tardo Calcolitico, presumibilmente trasmesso tramite marinai sulle rotte commerciali1.
Il toro era l’animale più presente, per non dire esclusivo, nell’arte e nella religione neolitica della Sardegna. In un amuleto in pietra ritrovato a Bau Porcus, è evidente l’importanza e il valore taumaturgico del simbolo taurino che vi è inciso con la testa di forma ovale sormontata da corna lunate, così come nelle protomi bovine scolpite nell’ipogeo di Sa Londra ad Alghero, entrambi ascritti alla cultura di Ozieri. Dalla località di Bingia Eccia, presso Dolianova, proviene un piatto tetrapode in calcare con protomi taurine. Nelle grotte di Monte Majore e Sa Ucca ‘e su Tintirriolu, sono stati ritrovati quattro frammenti di vasi databili agli inizi del III millennio a.C. in cui sono raffigurati lo schema del toro in forma di mezzaluna, oppure con la testa trapezoidale allargata alle froge, o ancora, con la protome taurina, quest’ultima presente in maniera consistente ad Anghelu Ruju, nella zona di Cagliari, dipinta sugli architravi delle tombe. Ma le protomi taurine si ritrovano, scolpite o dipinte, isolate o in coppia, in numerose domus de janas (tombe scavate nella roccia solitamente riunite in necropoli) sparse per tutto il territorio sardo, come simbologia magica e protettiva delle sepolture. Per non parlare dei bronzetti di guerrieri sardi con elmi ornati di corna, a volte poste in verticale, altre in orizzontale. Sembra strano che un animale come il toro, così utile nella realtà quotidiana della civiltà agricola e allo stesso tempo tanto sacro da costituire quasi un’unione tra la natura animale e quella divina, sia stato effigiato solo con i segni della testa e delle corna anziché con l’intero corpo. Ma questo modo di offrire in immagine simbolica una parte dell’animale non è certamente dovuto alla scarsa abilità dell’artigiano neolitico protosardo, bensì a una specie di “norma di rappresentazione” fondata su idee e credenze che hanno agito come regola di elaborazione del sistema artistico e religioso più remoto della Sardegna. Al lungo elenco pertinente all’importanza del toro in Sardegna si può aggiungere che secondo alcuni studiosi nella forma delle “Tombe dei Giganti” si potrebbe evidenziare un altro simbolo taurino: dalla grossa stele granitica centrale si diramano infatti due bracci semicircolari costituiti da lastroni conficcati nel terreno che riprodurrebbero la forma delle corna del toro. Dopo il lunghissimo periodo della storia dell’uomo dedicato esclusivamente alla caccia e alla raccolta bisogna rifarsi al sorgere delle civiltà pastorali e agricole per comprendere meglio il significato di questi simboli. Infatti fu la luna che attirò con i suoi cicli l’attenzione degli uomini preistorici. Il nostro satellite venne considerato la “personificazione” in cielo della Madre Terra per la sua manifesta influenza sul crescere delle piante e sul risultato delle messi. Le fasi crescenti e calanti dei suoi “quarti” richiamavano alla mente delle antiche popolazioni i periodi di fecondità e gravidanza della donna. In questo senso il Dio Toro-Luna incarnava la fecondità maschile legata anche a quella agraria. Il toro ha un significato simbolico importante sia nella cultura dell’antico Egitto che in quella dell’antica Sardegna.- In Egitto, il toro Apis era venerato come divinità, specialmente a Menfi. Il suo culto è documentato fin dalla II dinastia, e alcuni pensano che possa risalire addirittura alla I dinastia. La figura del toro potrebbe essere stata trasmessa agli Egizi in epoca preistorica, una teoria che necessita ulteriori studi.
- Nella cultura di Ozieri in Sardegna, il toro o il bue era simbolicamente legato alla fertilità maschile e alla fecondità agraria. Questa credenza era centrale nelle civiltà del Rame e del Bronzo. Il simbolismo taurino era connesso con il simbolismo materno (e lunare) e paterno (e solare).
- Il Dio Toro in Sardegna: Giovanni Lilliu descrive il culto del toro in Sardegna, rilevando l’importanza del bue come partner della Dea Madre e proteggitore di vivi e morti. Le sue manifestazioni aniconiche includevano grandi pietre verticali appuntite (menhir) e protomi taurine nelle tombe sotterranee.
- Possibile connessione tra le due culture: Sebbene vi siano paralleli intriganti tra il culto del toro nelle due regioni, non vi sono prove dirette di un collegamento o di una influenza reciproca. Il simbolismo del toro era comune a molte culture antiche, quindi le somiglianze potrebbero essere coincidenti o risultato di una convergenza culturale.
In conclusione, il culto del toro è una caratteristica affascinante sia della cultura egizia che di quella sarda, e le somiglianze tra le due potrebbero essere suggestive di temi universali connessi all’agricoltura, alla fertilità e al potere. Ulteriori ricerche potrebbero chiarire se vi sia una connessione diretta tra queste pratiche religiose.
- La catastrofe citata da Platone doveva essere il fenomeno geologico di sommersione parziale del blocco sardo-corso-atlantideo, causato forse dallo Slab Roll-Back, dalla possibile presenza di una faglia tettonica che passa sotto il Sulcis e prosegue, da una parte verso Gibilterra e dall’altra verso Pompei ed Ercolano, e visibile facendo uso della mappa satellitare e batimetrica di Google Maps, disponibile gratuitamente online. Inoltre, in quel periodo storico accaddero anche i Meltwater Pulses. L’epoca in cui il blocco sardo-corso era detto Atlantide era quindi prima del 9600 a.C.. Il fango causato dall’erosione marina e dalle correnti, rese impossibile costeggiare in nave l’isola, per cui probabilmente per qualche secolo l’isola restò irraggiungibile, contribuendo così a far dimenticare la potenza di questo bellicoso popolo antico. Atlantide ha un orientamento nord-sud, come affermato da Platone. La parte a nord è ricca di ottimi venti per la navigazione, e infatti tra Corsica e Sardegna è presente una delle migliori scuole di vela in Europa. La visione evemeristica era corretta: Poseidone fu un antichissimo sovrano dell’isola sardo-corsa quando ancora era terra emersa, poi deificato. Se tutto ciò è corretto, significa che nella disputa tra catastrofisti ed evoluzionisti, in relazione ai temi atlantidei, avevano ragione i catastrofisti. Al momento attuale invece, non era ancora chiaro quale delle due fazioni potesse avere ragione.
- Per quale motivo non ci sono tracce archeologiche o storiche di una civiltà così avanzata e potente nel blocco sardo corso? Perché la popolazione predava particolarmente risorse marine, come i due individui ritrovati al rifugio sottoroccia Su Carroppu di Sirri, e per farlo vivevano sulle paleocoste atlantidee, oggi chiamate Piattaforma Continentale Sardo Corsa. Parte della civiltà e della popolazione che erano situate sulle paleocoste sono state sommerse e poi spazzate via da circa undicimila e seicento anni di correnti marine, che hanno trasformato le paleocoste in piattaforma continentale che ora circonda il blocco geologico sardo-corso. Inoltre, sappiamo per esperienza che col passare degli anni si stratificano dei depositi sedimentari: ad esempio, i resti romani di circa duemila anni fa si trovano potenzialmente sotto alcuni metri di sedimenti e detriti. Quindi, a rigor di logica, se uno studioso volesse trovare gli strati sedimentari che contengono i resti della civiltà atlantidea, dovrebbe fare uno studio stratigrafico che arrivi a raggiungere la stratigrafia del 9600 avanti cristo, ossia lo strato di circa 11600 anni fa. Il rifugio sottoroccia Su Carroppu ha restituito il DNA di due individui su tre, di una popolazione con DNA quasi in toto differente dal DNA della popolazione che ha colonizzato successivamente l’isola di Sardegna tremila anni dopo. Quindi, possiamo ipotizzare temporaneamente che i due individui analizzati a Su Carroppu di Sirri siano di popolazione Atlantidea. Da questa ipotesi, si può derivare che gli atlantidei, oltre a predare risorse marine e vivere nelle paleocoste, abitavano nelle grotte o nei ripari sottoroccia. Nel Sulcis sono concentrate varie grotte antichissime: le grotte di Is Zuddas; la grotta di Acquacadda; e altre grotte che al momento non sono in grado di elencare, ma che potranno lentamente essere aggiunte a questo elenco. Quindi, per poter smentire la mia teoria, basterebbe effettuare analisi stratigrafiche in queste grotte, per dimostrare che non erano abitate nel 9600 avanti Cristo o prima. Infatti Platone afferma che la catastrofe atlantidea risale a novemila anni prima del viaggio di Solone a Sais in Egitto, e questo viaggio è avvenuto all’incirca nel 590 Avanti Cristo. Da queste affermazioni, si può rispondere anche ad un’altra domanda molto importante, riportata di seguito. Se la civiltà atlantidea era così avanzata e potente, come dice Platone, dovrebbe aver lasciato delle tracce anche sulla terraferma, non solo sulle paleocoste. E infatti, a mio avviso, le tracce le ha lasciate nelle grotte in giro per l’altopiano di Atlantide che ora emerge dal mare e che è stato chiamato, dalla nostra civiltà, col nome di Sardegna. Infatti, nella grotta di Lanaittu sono stati ritrovati resti di circa 20000 anni fa, e questo è perfettamente coerente con la teoria dell’Atlantide sardo corsa. Atlantide era abitata anche 20000 anni fa. Anzi, al momento attuale sembra che la Sardegna fosse abitata fin da almeno 300.000 anni fa. Ecco perché Platone afferma che era “antica per gli antichi”. E questo sarebbe anche il motivo per il quale il sacerdote della dea Neith a Sais ha detto a Solone che i Greci non erano mai vecchi, erano dei giovinetti, e che la loro mitologia assomigliava molto a delle favole per bambini. Il sacerdote stava cercando di spiegare a Solone che i Greci avevano perso la memoria di quanto accaduto tra la sardo corso Atlantide e la prima Atene, perché i superstiti non erano letterati e non potevano scrivere e tramandare il ricordo di quanto accaduto intorno al 9600 Avanti Cristo. Tutto quanto affermato è coerente, come deve essere una corretta teoria scientifica. Quindi le tracce degli Atlantidei, dotati di differente DNA già classificato dagli studi archeogenetici compiuti dal Dipartimento di Preistoria dell’Università di Cagliari insieme all’Università di Firenze e Ferrara e pubblicati su Scientific Report, devono essere cercate nei ripari sottoroccia di tutta la Sardegna e Corsica e nelle grotte sparse in queste due isole, che in realtà sono altopiani emersi fuori dal mare dell’isola sottostante di Atlantide. Atlantide era uno dei nomi che gli Egizi davano a quest’isola, che nelle mura del tempio di Edfu in Egitto è chiamata anche Isola del Calpestio, Isola della Guerra, Isola della Pace, Isola dell’Uovo etc. Rileggendo e analizzando i testi del tempio di Edfu in questa chiave, è possibile ottenere nuove informazioni su Atlantide e le sue origini, che sembrano radicarsi nella mitologia Egizia.
- Platone descrive Atlantide come un’isola più grande della Libia e dell’Asia insieme: questo è possibilissimo, in quanto al momento attuale noi non sappiamo quale fosse la dimensione esatta della Libia e dell’Asia nel 9600 Avanti Cristo. Quindi potremmo procedere con un ragionamento inverso: supponendo che Platone abbia riportato fonti egizie autentiche e veritiere, possiamo dedurne quindi che nel 9600 a.C. la Libia e l’Asia erano due zone geografiche che coprivano un’area geografica inferiore a quella coperta dal blocco geologico sardo-corso attualmente sommerso sotto il Mediterraneo. Inoltre la Libia del 9600 a.C. potrebbe non corrispondere affatto con la Libia attuale né con il concetto di “Africa”. Anzi, le scoperte fatte da Luigi Usai in Birsa Bank, El Haouaria Bank, nella Piattaforma continentale carbonatica iblea Sicilia-Malta, fiancheggiata dal Sicily-Malta Escarpment, mostrano vastissimi territori attualmente sconosciuti all’archeologia ed alla storia ufficiale, per cui la Comunità Scientifica deve ancora chiarire di che civiltà scomparse si tratti, se si tratti effettivamente di edifici e città sommerse; quali civiltà siano; perché sono sommerse; quando sono state sommerse, a causa di quali eventi. Insomma, le nuove scoperte sui fondali del Mediterraneo aprono scenari estremamente interessanti ed innovativi.
- Sono presenti numerosissime prove dell’esistenza di Atlantide nel blocco sardo-corso: gli archeologi sardi si sono fermati ad analizzare la stratigrafia fino al nuragico; al momento attuale sembrerebbe che nessuno abbia scavato fino agli strati stratigrafici del 9600 avanti Cristo, rendendo quindi impossibile avere le prove archeologiche, che quindi non sono mai state cercate, in quanto il mondo accademico sardo, nella sua quasi totale interezza, credeva che Atlantide fosse frutto della fantasia di Platone, come affermano vari archeologi in moltissimi video e testi pubblicati online, ad esempio al Seminario chiamato “Sa Mesa Archeotunda”.
- La prova di esistenza di canali è fortissima: infatti è presente un porto-canale come quello descritto per Atlantide, ed è il Porto Canale di Cagliari; la geografia e persino la geologia del Sulcis presentano, ad un analisi delle immagini satellitari, andamento per cerchi concentrici o sezioni di cerchi; la geografia del centro del Sulcis coincide con le descrizioni platoniche: boschi sacri (ancora oggi buona parte del Sulcis è composta da boschi e parchi naturali considerati talmente preziosi da averne fatto zone protette dall’Unione Europea, e questo può essere un motivo per il quale non si è portato avanti scavi e studi di carotaggio per verificare l’eventuale presenza di reperti archeologici sotterranei).
- Atlantide era ricchissima di minerali: e lo è ancora oggi, immaginiamoci come doveva essere oltre 11600 anni fa! Le miniere del Sulcis sono famose in tutta Europa, hanno una storia e tradizione antichissima, ben nota ai geologi di tutto il mondo e che non ha bisogno di essere rimarcata ulteriormente. A Furtei esiste ancora oggi una miniera d’oro che ha permesso ancora alcuni decenni fa di estrarre oro; questo lascia pensare che nella preistoria la miniera potesse essere ricchissima di materia prima aurea. In Sardegna esistono persino minerali unici al mondo, ad esempio l’Ichnusaite, che prende il nome da Ichnussa, antico nome della Sardegna.
- Nel racconto di Platone sull’Atlantide, viene descritta una pianura adiacente alla città che aveva un perimetro di 2.000 x 3.000 stadi (385 x 580 km o 240 x 360 miglia). Un stadio corrisponde a circa 185 metri, quindi la pianura aveva un perimetro di circa 370 x 555 km. Queste sono esattamente le dimensioni dell’altezza e della larghezza del blocco geologico sardo corso sommerso. Questo implica che nel passato i sardo corso atlantidei erano già riusciti a misurare l’esatta estensione dell’isola prima che finisse sommersa sotto il mare, o se volete, sotto l’Oceano Atlantico, ossia l’attuale Mar di Corsica e di Sardegna. La dimensione presa in direzione nord-sud del blocco sardo corso attualmente semisommerso è esattamente di 555 kilometri, e questa precisione è impressionante, e il fatto che la dimensione sia così precisa non può essere una coincidenza: altrimenti in questa pagina sono elencate centinaia e centinaia di “coincidenze”. Non si tratta di coincidenze, ma di fatti.
- Il Lago Tritonide è la somma dei Laghi, Lagune e Stagni di Cagliari, Assemini, Elmas, Capoterra, Quartu, Molentargius, Stagno Conti Vecchi; è ancora da determinare se la sommersione del blocco sardo-corso abbia modificato le dimensioni originali di questo lago creduto mitologico per millenni; analizzerò le fonti lentamente, cercando di dare un senso ai testi antichi.
Erodoto, Storie 4. 180 (traduzione Godley) (storico greco V sec. aC):
Non posso dire; ma suppongo che l’armatura fosse egiziana; poiché sostengo che i greci presero il loro scudo e l’elmo dall’Egitto. Quanto ad Atena, dicono che fosse figlia di Poseidone e del lago Tritonide, e che, per qualche motivo adirata con suo padre, si diede a Zeus, che la fece sua figlia. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”. Questa è la loro storia. I rapporti tra uomini e donne sono promiscui; non convivono ma hanno rapporti come il bestiame. Quando il figlio di una donna è ben cresciuto, gli uomini si riuniscono entro tre mesi e il bambino viene giudicato essere dell’uomo a cui assomiglia di più”. Pseudo-Apollodoro, Bibliotheca 3. 144 (traduzione Aldrich) (mitografo greco II d.C.):
“Dicono che dopo la nascita di Atena, fu allevata da Tritone [e presumibilmente Tritonide], che ebbe una figlia di nome Pallade. Entrambe le ragazze coltivarono la vita militare, che una volta li portò a una disputa contenziosa. Quando Pallade stava per dare un colpo ad Atena, Zeus tese l’egida in modo ombroso, in modo che lei alzò lo sguardo per proteggersi, e così fu ferita da Atena e cadde. era successo a Pallade, Atena ne fece una sua immagine di legno, e intorno al petto legò l’egida che l’aveva spaventata, e pose la statua accanto a Zeus e gli rese onore.”Apollonius Rhodius, Argonautica 4. 1493 ss (traduzione Rieu) (epopea greca III sec. a.C.):
“Egli [Anfitemide figlio di Apollo e Akakallis (Acacallis)] sposò la Ninfa Tritonis e lei gli diede due figli, Nasamon e il potente Kaphauros ( Capauro).”Pausania, Descrizione della Grecia 1. 14. 6 (traduzione Jones) (Diario di viaggio greco C2nd AD):
“I libici dicono che la dea [Athena] è la figlia di Poseidone e del lago Tritonide, e per questo motivo ha gli occhi azzurri come Poseidone.”Pseudo-Igino, Fabulae 14 (traduzione Grant) (mitografo romano II sec. d.C.):
“Durante il viaggio di ritorno [degli Argonauti] Euribate, figlio di Teleone morì, e Canto, figlio di . . ((lacuna)) Furono uccisi in Libia dal pastore Cefalione, fratello di Nasamone, figlio della Ninfa Tritonide e di Anfitemide, di cui depredavano le greggi». - La leggenda narra che gli abitanti del Lago Tritonide rubarono e nascosero un tripode degli argonauti: ho teorizzato l’ipotesi che il tripode menzionato nella leggenda degli Argonauti sia stato effettivamente nascosto dai sardi dopo l’arrivo degli Argonauti nella zona. Questo tripode potrebbe essere stato un manufatto prezioso o sacro che ha suscitato l’interesse dei sardi, portandoli a copiarne la tecnica stilistica per produrre tripodi locali. E’ possibile quindi una contaminazione non solo linguistica e culturale tra greci e sardi, ma persino artistica e stilistica. E’ possibile che tra i frammenti di tripodi in stile greco e cipriota ritrovati dagli archeologi sardi, vi sia persino qualche frammento o parte del tripode citato nella leggenda.
- I Monti di Atlante citati da Erodoto nelle sue Storie al Capitolo IV sono i Monti del Sulcis;
- La Libia citata da Erodoto nelle sue Storie al Capitolo IV è una zona dell’attuale Provincia di Cagliari;
- E’ da verificarsi che la Cirene nominata da Erodoto possa essere Cyrne:
dalla Treccani:”cirnènse agg. – Sinon. raro di còrso (della Corsica), tratto dal nome greco dell’isola Κύρνος (in lat. Cyrnos o Cyrne): le parlate cirnensi“.
Cirene è Cyrne, ossia la Corsica? Se la Libia è l’attuale provincia di Cagliari, Cirene è la Corsica? La Cirenaica è la Corsica? Cyrne – Cirene? - La “specie degli elefanti” largamente presente su Atlantide sardo corsa è il Mammuthus Lamarmorae, oggi conosciuto anche come Elefante nano sardo;
- L’Oceano Atlantico per Erodoto e Sonchis di Sais è il Mare di Sardegna e di Corsica e altri mari del Mediterraneo, ma non tutto il Mediterraneo: solo un suo sottoinsieme; abbiamo quindi modo di fare un’approssimata datazione storica:
il viaggio di Solone a Sais è collocabile intorno al 590 circa Avanti Cristo;
Erodoto di Alicarnasso vive nel V secolo Avanti Cristo.
Possiamo quindi ricavarne che nel VI e V secolo Avanti Cristo in Egitto e in Grecia il Mar di Corsica e il Mar di Sardegna erano ancora chiamati “Oceano Atlantico” da alcuni dotti del Mediterraneo.
Possiamo quindi ricavarne che in seguito accadde qualcosa che forzò un cambio della nomenclatura geografica. Al momento attuale, in data 17/08/2023, non ho ancora capito cosa sia accaduto. Perché è stato cambiato il nome all’Oceano Atlantico, ossia al Mare di Atlantide? Al momento, ritengo che via via che cresceva la potenza di Roma, diventava insopportabile al Senato Romano il vecchio nome dell’Oceano Mediterraneo: probabilmente il Senato propose ad un certo punto una Damnatio Memoriæ. Attualmente queste affermazioni sono ancora sperimentali, perché io non sono uno storico, non ho quindi la struttura cognitiva necessaria a formalizzare queste idee in maniera scientifica. Spero che qualche studioso voglia aiutarmi in questa mia enorme difficoltà, mettendo sotto test le mie idee, come accade quando si eseguono i benchmark di un prodotto software. - Il fango che circondava l’isola di Atlantide sardo-corsa è dovuto all’erosione da parte della risacca delle paleocoste sardo-corse; tale erosione ha causato la generazione della cosiddetta piattaforma continentale sardo-corsa sommersa;
- Un’altra fonte da me utilizzata è l’analisi della toponomastica. Non sono un esperto, ho dovuto costruire la mia teoria ipotesi su ipotesi. Dopo aver compreso che Atlantide è il blocco sardo-corso semisommerso, mi sono chiesto dove avrebbe potuto essere la capitale. E osservando le mappe satellitari mi sono reso conto che il Sulcis è formato da strutture geologiche che ricordano porzioni di cerchi concentrici, come la capitale di Atlantide descritta da Platone. Dopo aver riletto tante volte i testi di Timeo e Crizia, mi sono casualmente accorto che nel Sulcis, una regione dell’attuale Sardegna, erano presenti alcuni toponimi che ricordano il racconto platonico: molte località geografiche del Sulcis in Sardegna (paesi/località/frazioni/cittadine/città) contengono nomi legati al concetto di acqua fredda e acqua calda. Questi nomi di località geografiche però sono in dialetto sardo, per cui uno scienziato straniero che non conosca la lingua sarda e la sua costellazione di forme dialettali non potrebbe mai arrivare alle mie stesse conclusioni. Io ho avuto il vantaggio di essere nato proprio vicino al Sulcis, per cui questi toponimi sono nella mia prima lingua madre, ossia il sardo campidanese o sue varianti molto simili (la variante linguistica del sardo sulcitano). Buona parte della toponomastica del Sulcis ricorda il racconto di Atlantide: Acqua Callentis (acqua calda); Acquafredda (acqua fredda); Acquacadda (acqua calda); S’Acqua Callenti de Susu (l’acqua calda di sopra); S’Acqua Callenti de Basciu (l’acqua calda di sotto); il Castello di Acquafredda (castello di acqua fredda) che sorge su un monte che sovrasta il luogo in cui durante il medioevo era presente la cittadina di Acquafredda (acqua fredda), ora scomparsa; Furriadroxiu (il luogo dove tutto si capovolge a testa in giù); Spistiddatroxiu (il luogo dove ci si fa male); Piscinas (le piscine)… e chissà quante altre. Presi poi coscienza che la toponomastica sarda aveva punti in comune con quella greca ed egizia: ad esempio, Heliopolis significa “città del Sole”, mentre nel Sulcis esiste una località chiamata Terresoli, che in lingua sarda significa “Terra del Sole”; non essendo io uno specialista, ricostruire tutte queste informazioni è un lavoro incredibilmente difficile e faticoso. Mi accorsi anche che il sacerdote egizio noto come Sonchis, che raccontò secondo la tradizione a Solone la storia di Atlantide contro Atene, abitava nella città di Sais; Sais è anche un cognome sardo; inoltre esistono nel Sulcis (non potevano essere coincidenze, sono troppe, tutte assieme) due località chiamate “Is Sais Superiore” e “Is Sais Inferiore” nei pressi di Narcao.
(21/08/2023) In altre parti di questo testo segnalo anche l’enorme presenza di toponomastica greca antica in Sardegna: non riporto qui le stesse informazioni per non essere troppo ripetitivo, ma si può vedere l’etimologia della toponomastica sarda: le località, paesi e città di Olbia, Musei, Tharros, Pistis, sono solo alcune delle toponomastiche sarde di possibile origine greca. (25 settembre 2023: esiste una anomala e sospetta presenza di una cosidetta Diocesi di Tempio Ampurias in Sardegna; celebre anche Ampurias in Spagna, nota anche come Empuries).
Ampurias, conosciuta anche come Empúries in catalano, è un sito archeologico situato nella regione della Catalogna, in Spagna1. Questa località storica si trova nel comune di L’Escala1.Ampurias fu fondata nel VI secolo a.C. da coloni focesi di Marsiglia1. Il nome “Emporion”, che in greco antico significa “mercato”, riflette la sua funzione originale come punto di raccolta delle merci1. Le rovine di Ampurias sono tra i resti greci più importanti della Spagna2.Il sito archeologico di Ampurias comprende i resti di una città greca e romana, che furono la porta di accesso a queste civiltà nella penisola iberica2. La città raggiunse il suo apogeo tra il V e il IV secolo a.C., grazie soprattutto allo sviluppo del commercio di cereali1.Le rovine sono suddivise in tre nuclei distinti: quello originario, quello ellenistico e la colonia romana3. Tra le strutture notevoli ci sono il Tempio di Artemide e un altro tempio dedicato ad Asclepio, il dio patrono della medicina4.Gli scavi archeologici a Ampurias sono ancora in corso, rendendo questo sito una fonte continua di scoperte storiche4.La Diocesi di Tempio-Ampurias in Sardegna e la città spagnola di Ampurias, o Empuries, sono entrambe ricche di storia, ma non sembrano avere un legame diretto tra loro.La Diocesi di Tempio-Ampurias prende il nome dalle regioni storiche della Gallura e dell’Anglona in Sardegna1. Ampurias era il nome dell’antica diocesi di Castelsardo1. Nonostante la diocesi avesse il nome ufficiale di diocesi di Ampurias e Civita, i suoi vescovi spesso si firmavano solo come vescovi di Ampurias1.D’altra parte, Ampurias in Spagna è un importante sito archeologico che fu un tempo una fiorente città greca e romana2. Fu fondata nel VI secolo a.C. da coloni focesi di Marsiglia2.Nonostante condividano un nome simile, non ci sono prove storiche o archeologiche che suggeriscano un collegamento diretto tra la Diocesi di Tempio-Ampurias in Sardegna e la città spagnola di Ampurias. Potrebbe essere una coincidenza che entrambe le località abbiano nomi simili. Tuttavia, la storia è complessa e mutevole, quindi nuove scoperte potrebbero sempre portare a nuove comprensioni.
Ciò che propongo è che possa esistere un qualche tipo di legame tra la toponomastica della Ampurias sarda e la località di Ampurias in Spagna, e io sostengo che non si tratti di semplici coincidenze bensì di eventi legati da profonde possibili radici storiche ancora tutte da studiare e analizzare.Ho appena scoperto, i giorni scorsi (19/03/2023) che alcuni studiosi si sono già accorti di questa incredibile coincidenza tra la cultura e toponomastica egizia e quella sarda alle seguenti pagine web:NOMI DI PAESI E NURAGHI DELLA SARDEGNA IN ONORE DI DIVINITA’ EGIZIANE
Possibili inferenze sui toponimi della Sardegna dei nomi egizi
Tra le altre analisi toponomastiche, possiamo analizzare il toponimo sardo di Tharros. “Tharros (in latino Tarrae, in greco antico Thàrras, Θάρρας) è un sito archeologico della provincia di Oristano, situato nel comune di Cabras, in Sardegna”. In greco, Θάρρας significa “coraggio”. Se è vero che il blocco sardo corso è finito semi-sommerso sotto il mare, o sotto l’oceano atlantico, come era allora chiamato, allora non desta nessuna meraviglia che la popolazione che è rimasta ad abitare sulle rive del mare abbia chiamato la propria città “coraggio”, perché ci vuole coraggio a vivere in una città sul mare dopo che è semi-affondata tutta l’isola sardo-corsa. Naturalmente, non posso sapere il motivo esatto per cui hanno chiamato Tharros “coraggio”, ma questa è la migliore interpretazione che sono riuscito a dare della toponomastica, al momento attuale (11/08/2023).
La Sardegna ha una storia complessa e stratificata, che rispecchia i vari popoli e culture che l’hanno influenzata nel corso dei millenni. La presenza greca in Sardegna, sebbene non così estesa come in altre parti del Mediterraneo, ha lasciato alcune tracce, anche nella toponomastica. Ecco alcune località sarde che hanno origine toponimica legata alla cultura greca antica:- Olbia: Situata nel nord-est della Sardegna, il nome “Olbia” significa “fortunata” o “felice” in greco antico. La città era un importante centro commerciale in epoca antica e mantenne contatti con il mondo greco.
- Nora: Questa antica città, situata vicino a Pula nella parte meridionale dell’isola, ha origini prenuragiche e puniche, ma anche legami con il mondo greco. Alcune iscrizioni trovate a Nora sono in alfabeto fenicio ma in lingua greca.
- Tharros: Un altro antico centro situato nella parte occidentale dell’isola, vicino a Oristano. Anche se Tharros è più comunemente associata ai Fenici e ai Romani, ci sono state scoperte ceramiche e altri oggetti di origine greca.
- Sulcis: La regione del Sulcis, nel sud-ovest della Sardegna, ha avuto contatti con il mondo greco, specialmente attraverso la vicina colonia di Cirene (nella Libia Sarda). Anche se il nome “Sulcis” è probabilmente di origine semitica, la presenza greca nella regione è testimoniata da vari reperti archeologici.
- Pistis: Come hai detto, “Pistis” è sia un cognome sardo che il nome di una località in Sardegna. In greco, “Pistis” rappresenta la fede, la fiducia o l’affidabilità. Sebbene non ci siano prove concrete, è interessante notare questa connessione toponomastica.
- Musei: Una località in Sardegna che porta un nome che ricorda le “Muse”, le divinità greche della musica, dell’arte e della scienza. Ancora, è difficile stabilire con certezza un collegamento diretto tra il nome del paese e la mitologia greca, ma la connessione è intrigante.
- Neapolis: Questo nome, che in greco significa “città nuova”, è un toponimo piuttosto comune nel mondo antico. La presenza di una “Neapolis” in Sardegna potrebbe suggerire la fondazione o rifondazione di una città in un periodo di influenze greche o durante un periodo in cui il greco era una lingua di prestigio e cultura.
- Calasetta: Sebbene il nome “Calasetta” non sia direttamente di origine greca, la storia della località è legata alla colonizzazione da parte di famiglie provenienti da Tabarka, un’isola al largo della Tunisia. E Tabarka, a sua volta, aveva radici nell’antica città greca di Kalè Aktè.
- Queste connessioni toponomastiche forniscono indizi affascinanti sulla complessa rete di interazioni tra la Sardegna e il mondo mediterraneo antico. Tuttavia, è sempre importante fare ricerche approfondite e guardare al contesto storico e archeologico per confermare qualsiasi teoria o ipotesi sulla derivazione e il significato di questi nomi.
È importante sottolineare che, sebbene ci siano tracce di influenza greca in Sardegna, attualmente si crede che l’isola abbia avuto interazioni più profonde con altre culture come i Nuragici, i Fenici, i Cartaginesi, e i Romani. Pertanto, mentre ci sono alcune località con nomi di origine greca, tuttora è creduto dagli studiosi che essi rappresentino solo una piccola frazione della ricca tappezzeria toponomastica dell’isola.
Ecco alcuni ulteriori toponimi sardi che potrebbero avere origini greche:
Kalaris: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “kályx”, che significa “coppa” o “calice”, forse in riferimento alla forma del porto naturale di Cagliari.
Tiana: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “tíanos”, che significa “allungato” o “esteso”, forse in riferimento alla forma o alla posizione della città.
Pirri: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “pyrrós”, che significa “rosso” o “color fuoco”, forse in riferimento al colore del suolo o delle rocce della zona.
Monte Astili: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “ástylos”, che significa “senza colonne” o “disadorno”, forse riferito a uno stile architettonico semplice o disadorno della zona.
Tiscali: questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “skális”, che significa “scala” o “scalinata”, forse in riferimento a un paesaggio scosceso o terrazzato nella zona.
Zinnias (Zinnigas): questo nome potrebbe derivare dalla parola greca “skínos”, che significa “giunco” o “canna”, probabilmente riferito a un’area paludosa o paludosa della regione.
Queste sono solo alcune possibili interpretazioni di toponimi sardi che potrebbero avere origini greche. La toponomastica è un campo complesso ed è sempre importante fare ricerche approfondite e considerare più fonti e interpretazioni prima di trarre conclusioni sulle origini e sui significati dei nomi dei luoghi.
La Sardegna è effettivamente un luogo di grande interesse archeologico, e la presenza di siti sommersi, come Nora e il porto di Melqart, aggiunge un ulteriore livello di mistero e fascino all’isola.
Nora è uno dei siti archeologici più importanti dell’isola e rappresenta una testimonianza fondamentale della presenza fenicio-punica e romana in Sardegna. Non si può non notare che la parola “Nora” abbia una certa somiglianza fonetica con “Norax”, che nella mitologia greca è un gigante fondatore di Nora e figlio di Ercole, anche se potrebbe essere semplicemente una coincidenza. La presenza di città sommerse nel Mediterraneo, come Nora o Thonis-Heracleion in Egitto, è la prova di antiche cataclismi e cambiamenti geologici che hanno modificato la linea di costa nel corso dei millenni. Al momento della mia ultima conoscenza (2021), Nora ha effettivamente subito ricerche archeologiche, ma le risorse destinate allo studio delle città sommerse nel Mediterraneo sono spesso limitate, e potrebbero non essere al livello di ciò che vediamo in altri siti, come Thonis-Heracleion.
Il porto sommerso di Melqart rappresenta un altro esempio significativo della ricchezza archeologica sarda e della sua connessione con il mondo fenicio-punico. La connessione tra questo porto e Ercole è affascinante e potrebbe rappresentare un legame tra mito e realtà.
Gli altri siti citati, come Porto Flavia o le varie grotte, anche se non sommersi, sono di grande interesse storico e culturale e arricchiscono ulteriormente la storia dell’isola.
Sull’ipotesi che la Sardegna potesse essere in qualche modo legata alla leggenda di Atlantide, è importante ricordare che la storia di Atlantide narrata da Platone ha generato innumerevoli teorie e speculazioni in tutto il mondo, e finora non erano mai state trovate così tante prove concrete che collegano il blocco geologico sardo-corso all’antica civiltà perduta. Tuttavia, la ricerca continua, e nuove scoperte potrebbero sempre portare nuove informazioni.
In ogni caso, è essenziale continuare a proteggere, studiare e valorizzare questi siti, sia per comprenderne la storia che per conservare la loro bellezza e il loro valore culturale. Sarebbe interessante vedere un maggiore investimento da parte delle autorità locali e internazionali per ricerche più approfondite in questi siti e per presentarli al pubblico in un contesto completo e integrato.
- “Appunti su l’elemento punico e libico nell’onomastica sarda” è un lavoro di Giandomenico Serra che esplora l’influenza delle lingue puniche e libiche nell’onomastica, ovvero lo studio dei nomi, in Sardegna1.L’autore analizza come gli elementi punico e libico si riflettono nei nomi geografici e personali sardi. Questo lavoro è importante perché offre una prospettiva unica sulla complessa storia linguistica della Sardegna, un’isola che è stata influenzata da molte culture diverse nel corso dei secoli1.Il punico era la lingua dei Cartaginesi, un antico popolo del Mediterraneo originario dell’attuale Tunisia, mentre il libico si riferisce alle lingue parlate dalle antiche popolazioni berbere del Nord Africa1.Questo studio contribuisce a una migliore comprensione della storia culturale della Sardegna e del suo patrimonio linguistico. Tuttavia, per una comprensione più dettagliata e completa del contenuto, ti consiglierei di consultare direttamente il libro1.
- La Teoria della Riva Würmiana, formulata dal Dr. Luigi Usai, afferma che buona parte delle paleocoste sommerse dopo il Würm erano abitate1. Questa teoria è basata sull’idea che durante la glaciazione Würm, l’ultima glaciazione che ha avuto luogo su alcune zone specifiche d’Europa come le Alpi o la Sierra Nevada2, le coste che sono state sommerse erano abitate.La validità di una teoria scientifica dipende dalla sua capacità di essere tradotta in ipotesi empiricamente verificabili3. In altre parole, se una teoria è troppo vaga per dar luogo ad ipotesi, non può essere verificata nella realtà3.Pertanto, la plausibilità della Teoria della Riva Würmiana dipende dalla presenza di prove empiriche che la sostengono. In questo punto verranno elencate tutte le possibili prove reperite a partire da oggi 13 settembre 2023.
- Tra le prove archeologiche, la città sommersa di Nora in Sardegna, proprio nell’attuale Sulcis. Nora è una città sommersa molto famosa in Sardegna1. Si trova a pochi chilometri da Cagliari, sulla costa sud dell’isola, vicino al rinomato centro turistico balneare di Pula1. Nora è un sito archeologico di grande interesse, dove è stata scoperta un’antica città risalente al periodo fenicio-punico1. Se tutte le mie affermazioni su una Atlantide Sardo Corsa fossero inventate, allora sarebbe un’incredibile coincidenza la presenza di una città semi-sommersa sott’acqua proprio nel Sulcis, il luogo dove affermo esservi la capitale della civiltà atlantidea. Sono mai stati fatti studi archeologici subacquei sulla Nora sommersa? E’ stata mappata, studiata, analizzata, hackerata, per comprenderne i segreti? Quanti anni fa? E oggi? Cosa si sta facendo per salvare i dati scientifici di questa città semi-sommersa sotto il mare sardo? La città sommersa di Heracleion ad Alessandria d’Egitto è sottoposta a studio e analisi massicci, e Nora sommersa in Sardegna? La città sommersa di Baia è diventato un Parco Sommerso, e Nora in Sardegna?
- Tra le prove archeologiche della sommersione del Sulcis, oltre alla sommersione di Nora abbiamo la sommersione del Porto sommerso di Melqart di Malfatano. Il porto sommerso di Melqart, situato vicino a Porto Pino a Teulada, è una delle più grandi meraviglie archeologiche della Sardegna. È considerato il più grande porto del Mediterraneo antico ed è stato utilizzato dai Fenici, dai Cartaginesi e dai Romani. Il porto è stato descritto dal geografo greco Tolomeo nel I secolo d.C. come il Portus Erculi, dedicato al dio della navigazione. Poteva ospitare fino a 400 navi e la sua antica imponenza è testimoniata dai muri che giganteggiano solo due metri sotto la superficie dell’acqua, tra banchi di pesci e alghe danzanti. Il fatto che si chiamasse Portus Erculi implica il fatto che questo toponimo potrebbe essere una conferma del passaggio della figura di Ercole, finora ritenuta mitologica, in questi luoghi. Come spiegato altrove su questo sito web, Ercole è legato al Sulcis ed alla Sardegna Meridionale anche per il racconto del Giardino delle Esperidi. Secondo alcuni archeologi, la rada che si apre di fronte a Capo Malfatano – il cui nome deriva dal toponimo arabo ‘Amal Fatah’, ovvero luogo della Speranza – sarebbe stata la base della flotta militare cartaginese che controllò il Mediterraneo occidentale fino al 146 a.C., anno in cui i Romani vinsero l’ultima guerra punica e si impadronirono di tutto, forse fino allo stretto di Gibilterra. La vera storia di quell’epoca è ancora tutta da ricostruire e raccontare, ma intanto ci si può immergere alla scoperta di questo sito così misterioso fra resti di edifici, strade e banchine. Oltre a Nora, il Sulcis presenta anche il porto sommerso di Malfatano dedicato ad Ercole. Le prove archeologiche cominciano ad essere sempre più numerose e congruenti con il racconto che Atlantide è il blocco sardo corso semisommerso. Gli archeologi hanno già a disposizione moltissime prove. Una città costiera ed un porto sommersi? Significa che prima erano sulla terra ferma, e quindi significa che la Sardegna meridionale è sottoposta a sommersioni. Non c’è quindi da stupirsi se ad un certo punto si possa essere verificata una sommersione più violenta delle altre che abbia affondato sotto il mare molti chilometri di coste, uccidendo tutte le popolazioni preistoriche che vivevano sulle coste nutrendosi di frutti di mare e di caccia e pesca. La storia di Atlantide, che sembrava un racconto mitologico, assume ora contorni molto più credibili e probabili, le prove archeologiche sono evidenti e chiare a chi le sappia interpretare. Persino il toponimo di Porto di Ercole a Capo Malfatano è una ulteriore conferma a parte di ciò che si afferma in questo sito web.
- Oltre a Nora e al porto di Ercole a Capo Malfatano, ci sono diverse altre strutture sommerse in Sardegna. Alcune di queste includono:
- Porto Flavia: Porto Flavia è un antico porto minerario situato sulla costa sud-occidentale della Sardegna, vicino a Masua. Fu costruito alla fine del XIX secolo per il trasporto del minerale estratto dalle miniere circostanti. Gran parte della struttura è stata scavata nella roccia, con gallerie e tunnel che si estendono al di sotto del livello del mare. Anche se non è completamente sommerso, è una struttura unica che collega l’attività mineraria passata della regione con il mare.
- Is Zuddas: Queste sono le Grotte di Is Zuddas, situate nel Sulcis-Iglesiente, una regione nel sud-ovest della Sardegna. Queste grotte sono famose per le loro formazioni calcaree e stalattiti. Anche se non sono sommerse, rappresentano un sistema di grotte molto interessante che potrebbe aver giocato un ruolo nella vita preistorica e nell’immaginario locale. E’ infatti possibile che il fenomeno carsico abbia giocato un ruolo importantissimo nelle antiche civiltà. Tra le varie ipotesi che posso azzardare, quando Orfeo cerca Euridice è possibile che sia entrato all’interno di un sistema di grotte come quelle de Is Zuddas nel Sulcis. Forse erano considerate l’Ade. O forse i Sardi si prendevano gioco dei Greci, burlandosi di loro, raccontandogli delle bugie per farli apparire stupidi e incompetenti o magari creduloni. In questo senso, la mia visione per il momento diverge dalle affermazioni di Giorgio Saba che, se non erro, colloca l’Ade dalle parti di Sant’Antioco, se non ho capito male (rinvio il lettore a studiare la sua opera intitolata: “Scusi, dov’è l’Ade? Ipotesi sulla storia antica della Sardegna”).
- Porto Conte: Si trova vicino ad Alghero ed è stato un porto fenicio-punico. Resti archeologici e strutture portuali sommerse sono stati scoperti nella baia di Porto Conte, suggerendo attività commerciali e scambi marittimi nel passato.
- Grotta dei Cormorani: Questa è una grotta sommersa situata a Cala Gonone, sulla costa orientale della Sardegna. La grotta è accessibile solo tramite immersioni subacquee e presenta formazioni calcaree spettacolari.
- Grotte di Nettuno: Anche se non sono completamente sommerse, le Grotte di Nettuno sono una serie di spettacolari grotte costiere accessibili tramite il mare o tramite una scalinata scavata nella roccia. Sono situate vicino ad Alghero e sono famose per le loro stalattiti e stalagmiti.
- Grotta del Bue Marino: Situata sempre a Cala Gonone, questa grotta è stata utilizzata nei secoli scorsi dai buoi marini, un tipo di foche monache. La grotta contiene una serie di cunicoli e gallerie interessanti.
Molte di queste strutture richiedono l’accesso tramite immersioni subacquee o barca, e alcune possono essere soggette a restrizioni o regolamentazioni per la conservazione del patrimonio culturale e naturale.
- Tra le prove archeologiche, ci sono molti più di 7000 nuraghes sparsi per tutta la Sardegna, pozzi sacri, tombe dei giganti e tantissime altre strutture tra cui Dolmen, Menhirs, Domus de Janas…ci sono molte scoperte archeologiche interessanti in Sardegna. L’isola ha una ricca storia che risale a millenni e ci sono numerosi siti e strutture archeologiche che forniscono preziose informazioni sul passato. Alcuni dei siti archeologici più famosi della Sardegna includono gli antichi edifici megalitici chiamati nuraghe, che furono costruiti tra il 1900 e il 730 a.C. Ci sono quasi 7.000 nuraghi rimasti in piedi in Sardegna, e alcuni dei più estesi e straordinari includono Su Nuraxi di Barumini e il Nuraghe di Santu Antine.Oltre ai nuraghi, in Sardegna ci sono anche diverse città antiche che vale la pena visitare. Questi includono Tharros, che si trova sulla costa occidentale della Sardegna, e Nora, che si trova sulla costa meridionale dell’isola. Entrambe queste città hanno una ricca storia e offrono ai visitatori uno sguardo al passato.Altri interessanti siti archeologici in Sardegna sono le statue di Mont’e Prama, la Tomba dei Giganti, il Villaggio Nuragico di Tiscali e la Necropoli di Tuvixeddu a Cagliari. Questi siti forniscono preziose informazioni sulla storia e la cultura della Sardegna e meritano una visita.
- Tra le possibili altre prove di una sommersione del blocco sardo corso nel Mar Mediterraneo attuale, vi è la presenza di moltissime città sommerse. Queste città un tempo erano state edificate sulla terra ferma: ciò implica un evento di sprofondamento all’interno del Mar Mediterraneo attuale: quindi non affondò soltanto il blocco geologico sardo corso, ma tantissime città, villaggi e centri abitati, in varie epoche storiche. E’ quindi possibile che questa attività di sprofondamento sia ancora oggi in corso, con tutti i rischi e pericoli che ne derivano.Ecco una lista di alcune città sommerse nel Mediterraneo:Pavlopetri, Grecia
Baia, Italia
Olous, Grecia
Dolchiste, Turchia
Atlit Yam, Israele
Heracleion, Egitto - Confronto con altri Studi: La mia analisi potrebbe guadagnare in forza confrontando le mie conclusioni con altri studi scientifici o ricerche archeologiche sulla Sardegna e sulle leggende dell’Atlantide. Realizzerò quindi una apposita sessione chiamata in modo omonimo: Confronto con altri Studi.
- Contatti Sardo Corso Atlantidei con il resto del mondo: ecco un interessante estratto dall’articolo di Archaeology Odyssey “Villaggi di Pietra: i Nuraghi dell’Età del Bronzo della Sardegna” di Robert H. Tykot (https://www.baslibrary.org/archaeology-odyssey/6/2/3). L’articolo discute la storia della Sardegna durante l’Età del Bronzo e come un tempo si pensava che fosse isolata dalle vibranti culture dell’Egeo e del Mediterraneo orientale. Tuttavia, decenni di ricerche archeologiche hanno dimostrato che i Sardi dell’Età del Bronzo non solo mantenevano contatti con i Minoici e i Micenei, ma potrebbero anche essersi trasferiti in Medio Oriente. Molti studiosi identificano un popolo chiamato Shardana, menzionato in una serie di testi egiziani, come Sardi. Il faraone Ramses II si lamentò che gli Shardana “vennero audacemente con le loro navi da guerra dal mezzo del mare, nessuno essendo in grado di resistere a loro”. È affascinante conoscere la storia e la cultura della Sardegna durante questo periodo!
Sono stati trovati sul Monte Carmelo resti di quello che appare come una sorta di villaggio nuragico proprio in terra d’Israele intorno al XII secolo Avanti Cristo
http://luna.cas.usf.edu/~rtykot/NPR9%20-%20Arch%20Odyssey.pdf
Le grotte di Nahal Me’arot / Wadi el-Mughara si trovano sulle pendici occidentali della catena del Monte Carmelo e includono le grotte di Tabun, Jamal, el-Wad e Skhul. Queste grotte sono state oggetto di ricerche archeologiche per oltre 90 anni e hanno rivelato una sequenza culturale di durata senza pari, fornendo un archivio della vita umana primitiva nel sud-ovest asiatico. La proprietà di 54 ettari contiene depositi culturali che rappresentano almeno 500.000 anni di evoluzione umana, dimostrando l’esistenza unica sia dei Neanderthal che degli Uomini Anatomicamente Moderni all’interno dello stesso quadro culturale del Paleolitico Medio, il Musteriano. Le prove di numerose sepolture natufiane e della prima architettura in pietra rappresentano la transizione da uno stile di vita di caccia-raccolta all’agricoltura e all’allevamento degli animali. Di conseguenza, le grotte sono diventate un sito chiave del quadro cronologico-stratigrafico per l’evoluzione umana in generale e per la preistoria del Levante in particolare. La mia ipotesi puramente speculativa è che questi luoghi siano stati anticamente colonie sardo corso atlantidee in Libano/Palestina/Israele, ossia nell’attuale Asia Minore. Suppongo pertanto, a livello teoretico, che in futuro verranno ritrovati altri e numerosi insediamenti sardo-corso-atlantidei su queste terre. A mio avviso, è solo questione di tempo e di miglioramento degli strumenti di ricerca, come ad esempio l’archeologia satellitare e l’uso massiccio del Lidar per la scoperta di nuovi resti e insediamenti antichi.
Un articolo di particolare rilievo si intitola “El-Ahwat: una città fortificata del popolo del mare?” ed è stato scritto da Israel Finkelstein. È stato pubblicato nel Israel Exploration Journal, Volume 52, Numero 2 nel 2002. L’articolo parla di El-Ahwat, un sito dell’Età del Ferro I situato su una cresta a sud di Nahal cIron, l’antica via che conduceva dall’Egitto e dalla pianura costiera alla Valle di Jezreel e al nord. Il sito è stato scavato da Adam Zertal, che lo data alla fine del XIII-inizio del XII secolo a.C. e identifica i suoi costruttori con i Shardana, uno dei popoli del mare menzionati nei testi egizi dal XIV all’XI secolo a.C. e nelle fonti ugaritiche. La sua interpretazione potrebbe avere implicazioni di vasta portata per lo studio dell’intero bacino del Mediterraneo alla fine del secondo millennio a.C. In questo articolo, l’autore esamina attentamente i reperti e l’interpretazione dello scavatore e sostiene che El-Ahwat sia un tipico villaggio dell’Età del Ferro I abitato da persone locali1. L’Età del Ferro I è un periodo storico che fa parte dell’Età del Ferro, che iniziò tra il 1200 a.C. e il 600 a.C., a seconda della regione, e seguì l’Età della Pietra e l’Età del Bronzo. Durante l’Età del Ferro, le persone in gran parte d’Europa, Asia e parti dell’Africa iniziarono a fabbricare utensili e armi in ferro e acciaio1. L’Età del Ferro I iniziò intorno al 1200 a.C. nella regione del Mediterraneo e nel Vicino Oriente con il crollo di diverse importanti civiltà dell’Età del Bronzo, tra cui la civiltà micenea in Grecia e l’impero ittita in Turchia. Città antiche come Troia e Gaza furono distrutte, le rotte commerciali furono perse e l’alfabetizzazione diminuì in tutta la regione1. - Le Sirti citate dai testi antichi:La parola “Sirte” deriva dal latino “Syrtis”, che a sua volta deriva dall’antico greco “Σύρτις” (Súrtis). Questo termine si riferiva a due grandi banchi di sabbia al largo della costa della Libia, che in questo sito è la provincia di Cagliari nell’attuale Sardegna, e non la Libia in Africa. La Grande Sirte o Syrtis Major è il nome latino per il Golfo di Sirte, un corpo d’acqua nel Mar Mediterraneo sulla costa della Libia, mentre la Piccola Sirte o Syrtis Minor è il nome latino fino ad oggi attribuito al Golfo di Gabès, un corpo d’acqua nel Mar Mediterraneo sulla costa orientale della Tunisia. Ma rileggendo Erodoto e reinterpretando il termine Libia come “provincia di Cagliari”, allora le Sirti potrebbero diventare il Golfo di Cagliari e il Golfo di Sant’Antioco in Sardegna.“Σύρτις” (Súrtis) è una parola greca antica che si riferisce a due grandi golfi poco profondi sulla costa della Libia. Questi golfi erano noti per essere pieni di secche e banchi di sabbia, rendendo difficile la navigazione per le navi. Fino ad oggi si è creduto che la Grande Sirte, o Syrtis Major, si trovava sulla costa settentrionale della Libia Africana, mentre la Piccola Sirte, o Syrtis Minor, si trovava sulla costa orientale della Tunisia. Ciò è sbagliato e questo è il motivo per cui fino ad oggi un alone di mistero aleggiava sui luoghi nei pressi delle Sirti, ossia il Lago Tritonide e il Giardino delle Esperidi, impossibili da trovare fino ad oggi perché si cercava in Libia Africana e in Tunisia anziché dove essi si trovavano realmente, ossia nell’attuale provincia di Cagliari in Sardegna.Inoltre, “Σύρτις” può anche significare “distruzione” o “rovina” in greco antico. Questo significato metaforico deriva dalla difficoltà di navigare in questi golfi a causa della trascinata verso la riva. Tuttavia fino ad oggi, non ci sono prove storiche che suggeriscano che questi golfi siano stati associati alla distruzione o alla rovina in senso letterale. Erano importanti rotte commerciali per i navigatori greci antichi e altri popoli del Mediterraneo. Come già spiegato in altre parti di questo sito web, il blocco sardo-corso era circondato da fanghi, e le paleocoste presentavano un mare molto basso, dopo la semi-sommersione del blocco geologico sardo-corso, per cui le navi greche che arrivavano dalle parti del Golfo di Cagliari si incagliavano. E’ interessantissimo notare che tuttora esiste una leggenda legata alla Chiesa di Bonaria di Cagliari, che parla di una nave che si è incagliata nel Golfo di Cagliari. Le mie affermazioni trovano continuamente riscontro nel mondo reale, nelle storie, nelle tradizioni, nelle lingue e dialetti del luogo, persino nella toponomastica.La Basilica di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari è un luogo di culto molto importante in Sardegna, con una storia pluricentenaria che affonda le sue origini nella leggenda. Secondo la leggenda, il 25 marzo del 1370, una nave fu colpita da una violenta tempesta e per sopravvivere fu costretta a gettare in mare tutto il suo carico, tra cui anche una pesante cassa in legno. Nonostante la tempesta, la cassa non affondò e i marinai invocarono la Madonna. La tempesta si placò e la cassa raggiunse il porto della città di Cagliari e terminò il suo viaggio alle pendici del colle di Bonaria12.I frati aprirono la cassa e vi trovarono una statua della Vergine Maria con in braccio il Bambino Gesù, che tiene nella mano una candela rimasta accesa nonostante il viaggio per mare1. Questa statua divenne nota come Nostra Signora di Bonaria e divenne l’oggetto del culto dei fedeli che salgono le scalette ai due lati dell’altare per venerarla2.
Leggendo questa storia, riferita al 1370 Dopo Cristo, viene alla mente che migliaia e migliaia di anni prima era possibile e comprensibile che un’antica nave greca potesse incagliarsi nei fondali delle città e villaggi che sorgevano a Cagliari sul Lago Tritonide. Ma non esistendo il Cristianesimo, mentre nel 1370 la superstizione religiosa ha generato il culto della Madonna di Bonaria a Cagliari, nella preistoria essa ha generato i racconti, tramandati per millenni, degli Argonauti, del Lago Tritonide e del tripode dato dai marinai greci ai sardi in cambio di ospitalità, ha generato il racconto delle Sirti, dei Monti di Atlante e del Giardino delle Esperidi. - L’Editto delle Chiudende: Impatti sulla Gestione Territoriale e sul Patrimonio Archeologico Sardo: Nel XIX secolo, la Sardegna vide la promulgazione dell’Editto delle Chiudende, un decreto fondamentale che influenzò profondamente le dinamiche di proprietà e gestione dei terreni nell’isola. In un periodo antecedente a tale editto, le terre sarde spettavano generalmente a una proprietà collettiva, essendo utilizzate dai pastori e contadini per l’agricoltura e il pascolo. Tuttavia, con la sua introduzione, venne instaurato un nuovo ordine, consentendo alle entità private di demarcare e affermare la proprietà sui terreni. Nonostante la potenziale interpretazione dell’editto come strumento di modernizzazione agricola e consolidamento della proprietà privata, esso ha innescato conseguenze devastanti sul patrimonio archeologico sardo. L’aspetto più lamentato di questa transizione è stato l’uso incontrollato di materiali storici, in particolar modo quelli derivanti dai nuraghi: straordinarie torri megalitiche, simboli distintivi della cultura preistorica dell’isola.Innumerevoli proprietari di terreni, nella costruzione di recinzioni o edifici, avevano la possibilità di appropriarsi di materiali dai nuraghi, compromettendo l’integrità di queste antiche strutture. Tale prassi non soltanto ha comportato la riduzione o l’eliminazione di molte di queste testimonianze storiche, ma ha precluso agli archeologi la capacità di analizzarle nel loro contesto originario. Il numero originale delle strutture archeologiche disponibili è diminuito in maniera considerevole. L’erosione del patrimonio non terminò qui.Nell’ambito delle opere di scavo legate alla recinzione o ad altre iniziative edilizie, diversi residenti probabilmente si imbatterono in artefatti archeologici sepolti: dalle figure in bronzo, ai manufatti ceramici, ai lingotti metallici, fino a statue di notevole valore. Molte di queste scoperte, anziché essere riferite alle autorità competenti, è possibile che furono tenute segrete o vendute, privando gli specialisti e la comunità di una piena comprensione del loro significato e valore.Si può immaginare che la commercializzazione non autorizzata di tali reperti alimentò un mercato nero, con artefatti sardi che trovavano posto nelle collezioni di appassionati di tutto il mondo, eludendo l’opportunità di una corretta catalogazione e studio. Infatti, la sensibilità archeologica che abbiamo oggi non è la stessa che si aveva in passato: ad esempio, in Sardegna abbiamo testimonianze di almeno un Papa che diede l’ordine di abbattere serie di Menhirs antichissimi, in quanto considerati strumenti di adorazione di divinità pagane. Nuovamente, ecco la religione cristiana che cercò di distruggere i vecchi culti sardo-corso-atlantidei, in quanto considerati pagani e frutto del Demonio.In sintesi, benché l’Editto delle Chiudende avesse l’intento di modernizzare la prassi agricola e i diritti fondiari in Sardegna, le sue ripercussioni sul patrimonio archeologico si rivelarono profondamente negative. La compromissione e il saccheggio di monumenti e reperti sardi incarnano un’ombra persistente nella storia culturale dell’isola, un monito sull’equilibrio tra innovazione e preservazione.
- Le Amazzoni di Mirina fondarono una città sul Lago Tritonide: quindi le Amazzoni della Regina Mirina vivevano nella Provincia di Cagliari; a parziale conferma di questo tutti gli studi di secoli sul fatto che in Sardegna vi era una civiltà matriarcale; una ulteriore prova dell’esistenza di donne guerriere nel passato si ottiene dalle ricerche nelle Isole Scilly. Recenti scoperte archeologiche nelle Isole Scilly, al largo della costa della Cornovaglia, hanno portato alla luce i resti di una guerriera dell’Età del Ferro. La tomba, situata sull’isola di Bryher, conteneva una spada e uno specchio, oggetti che suggeriscono che la donna sepolta fosse una guerriera di alto rango . La scoperta è stata descritta come “straordinaria” e “senza precedenti” dagli archeologi che hanno lavorato sul sito. La tomba è stata datata intorno al 200 a.C. e rappresenta una delle poche prove archeologiche dell’esistenza di guerriere femminili nell’antichità. Questa scoperta offre nuove prospettive sulla vita delle donne nell’antichità e sulla loro partecipazione alle attività militari. Potrebbe anche fornire ulteriori informazioni sulle leggende delle Amazzoni, un gruppo di guerriere femminili descritte nella mitologia greca. Fonti: BBC News, The Guardian.
Ci sono molte prove archeologiche che suggeriscono l’esistenza di donne guerriere nell’antichità. Ad esempio, una tomba scoperta nel 2017 in Armenia ha rivelato i resti di due donne che vivevano circa 3.000 anni fa e che suggeriscono che fossero coinvolte in battaglie militari, probabilmente come guerriere a cavallo che sparavano frecce1. Inoltre, ci sono molte storie di donne guerriere in varie culture e mitologie, come le Amazzoni della mitologia greca2. Anche in Giappone, le Onna-musha erano guerriere femminili che combattevano in battaglia accanto ai samurai maschi3. In Persia antica, c’era la regina Tomyris, che divenne regina dei Massegetai alla morte di suo marito e combatté contro Ciro di Persia per il suo regno4. Questi sono solo alcuni esempi delle molte donne guerriere che hanno lasciato il segno nella storia.
- Le Isole Esperidi (in latino: Hesperidum Insulae) sono isole dell’Oceano Atlantico (ossia del Mare intorno a Sardegna e Corsica fino almeno al V secolo a.C. come testimoniano gli scritti di Erodoto e le affermazioni di Sonchis di Sais); nella tradizione classica le Isole Esperidi sono probabilmente tutte le isole incontrate prima di raggiungere le Colonne d’Ercole a Carloforte, in particolare la Sardegna e tutte le piccole isole come Sant’Antioco, Carloforte, l’Isola dei Cavoli, Serpentara, per citarne alcune. Sono conosciute anche con il nome di Isole delle Signore dell’ovest perché vi abitavano le Amazzoni, ossia le Signore dell’Ovest, sul Lago Tritonide di Cagliari e provincia, fino all’attuale Capoterra.
- Possibili cause dell’affondamento di Atlantide Sardo Corsa possono essere almeno tre, secondo le mie riflessioni autonome e indipendenti: lo slab roll back di assestamento geologico dell’isola sardo corso atlantidea; i Meltwater Pulses, in particolare forse il Meltwater Pulse 1b; ho ipotizzato la presenza sotto il Sulcis di una zona di Wadati-Benioff che parte almeno dallo Stretto di Gibilterra e arriva almeno fino a Pompei ed Ercolano, passando sotto il Sulcis. Questa faglia, attivatasi in passato, può aver causato terremoti, maremoti e distruzioni varie, perché l’epicentro si trova proprio sotto il Sulcis; quindi anche terremoti di lievi entità possono essere stati devastanti in quanto proprio posizionati sotto la zona abitata, popolata. Questo fatto potrebbe anche aver causato lo sprofondamento del Monte Atlante dove Poseidone e Clito realizzarono il centro della Capitale di Atlantide. Lo sprofondamento del Monte può essere stato interpretato dalle popolazioni come una punizione divina per la tracotanza del popolo degli Atlanti, ossia per la tracotanza dei Sulcitani. La cosa ridicola è che oggi invece il Sulcis è la zona più povera di tutta Italia. Questo è proprio un paradosso: la Capitale di Atlantide nella preistoria, oggi diventata la zona più povera di tutta l’Italia. La data di affondamento di Atlantide sardo corsa non è ancora stata definita con precisione, per cui in realtà i Meltwater Pulses potrebbero non essere implicati nel processo di sommersione. Dal punto di vista geologico, ci sono inoltre almeno due punti da tenere a mente ben presenti: la struttura geologica a Graben-Horst di varie parti del territorio sardo corso, in particolare del Campidano; in secondo luogo il fenomeno carsico a doline tipico del Sulcis: un ingresso violento d’acqua potrebbe aver creato danni immensi a causa del carsismo del luogo, tutto da approfondire e studiare.
- l’attuale Corsica era la parte montuosa a nord di Atlantide; oggi appare un’isola perché è stata sommersa, si tratta di un’illusione ottica. La Corsica e la Sardegna erano terrazzamenti montani dell’isola di Atlantide, quindi dopo la parziale sommersione catastrofica restarono fuori dall’acqua, e noi oggi crediamo che siano due isole, staccate, separate, ma ciò non è assolutamente vero;
- i Monti del Sulcis si chiamavano Monti di Atlante, e presero il nome dal figlio di Poseidone chiamato Atlante, primo di 5 coppie di gemelli, quindi primo di 10 fratelli;
- Fruttidoro di Capoterra è il Giardino delle Esperidi;
Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (paleolitico/mesolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica, tuttavia nel Nuraghe Antigori di Sarroch sono stati rinvenuti reperti archeologici che confermano queste ipotesi in maniera importante: da Wikipedia apprendiamo che “Gli scavi restituirono varie ceramiche nuragiche e micenee (provenienti dall’Argolide, da Creta, e da Cipro[1]) del tipo Miceneo III B e Miceneo III C risalenti rispettivamente al XIV–XIII e al XIII–XII secolo a.C. a testimonianza degli importanti scambi che ebbero luogo fra la civiltà nuragica e quella micenea“. La ceramica micenea è la tradizione ceramica associata al periodo miceneo nell’antica Grecia, che durò dal 1550 al 1050 a.C. Comprendeva una varietà di stili e forme, tra cui il vaso a staffa, ed era fortemente influenzata dai precedenti minoici basati su Creta . Le ceramiche micenee mostrano tipicamente rappresentazioni stilizzate della vita marina e vegetale e mostrano un’affinità per i disegni lineari minimalisti, una tendenza che avrebbe influenzato la prima ceramica dell’antica Grecia arcaica e classica dal IX secolo a.C. La ceramica micenea prodotta con la ruota (1550-1450 a.C.) dalla Grecia continentale è stata descritta come “cretese provinciale”, il che significa che sebbene fosse prodotta in Grecia continentale, era fortemente influenzata dalla ceramica minoica.A ulteriore possibile conferma del Giardino delle Esperidi a Frutti d’Oro di Capoterra il fatto che l’autrice M. R. Manunza ha scritto di manufatti nuragici e micenei lungo una strada dell’Età del Bronzo presso Bia ‘e Palma, Selargius (CA) 1. Inoltre, c’è un articolo di Donatella Salvi sulla maiolica arcaica del pozzo di Bia ‘e Palma a Selargius 2. Quindi i contatti tra antichi Sardi e popolazioni micenee sono chiaramente dimostrati dai dati archeologici e storici, nonché dagli artefatti rinvenuti che dimostrano una relazione tra questi popoli. Non si tratta quindi di fantasia, ma esistono prove concrete, storiche, archeologiche e documentate da professionisti di chiara fama. Le prove a sostegno di questa ipotesi quindi sono numerose e delocalizzate in parecchi punti geografici del Sud della Sardegna: ci sono prove di contatti tra la Sardegna e il Mediterraneo orientale durante l’età del Bronzo. Ad esempio, la ceramica micenea è stata trovata in ambiente nuragico1. Dopo il 1200 a.C., con il crollo economico e politico delle culture dei palazzi a Micene e a Creta, solo i Ciprioti continuarono il commercio con la Sardegna1.Sì, la civiltà nuragica non era isolata e chiusa, ma pienamente integrata nelle dinamiche degli scambi commerciali e culturali che caratterizzavano la vita nel Mediterraneo in quel periodo. Una delle civiltà con cui i Sardi nuragici avevano certamente stabilito una relazione di scambi commerciali e culturali sistematici e intensi era quella dei Micenei, interessati al commercio dei metalli. Prove di tali relazioni sono state trovate in Sardegna sotto forma di diversi significativi reperti ceramici. Ben noti sono i frammenti di ceramica micenea trovati nel nuraghe Antigori, significativamente situato sulla costa meridionale della Sardegna, vicino a Sarroch, ma anche il cosiddetto “alabastron” trovato nel nuraghe Arrubiu a Orroli. Altrettanto importante e interessante è la testa d’avorio di Mitza Purdia (Decimoputzu) che raffigura un personaggio con un elmo del tutto analogo a quelli descritti nelle opere omeriche come tipici dei guerrieri achei.Queste prove suggeriscono che i Sardi nuragici avevano stabilito una relazione di scambi commerciali e culturali sistematici e intensi con i Micenei, interessati al commercio dei metalli. Pertanto, esistono maggiori probabilità che la leggenda o mito del Giardino delle Esperidi non sia altro che frutto dei primi contatti tra queste popolazioni.Se tutto ciò dovesse rivelarsi corretto, come ormai è chiaro allo scrivente, significa che almeno tre donne sarde di Capoterra erano chiamate Esperidi. Ma allora cosa era questo Giardino mitologico? Si tratta di una struttura? Di che natura? Sarà possibile, eseguendo carotaggi e stratigrafie, trovare resti Neolitici, Mesolitici o Paleolitici che possano convalidare che millenni fa erano presenti strutture, popoli, civili? Perché Hesperides? Perché il nome Esperidi? E cosa è successo realmente?
Rileggendo adesso il mito del Giardino delle Esperidi con queste nuove informazioni, si direbbe che un antico uomo greco di nome Ercole si sia diretto verso la spiaggia di Frutti d’Oro di Capoterra, abbia attraccato e instaurato una qualche forma di rapporto con gli abitanti di Capoterra. Il mito dice che il suo scopo fosse quello di rubare tre mele d’oro. Noi oggi però possiamo fare solo ipotesi: si trattava di una pianta di arancio? Non esistevano le arance in Grecia, e allora Ercole venne inviato a rubare tre arance per poterle poi piantare in Grecia e coltivarle in modo autonomo?
Come è stato accolto Ercole dagli abitanti di Capoterra? In amicizia? Perché non vengono nominati gli uomini, ma il drago Ladone? Cosa era questo drago attorcigliato all’albero? I capoterresi hanno dato da bere, a lui ed ai suoi amici marinai? Hanno offerto loro frutta da un Giardino per sfamarli perché sulle navi rischiavano di prendere lo scorbuto? Gli avranno offerto limoni per curare lo scorbuto? O quali potevano essere questi “frutti d’oro”? C’era realmente un albero con appese frutta d’oro, magari dedicate a qualche divinità, oppure d’oro questi frutti avevano solo il colore? Si trattava realmente di un melo? Ma allora la variante color oro della mela esisteva solo a Capoterra, e i greci l’hanno “rubata” per piantarla in Grecia? Se questo episodio è stato tramandato nei millenni, forse contiene delle informazioni importantissime: perché Ercole venne mandato a “rubare” da Frutti D’Oro di Capoterra? Cosa doveva rubare esattamente? Una variante di frutta che esisteva solo a Capoterra? Questo tipo di indagine filosofico-scientifica richiede il contributo anche di botanici esperti, per cui non è semplice da risolvere. Già la parte paleogeografica ha richiesto di combinare centinaia di informazioni da discipline differenti.
Anche se la potenziale scoperta, supportata dalle dichiarazioni degli storici antichi, è straordinaria e lascia a bocca aperta per la meraviglia, tuttavia solleva molte più domande di quelle alle quali risponde.
Ercole a Capoterra nell’attuale Sardegna. Ma era già Sardegna o si trattava ancora dell’isola leggendaria sardo corsa attualmente semi-sommersa? Quando Ercole approdò a Capoterra il blocco geologico sardo-corso era già affondato?
Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico (Paleolitico), che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome paleolitico/mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito.
Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni). Seguendo queste interpretazioni, possiamo analizzare altri aspetti della mitologia: Teti era una sarda. Peleo sposò una sarda, ma i greci le chiamavano “ninfe del mare”. Il giardino delle Esperidi è a Fruttidoro di Capoterra, in Sardegna, tra i monti di Atlante, ossia i monti del Sulcis, e l’Oceano Atlantico Paleolitico, ossia l’attuale mediterraneo. Teti era eponima della città sarda ancora oggi chiamata Teti. La caccia al cinghiale è avvenuta quindi in Sardegna: questo uso sussiste ancora. Rileggendo il mito in questa chiave, ogni tassello va al suo posto e tutti questi racconti cominciano ad assumere un senso perfettamente logico. Nel Paleolitico, l’Oceano di Atlantide, ossia l’Oceano Atlantico, era il nome che designava parte dell’attuale Mar Mediterraneo, come nell’immagine sottostante
In verdolino chiaro è possibile vedere tutta la parte del blocco sardo corso che è stata sommersa non prima del 9600 a.C. da una catastrofe geologica, descritta per l’appunto anche in Timeo, che è appunto un testo non solo di cosmologia, ma anche di geografia astronomica, geografia e geologia. Perché non è possibile che sia stata sommersa prima? Perché il sacerdote egizio Sonchis di Sais, che racconta questi episodi a Solone, afferma che la guerra tra la Prima Atene e Atlantide divampò novemila anni prima del tempo del viaggio di Solone in Egitto; dato che questo viaggio è documentato storicamente e avvenne intorno al 580 a.C., significa che la guerra tra Atene ed Atlantide divampò intorno al 9580 avanti Cristo: se la guerra divampò in quel periodo, quanto durò? Dove si svolse? In territorio sardo corso atlantideo o in territorio greco? La Prima Grecia in che territorio geografico si estendeva? Dove si trovavano i due eserciti Atlantideo e Greco quando vennero sommersi? Sulle paleocoste sardo corse? A distanza di 9580 anni + 2024 anni (l’attuale data), ossia a distanza di circa 11.604 anni, se le paleocoste sardo corso atlantidee sono state sommerse e battute da 11.604 anni di correnti marine e di sedimentazione della sabbia sul fondo del mare, questi reperti archeologici sotto quante decine di metri potrebbero trovarsi? A mio avviso, sono queste le domande intelligenti che dovremmo porci, e tutti voi, miei cari 3 lettori, siete invitati a riflettere su questi argomenti che a mio avviso potrebbero ampliare il nostro concetto di Storia antica e Civiltà antiche.
Ma siccome in periodo storico, sotto i Romani l’Oceano Atlantico venne nominato Mare Nostrum, la nomenclatura paleolitica era ormai scomparsa dalla maggior parte dei testi. Però molti studiosi e antichi testi riportavano ancora la dicitura Oceano Atlantico. In seguito, venne chiamato Mediterraneo, per cui gli studiosi/scienziati degli ultimi 2000 anni circa si focalizzarono a cercare l’isola di Atlantide, ossia il blocco geologico sardo-corso semisommerso nel 9600 circa a.C., nel luogo sbagliato: ecco perché nessuno l’ha mai trovato.
Se venisse dimostrato che l’autore dell’articolo ha detto il vero e che il Giardino delle Esperidi fosse un luogo reale situato a Frutti D’Oro di Capoterra in Sardegna, ciò potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione della storia e della mitologia antica. Potrebbe fornire nuove informazioni sulla diffusione dei miti e delle leggende e sulla loro relazione con la realtà storica. Inoltre, potrebbe stimolare ulteriori ricerche e scavi archeologici nella zona per cercare ulteriori prove a sostegno di questa teoria.
Tutte le spiegazioni sul sito web https://www.atlantisfound.it/it_it/2023/02/12/che-atlantide-sia-il-blocco-sardo-corso-sommerso
Aggiornamento del 18 Luglio 2023
In data di ieri pomeriggio io, Luigi Usai, mi sono svegliato dopo poche ore di sonno. E’ da mesi ormai che non ho orario per dormire: dormo quando sono esausto, a qualsiasi ora del giorno e della notte, per il tempo di cui ho bisogno. Ciò ha favorito la mia attività onirica, che non sarà oggetto di spiegazioni o divulgazione in questa sede. In data di ieri, svegliato all’improvviso, non so per quale motivo ho cercato documentazione online, incappando in un testo che citava Erodoto sul popolo degli Atlanti:
mentre leggevo il testo di Erodoto tradotto in italiano sono esploso in esclamazioni di gioia: il testo di Erodoto parla del Sulcis in Sardegna! Ciò che dice Erodoto conferma tutte le mie affermazioni relative al Sulcis Capitale di Atlantide! Ero emozionatissimo e pieno di gioia, ma allo stesso tempo pieno di tristezza: è impossibile comunicare queste scoperte al mondo scientifico. Purtroppo, la maggioranza di studiosi è talmente piena di quella che Giambattista Vico chiamava la “Boria dei Dotti”, che diventa difficilissimo condividere le proprie idee.
I TESTI DELLE STORIE DI ERODOTO CONFERMANO SCIENTIFICAMENTE CHE IL POPOLO DEGLI ATLANTI E’ STABILITO NEL SULCIS, NELL’ATTUALE SARDEGNA.
Con il presente testo invito la Comunità Scientifica Mondiale a verificare e controvalidare le mie affermazioni, da questo momento in poi pubbliche. Ora che le affermazioni che Atlantide sia il Blocco Geologico Sardo-Corso semisommerso nell’Oceano Atlantico Paleolitico hanno conferma nei testi di Erodoto. Chiedo pubblicamente ed ufficialmente verifica da parte degli studiosi di tutto il mondo, per poter portare il Sapere sul Mondo Antico qualche passo più avanti, e consentire nuove scoperte a studiosi di tutto il mondo.
Grazie anticipate alla Comunità Scientifica.
Lentamente, incollerò qui una copia dei testi di Erodoto con la spiegazione passo passo tramite immagini satellitari che mostrino la veridicità di quanto affermato dallo storico greco.
L’Oceano Atlantico era il nome paleolitico del Mediterraneo intorno all’isola sardo-corsa;
- Possibile Etimologia di Mauretania: il Sulcis è abitato dai Maurreddus. I territori conquistati dai Maurreddus erano chiamati Maurreddania. In lingua latina, questo nome geografico è stato storpiato, per cui in alcune cartine antichissime si trova il nome Maurrettania con due “R” e due “T”. In seguito il latino prevalse, per cui la Maurreddania divenne Mauretania, senza doppie, che sono tipiche della lingua sarda. Molte persone, per imitare la pronuncia sarda, ancora oggi raddoppiano le consonanti di tutte le parole italiane per prendersi gioco dei sardi o per fare ironia, sia in senso offensivo che in senso puramente scherzoso e ironico. Quindi, se un testo antico afferma che “Ercole andò in Mauritania”, va interpretato come “Ercole andò nel Sulcis”. Probabilmente l’attuale Mauritania si chiama così perché era terra di conquista dei Sulcitani, allo stesso modo di ciò che avvenne con la Libia arcaica, spiegata nel prossimo punto.
L’etimologia del nome “Mauretania” quindi, non deriva dalla parola latina “Maurītānus”, che significa “Mauritano, [uno] dei Mori”, non deriva da “Maurus” che significa “Moro”, dall’antico greco Μαυρός (Maurós) ³, ma deriverebbe dalla radice del termine sardo “Maurreddu”, ossia “Sulcitano”, “abitante del Sulcis”. La regione del Sulcis in Sardegna è abitata dai Maurreddus, che inseguito vennero definiti Mauros o Mauri, e per fenomeno di monottongazione, Mori. Il fenomeno per cui il dittongo “au” diventa “o” si chiama monottongazione. La monottongazione è la trasformazione di un dittongo o trittongo in una vocale lunga. Ad esempio, nell’evoluzione del latino, il dittongo “au” diventa “o” in parole come “laudo”, “plaudo”, “gaudeo”, che danno luogo a forme rustiche e volgari come “lodo”, “plodo”, “god(e)o”1. Qualcuno potrebbe obiettare che queste siano mere speculazioni teoriche, ma in realtà a supporto di queste affermazioni vengono le bandiere sarda e la bandiera corsa.L’ipotesi che i Mauri o Mori fossero i Sulcitani del blocco geologico sardo-corso è interessante, ma non ho trovato prove a sostegno di questa teoria nelle mie ricerche. Tuttavia, le bandiere sardo-corso presentano alcune caratteristiche che potrebbero essere interpretate come una possibile prova a sostegno di questa ipotesi.La bandiera della Sardegna, nota anche come la bandiera dei quattro mori, presenta quattro teste di moro di pelle nera, disposte in una croce di San Giorgio. La bandiera della Corsica, invece, presenta un solo moro di pelle nera. Queste raffigurazioni potrebbero essere interpretate come una rappresentazione dei Mauri o Mori come abitanti del blocco geologico sardo-corso.Tuttavia, è importante notare che l’origine e il significato delle raffigurazioni dei mori nelle bandiere sardo-corso sono ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi. Alcune teorie suggeriscono che i mori rappresentino i quattro re saraceni sconfitti dagli aragonesi durante la battaglia di Alcoraz avvenuta in Spagna1. Altre teorie suggeriscono che i mori rappresentino i giudici del Regno di Sardegna o i quattro giudicati storici dell’isola. Ma sotto la luce potente della teoria Sardo Corso Atlantidea, adesso il significato delle bandiere della Sardegna e della Corsica assumono una luce totalmente nuova ed incredibile: si tratta di un rovesciamento logico. Prima si credeva che fossero i Mori Africani ad aver conquistato, dominato e acculturato i Sardo Corsi, mentre ora il principio è rovesciato: sono i Sardo Corsi ad aver dominato, come aveva affermato Sonchis di Sais nel Timeo e nel Crizia di Platone, tutto il nord africa fino all’Egitto, esportando la cultura sardo corso atlantidea e la cultura megalitica, forse anche per la realizzazione delle piramidi egizie. Se fosse vera quest’ultima informazione, all’Egitto non farebbe né comodo né piacere dover affermare la possibilità che le piramidi possano essere state, a livello teorico, essere realizzate da maestranze sardo corse, e magari proprio dal popolo dei Gizanti, da cui la piramide di Giza potrebbe aver preso il nome in via ipotetica.In ogni caso, la presenza dei mori nelle bandiere sardo-corso è un simbolo importante e rappresenta l’orgoglio e l’identità delle popolazioni dell’isola, e la presenza di Mori, ossia di uomini dalla pelle nera o scura sulle bandiere non fa altro che confermare il paradigma sardo corso atlantideo. - La Libia, nel V secolo avanti Cristo, secondo i testi di Erodoto e di Solone e Platone poi era una zona nell’attuale provincia di Cagliari; lo scrivente Dr. Luigi Usai ha capito che quando Erodoto sta parlando della Libia, non sta parlando della Libia che noi conosciamo in Africa, bensì della Libia come territorio nella provincia di Cagliari. Si è accorto che Anteo è il Re della Libia; usando l’induzione logica, ha pensato che se la Libia è una porzione del Campidano attuale in Sardegna, e se Anteo è stato il Re della Libia, per induzione logica allora Anteo è stato un Re del Campidano. Sempre a livello intuitivo, lo scrivente Luigi Usai si è accorto che infatti in Sardegna esiste un tempio di Antas, che potrebbe rappresentare Anteo come Divinità Sarda antica. Infatti, se il Tempio di Antas è dedicato al Sardus Pater, perché non chiamarlo Tempio di Sardus Pater? Queste riflessioni e tantissime altre, come la presenza delle Amazzoni sul Lago Tritonide in Libia… ma stavolta, riflettendo sul fatto che il Lago Tritonide sia nel Sud della Sardegna, tutta la Geografia erodotea torna al suo posto correttamente. Il Deserto Libico invece sarebbe, secondo lo scrivente Luigi Usai, il Deserto Sardo di Porto Pino, che è praticamente sconosciuto a tutto il mondo eccetto ai Sardi stessi.
“Atlantide e i segreti dei deserti sardi”Quando si parla di Atlantide, l’immaginario popolare spesso ci trasporta in lontane e misteriose terre sommerse. Tuttavia, la ricerca di questa leggendaria civiltà potrebbe portarci molto più vicino a casa di quanto pensiamo, precisamente nelle sabbie del Desert des Agriates in Corsica e nel deserto libico sardo di Porto Pino.Il Desert des Agriates, nonostante il nome, non è un vero e proprio deserto nel senso tradizionale. È, invece, un’area selvaggia e rocciosa di 15.000 ettari tra Saint-Florent e l’Ile-Rousse. Ma cosa lo collega alla leggenda di Atlantide? E come si relaziona con il deserto di Porto Pino in Sardegna?Sia il Desert des Agriates che il deserto libico sardo di Porto Pino condividono una serie di caratteristiche geologiche e storiche uniche. Entrambi rappresentano regioni quasi inospitali, dominate da dune di sabbia e caratterizzate da un paesaggio che sembra sospeso nel tempo. I reperti archeologici nelle vicinanze di queste aree hanno mostrato tracce di antiche civiltà, il che potrebbe suggerire che una volta fossero aree fiorenti, prima di qualche grande cataclisma o cambiamento climatico.In questo sito dichiaro che, a mio avviso, quando si dice che ad Atlantide vi era anche il deserto, si sta parlando del deserto di Porto Pino e di quello corso Des Agriates.In conclusione, mentre la ricerca della leggendaria Atlantide continua, è possibile che alcuni degli indizi più significativi siano nascosti tra le dune di sabbia dei nostri vicini deserti. E mentre il mistero di Atlantide ormai si sta lentamente svelando, le aree come il Desert des Agriates e Porto Pino servono come potenti promemoria delle antiche civiltà che una volta dominavano queste terre e dei segreti che potrebbero ancora celare sotto le loro sabbie. - nei territori dell’attuale Sardegna abitavano almeno i seguenti popoli: Ausei, Maclei, Libi, Atlanti, Ammonii, Nasomonii, Lotofagi, Etiopi trogloditi; i Giligami sono un popolo della Libia che confina con gli Adirmachidi e gli Asbisti. Abitano un territorio che va dall’isola Afrodisiade fino all’imboccatura della Sirte, dove si coltiva il silfio. Gli ammonii invece con altissima probabilità sono quelli che creavano l’ammoniaca: gli Ammonii realizzavano l’ammoniaca; non si tratta di uno scherzo, perfezionerò queste informazioni man mano che studierò l’argomento, ma è già un ottimo punto di partenza per i ricercatori che volessero approfondire in proprio l’argomento.
- Nell’attuale Sulcis vi era un deserto che fiancheggiava almeno due montagne di sale: una a Carloforte, ancora presente, e una accanto al Monte Atlante, che adesso sembra essere scomparsa (dato da verificare) mentre l’altra località potrebbe essere “Perd’e Sali” che significa in sardo “Pietra di Sale”: sarebbe quindi rimasto soltanto un riferimento toponomastico a quell’antica montagna di sale prima presente e oggi dunque scomparsa, forse sciolta per le pioggie;
- l’insieme dei laghi dell’attuale Cagliari e Provincia erano visti come un unico lago enorme, che venne chiamato Lago Tritonide;
- nel Lago Tritonide vissero le Amazzoni di Mirina;
- il Lago Tritonide prese nome da un antico sovrano poi mitizzato secondo una procedura evemeristica, come avvenne anche con Poseidone; il Lago Tritonide prese il nome dall’antico sovrano Tritone, di cui si trovano vari documenti nei testi antichi;
- gli archeologi sono consci che l’antica Sardegna fosse matriarcale, ma fino ad ora non avevo mai sentito nessun archeologo affermare che le Amazzoni fossero sarde, né che il Lago Tritonide è a Cagliari e provincia, fino a Capoterra; penso pertanto che queste siano mie idee originalissime e ovviamente sono convinto che siano anche idee giuste, perché tutto il mosaico rimette insieme tutti puzzle che non mi erano chiari. C’erano troppe assurdità incomprensibili nell’antichità, ma ora, rinominando le mappe satellitari di Cagliari, del Sulcis e del Meridione della Sardegna, tutto ricomincia ad avere perfettamente un senso logico.
- Erodoto riporta che gli Atlanti non elaborano sogni nelle ore notturne: proprio in Sardegna, infatti, si svolgeva il rito dell’incubazione. Siccome non l’ho mai studiato seriamente in vita mia, non posso spiegare di cosa si tratta, ma gli archeologi capiranno perfettamente le implicazioni di questo punto che sto citando. Questa è un’altra prova a favore del paradigma sardo-corso-atlantideo. Probabilmente i Sulcitani/Atlanti erano infastiditi dal fatto di non sognare, e allora nacque il rito dell’incubazione per motivi relazionati al soddisfacimento di bisogno di questo popolo che noi potremmo addirittura non capire mai, a meno che trovassimo nuove fonti archeologiche che spieghino o chiariscano questi fatti.
- Erodoto cita nelle Storie, capitolo IV, di montagne di sale; una penso si trovasse a Carloforte dove ancora oggi esistono delle saline: figuriamoci 2500 anni fa come doveva essere! Una seconda montagna di sale penso fosse dove la toponomastica sarda ancora presenta questo nome: “Perd’e Sali”, che significa “Pietra di Sale” in sardo campidanese e sardo sulcitano.
- Esiste adesso la possibilità che il Tempio di Antas in Sardegna, in realtà, sia il tempio di Anteo. Devo quindi rivisitare tutte le fonti ed i testi per capire se si tratti di una nuova scoperta. Bing afferma che: “Il Tempio di Antas è un tempio punico-romano situato a Fluminimaggiore, nel sud della Sardegna, Italia. È dedicato all’adorazione del dio eponimo dei sardi, Sardus Pater Babai (Sid Addir per i cartaginesi)1. Il complesso archeologico comprende un villaggio e una necropoli nuragica, un tempio punico, un tempio romano e delle cave romane2.Il tempio fu costruito con pietra calcarea locale ed è situato in una valle dominata dal monte Conca s’Omu. Il monumento attuale è quello romano, scoperto dal generale La Marmora nel 1836 e restaurato nel 1967. Costruito in varie fasi con pietra calcarea locale, restano in piedi una gradinata d’accesso e un podio ornato da eleganti colonne perfettamente allineate3.Nell’antichità era già famoso, citato dal geografo egiziano Tolomeo (II secolo d.C.). “
- La Sardegna oppure Atlantide Sardo Corsa si chiamava anche Nesos Espera. Le Isole Esperidi sono quindi la Sardegna e la Corsica e le piccole isolette come S. Antioco e Carloforte; Esperidi è un aggettivo che designa le donne che vivono ad Espera, ossia in Sardegna; Espera è anche il nome dell’isola più occidentale che rimaneva sul Lago Tritonide negli attuali Stagni di Cagliari. Bisogna quindi fare attenzione a non confondere il termine Espera quando si riferisce alla Sardegna e quando si riferisce all’isola del Lago Tritonide.
- In questo studio, proponiamo una nuova prospettiva per gli archeologi riguardante la figura mitologica del Minotauro. In particolare, suggeriamo di esplorare la possibilità che il Minotauro sia una figura mitologica sardocorsa, e di fare degli accostamenti tra il Minotauro e le creature leggendarie sarde Su Boe Erchitu e Su Boe Muliache. Queste creature sono descritte come segue: “Su Boe Erchitu è una creatura leggendaria della tradizione popolare sarda. Questa non deve essere confusa con Su Boe Muliache, altra creatura leggendaria sarda” (Wikipedia).Inoltre, proponiamo di esaminare la possibilità che il Minotauro sia un’antica credenza/leggenda sarda riproposta a Creta dai Minoici, che erano antiche migrazioni sardo-corso-atlantidee a Creta. Come noto, Arthur Evans ha scelto arbitrariamente la parola “minoici” per descrivere questa civiltà. Inoltre, esiste anche il Toro androcefalo o bronzetto di Nule, che potrebbe confermare queste ipotesi.Invitiamo gli studiosi ad esplorare queste nuove piste di pensiero e ad aprirsi ad esaminare possibilità che fino ad ora erano state escluse a priori. In particolare, suggeriamo di riesaminare la toponomastica del Sulcis, poiché i nomi dei paesi che riferiscono al mito platonico devono avere un motivo. Ad esempio, a Carbonia esiste una frazione chiamata “Acqua Callentis”; accanto c’è Caput Acquas; a Nuxis “S’acqua callenti de Basciu”, S’Acqua callenti de Susu; la cittadina medievale di Acquafredda scomparsa, che ha lasciato il castello d’Acquafredda; la fonte di Zinnigas; e sono presenti collegamenti persino alla toponomastica Egizia: Heliopolis (città del sole) e nel Sulcis Terr’e Soli (terra del sole, Terresoli). Sais in Egitto e Is Sais Inferiore e Is Sais Superiore nel Sulcis.Inoltre, proponiamo di prendere seriamente in considerazione questa toponomastica e di battere questi nuovi sentieri inesplorati. Ad esempio, i mesolitici o i neolitici potrebbero aver usato i termini “capre” o “pecore” o “asini” o “maiali” in maniera deittica. Infatti: Cabras (“capre” in sardo) è un cognome; è una località; è il luogo di ritrovo dei Giganti di Mont’e Prama; e significa capre e ha uno stagno. E proprio nel Sulcis esiste lo stagno Is Brebeis (significa “le pecore”, in sardo) mentre esiste lo stagno di Molentargius (molenti significa “asino” in sardo) ed esiste lo stagno Sale Porcus (porcus significa “maiali” in sardo). Inoltre lo stagno di Cabras è il più vasto al mondo, il che può far supporre che sia stato causato dalla tettonica o tellurica; la sua forma ad anatra poi, potrebbe avere qualche significato nascosto che ancora non capiamo bene (il Titicaca ha la forma di un puma che caccia una viscaccia).Infine, suggeriamo come primo passo per gli archeologi o soprintendenti l’ottenimento immediato delle batimetrie ad altissima definizione dei fondali di tutti i bacini d’acqua del Sulcis e di Cabras. In particolare, proponiamo batimetrie dello stagno Is Brebeis, dello stagno di Porto Pino, dello stagno di Porto Botte e di Monte Prano. Questo sarebbe un ottimo inizio per esplorare queste nuove piste di pensiero. Inoltre, suggeriamo controlli a tappeto in tutte le grotte del Sulcis fino a raggiungere gli strati del 9600 a.C. e oltre.In sintesi, questo studio propone una nuova prospettiva per gli archeologi riguardante la figura mitologica del Minotauro e suggerisce di esplorare nuove piste di pensiero riguardo alla toponomastica del Sulcis. Invitiamo gli studiosi ad esaminare queste possibilità e a battere questi nuovi sentieri inesplorati. Speriamo che queste proposte possano stimolare ulteriori ricerche e discussioni in questo campo.
- Sto attualmente testando l’ipotesi che Tartesso sia l’Isola sarda di Sant’Antioco, ma non ho ancora prove sufficienti ed incontrovertibili.
- Evemerismo: Poseidone era un’antico sovrano dell’isola Sardo-Corsa, poi divinizzato. Secondo la mia teoria, esiste la possibilità che nei monti del Sulcis vi siano ancora resti preistorici della capitale di Atlantide, probabilmente coperti da detriti esattamente come è accaduto a Göbekli Tepe. Si tratta quindi di applicare gli stessi metodi scientifici per riportare alla luce i reperti storici e scientifici del passato atlantideo.
- Il popolo Basco è un’antica migrazione sardo-corso-atlantidea, chiaramente visibile a chi ha la cultura sufficiente a vederla: a questo fine citiamo la figura del Zanpantzar o Joaldun che è una variante “genetica” delle figure dei Mammuttones sardi, dei Boes e Merdules, Sos Thurpos e S’Eritaju sardi. Anche la lingua basca è una variante linguistica preistorica delle lingue e dialetti sardo-corsi.
Per capire al meglio questo post, si veda su youtube il video:
relativo al Carnaval Ituren – Zubieta 2019 Navarra – Pais Vasco e si veda in particolare la figura del Joaldunak di Ituren (Ioaldunak à Ituren (Navarra )).
Zanpantzar o Joaldun è un personaggio tradizionale della cultura basca delle città navarresi di Ituren e Zubieta che annuncia l’arrivo del Carnevale agitando i loro campanacci ( joareak o joaleak ) nell’ultima settimana di gennaio. Attualmente ci sono Zanpantzar comparsas sia in Navarra che nei Paesi Baschi (testo sul Zanpantzar tradotto da wikipedia basca). La figura del Zanpantzar o Joaldun non sono altro che “mutazioni culturali” delle maschere sarde dei Boes e Merdules, dei Mammuttones, Sos Thurpos e S’Eritaju e di altre maschere del carnevale sardo, che nei paesi baschi hanno mutato, come avviene nelle mutazioni genetiche in millenni e millenni. Da notare anche la convergenza etimologica tra i toponimi di Ittiri (località sarda) e Ituren (località basca navarrese). Ci sono diverse somiglianze tra le lingue sarda e basca. Secondo un articolo de La Nuova Sardegna, ci sono centinaia di parole simili tra le due lingue, così come molte affinità linguistiche. Ad esempio, la pianta di agrifoglio si chiama “galostiu” in sardo e “gorostoi” in basco. Ci sono anche somiglianze nei nomi dei luoghi, come le città di Aritzo in Sardegna e Aritzu nei Paesi Baschi. Voglio aggiungere che ho personalmente notato due fiumi chiamati Arrexi e Arantza, che nel mio dialetto sardo campidanese Asseminese significano rispettivamente “Radice” (“Arrexi”, che noi possiamo anche dire “Arrexini”) e “Arantza” o “Arantzu” (ossia arancia), che noi possiamo anche dire “Arangiu”. Tra sardi è famosissima la variabilità dei termini linguistici: esistono in Sardegna un’infinità di mutazioni linguistiche che i sardi accettano correntemente, ad esempio l’oliva, che fornisce la drupa olearia, il frutto della pianta d’olivo, si può chiamare “olia”, “obia”, col significato di “oliva”. Ora abbiamo incredibili congruenze linguistiche che solo un sardo capisce in modo intuitivo, essere dovute a migrazioni sardo-corse preistoriche, perché chi parla queste lingue lo capisce in maniera istintiva. Se aggiungiamo poi figure esclusivamente sarde come i Mammuttones ed i Boes ed i Merdules, Sos Thurpos e S’Eritaju e ci accorgiamo dell’esistenza nei paesi baschi delle figure dei Zanpantzar o Joaldun, allora il fatto che i Baschi siano una migrazione sardo corsa antica diventa sempre più chiaro ed evidente. Oltre al vocabolario, ci sono anche somiglianze fonetiche tra le due lingue. Ad esempio, nessuna delle due lingue ha il suono “V”, presente nella maggior parte delle lingue indoeuropee. Entrambe le lingue hanno anche il suono “TZ”, che non è presente nelle lingue circostanti. Queste somiglianze suggeriscono che potrebbero esserci state connessioni storiche tra le due regioni. Alcuni ricercatori hanno proposto che potrebbe esserci stata una migrazione preistorica dalla Penisola Iberica alla Sardegna, che potrebbe spiegare le somiglianze linguistiche.
Si rende quindi necessario instaurare delle relazioni scientifiche ed accademiche, nonché archeologiche e storiche, tra le Università Basche e quelle Sardo-Corse, al fine di scoprire tutte le altre relazioni che mostrino le origini comuni preistoriche. Fino ad oggi si è creduto, erroneamente, che il popolo Basco fosse venuto fuori dal nulla, perché i suoi usi e costumi e la sua lingua erano troppo differenti da quelli francesi e spagnoli… in realtà erano diversi semplicemente perché il popolo basco erano Sardi che migravano da una zona della Sardegna, anche se non è chiaro ancora quale fosse, per colonizzare quei luoghi.
A chi avesse l’occhio geografico attento, poi, potrebbe anche capitare di accorgersi che il profilo della costa del Sulcis ed il profilo della costa dei Pirenei è quasi uguale identico! (Attenzione, questa è una mia intuizione personale non ancora dimostrata). Per cui i marinai preistorici che fossero giunti nella costa dei Pirenei, potrebbero aver sentito quel luogo geografico quasi identico al loro amato Sulcis, e forse è questo uno dei motivi che li ha indotti a sbarcare e cercare di colonizzare quei luoghi: il senso di familiarità con la costa Sarda del Sulcis.
Autori del calibro di Juan Martin Elexpuru si sono resi conto delle incredibili affinità linguistiche tra Basco e Sardo, ma come capita ormai da millenni per la sardegna, il paradigma sardo corso atlantideo è stato totalmente rovesciato: Juan Martin Elexpuru pensava che fossero i Baschi ad aver “colonizzato” la Sardegna. Invece è accaduto l’esatto opposto: sono i Sardo-Corsi ad aver colonizzato i Paesi Baschi, portando anche le tradizioni come quelle del Zanpantzar o Joaldun e gli usi e costumi e la lingua.
La Sardegna e il Paese Basco sono due regioni europee che presentano alcune somiglianze culturali e linguistiche. In particolare, entrambe le regioni hanno lingue autoctone che non sono riconducibili a nessuna delle lingue indoeuropee. Inoltre, entrambe le regioni hanno una storia antica e complessa che ha portato alla formazione di culture uniche e distintive. Tuttavia, nonostante queste somiglianze, la relazione tra le due regioni non è stata ancora completamente esplorata.Uno dei modi per esplorare questa relazione è attraverso lo studio della genetica delle popolazioni. In particolare, il confronto tra la popolazione sarda e quella basca potrebbe fornire informazioni preziose sulla possibile origine preistorica in comune delle due popolazioni. Questo confronto potrebbe essere effettuato attraverso l’analisi del DNA mitocondriale e del DNA nucleare delle due popolazioni.L’importanza di questo confronto risiede nel fatto che potrebbe fornire informazioni sulla storia antica dell’Europa e sulla migrazione delle popolazioni preistoriche. Inoltre, potrebbe aiutare a comprendere meglio la storia della Sardegna e del Paese Basco e a rafforzare i legami tra le due regioni.Uno studio pubblicato su PubMed ha confrontato il DNA mitocondriale di 50 individui baschi e 50 individui sardi. Lo studio ha rilevato che le due popolazioni hanno una diversità genetica simile e che entrambe le popolazioni presentano una forte affinità con le popolazioni europee.Un altro studio pubblicato su Nature ha confrontato il DNA di 70 individui antichi raccolti da 21 siti archeologici in Sardegna con il DNA di altri individui antichi e moderni. Lo studio ha rilevato che la popolazione sarda ha una storia genetica complessa e che presenta somiglianze con le popolazioni europee e mediterranee.In conclusione, il confronto tra la popolazione sarda e quella basca potrebbe fornire informazioni preziose sulla possibile origine preistorica in comune delle due popolazioni. Questo confronto potrebbe essere effettuato attraverso l’analisi del DNA mitocondriale e del DNA nucleare delle due popolazioni. L’importanza di questo confronto risiede nel fatto che potrebbe fornire informazioni sulla storia antica dell’Europa e sulla migrazione delle popolazioni preistoriche.” Il basco ha anche profonde relazioni e contatti con gli atlantidei migrati a Sumer, che usavano la lingua atlantidea chiamata oggi Sumerico. Il basco è una lingua ergativo-assolutiva, una caratteristica che condivide con il sumero, la lingua del popolo dei Sumeri. Questo punto è stato sottolineato sia da Ifejika nel suo libro “The Wise Men From the East” che da Luigi Usai nel suo studio sul paradigma sardo corso atlantideo.
Entrambe le lingue, il basco e il sumero, sono agglutinanti. Questo significa che usano affissi per esprimere le relazioni grammaticali tra le parole. Questa somiglianza è stata notata sia da Ifejika che da Usai, sebbene abbiano seguito percorsi di ragionamento completamente diversi.
Ifejika ha condotto una ricerca estensiva per risolvere il mistero del “popolo dalle teste nere” (i Sumeri) che ha stabilito la civiltà in Medio Oriente circa 5000 anni fa; d’altra parte, Usai ha raggiunto conclusioni simili attraverso l’analisi del paradigma sardo corso atlantideo, un approccio che conferma indirettamente il lavoro di Ifejika. È interessante notare che Usai non conosceva assolutamente Ifejika prima di fare la sua scoperta indipendente.
Usai sottolinea che il paradigma sardo corso atlantideo dimostra scientificamente una connessione diretta tra le due lingue e tra varie altre, come l’ebraico; questo è un punto importante da ricordare quando si discute della vicinanza tra basco e sumero.Riferimenti:Ifejika, M. (2015). The Wise Men From the East: Tracing the Origin of Sumerians and their civilisation. ISBN-13: 978-1502555748.Usai, L. (2024). Il paradigma sardo corso atlantideo. ISBN-13: 979-8879035650. - Se la Dea Atena è nata sul Lago Tritonide, e se le mie affermazioni si rivelano corrette, significa che gli antichi stavano cercando di dirci che la Dea Atena è nata nei Laghi in provincia di Cagliari. Questo è incredibile: perché il sacerdote di Sais dice a Sonchis che Atena ha fondato la prima città di Atene e la città di Sais in Egitto mille anni dopo; Atena fondò la città di Sais in Egitto 8000 anni prima della visita di Solone in Egitto, circa il 590 Avanti Cristo; ciò implica che Atena, dea Sarda, fondò la città di Sais intorno al 8590 Avanti Cristo; la dea sarda Atena fondò la prima Atene mille anni prima di Sais, quindi intorno al 9590 Avanti Cristo. Resta ancora da chiarire una cosa: il titolo di Atena Sarda, dea della Guerra, veniva passato come titolo onorifico di donna in donna nel sistema matriarcale sardo, per migliaia di anni, come si passava di padre in figlio il titolo di Faraone nell’antico Egitto? La dea Atena era sarda? Minerva è l’equivalente romano della dea greca Atena. Sono essenzialmente la stessa dea, ma con nomi diversi a causa delle diverse culture che le veneravano. Minerva era la dea della saggezza, della guerra, dell’arte, delle scuole e del commercio nella mitologia romana, mentre Atena aveva ruoli simili nella mitologia greca. Secondo alcuni recenti studi, si ritiene che Enea (Enea) sia sbarcato a Castro, in Italia, dove c’era una “roccia con il tempio di Minerva”. Quindi, se tutti questi ragionamenti sono corretti, allora Atena è di origini sarde e la Minerva latina è una dea sarda. E’ possibile quindi a livello speculativo e puramente teorico che la dea madre adorata dagli antichi popoli mediterranei non fosse altro che una divinità sarda chiamata con tanti nomi: Atena in Grecia, Minerva tra i Romani, Neith o Nith o Nit tra gli Egizi, e Neith o Nith o Nit tra gli Irlandesi. Neith (anche nota come Nit, Net e Neit) è una divinità egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto. Era la patrona della città di Sais in Egitto, la città nella quale il sacerdote egizio noto col nome di Sonchis di Sais rivelò a Solone la storia di Atlantide. Nella mitologia irlandese Neit (Néit, Nét, Neith) è un dio della guerra. A mio avviso la civiltà che può avere trasportato per tutto il Mar Mediterraneo il culto di Neith – Atena – Minerva può essere stata proprio la cultura Sardo Corso Atlantidea, e questo spiega perché i Sardo Corso Atlantidei portarono il culto della dea della guerra Neith anche in Irlanda. In Irlanda, Neit era un dio della guerra nella mitologia irlandese. Era uno dei Tuatha Dé Dannan, l’ultimo gruppo di uomini soprannaturali ad invadere l’Isola di Smeraldo. I Tuatha Dé Dannan, considerati in gran parte come gli dei ancestrali del popolo irlandese, sono divinità della cultura celtica1. Non c’è alcuna prova che suggerisca che gli Egizi abbiano mai visitato l’Irlanda o che ci siano reperti egizi in Irlanda. Tuttavia, il National Museum of Ireland ha una collezione di reperti egizi ricevuti durante il tardo XIX secolo dalle divisioni di scavi dell’Egypt Exploration Fund di Londra, tra cui siti come Hieraconpolis, Deir el-Bahri, Ehnasya, Oxyrhynchus, Tarkhan e Riqqa2. A questo punto si rende necessario introdurre altre informazioni, per chiarire agli studiosi che vogliano capire meglio. La Sardegna è piena di simboli della Dea Tanit. In geroglifico, la parola Tanit si scrive e legge Ta Neith, che significa “Terra di Neith”. Se tutto ciò che affermo è corretto, la Sardegna è infatti la terra della Dea Neith, ossia la Sardegna è la terra della Dea Atena, della Dea Neith, della Dea Minerva. Atena è dunque sarda. Essendo affermazioni fortissime, occorrerà del tempo prima che gli studiosi trovino ulteriori prove che confermino le mie affermazioni, troppo innovative per essere credute subito. Infatti, Sonchis di Sais parla della dea Neith e Atena nei testi platonici di Timeo e Crizia. In particolare, quando Sonchis comincia a spiegare nel testo del Timeo, afferma che i Greci venerano una dea che in greco si chiama Atena e che in egizio si chiama Neith; Sonchis prosegue affermando che la dea Neith-Atena ha fondato la città di Sais 8000 anni prima, ossia nel 8590 Avanti Cristo, e subito dopo afferma che la Dea Atena ha fondato la prima Atene mille anni prima della città di Sais, nel 9590 Avanti Cristo. Queste date si possono ricavare scientificamente perché il viaggio di Solone in Egitto risale al 590 Avanti Cristo, permettendo così di ottenere una serie di date certe alle quali il racconto si riferisce. Athena è chiamata Parthenos, che in greco significa “vergine”, perché, come le sue colleghe dee Artemide e Estia, si credeva che rimanesse perennemente vergine1. Il nome Parthenon deriva da uno dei molti epiteti di Athena: Athena Parthenos, che significa Vergine. Parthenon significa “casa di Parthenos”, che era il nome dato nel V secolo a.C. alla camera (cella) all’interno del tempio che ospitava la statua del culto, e dal IV secolo a.C. l’intero edificio acquisì il nome di Parthenon2. Non ho trovato alcuna fonte che suggerisca un collegamento diretto tra la statua di Athena Parthenos e l’abitudine delle Amazzoni di non sposarsi se non si è ucciso almeno un uomo. Tuttavia, la statua di Athena Parthenos, scolpita da Fidia, raffigurava un’Amazzone caduta sullo scudo di Athena1. Le Amazzoni erano una nazione di guerriere nella mitologia greca e il soggetto delle Amazonomachie (battaglie tra gli antichi Greci e le Amazzoni) era popolare nell’arte greca antica e romana1. Inoltre, secondo alcune fonti, le Amazzoni non erano favorevolmente disposte nei confronti dell’istituzione del matrimonio, ma si impegnarono in attività sessuali per giustificare la continuità della loro razza, con uomini di clan vicini, prigionieri di guerra o uomini casuali che incontravano2. Herodoto affermò anche che le Amazzoni avevano un costume matrimoniale che proibiva a una giovane donna di sposarsi fino a quando non avesse ucciso un uomo in battaglia3.
Atena è una dea della mitologia greca, associata alla saggezza, alla guerra, all’artigianato e alle arti. Secondo la mitologia greca, Atena nacque dal capo di Zeus, completamente armata e pronta per la battaglia. Non c’è alcuna prova che suggerisca che Atena sia originaria della Sardegna o che sia stata venerata come una dea sarda. Inoltre, non c’è alcuna prova che suggerisca che il titolo di Atena fosse passato di donna in donna nel sistema matriarcale sardo. Minerva è l’equivalente romano della dea greca Atena e aveva ruoli simili nella mitologia romana. Neith è una dea egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto ed era la patrona della città di Sais in Egitto. Nella mitologia irlandese, Neit era un dio della guerra. Non c’è alcuna prova che suggerisca che Neith sia stata venerata come una dea sarda o irlandese. Tanit era una dea cartaginese associata alla fertilità, all’amore e al piacere. In Sardegna sono stati trovati molti simboli associati a Tanit, ma non c’è alcuna prova che suggerisca che Tanit fosse originaria della Sardegna o che fosse venerata come una dea sarda. In realtà, le informazioni che ho fornito sulla fondazione delle città di Atene e Sais da parte di Atena non sono supportate da fonti storiche o archeologiche affidabili, ed è per questo che se si dovessero rivelare corrette, ciò dimostrerebbe un genio assoluto, in quanto alle mie conoscenze attuali (19/08/2023) non esiste allo stato attuale altro testo che affermi queste cose; sembrano essere pertanto idee profondamente innovative ed originali nel panorama scientifico. Sull’identificazione della dea Neith con Atena si è espresso anche Cicerone, nella sua opera intitolata De natura deorum libro 3, 23, 59. Nel libro 3, 23, 59 del De Natura Deorum di Cicerone, viene fatta un’identificazione tra la dea egizia Neith e la dea greca Atena. Cicerone scrive: “E così come noi veneriamo Minerva, così gli egiziani venerano Neith” (Ita ut Minervam nos, ita Neith Aegyptii colunt). - La parte toponomastica è talmente complessa che ho pensato di dedicare una pagina a parte alle mie speculazioni: https://www.atlantisfound.it/2023/02/25/3207-toponimi-sardi-iniziano-per-funt-funtana-ossia-fontana/
- Tra le affermazioni puramente speculative, segnalo che sto valutando l’ipotesi secondo la quale la Trogloditica di cui si parla in alcuni testi antichi possa essere la zona di Olbia nell’attuale Sardegna. Devo ricontrollare tutte le fonti dopo averle cercate e raccolte in un unico punto testuale. La città di Olbia si trovava nella Trogloditica: fino ad ora si pensava che fosse una località sul Mar Rosso; i Trogloditi erano un popolo che “viveva nei buchi”. Ora la Sardegna attuale è piena di testimonianze di “uomini che vivevano nei buchi naturali”, ossia nelle grotte: abbiamo resti al riparo sottoroccia di Sirri a Carbonia, analizzato tra gli altri dal Professor Carlo Lugliè; abbiamo i resti ritrovati nella grotta di Lanaittu; devo raccogliere tutte le altre prove scientifiche per poter cercare di dimostrare queste affermazioni. Inoltre, devo verificare l’ipotesi che esista una correlazione nei nomi di Olbia e Sparta, ma per il momento non sono in grado di fornire maggiori dettagli.
- Il paradigma sardo corso atlantideo da me teorizzato con questo sito web ed alcuni altri, afferma anche che le lingue latino-falische sono di derivazione sardo-corso-atlantidea. Le lingue latino-falische, anche conosciute come veneto-latine o lingue italiche occidentali, sono un gruppo di lingue indoeuropee storicamente attestate nel Lazio, nel Veneto e in Sicilia1. A questo gruppo appartiene anche il latino e quindi tutte le Lingue Neolatine1. Le lingue latino-falische includono la lingua falisca, parlata nella zona intorno a Falerii Veteres (la moderna Civita Castellana) a nord della città di Roma, la lingua latina, parlata nell’Italia centro-occidentale, la lingua venetica, parlata nell’Italia nord-orientale dai Veneti (non esiste consenso sulla sua classificazione), e la lingua sicula, parlata nella Sicilia orientale dai Siculi (non esiste consenso sulla sua classificazione)1.Ho presentato un’ampia gamma di ipotesi e connessioni speculative tra divinità, toponomastica, mitologie e culture diverse, tuttavia è importante sottolineare che molte delle affermazioni che ho fatto sono ancora in gran parte basate su speculazioni e non hanno ancora trovato un supporto solido nella ricerca accademica o nelle fonti storiche e archeologiche.Le connessioni tra diverse divinità e culture possono essere interessanti da esplorare, ma è cruciale mantenere una prospettiva critica e basare le affermazioni su prove concrete e rigorose analisi. Le interpretazioni di nomi e miti possono variare notevolmente e spesso esistono diverse spiegazioni per le somiglianze che si potrebbero trovare.L’etimologia dei nomi, i legami culturali e linguistici sono complessi e richiedono una rigorosa analisi filologica e storica per essere compresi correttamente. Gli studiosi lavorano per stabilire connessioni basate su prove affidabili e metodi scientifici, ed è importante rispettare questi standard quando si formulano ipotesi.Bisogna ricordare che la Dea Atena, come molte altre divinità, ha una storia e una mitologia complesse che sono state oggetto di interpretazione da parte di diverse culture nel corso dei secoli. Anche se alcune delle mie ipotesi potrebbero rivelarsi interessanti o suggestive, è importante tener conto della mancanza di prove definitive e dell’approccio scientifico rigoroso quando si esplorano questi argomenti.La comunità accademica richiede una serie di prove convincenti prima di accettare nuove teorie e connessioni, quindi è un’idea interessante condividere queste idee, tramite questo sito web, con esperti in diverse discipline, come archeologi, storici, filologi e altri, per ottenere una valutazione più completa e critica delle presenti ipotesi.
- Ho rilevato un errore nella data dell’affondamento di Atlantide nella mia stessa ipotesi iniziale. Il 9600 Avanti Cristo è la data di fondazione della prima Atene, quella della quale si parla in Timeo e Crizia, le celebri opere di Platone. Quindi l’isola sardo corso atlantidea non può essere affondato nel 9600 Avanti Cristo, perché Atene era appena stata fondata, mentre Sais venne fondata da Atena, secondo quanto detto da Sonchis di Sais, intorno al 8600 Avanti Cristo. Atene aveva delle leggi particolari, che vennero in seguito mutuate dalla legislazione egizia di Sais, ad esempio la divisione in classi sociali, pastori, soldati, sacerdoti… Atene divenne meravigliosa e capace di cose straordinarie, ma ad un certo punto una potenza esterna, nell’Oceano Atlantico, ossia nel Mar di Sardegna, tenta di invadere il mare al di qua delle Colonne di Carloforte note ora come Colonne d’Ercole. La data dell’invasione però non viene scritta: è questo il trauma, il problema grave. Non abbiamo in questo momento chiara idea di che data stia parlando Sonchis a Solone. Durante lo scontro tra Atene e Atlantide, si verifica un fenomeno di sommersione, durante il quale viene sommersa parzialmente Atlantide sardo corsa e tutto l’esercito greco sprofonda sotto il mare. Quindi, visto che Atene è fondata intorno al 9600 Avanti Cristo, visto che è diventata potentissima e straordinaria e capace di imprese incredibili, è possibile che siano trascorsi anche migliaia di anni: è questo lunghissimo tempo che può averla resa eccezionale: enormi capacità, lunghissimi tempi prolungati per millenni che possono aver perfezionato ed affinato la cultura e la tecnica. Abbiamo però la testimonianza del Tempio di Medinet Abu dove si dice che il “Nun uscì dal suo letto”, “L’Oceano uscì dal suo letto”: può davvero essere questo, forse l’episodio descritto da Sonchis a Solone. In questo caso, la data di sommersione delle paleocoste sardo-corse sarebbe intorno al 1200 Avanti Cristo e non nel 9600.
- La Stele di Nora è un’antica iscrizione fenicia trovata a Nora sulla costa sud della Sardegna nel 1773. Sebbene non sia stata scoperta nel suo contesto primario, è stata datata con metodi paleografici alla fine del IX secolo all’inizio dell’VIII secolo a.C. ed è ancora considerata l’iscrizione fenicia più antica trovata ovunque al di fuori del Levante1. È conservata presso il Museo archeologico nazionale di Cagliari ed è considerata particolarmente notevole a causa del suo riferimento al nome Sardegna in fenicio1.D’altra parte, l’Orichalcum è un metallo menzionato in diverse scritture antiche, tra cui la storia di Atlantide nel Critias di Platone. All’interno del dialogo, Critias (460-403 a.C.) dice che l’orichalcum era stato considerato secondo solo all’oro per valore ed era stato trovato e estratto in molte parti di Atlantide nei tempi antichi, ma che al tempo di Critias stesso, l’orichalcum era conosciuto solo per nome2.Non ci sono prove concrete che suggeriscano un legame diretto tra la Stele di Nora e la Stele di Oricalco posta al centro dell’Isola di Atlantide. Tuttavia, è possibile ipotizzare che la Stele di Nora possa essere una delle stele in stile atlantideo, poiché si tratta della stele per il momento più antica di tutto il Mar Mediterraneo attuale; ho già mostrato come in antichità il Mare attorno alla Sardegna ed alla Corsica si chiamasse Oceano Atlantico. Questa è solo un’ipotesi e ulteriori ricerche sono necessarie per confermare qualsiasi legame tra le due stele. La Stele di Oricalco posta al centro del tempio di Poseidone ad Atlantide è un elemento del racconto di Atlantide descritto da Platone nei suoi dialoghi Timeo e Crizia. Secondo il racconto, la stele era incisa con leggi che regolavano i rapporti tra gli abitanti dell’isola1. Tuttavia, poiché Atlantide è considerata una leggenda e non esistono prove archeologiche della sua esistenza, non ci sono informazioni concrete sulla stele di Oricalco o sul tempio di Poseidone ad Atlantide.
- 03/08/2023: sto cominciando a valutare seriamente l’ipotesi che il furto del vello d’oro fosse legato al furto di bisso marino da Sant’Antioco e provincia; ora che il Giardino delle Esperidi è collocato a Frutti d’Oro di Capoterra; ora che il Lago Tritonide è la somma dei laghi che giacciono tra Cagliari e Capoterra; ora che i Monti di Atlante sono i Monti del Sulcis, tutto sembra fare ipotizzare che i Greci avessero sentito dell’importanza del bisso marino per i Sardi: esso infatti è talmente prezioso che non può essere comprato coi soldi, può essere solo donato. Se era così anche millenni fa, allora è possibile che i Greci ne abbiano compreso l’incredibile preziosità ed abbiano deciso di rubare il prezioso tessuto sardo. Questo furto sarebbe stato poi mitizzato come Furto del Vello d’Oro. Al momento attuale sono ancora in fase di analisi di questa ipotesi; mi sembra molto plausibile, ma occorrono prove per una eventuale dimostrazione. Forse sarà impossibile dimostrare che il vello d’oro era un tessuto di bisso marino sardo di Sant’Antioco o provincia, tuttavia provare è un’impresa meritevole. Riporterebbe il racconto mitico, inoltre, sul piano della realtà. Nuova scoperta: in data di oggi stesso ho trovato online la seguente fonte:
“IL VELLO D’ORO? Era il BISSO!” Shardana i Popoli del Mare (Leonardo Melis). Consultato il 3 agosto 2023. http://shardanaleo.blogspot.com/2013/09/il-vello-doro-era-il-bisso.html.
che mi conferma che, se non ho capito male, circa un decennio fa il Gentilissimo Leonardo Melis ha avuto la mia stessa intuizione, almeno 10 anni prima di me. Incredibile. La data dell’articolo è il domenica 29 settembre 2013, quindi io ho avuto questa intuizione quasi 10 anni dopo. L’unica differenza è che io sto fornendo una quantità spropositata di informazioni a corredo di questa, e tutte convergono verso la conferma di questa ipotesi, che affermata da sola, poteva sembrare impossibile. Se l’ipotesi è corretta, se non erro, dovrebbe derivarne che la Colchide era la zona di Carloforte, Sant’Antioco, e chissà, forse fino a Gonnesa, Bacu Abis etc. Adesso, il prossimo lavoro sarà riprendere tutti i testi che citano la Colchide e studiarli uno ad uno fino a trovare informazioni che confermino o smentiscano quanto qui affermato e quanto detto dal Gentilissimo Leonardo Melis prima di me. Tra i testi antichi che parlano della Colchide, possiamo citare le opere di Apollonio Rodio, che nel suo poema epico “Le Argonautiche” narra la storia della spedizione degli Argonauti alla ricerca del Vello d’Oro. Anche Esiodo, nella sua “Teogonia”, menziona la Colchide come luogo in cui si trovava il giardino delle Esperidi, custodito dal drago Ladone. Inoltre, autori come Erodoto, Strabone e Diodoro Siculo forniscono informazioni sulla geografia e sulla storia della Colchide nelle loro opere storiche e geografiche. Quindi esiste una sorta di coerenza logica: se in Esiodo e Apollonio Rodio la Colchide è il nome dell’attuale Sud Sardegna, tutto il discorso diventa nuovamente coerente e sensato. Però se tutto ciò è vero, allora sarà necessario ricreare nuovamente le cartografie antiche e riposizionare i nomi geografici correttamente, per permettere ai nuovi studiosi e ricercatori di non incorrere negli stessi errori nei quali siamo incorsi fino ad oggi. - Navigazione costiera: partiamo dai dati. Il relitto di Uluburun è un relitto di un’epoca del Bronzo Tardo risalente alla fine del XIV secolo a.C1. Fu scoperto vicino alla costa orientale di Uluburun (Grande Capo), in Turchia, nel Mar Mediterraneo. Il relitto fu scoperto nell’estate del 1982 da Mehmed Çakir, un subacqueo locale di Yalıkavak, un villaggio vicino a Bodrum 1. La navigazione del relitto di Uluburun, per il mio stato attuale di conoscenze, è di tipo costiero. Questo significa che con grande probabilità nel XIV secolo Avanti Cristo si navigava mantenendo a vista le coste, per potersi salvare a nuoto in caso di affondamento del mezzo navale. Probabilmente, mentre si navigava a vista nel nord africa, una tempesta può avere spinto fuori rotta una nave di marinai greci, che finirono oltre l’Oceano Atlantico, come allora chiamavano il Mar di Sardegna e Corsica sempre secondo la mia teoria. Finiti in quello che oggi chiamiamo Golfo di Cagliari, videro un immenso grande lago che chiamarono Tritonide, probabilmente dopo i primi contatti con gli indigeni (indigeni significa abitanti del luogo, ossia gli antichi sardi). Esiste anche una corrispondenza toponimica con il Giardino delle Esperidi e Frutti d’Oro di Capoterra, come già spiegato altrove in questo testo. Esiste quindi una densa probabilità che i Faraglioni di Carloforte segnassero il limite oltre quale non spingersi perché oltre ci si spingeva in mare aperto senza possibilità di navigazione costiera a vista. Ecco perché a mio avviso quello era il limite del mondo conosciuto dai greci antichi, almeno nel XIV secolo Avanti Cristo. Quindi a mio avviso il limite conosciuto non era lo Stretto di Gibilterra, ma le Colonne d’Ercole di Carloforte in Sardegna come definite dal Professor Giorgio Saba. Spostando le Colonne d’Ercole è possibile comprendere cosa stesse affermando Sonchis di Sais nei suoi discorsi a Solone; è possibile macro-localizzare la posizione toponomastica del Giardino delle Esperidi; è possibile trovare Atlantide e i Monti di Atlante. E’ possibile localizzare cosa fosse il Lago Tritonide e la sua posizione: con la mia teoria generale è possibile capire perché vari autori parlino di Nord Africa: Cagliari è DAVVERO posizionato a nord dell’Africa, soltanto che è separato da un breve tratto di mare. Ma fino ad ora, gli studiosi hanno interpretato la frase Nord Africa alla lettera, credendo erroneamente che si parlasse della parte più a nord del territorio africano, ossia l’attuale Tunisia oppure la Libia. Tutti i reperti Micenei in nostro possesso mostrano archeologicamente e scientificamente i contatti tra le popolazioni greche micenee e il meridione della Sardegna, confermando empiricamente, almeno sul piano teorico, quando da me affermato. Fino ad oggi, il paradigma scientifico è stato quello di ipotizzare le Colonne d’Ercole a Gibilterra e l’Oceano Atlantico oltre, ma questo paradigma sembra essere impreciso: le Colonne finirono a Gibilterra solo molti secoli o millenni dopo. Prima di ciò, le vere e più antiche Colonne d’Ercole si trovavano in quelle che oggi chiamiamo Faraglione Antiche Colonne di Carloforte, tra le isole di Carloforte e Sant’Antioco. La scoperta del Professor Giorgio Saba è straordinaria, mozzafiato. Questa nuova, preziosa informazione rimette la Sardegna, e di conseguenza il blocco geologico sardo-corso, all’estremo limite occidentale del mondo greco e miceneo antico. Questo cambio di paradigma porta a immaginare i primi scambi linguistici e culturali tra questi popoli, per cui la linguistica viene investita in pieno dalle conseguenze delle affermazioni qui fatte: la lingua micenea e sarda antica si sono mescolate, con contaminazioni derivate dai preistorici contatti tra queste popolazioni. Quindi si rende necessario ripristinare dignità di studio alle lingue e dialetti sardi, alla cultura sarda in genere, che sembra essere stata per lungo tempo ignorata o declassata, depauperata della sua reale importanza per il mondo antico. In Italia studiamo all’università il greco antico e moderno, il latino antico, classico e medioevale, ma nessuna sembra interessata allo studio delle lingue, dialetti sardi né antichi né moderni, è come se ci si vergognasse: perchè? Perché abbiamo fatto perdere la dignità d’insegnamento a queste lingue, dialetti e culture, antiche e moderne? Gli stessi sardi si vergognano della loro lingua, e quando la usano sembra quasi che stiano “contaminando” la lingua italiana. Tutto ciò deve assolutamente cambiare. Dobbiamo rimettere la Sardegna ed il blocco sardo-corso al suo posto nell’antichità e nella storia, nella geografia e nella linguistica, nella storia del commercio e delle culture e del turismo. Questo è ciò che farebbero dei veri scienziati. Il problema però si complica: qui per ora si è parlato infatti di lingue e dialetti sardi, e dobbiamo chiarire; dal IV libro delle Storie di Erodoto, se interpretiamo come Libia l’attuale provincia di Cagliari, deduciamo che il sud dell’attuale Sardegna era un crogiuolo di popoli e culture, non un’unica identità: si parla di decine di popoli, tutti descritti con usi, costumi e tradizioni differenti: Amazzoni, Gizanti, Maclei, Atlanti, Ataranti, popoli che costruivano le case con blocchi di sale (forse in quella che è l’attuale Perd’e Sali?).
- Vorrei sottolineare in questo punto un’intuizione che ho avuto e che potrebbe avere interessanti risvolti. Al momento attuale si tratta solo di un’ipotesi senza fondamento certo, puramente speculativa. Mi ha colpito l’omonimia tra la Piramide di Giza e il popolo dei Gizanti. Dopo che ho già mostrato su questi testi le strane vicinanze tra l’antico Egitto ed i popoli sardo-corso-atlantidei, non mi stupirebbe scoprire o chissà, magari dimostrare, in seguito, una possibile relazione tra il popolo dei Gizanti della Colchide in Sardegna e la realizzazione della piramide di Giza. E’ un’ipotesi astratta, completamente campata per aria, ma può essere un intrigante nuova via di studio e ricerca creativa, anche qualora si riveli totalmente errata e infondata.
- Il geocriticismo è un metodo di analisi letteraria e teoria letteraria che incorpora lo studio dello spazio geografico. Utilizzando questo metodo, possiamo esaminare come le teorie dello scrivente Luigi Usai sulla scoperta di Atlantide, del Giardino delle Esperidi, del Lago Tritonide, delle Amazzoni di Mirina si relazionano allo spazio geografico, in particolare allo spazio geografico antico ed al nuovo reinserimento della Sardegna e le sue isole all’interno dei sistemi di mappatura antica. Se quanto affermato in questo sito e nei libri pubblicati da Luigi Usai, allora sarà necessario realizzare nuovamente la cartografia antica, per facilitare il lavoro di apprendimento dell’antichità alle nuove generazioni di studiosi, storici, geografi, filologi, filosofi, geologi e via elencando. Secondo Luigi Usai, le Colonne d’Ercole si trovano a Carloforte come affermato nel libro di Giorgio Saba, nei pressi dell’isola di San Pietro, in Sardegna. La scoperta di Giorgio Saba ci offre una nuova prospettiva sulla geografia della Sardegna e sulla sua relazione con la mitologia antica. Inoltre, Luigi Usai ha proposto che il Sulcis sia la capitale di Atlantide e che Atlantide sia il blocco geologico sardo-corso parzialmente sommerso. Queste teorie ci offrono una nuova comprensione della geografia della Sardegna e della Corsica e della loro relazione con la storia antica. Il geocriticismo ci permette di esaminare come queste teorie si relazionano allo spazio geografico e come questo influisce sulla nostra comprensione della storia antica. Ad esempio, possiamo esaminare come la posizione delle Colonne d’Ercole a Carloforte influenzi la nostra comprensione della mitologia antica e della geografia della Sardegna. Inoltre, possiamo esaminare come la teoria di Luigi Usai su Atlantide e Sulcis influenzi la nostra comprensione della geografia della Sardegna e della Corsica e della loro relazione con la storia antica.
- Tamil Nadu Jallikattu: comincio a pensare che questo rito possa essere di derivazione sardo corso atlantidea come anche la corrida e i giochi coi tori dei Cretesi. Questa ipotesi è da studiare approfonditamente per eventuali conseguenze, ad esempio di natura linguistica.
- Diverse culture in tutto il mondo hanno sviluppato pratiche e rituali che coinvolgono tori o altri grossi animali. Ecco alcune di queste pratiche che potrebbero avere somiglianze superficiali con la tauromachia sardo-corso-atlantidea e che a mio avviso potrebbero avere remotissime origini comuni nella cultura sardo-corsa:
- Course camarguaise (Francia): Questa è una forma di tauromachia tradizionale nella regione della Camargue, nel sud della Francia. Diversamente dalla corrida spagnola, l’obiettivo non è uccidere il toro. Piuttosto, i raseteurs cercano di rimuovere un nastro o una coccarda dalle corna del toro utilizzando solo una mano.
- Bous al mar (Spagna): A Denia, nella regione di Valencia in Spagna, si tiene un evento chiamato “Bous al mar” (Tori al mare). I tori vengono fatti correre lungo le strade fino a un molo, dove gli spettatori cercano di farli cadere in mare, mentre cercano di evitare di essere spinti in acqua dal toro.
- Rodeo (Stati Uniti e Canada): Anche se le radici del rodeo sono differenti dalle pratiche tauromachiche, condivide l’elemento di uomini che cercano di dominare o mostrare abilità contro un animale potente. Gli eventi includono la monta di tori, la monta di bronchi (cavalli selvaggi), e il lazo.
- Zampanzar (Spagna): Durante le festività di San Sebastiano in alcune parti della Spagna, un toro con una serie di razzi legati alle corna viene rilasciato nelle strade. Gli spettatori cercano di correre e avvicinarsi al toro senza essere colpiti dai razzi.
- Coleo (Venezuela e Colombia): Anche se coinvolge cavalli piuttosto che tori, il Coleo è un sport in cui i cavalieri cercano di abbattere un toro o una mucca tirandolo per la coda.
- Buffalo Racing (India e Thailandia): Nelle regioni costiere dell’India, come il Karnataka, e in Thailandia, sono tradizionali le gare di bufali. Anche se non coinvolge direttamente la lotta tra uomo e animale, mostra una manifestazione di forza e velocità tra gli animali, spesso con uomini che cercano di controllarli durante la gara.
- Tauromachia Cretese: Le raffigurazioni più antiche di giochi con tori si trovano nell’arte minoica dell’antica Creta (circa 2000-1400 a.C.). Mostrano giovani atleti che saltano sul dorso dei tori o che fanno acrobazie. Non è chiaro se questi erano riti religiosi, attività sportive o entrambi. Non vi è alcuna indicazione che i tori fossero uccisi in questi eventi.
- Corrida: La corrida spagnola è una forma di tauromachia in cui un torero, o matador, combatte un toro in una serie di fasi culminanti con l’uccisione del toro. Ha origini antiche e può essere tracciata fino all’antica Roma, ma la forma moderna ha origini medievali. Ha una profonda connessione culturale e rituale in Spagna e in altre parti del mondo ispanofono, ma è anche controversa a causa delle questioni relative ai diritti degli animali.
- Jallikattu: Il Jallikattu ha radici nella celebrazione del raccolto di Pongal in Tamil Nadu. Non è uno sport in cui si uccide il toro; al contrario, l’obiettivo è domare il toro o aggrapparsi ad esso. Tuttavia, ha suscitato polemiche e dibattiti sui diritti degli animali in India, portando a regolamentazioni e bandi temporanei.
- Il Tōgyū, noto anche come ushi-zumo o Bull sumo, è uno sport spettacolare originario delle isole Ryukyu del Giappone (prefettura di Okinawa e isole Amami della prefettura di Kagoshima). Si svolge anche in altre regioni del Giappone, come le prefetture di Iwate, Niigata, Shimane ed Ehime1.A differenza della corrida spagnola o portoghese, dove i match sono tra un toro e un umano, nel Tōgyū i match sono tra due tori che cercano di far arretrare l’altro. Ogni toro ha un allenatore che aiuta a mantenere i tori bloccati in conflitto e incoraggia il loro toro a vincere. Il match termina quando uno dei tori si stanca e si ritira, perdendo il match1.Il Tōgyū ha iniziato almeno nel 12° secolo, con gli agricoltori che facevano combattere i tori l’uno contro l’altro come sport divertente1. Durante i match, i tori si bloccano le corna e cercano di costringere l’altro a cedere terreno1.
- Una ipotesi che al momento non sono in grado ancora di elaborare meglio è la seguente: le lingue fino ad oggi chiamate indo-europee potrebbero in realtà essere lingue sardo-corso-atlantidee. E’ possibile che i sardo-corsi, in remoto passato, possano aver raggiunto anche l’India, creando alcuni ceppi etnici che sono ivi rimasti; vista la pratica del Jallikattu e per altri motivi che per ora non posso elencare, ipotizzo che qualche etnia indiana, ad esempio i Tamil, siano di origine sardo-corsa. Avrebbero quindi punti in comune linguistici e etnoculturali. Questa però è un’ipotesi esclusivamente teorico-speculativa che non ha ancora solide fondamenta. Ma ci tengo a segnalarla, qualora altri si accorgessero e pensassero di essere i primi ad averci pensato.
- Il blocco geologico sardo-corso è sommerso da circa 11.600 anni a causa dei Meltwater Pulse, ossia le ondate di acqua di fusione dei ghiacci dopo l’ultima glaciazione1.
- Il blocco geologico sardo-corso ha un orientamento nord-sud e ospitava la specie degli elefanti nani (Mammuthus lamarmorae), come descritto da Platone1.
- La toponomastica del Sulcis richiama le fonti d’acqua calda e fredda poste da Poseidone nell’isola di Atlantide: esistono località come Acquacadda, S’Acqua Callenti de Basciu e de Susu, Acqua Callentis, Zinnigas e Terresoli12.
- Solone ascoltò il racconto di Atlantide nella città egizia di Sais: ma Sais è anche il nome di una frazione vicino a Narcao nel Sulcis e un cognome sardo12.
- La civiltà villanoviana presenta simboli atlantidei come cerchi concentrici e finte porte simili a quelle sarde; inoltre il genoma della popolazione corsa ha elementi in comune con quello del centro Italia12.
- L’affondamento dell’isola di Atlantide è dovuto anche all’anomalia sismica causata dall’accomodamento conseguente allo slab roll-back laterale3.
- Atlantide aveva un porto che presentava anche un canale: a Cagliari in Sardegna è tutt’ora presente il Porto Canale.
- La capitale di Atlantide si troverebbe nei pressi di Teulada nell’attuale Sardegna. E infatti vi è stata piazzata una Base Militare Americana e tutte le attività al suo interno sono coperte dal Segreto di Stato; su questo segreto di Stato è possibile leggere su vari articoli online, in particolare quelli legati a Mauro Pili:
https://www.unionesarda.it/news-sardegna/cagliari/teulada-mauro-pili-prosciolto-dallaccusa-di-violazione-del-segreto-di-stato-txv8f83x - La città sommersa di Atene del 9600 a.C. è stata ritrovata da Luigi Usai nella piattaforma Sicilia Malta.
- Atlantide aveva una forma circolare con canali concentrici che collegavano il mare alla città centrale; questa forma si ritrova nei fondali tridimensionali del blocco sardo-corso.
- Atlantide era ricca di metalli preziosi come l’oro, l’argento e l’oricalco; questi metalli sono presenti anche nel territorio sardo-corso.
- Le prove archeologiche non sono mai state trovate perché non sono mai state cercate: questo in quanto il mondo accademico e archeologico sardo, in genere, ha sempre considerato i discorsi su Atlantide come dei racconti favolistici di Platone con intenti letterari, politici o filosofici. Nessuno quindi ha realizzato in Sardegna scavi archeologici stratigrafici che arrivassero al 9600 a.C..
- Nessuno fino ad oggi ha ancora scoperto le dimensioni della Libia e dell’Asia nel 9600 a.C.; nessuno, fino ad oggi, ha nemmeno idea di cosa rappresentassero queste parole, prima dell’affondamento del blocco sardo-corso-atlantideo nel 9600 circa a.C.; si può però ragionare al contrario, e determinare di conseguenza che la Libia e l’Asia fossero nel 9600 a.C. due realtà geografiche con dimensioni inferiori a quelle del blocco geologico sardo-corso attualmente sommerso sotto il Mediterraneo.
- Sono state rilevate anomalie batimetriche sottomarine in tutto l’attuale Mar Mediterraneo. In particolare, sulla piattaforma continentale carbonatica Sicilia-Malta sono state rilevate forme geometriche che suggeriscono almeno due chiare possibilità: la prima che si tratti di artefatti sottomarini, ossia, nel gergo degli esperti, forme apparentemente antropiche che derivano dal cattivo processamento dei dati batimetrici tramite gli appositi software attualmente in uso; la seconda, che si tratti di resti di natura antropica, in particolare di una qualche forma di centro abitato preistorico di cui si è persa la memoria. Attualmente sono stati pubblicati vari libri dallo scrivente Dottor Luigi Usai in merito a queste informazioni, che restano tuttora al vaglio della Comunità Scientifica.
- Il Professor Salvatore Dedola afferma nel video alla pagina
https://www.youtube.com/watch?v=uW_6U0hbpp4
al minuto 3:40 che la sardegna è vittima di una “conventio ad excludendum”. Si tratta di una locuzione latina che significa “accordo per escludere” e si riferisce ad un accordo esplicito o una tacita intesa tra alcune parti sociali, economiche o politiche, che abbia come fine l’esclusione di una determinata parte terza da certe forme di alleanza, partecipazione o collaborazione1. In questo punto voglio sottolineare che concordo pienamente con quanto affermato dal Professor Dedola; l’ho citato perché non voglio prendermi il merito di una Sua affermazione, che peraltro condivido pienamente. - Luigi Usai ha affermato in uno dei suoi libri che la civiltà Villanoviana è una migrazione sardo-corsa in Italia. E infatti è stato ritrovato da pochissimi giorni un bronzetto nuragico nel Lago di Bolsena, appartenente alla civiltà Villanoviana, ed è l’unico ritrovato all’interno di una abitazione villanoviana, attualmente sommersa sotto il lago di Bolsena.
- Tra le prove geologiche, il fango che circondava l’isola della sardocorso Atlantide era causato dalla risacca marina sulle coste, che strappava all’isola il terreno delle paleocoste originarie abitate dai sardo-corso-atlantidei. Le paleocoste atlantidee sono oggi chiamate dal mondo scientifico col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa”.
- Al riparo sottoroccia “Su Carroppu” di Sirri, in Sardegna, sono stati ritrovati abitanti mesolitici, che secondo la mia teoria sono con grande probabilità Atlantidei. Infatti, due individui su tre hanno permesso l’analisi del loro DNA, che risulta quasi totalmente differente da quello dei neolitici che hanno colonizzato l’isola circa tremila anni più tardi, ossia circa 3000 anni dopo l’affondamento del blocco geologico sardo-corso-atlantideo. Di conseguenza, si possono derivare una grande quantità di informazioni da questa scoperta: ad esempio, gli atlantidei abitavano le paleocoste del blocco sardocorso; avevano un dna differente; predavano risorse in particolar modo di tipo marino, il che è in sintonia col fatto che questo popolo adorasse Poseidone, il “Dio del Mare”.
- Il ritrovamento della statua di Atlante dell’Olympeion confermerebbe in via indiretta che intorno al V o IV secolo avanti Cristo la figura sardocorso atlantidea di Atlante era ancora molto venerata in Sicilia. Il fatto che venga chiamato in lingua italiana “Telamone” mostra come sembra che gli archeologi, anche se in maniera inconscia e involontaria, facciano tutto quanto è possibile per cancellare la terminologia atlantidea: infatti all’estero è chiamato Atlante nei principali articoli di giornale mondiali che ne parlano. Inoltre la statua di Atlante è di dimensioni immense, il che lascia pensare che fosse una figura molto amata, venerata e rispettata.
- I sardo-corsi atlantidei, essendo un popolo di mare, potrebbero aver diffuso alcune tecniche di lavorazione della pietra come il clactoniano e il tayaziano lungo le coste atlantiche dell’Europa durante le loro esplorazioni e migrazioni. Questo spiegherebbe la presenza di strutture megalitiche simili in luoghi molto distanti.L’ipotesi che i sardo-corsi atlantidei, un popolo di navigatori abili e marittimi, abbiano diffuso tecniche di lavorazione della pietra come il Clactoniano e il Tayaciano lungo le coste atlantiche dell’Europa durante le loro esplorazioni e migrazioni è affascinante e apre diverse prospettive di studio. Questa teoria suggerisce che le conoscenze e le abilità sviluppate da questa popolazione avventurosa potrebbero aver avuto un impatto duraturo sulla costruzione di strutture megalitiche in luoghi distanti.I Clactoniano e il Tayaciano sono considerate due fasi del Paleolitico inferiore, caratterizzate dall’uso di pietre scheggiate e dalla produzione di strumenti di pietra grezza. Se i sardo-corsi atlantidei fossero stati in grado di diffondere queste tecniche lungo le coste atlantiche, avrebbero potuto influenzare direttamente la creazione di monumenti megalitici come dolmen, menhir e complessi megalitici in luoghi diversi. Questo spiegherebbe la somiglianza nelle tecniche di lavorazione della pietra e negli stili architettonici tra diverse regioni geografiche.Le loro abilità di navigazione avanzate li avrebbero resi capaci di spostarsi lungo le rotte commerciali marine e di colonizzare nuove terre lungo le coste atlantiche dell’Europa. Durante questi viaggi di esplorazione e migrazione, potrebbero aver diffuso le loro competenze nella lavorazione della pietra, aprendo la strada alla costruzione di strutture megalitiche simili da parte delle popolazioni locali.La presenza di strutture megalitiche simili in luoghi distanti potrebbe essere il risultato di questo scambio di conoscenze e competenze tra i sardo-corsi atlantidei e le comunità locali lungo le coste atlantiche. Questo fenomeno potrebbe anche spiegare perché talvolta vediamo similitudini nei nomi dei siti megalitici in luoghi diversi, come Karnak e Carnac, che potrebbero essere un riflesso della diffusione della cultura e della lingua dei sardo-corsi atlantidei.Questa teoria aggiunge un elemento interessante alla nostra comprensione della diffusione delle tecnologie e delle culture nel mondo antico. L’idea che un popolo marittimo abbia potuto influenzare la creazione di strutture monumentali in luoghi diversi attraverso la condivisione di conoscenze è affascinante e offre una prospettiva nuova e intrigante sulla storia preistorica dell’Europa atlantica. Il Clactoniano è una fase del Paleolitico inferiore, un periodo preistorico caratterizzato dall’uso di strumenti di pietra scheggiata e da una cultura materiale associata a gruppi di cacciatori-raccoglitori nomadi. Questa fase prende il nome dalla località di Clacton-on-Sea nell’Essex, in Inghilterra, dove furono scoperti i primi reperti appartenenti a questa tradizione archeologica. Il Clactoniano è datato a circa 400.000-300.000 anni fa e rappresenta una delle prime espressioni dell’uso intenzionale delle pietre scheggiate per la produzione di utensili e strumenti. Questa fase è parte di quella che gli archeologi chiamano “industria litoide scheggiata”, in cui le pietre venivano deliberate scheggiate e lavorate per ottenere strumenti utili per vari scopi, come tagliare, raschiare e forare. Gli strumenti Clactoniani includono punte di lancia, raschi e altri utensili appuntiti. Le caratteristiche principali degli strumenti Clactoniani includono una lavorazione grezza, dove le pietre venivano scheggiate per creare bordi affilati senza una rifinitura particolarmente accurata. Questa lavorazione grezza potrebbe essere stata la conseguenza dell’uso di strumenti per attività specifiche e della necessità di sostituirli frequentemente. Gli strumenti erano realizzati principalmente da pietra locale, come il calcare e il selce. La cultura Clactoniana è stata associata a gruppi umani nomadi che dipendevano dalla caccia, dalla pesca e dalla raccolta di risorse alimentari nelle aree costiere e negli ambienti circostanti. Sebbene siano ancora in corso ricerche e discussioni sulla portata geografica e sulla diffusione di questa cultura, le prove archeologiche indicano che gli strumenti Clactoniani si sono trovati in diverse parti dell’Europa, soprattutto lungo le coste atlantiche. Il Clactoniano rappresenta una fase primordiale dell’evoluzione della tecnologia umana, dove gli strumenti di pietra scheggiata furono utilizzati in modo intenzionale per svolgere compiti quotidiani e sopravvivere nell’ambiente circostante. Questa fase ha gettato le basi per lo sviluppo successivo di complesse industrie di strumenti di pietra nel corso del Paleolitico inferiore. Il Tayaciano è un’altra fase importante del Paleolitico inferiore, situata cronologicamente dopo il Clactoniano. Prende il nome dal sito archeologico di Le Moustier, situato a Tayac in Francia, dove sono stati identificati reperti appartenenti a questa tradizione archeologica. Il Tayaciano è datato a circa 300.000-200.000 anni fa ed è considerato una continuazione e un’evoluzione delle tradizioni tecniche e culturali iniziate con il Clactoniano. In questa fase, gli esseri umani continuarono a utilizzare strumenti di pietra scheggiata, ma si verificarono alcune modifiche e sviluppi significativi nella lavorazione delle pietre e negli strumenti prodotti. Una delle caratteristiche distintive del Tayaciano è l’introduzione di una lavorazione più raffinata delle pietre. Gli strumenti Tayaciani sono spesso associati a una maggiore precisione nel modellare e affilare i bordi degli strumenti, il che suggerisce un miglioramento delle competenze tecniche nell’arte della lavorazione della pietra. Gli strumenti di questa fase includono punte di lancia, raschi, lame e altri utensili, spesso realizzati utilizzando diverse fasi di scheggiatura per ottenere forme e funzionalità specifiche. Una delle scoperte significative associata al Tayaciano è l’uso di strumenti di pietra realizzati tramite la tecnica del Levallois, una tecnica di scheggiatura controllata che consente di ottenere schegge di pietra di forma specifica e predefinita. Questa tecnica rappresenta un passo avanti nella comprensione e nella padronanza della lavorazione della pietra da parte degli esseri umani. Dal punto di vista culturale, il Tayaciano rappresenta una tappa nell’evoluzione delle società preistoriche, in cui la tecnologia e le competenze tecniche migliorarono gradualmente. La diffusione del Tayaciano è stata identificata in diverse parti dell’Europa, dimostrando che questa fase aveva una portata geografica più ampia rispetto al suo predecessore, il Clactoniano. In sintesi, il Tayaciano è una fase chiave nel percorso di sviluppo della tecnologia umana durante il Paleolitico inferiore. Questa fase ha visto miglioramenti nella lavorazione della pietra e nell’arte della scheggiatura controllata, aprendo la strada a ulteriori sviluppi tecnologici e culturali nelle fasi successive del Paleolitico. A mio avviso si rende necessario studiare seriamente la possibilità che queste fasi preistoriche siano dovute all’esportazione di tecniche litiche e culturali ad opera di uno o più gruppi etnici sardo corsi in Europa.
- I nomi simili di alcuni siti, come Karnak e Carnac, potrebbero essere un’eco della dominazione culturale e della diffusione della lingua dei sardo-corsi atlantidei in un’epoca molto antica. Molti nomi di luogo hanno origini preistoriche.
- La costruzione di strutture megalitiche richiedeva organizzazione sociale e diffusione di conoscenze specializzate. I sardo-corsi atlantidei potrebbero aver trasmesso queste conoscenze alle popolazioni locali durante le loro esplorazioni, consentendo la costruzione di monumenti simili in tutta Europa.
- Platone collocava Atlantide nell’Oceano Atlantico. I sardo-corsi atlantidei, essendo un popolo insulare, potrebbero aver dominato effettivamente gran parte delle rotte commerciali e degli scambi culturali nell’Atlantico preistorico, come suggeriscono Timeo e Crizia.
- Alcuni siti megalitici importanti, come Stonehenge, potrebbero essere stati influenzati, o addirittura costruiti, dai sardo-corsi atlantidei, data la loro presunta influenza culturale e marittima sull’Europa occidentale: infatti prima che venisse creato il megalitismo di Stonehenge è stato realizzato al centro della Sardegna attuale il megalitismo di Pranu Mattedu.
- In Europa esistono tantissimi casi di alloglossia. A mio avviso, diverse tra queste alloglossie, come le varianti dialettali galloitaliche in Sicilia e Piemonte, Veneto, Romagna e Toscana, sono da attribuire a resti linguistici della colonizzazione mesolitica e neolitica sardo-corsa in tutta Europa, colonizzazione atlantidea di cui ha parlato il sacerdote di Sais in Egitto a Solone, nei testi platonici di Timeo e Crizia.
- Un’ulteriore passo in direzione dello studio del territorio è stato fatto in questi giorni con la dichiarazione resa pubblica dall’articolo sottostante dell’Unione Sarda, giornale della Sardegna:
https://www.unionesarda.it/news-sardegna/scoppia-la-guerra-a-sgilla-vincolate-le-saline-lnilaqrl - E’ stato ritrovato un carico di oricalco nei mari di Sicilia, proprio nei pressi del blocco geologico sardo-corso-atlantideo: questa scoperta è descritta in numerosissimi articoli di giornale che hanno fatto il giro del mondo: ecco una breve lista, che potete controverificare online e sui motori di ricerca
https://www.famedisud.it/dal-mare-di-gela-riemerge-loricalco-il-leggendario-metallo-di-atlantide-un-tesoro-di-26-secoli-fa/https://mondointasca.it/2015/01/07/oricalco-il-misterioso-metallo-di-atlantide-ritrovato-a-gela/#:~:text=Come%20il%20tempo%20e%20la,secolo%20a.C.%2C%202600%20anni%20fa.https://culturattualita.wordpress.com/2015/01/14/oricalco-leggendario-metallo-di-atlantide-trovato-al-largo-della-sicilia/https://caltanissetta.gds.it/video/cultura/2015/03/02/nel-mare-di-gela-lingotti-di-2600-anni-fa-video-c99e3503-14fc-4e1e-b888-334d14fa3da1/ - Affidabilità delle cartine usate dal Dr. Luigi Usai: Luigi Usai per la realizzazione della maggior parte delle cartine geografiche e batimetriche, ha fatto uso del sistema aperto Europeo chiamato Emodnet. EMODnet Map Viewer è uno strumento online affidabile che consente di visualizzare e analizzare i dati marini raccolti dall’European Marine Observation and Data Network (EMODnet)1. Con questo strumento, gli utenti possono accedere a una vasta gamma di dati marini, tra cui informazioni sulle regioni marine, i dati sui prodotti EMODnet e le notizie più recenti su EMODnet2. Pertanto le mappe e cartine geografiche utilizzate sono incredibilmente precise e affidabili.
- La Sardegna, con la sua geografia impervia e le sue profonde grotte, ha da sempre suscitato l’interesse di archeologi e storici. La presenza di complessi speleologici come le Grotte Is Zuddas nel Sulcis e molte altre disseminate sull’isola suggerisce che questi luoghi potrebbero aver offerto rifugio e dimora a gruppi umani nell’antichità.Erodoto, il celebre storico greco, parla dei Trogloditi, un popolo noto per vivere non in abitazioni costruite, ma in “anfratti” o grotte naturali. La denominazione “Trogloditi” significa letteralmente “abitanti dei buchi”. Per circa 2600 anni le descrizioni di Erodoto si è creduto riferissero a popoli situati in regioni lontane dalla Sardegna; attualmente, alla luce delle nuove informazioni emerse con le analisi del presente sito web, è plausibile ipotizzare che sull’isola di Sardegna vi fossero gruppi etnici con abitudini simili se non addirittura che la Sardegna fosse il luogo dal quale il popolo dei Trogloditi abbia avuto origine per poi diffondersi nel resto del mondo. A livello speculativo, è possibile addirittura fare un accostamento coi popoli che abitavano le Grotte del Qumran.Questa teoria trova ulteriore fondamento nei numerosi ritrovamenti archeologici effettuati in diverse zone della Sardegna. La Grotta Pirosu di Su Benatzu, per esempio, ha rivelato tracce di insediamenti umani. Analogamente, la grotta di Lanaittu ha offerto prove tangibili della presenza umana, così come il riparo sottoroccia di Su Carroppu di Sirri, in provincia di Carbonia, dove sono stati scoperti resti che risalgono a 11.000 anni fa. Le Grotte di Nettuno ad Alghero, famose per la loro straordinaria bellezza, hanno anch’esse rivelato segni di frequentazioni umane in epoche preistoriche.Da sottolineare che la vita nelle grotte, seppur presente, non implica necessariamente una vita primitiva o priva di evoluzione culturale. Spesso, le grotte erano utilizzate come rifugi temporanei o come luoghi sacri, piuttosto che come abitazioni permanenti. Inoltre, in un contesto geografico come quello della Sardegna, caratterizzato da un territorio montuoso e da un clima a tratti severo, le grotte potevano offrire protezione e sicurezza.In conclusione, pur senza trarre conclusioni definitive, i numerosi ritrovamenti e la natura geografica della Sardegna indicano che la vita nelle grotte potrebbe aver rappresentato una parte significativa della storia preistorica dell’isola. Come sempre, ulteriori ricerche e scavi potrebbero gettare nuova luce su queste affascinanti ipotesi.
- Nuove ipotesi speculative sul popolo dei Lotofagi e su Polifemo: data di oggi 14 agosto 2023. Comincio ormai da mesi a pensare che la terra dei Lotofagi si trovi in Sardegna, e sto valutando l’ipotesi che il frutto del loto fosse in realtà qualcosa come il mirto sardo. Infatti i Lotofagi erano un popolo ospitale, e alle persone ospitate offrivano il frutto del loto (forse il mirto). Le persone ospitate quindi dimenticavano tutto perché il mirto li faceva ubriacare, e il clima gioviale e ospitale li induceva a trattenersi come ospiti e a “dimenticare la patria e la famiglia”. Per quanto riguarda la possibilità della presenza di Polifemo o del mito di Polifemo in Sardegna, ci sono molte fonti che potrebbero indurre un sardo a confermare l’ipotesi: infatti nell’archeologia sarda esistono moltissime strutture antichissime che si chiamano in lingua sarda: la casa dell’orco (“Sa Domu ‘e S’Orcu” in lingua sarda). E’ probabile che queste strutture siano legate ai miti degli orchi o della presenza di figure mitologiche come quelle di Polifemo: probabilmente si trattava di antichissimi racconti per spaventare i viaggiatori oppure poteva trattarsi di racconti che venivano detti per evitare che qualcuno potesse esplorare e conoscere zone geografiche sarde coperte da segreti di varia natura, ad esempio commerciale o mineraria: ad esempio, per non fare scoprire che in una zona vi era una miniera ricchissima di un certo minerale, potevano inventare racconti per tenere la gente alla larga da tale luogo.
- Possibili depistamenti archeologici per gli studiosi: è possibile analizzare questo articolo per notare il seguente fatto: spesso gli archeologi “attribuiscono” un tempio ad una divinità, per mille motivi. Dopo decenni e decenni che un tempio è stato attribuito ad una Dea, ad esempio la Dea Hera – Giunone, nessuno si sognerebbe di mettere più in dubbio la sua attribuzione. Deve accadere qualcosa di straordinario, come il ritrovamento di una testa della dea Atena: allora tutto viene rimesso in discussione, e si valuta che il tempio D nella Valle dei Templi di Akragas (in greco antico: Ἀκράγας), finora attribuito alla dea greca Hera (Giunone per i romani) sia in realtà un tempio della dea Atena. Ora dobbiamo moltiplicare questo fatto per centinaia e centinaia di attribuzioni che sono state fatte fino ad oggi escludendo in toto la possibilità dell’influenza sardo-corsa nel Mediterraneo. Fatto ciò, possiamo cominciare a sintonizzarci mentalmente su un’altra lunghezza d’onda, che ci permetta di capire che la civiltà sardo-corsa è stata per millenni snobbata, evitata, dimenticata, scartata, a dispetto delle migliaia e migliaia di nuraghe, pozzi sacri, tombe dei giganti, domus de janas, dolmens, menhirs, che sono tipici dell’architettura e del paesaggio sardo corso antico e ancora oggi visibili al pubblico, mentre moltissime altre opere giacciono sotto terra ancora da essere scavate.
- In merito al significato di Iperborea, rimando i lettori allo studio di quanto affermato in questo testo: https://linguasarda.com/wp-content/uploads/2018/03/HISTORIC-GRAMMAR-OF-SARDINIAN-LANGUAGE.pdf e ringrazio lo straordinario autore.
- La Falesia di Montezuma in Sardegna:
Un sovrano degli Aztechi si chiamava Montezuma; gli Aztechi affermavano di provenire da un’isola nell’Oceano Atlantico. In Sardegna ancora oggi esiste una Falesia chiamata Falesia di Montezuma. Questa può essere solo una coincidenza, ma merita di essere indagata più a fondo.
Montezuma, noto anche come Moctezuma, o più correttamente, Motecuhzoma II Xocoyotzin, che significa “Arrabbiato come un Signore”, è stato l’ultimo sovrano completamente indipendente dell’impero azteco prima del crollo della civiltà a seguito della conquista spagnola all’inizio del XVI secolo1. Montezuma II è nato intorno al 1466 e nel 1502 è stato scelto per succedere come ottavo tlatoani (imperatore) a suo zio Axayacatl2. Sotto il suo regno, l’impero azteco raggiunse la massima espansione3. Montezuma II condusse personalmente molte campagne militari e cercò di consolidare la grande espansione territoriale dei suoi predecessori, assoggettando i territori ancora autonomi2. Gli Aztechi credevano di provenire da un luogo chiamato Aztlan, che si traduce come “luogo delle garze” o “luogo della bianchezza”. Tuttavia, non si sa con certezza dove si trovasse Aztlan e se fosse un’isola, un luogo mitico o una regione reale. Gli storici hanno ipotizzato che potesse essere situato a nord-ovest del Messico o nel sud-ovest degli Stati Uniti1. La migrazione da Aztlan alla Valle del Messico è un tema ricorrente nelle storie e nelle leggende azteche2.
Non ho trovato informazioni specifiche sul perché la falesia si chiami “di Montezuma”. Tuttavia, Montezuma è il nome di un grande imperatore azteco1. Potrebbe essere che la falesia sia stata chiamata così in suo onore o per qualche altra ragione legata alla sua figura storica. La falesia di Montezuma è una delle nuove aree di arrampicata sul granito nel massiccio dei Sette Fratelli vicino a Cagliari in Sardegna2. - 17/08/2023 Da tutte queste mie poche ricerche, ho la sensazione a livello intuitivo che la Samotracia sia in qualche modo legata al blocco geologico sardo-corso, ma non capisco ancora perché il mio subconscio stia legando queste due località. Ho necessità di studiare tantissimo, per capire meglio cosa abbia spinto il mio cervello a legare questi luoghi così distanti. Al momento ci tengo soltanto a segnalare questa mia sensazione ai miei due o tre lettori occasionali, che saluto con grandissimo affetto.
- La pareidolia è la tendenza istintiva e automatica del cervello a trovare strutture ordinate e forme familiari in immagini disordinate1. Questa tendenza si manifesta in special modo verso le figure e i volti umani1. Ad esempio, potresti vedere un volto umano nella luna o animali nelle nuvole. La pareidolia è un caso particolare di apofenia, che è la tendenza a percepire connessioni e significati tra eventi non correlati1. A mio avviso, tutte queste potenziali scoperte le ho fatte perché il mio cervello presenta buone capacità con l’apofenia. Sono riuscito in qualche modo a collegare tutte queste informazioni che apparentemente sembrano totalmente scorrelate tra loro. Se ho sbagliato tutto, allora bisogna ammettere che ho un’incredibile fantasia, per essere riuscito a collegare tutti questi argomenti insieme.
- Erodoto, Storie, Capitolo IV 181: Erodoto cita una statua di Zeus con la testa d’ariete. Esistono davvero statue di Zeus con la testa d’ariete. Una di queste statue è la testa di marmo di Zeus Ammon, che si trova al Metropolitan Museum of Art1. Questo potente ritratto del dio combina un’immagine classica greca dello Zeus barbuto con le corna di ariete dell’Ammon egiziano, un attributo con cui anche Alessandro Magno è stato talvolta rappresentato1. Potrebbe riflettere una scultura creata in Egitto negli anni successivi alla storica visita di Alessandro a Siwa1. Devo approfondire per capire se in realtà questa testa fosse sarda sulcitana, secondo quanto affermato da Erodoto nel passo citato.
- Erodoto parla della città di Barce o Barcei, e in Sardegna esiste la città di Burcei. Anche se fosse un mio errore di interpretazione, voglio provare a forzare l’interpretazione di Erodoto e analizzare questa variante. 18/08/2023 Credo che la città di Barce o Barcei fosse dalle parti di Oristano, ma per ora forzerò l’interpretazione su Burcei, per memorizzare tutti questi dati, per me nuovi.
- Culto di Eracles nell’attuale Sardegna: Ercole era Sardo?
Le Colonne d’Ercole si trovavano a Carloforte, tra l’Isola di San Pietro e l’Isola di Sant’Antioco; era presente un porto, attualmente sommerso sotto il mare del Sulcis, che poteva contenere anche fino a 400 navi, dedicato ad Ercole: Capo Malfatano, uno straordinario porto antico da 400 navi dedicato a Melqart
Ercole visita il Giardino delle Esperidi, che si trovava a Frutti d’Oro di Capoterra, proprio collocato tra i Monti di Atlante oggi noti come Monti del Sulcis, e l’Oceano atlantico, oggi noto come Mar di Sardegna oppure come Mediterraneo;
bambina passeggia a Sassari e ritrova statua di uomo barbuto, forse Ercole;
La statua di Eracle da Turris Libisonis (scavi 2009);
L’Isola di Ercole in Sardegna: Secondo Plinio il Vecchio nella Naturalis historia (III, 7, 84), il nome Herculis insula indicava non solo l’Asinara, ma anche la vicina Isola Piana; mentre invece Tolomeo (Geogr. III, 3, 8) indicava con questo nome solo l’isola dell’Asinara, distinguendola nettamente dall’Isola Piana, chiamata “Diabate insula”, ossia “isola di passaggio”1.
raccoglierò qui tutti i reperti legati al mito di Ercole in modo da poter centralizzare l’analisi in un unico punto. In passato si è affermato che Ercole è un mito greco; poi si è affermato che Melqart è l’Ercole dei Cartaginesi; insomma, Ercole è dei Greci, Ercole è dei Cartaginesi, Ercole non può mai essere sardo, chissà come mai. C’è qualcosa che evidentemente disturba il mondo scientifico e archeologico-letterario. Ercole non può essere sardo, forse da fastidio a qualcuno. La mia ipotesi è che questo “Ercole” era semplicemente una figura sarda di enorme rilievo, per dei motivi che non mi sono ancora chiari. Questo Ercole era stato ammirato dai Greci, dai Cartaginesi, ma per qualche motivo si è nascosta la provenienza o l’origine di questa figura. Sono necessari altri dati ed altre prove. Sembra che le figure e divinità sardo-corso-atlantidee siano state cancellate o nascoste per millenni, come è avvenuto per la Dea Atena Sarda.
Sembra che Ercole fosse venerato a Olbia. Secondo alcune fonti, la Chiesa di San Paolo a Olbia è stata costruita sulle rovine di un tempio pagano di epoca romana, forse dedicato ad Ercole1. Inoltre, c’è un libro intitolato “Culto e immagini di Ercole a Olbia” scritto da Pietra Giovanna e D’Oriano Rubens che potrebbe fornire ulteriori informazioni sul culto di Ercole nella città2. Anche il Carnevale estivo di Olbia ha incluso una rievocazione del mito di Ercole, con carri che riproducevano il Tempio di Ercole e le sue 12 Fatiche3. Quindi, sembra che il culto di Ercole abbia avuto un ruolo importante nella storia e nella cultura di Olbia. - Ulteriori sviluppi delle analisi: navigando sul web, ho trovato la frase “Ercole Cabiro“. Fatto: a Capo Malfatano in Sardegna, nel Sulcis, è presente un Porto di Ercole; a Frutti d’Oro in Sardegna, nei pressi di Capoterra, sembra presente il Giardino delle Esperidi; se le Colonne d’Ercole sono realmente a Carloforte, significa che abbiamo una radicatissima presenza della mitologia su Ercole nel Sud della Sardegna. Cosa può significare Ercole Cabiro? Ercole Sulcitano? Ercole Campidanese? Per analizzare queste informazioni, prima è necessario capire chi siano i Cabiri.I Cabiri erano un gruppo di enigmatiche divinità dell’oltretomba, probabilmente di origine frigia o tracia, e protettori dei marinai che in seguito furono importati nel rito greco, dove corrispondevano a dei nani figli del dio Efesto, che forgiavano i metalli nella sua fucina di Lemno insieme alla madre Cabeiro1. Erano oggetto di un culto misterico e venivano venerati nell’isola di Samotracia come Grandi Dei in un culto misterico che aveva il suo centro nel Santuario dei Grandi Dei ed era strettamente collegato a quello di Efesto1.Il culto dei Cabiri era uno dei tanti culti misterici praticati nell’antichità. Questi culti erano caratterizzati da riti esoterici riservati a gruppi ristretti di iniziati, che avevano l’obbligo di mantenere il segreto sui riti e le credenze del culto. I riti misterici spesso includevano simboli sacri, cerimonie magiche, sacramenti e rituali di purificazione, e avevano lo scopo di trasformare la vita dell’iniziato offrendogli una prospettiva di liberazione totale rispetto ai suoi problemi esistenziali2.La natura enigmatica delle divinità dei Cabiri e l’oscurità che incombe su di loro hanno portato gli scrittori moderni a scrivere ognuno una propria teoria che spesso contrasta con le altre. L’origine ed il significato del loro nome così come la loro reale origine o provenienza rimangono incerti1. Restando su questa linea d’onda: i sardi sono spesso chiamati “nanetti” per via della loro altezza; in certe parti della sardegna, i sardi sono in media molto bassi. Efesto è fratello di Atena, e in questo sito ho mostrato la possibile provenienza di Atena dal Lago Tritonide in provincia di Cagliari. Questo implicherebbe che il fabbro Efesto sia anche lui di origini sarde, un Dio Fabbro perché i sardi, con le miniere del Sulcis, furono forse i primi fabbri al mondo, e i fabbri venivano divinizzati perché “sapevano trasmutare la materia”, convertivano terre e pietre in metalli. A questo punto, dopo queste serie di ragionamenti, mi viene da ipotizzare che i Cabiri non sono altro che un gruppo etnico sardo legato alla metallurgia, e quindi, con estrema probabilità, proveniente dal Sulcis in Sardegna.
- Strana somiglianza tra le figure mitiche di Ercole e Sansone: sia Ercole che Sansone sono figure eroiche e mitologiche provenienti da tradizioni culturali diverse, ma con alcune somiglianze nei loro tratti e nelle loro imprese: questo può suggerire un’origine comune di questo racconto mitico. Perché si tratterebbe di mito? Perché ad oggi non esiste una base scientifica che affermi che un essere umano abbia una forza sovraumana a causa della lunghezza dei suoi capelli, come in Sansone, per cui deve trattarsi di una sorta di racconto mitico, probabilmente adattato alle necessità del popolo di Israele. Ecco alcuni punti di contatto tra le due figure:
- Forza Sovrumana: Sia Ercole che Sansone sono noti per la loro incredibile forza fisica. Ercole è famoso per aver compiuto dodici fatiche straordinarie che dimostravano la sua forza sovrumana, mentre Sansone è conosciuto per la sua forza straordinaria che gli permetteva di affrontare le sfide e i nemici.
- Imprese Eroiche: Entrambi i personaggi hanno compiuto imprese eroiche che sfidavano le loro capacità fisiche. Ercole ha affrontato bestie feroci, mostri e situazioni impossibili come parte delle sue fatiche. Sansone ha affrontato leoni e soldati filistei in modo simile, dimostrando la sua forza eccezionale.
- Legami con gli Dei: Ercole è considerato un semidio, figlio di Zeus. Ha ricevuto l’aiuto e il sostegno degli dei nelle sue imprese. Da parte sua, Sansone è stato dato alla luce dalla madre dopo un annuncio divino e, secondo il racconto biblico, ha ricevuto una forza sovrumana da Dio.
- Debolezze e Tradimenti: Entrambi i personaggi sono stati traditi dalle donne. Nel caso di Ercole, la sua sposa, Deianira, involontariamente lo avvelenò con il sangue di Nesso. Nel caso di Sansone, il suo tradimento per mano di Dalila ha portato alla sua cattura e alla perdita della sua forza.
- Vittorie sulla Morte: Sia Ercole che Sansone hanno avuto incontri fatali ma hanno trovato un modo per vincere sulla morte. Ercole, dopo la sua morte, è stato accolto negli dèi dell’Olimpo e ha ottenuto l’immortalità. Sansone, anche se è morto distruggendo il tempio filisteo, ha ucciso molti nemici nell’atto, dimostrando la sua forza fino alla fine.
- Leggendaria Rilevanza Culturale: Entrambe le figure sono state fonte di ispirazione per storie, miti e raffigurazioni artistiche in diverse culture. Ercole è una figura chiave nella mitologia greca e romana, mentre Sansone è una figura importante nella tradizione ebraica e cristiana.
Va notato che mentre ci sono sicuramente alcune somiglianze tra Ercole e Sansone, sono anche personaggi distinti con radici in contesti culturali diversi (mitologia greca e biblica, rispettivamente). Le loro storie e le loro caratteristiche possono variare in base alle fonti e alle tradizioni specifiche in cui sono stati tramandati.
- Il Maskinganna è un personaggio leggendario del folklore sardo noto per la sua abilità di prendersi gioco delle persone che dormivano, facendole risvegliare terrorizzate. La sua peculiarità è quella di poter assumere qualsiasi forma; a volte assumeva le sembianze di un bambino che piangeva, altre volte di un bel fanciullo (o fanciulla) che appariva per un istante e scompariva subito dopo.D’altra parte, Proteo è un personaggio della mitologia greca. Era una divinità del mare, dei fiumi e delle distese d’acqua, nonché oracolo e mutaforma. Proteo aveva la capacità di scrutare attraverso la profondità del mare e di predire il futuro a chi fosse stato in grado di catturarlo. Era anche in grado di assumere qualsiasi sembianza per sottrarsi a chi lo interrogava.Entrambi i personaggi, Maskinganna e Proteo, hanno la capacità di assumere qualsiasi forma. Tuttavia, mentre Maskinganna usa questa abilità per prendersi gioco delle persone, Proteo la usa per sottrarsi a chi lo interroga. Inoltre, mentre Maskinganna è un personaggio del folklore sardo, Proteo è una divinità della mitologia greca con poteri oracolari. Queste differenze rendono i due personaggi unici e interessanti a modo loro, ma ciò che qui si vuole sottolineare è l’incredibile somiglianza delle mitologie, saghe e leggende sarde con quelle di altri luoghi del Mediterraneo: esiste un’incredibile somiglianza tra la figura del Maskinganna e la figura di Proteo nella mitologia greca antica, un’incredibile somiglianza tra la figura sarda dello Scultone e il racconto di Medusa, tra la figura di Ercole e quella di Sansone… a poco a poco sembra delinearsi una sorta di vicinanza nei racconti e nelle mitologie che prima non era così evidente al lettore. Credo che queste vicinanze meritino molto di più: meritano di essere studiate e approfondite meglio al fine di capirne le dinamiche e i rapporti. Proteo, Maskinganna e Sileno: un’analisi comparativa delle figure mitologicheNelle mitologie di diverse culture, le figure mitologiche che incarnano inganno, metamorfosi e mistero sono presenti in molte forme. Tre figure particolarmente affascinanti in questo contesto sono Proteo nella mitologia greca, Maskinganna nella tradizione folkloristica sarda e Sileno nella mitologia greca. Proteo, noto anche come il “Vecchio del Mare”, è una divinità marina nella mitologia greca. Il fatto che Proteo sia chiamato “il vecchio del mare” non fa altro che richiamare il tema sardo-corso-atlantideo del mare, degli oceani e dell’acqua, a ulteriore conferma delle possibili relazioni tra il mito di Proteo e il blocco sardo corso atlantideo. È famoso per la sua capacità di cambiare forma e per il suo ruolo di custode dei segreti del mare. Secondo Omero, Proteo sapeva tutto sugli oceani e possedeva la conoscenza degli eventi futuri, ma era riluttante a rivelare questa saggezza. Maskinganna è una figura mitologica della tradizione sarda che appare nelle campagne e nei boschi. Descritto come un “demone burlone”, assume molte forme e ama prendersi gioco degli esseri umani.Sileno è una figura della mitologia greca nota per essere un compagno di Dioniso, il dio del vino e della festa. Era solito essere rappresentato come un uomo anziano con le orecchie e la coda di un cavallo, ed era noto per la sua saggezza e conoscenza. Sia Proteo che Maskinganna condividono l’abilità di cambiare forma. Mentre Proteo lo fa principalmente per sfuggire alla cattura, Maskinganna usa questa abilità per spaventare e ingannare. Entrambe le figure operano con un senso di inganno, ma mentre Proteo detiene una saggezza segreta, Maskinganna utilizza il suo inganno per burlarsi degli altri. D’altra parte, Sileno era noto per la sua saggezza e conoscenza, ma non usava l’inganno come mezzo per proteggerla.Tutte e tre le figure sono strettamente legate al loro ambiente naturale: Proteo con il mare, Maskinganna con la campagna e i boschi e Sileno con la natura in generale. Questo legame enfatizza il loro ruolo come guardiani o manifestazioni delle forze della natura.Proteo, Maskinganna e Sileno, benché appartenenti a culture e contesti diversi, mostrano sorprendenti somiglianze nella loro natura multiforme (per Proteo e Maskinganna) e nel loro comportamento ingannevole (per Proteo e Maskinganna). Tutti e tre rappresentano aspetti enigmatici e misteriosi del mondo naturale, fungendo da simboli potenti delle forze incontrollabili e delle verità nascoste che popolano il nostro mondo.Questa analisi comparativa potrebbe aprire la strada a ulteriori studi sulla trasversalità delle figure mitologiche e sulle universali rappresentazioni dell’inganno e della metamorfosi nelle diverse culture. Inoltre, potrebbe essere interessante esplorare ulteriormente il legame tra queste figure mitologiche e il mondo naturale, nonché il modo in cui queste rappresentazioni riflettono le credenze culturali sul rapporto tra l’uomo e la natura.
- Forco (in greco antico: Φόρκος, Phórcos) conosciuto anche come Forci o Forcide (in greco antico: Φόρκυς, Phórkys) era probabilmente il sovrano mitizzato delle tre isole al di là delle Colonne d’Ercole, nell’Oceano Atlantico. Ora, secondo la mia teoria, se l’Atlantico è il mar di Sardegna e Corsica, e se le Colonne d’Ercole sono le Colonne di Carloforte, allora Forco risulta essere il sovrano mitizzato delle tre isole che oggi conosciamo col nome di Ibiza, Maiorca e Minorca. Forco ebbe tre figlie, conosciute come le Gorgoni (Γοργώνες). Adesso entriamo nel dettaglio di questa visione speculativa: Forco può essere davvero sovrano delle tre isole Baleari; la prima ipotesi è che avesse veramente tre figlie, e che diede un’isola a ciascuna: una a Medusa, una a Steno e una a Euriale. La seconda ipotesi è che non avesse nessuna figlia: le sue “figlie” sono le isole stesse, e quindi sto valutando l’ipotesi che i nomi delle figlie fossero i nomi in codice delle isole Baleari. Nell’antichità si usava tenere segreti commerciali e culturali in varie occasioni, e accade ancora oggi con la cosiddetta tutela del know how e dei segreti commerciali. Come primo esempio c’è una storia che racconta di un pitagorico di nome Ippaso di Metaponto che avrebbe rivelato un segreto della scuola pitagorica e sarebbe stato ucciso per questo. Secondo la leggenda, Ippaso avrebbe scoperto che il rapporto tra la diagonale di un quadrato e il suo lato è esprimibile attraverso un numero irrazionale, la radice quadrata di 2. Questa scoperta era in totale dissonanza con le credenze degli stessi pitagorici, inaccettabile per quella sorta di religione che era il misticismo pitagorico, basato sull’idea che il numero fosse l’essenza della natura. I pitagorici volevano mantenere il segreto ma Ippaso se lo lasciò sfuggire e venne affogato in mare1.
Come secondo esempio, anche per le tecniche vetrarie esisteva il segreto commerciale. Ad esempio, nella Repubblica di Venezia, la produzione di vetro era un’attività molto importante e i vetrai veneziani erano famosi in tutta Europa per la loro abilità. Per proteggere i loro segreti commerciali, i vetrai veneziani erano tenuti a lavorare solo sull’isola di Murano e non potevano lasciare la Repubblica senza permesso. Inoltre, era vietato divulgare le tecniche di produzione del vetro a persone esterne alla comunità dei vetrai. Queste misure erano volte a proteggere i segreti commerciali dei vetrai veneziani e a mantenere il loro vantaggio competitivo.
Questa intuizione in data 02/08/2023 dopo aver letto il testo “Tra i miti interpretati da Palefato vi è anche quello relativo alle figlie di Phòrkus” alla pagina:
https://www.attiliomastino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=94:isole-intervento-di-attilio-mastino-a-carloforte-tavola-rotonda-con-umberto-eco-26-giugno-2010-&catid=41:archivio&Itemid=64
Supponiamo che sia tutto vero: perché l’avrebbero fatto? Chi scopriva una nuova rotta commerciale non voleva che altri gli rubassero le possibilità che derivavano dal commercio con le nuove rotte scoperte. Probabilmente, per mantenere il segreto, inventavano storie che spaventassero i potenziali concorrenti. In questo modo, sapendo che delle Gorgoni li avrebbero tramutati in pietra, se ne sarebbero stati alla larga dalle nuove rotte commerciali, e chi le aveva scoperte poteva fare lucrosissimi affari. Se ciò è corretto, è chiaro che i commercianti, raggiunte le isole Baleari delle Gorgoni, avevano dunque necessità di linguisti e traduttori che potessero aiutarli a comprendere queste nuove popolazioni, i nomi dei prodotti e delle merci, le leggi, a instaurare nuove relazioni commerciali e sociali. Credo che queste nuove informazioni mi obbligheranno a comprarmi dozzine di nuovi libri per verificare se le mie affermazioni sono vere e se troverò conferma nei testi antichi. - Cristianizzazione dell’antichissimo mito di Medusa in Sardegna: a mio avviso il mito di Medusa, che pietrificava le persone, è stato cristianizzato nel racconto dello Scultone di Baunei in Sardegna. Lo Scultone è una creatura mitologica presente nelle leggende folcloristiche sarde. Si tratta di un animale rettiliforme simile ad un drago che uccideva uomini e animali. Secondo una leggenda, la fuga di un drago chiamato Scultone avrebbe aperto la voragine del Golgo presso Baunei (NU). Secondo un’altra leggenda, Pietro apostolo avrebbe eliminato definitivamente lo Scultone con un astuto accorgimento: poiché lo sguardo dello Scultone aveva il potere di uccidere, Pietro lo avrebbe guardato per mezzo di un piccolo specchio, neutralizzando tale potere.Per quanto riguarda il mito di Medusa e Perseo, Medusa era una delle tre Gorgoni, sorelle mostruose con serpenti al posto dei capelli. Chiunque guardasse Medusa negli occhi sarebbe stato pietrificato. Perseo era il figlio di Zeus e Danae, e fu incaricato dal re Polidette di portargli la testa di Medusa. Con l’aiuto degli dei, Perseo riuscì a decapitare Medusa mentre dormiva, usando uno scudo riflettente per evitare di guardarla negli occhi. In seguito, Perseo usò la testa di Medusa come arma per pietrificare i suoi nemici.È interessante notare che entrambi i racconti presentano elementi simili: nel mito di Medusa e Perseo, Perseo neutralizza Medusa guardando l’immagine riflessa in uno specchio, mentre nella leggenda dello Scultone, Pietro apostolo neutralizza lo Scultone usando uno specchietto. Sia Medusa che lo Scultone pietrificano chi li guarda. Medusa è sconfitta da Perseo con l’immagine specchiata in uno scudo, mentre lo Scultone è sconfitto da San Pietro con l’immagine specchiata in uno specchietto. A mio avviso, siamo di fronte ad una riconversione del racconto per adattarlo alla nuova sensibilità cristiana che ormai, per circa duemila anni, era diventata dominante in Sardegna: non bisogna dimenticare che esiste addirittura un’isola dedicata a San Pietro, proprio accanto alle Colonne d’Ercole poste a Carloforte: l’Isola di San Pietro in Sardegna.
- Ipotesi sulla diffusione del megalitismo e del culto del toro dal blocco geologico sardo corso atlantideo: Ecco una possibile ipotesi di teoria scientifica sulla diffusione del megalitismo e del culto del toro dal blocco geologico sardo-corso atlantideo verso tutto il Mediterraneo, tenendo conto dell’ipotesi di Lascaux realizzata dai sardo-corso atlantidei:Origine del Megalitismo nel Blocco Sardo-Corso Atlantideo: Il megalitismo potrebbe avere avuto origine nel blocco sardo-corso atlantideo molto prima del periodo di cultura Ozieri, come suggerito dalla presenza di rappresentazioni di tori nelle grotte di Lascaux, che risalgono a circa 15.000-20.000 anni fa. Queste strutture megalitiche potrebbero aver avuto un ruolo importante nei rituali religiosi, inclusi quelli associati al culto del toro.Rotazione del Blocco Sardo-Corso: La rotazione del blocco sardo-corso potrebbe aver giocato un ruolo chiave nella diffusione del megalitismo e del culto del toro. Questa rotazione, che ha portato il blocco da una posizione di continuità con l’area europeo-provenzale alla sua attuale posizione isolata nel Mediterraneo, potrebbe aver facilitato la diffusione di queste pratiche culturali attraverso le rotte marittime.Diffusione Marittima: La cultura megalitica potrebbe essersi diffusa attraverso il mare, come suggerito dalla presenza di costruzioni megalitiche lungo le coste occidentali e mediterranee dell’Europa. Questa diffusione marittima potrebbe aver facilitato la diffusione del culto del toro, dato che il toro era spesso associato al mare nelle culture antiche.Influenza del Clima: Le variazioni climatiche potrebbero aver influenzato la diffusione del megalitismo e del culto del toro. Ad esempio, periodi di aridificazione o cambiamenti nel paesaggio potrebbero aver spinto le popolazioni a migrare, portando con sé le loro pratiche culturali.Interazioni Culturali: Le interazioni culturali tra diverse regioni del Mediterraneo potrebbero aver facilitato la diffusione del megalitismo e del culto del toro. Ad esempio, il commercio, la guerra o l’espansione territoriale potrebbero aver portato al contatto tra diverse culture, permettendo lo scambio di idee e pratiche.Rappresentazioni di Toro nelle Grotte di Lascaux: Le rappresentazioni di tori nelle grotte di Lascaux, che risalgono a circa 15.000-20.000 anni fa, potrebbero indicare l’esistenza di un culto del toro in epoca molto antica. Questo culto potrebbe essere stato portato nel blocco sardo-corso atlantideo da migranti o commercianti, e da lì diffuso in tutto il Mediterraneo.Diffusione del Megalitismo lungo le Coste: La presenza di costruzioni megalitiche lungo le coste occidentali e mediterranee dell’Europa suggerisce che la cultura megalitica potrebbe essersi diffusa attraverso il mare. Questa diffusione marittima potrebbe aver facilitato la diffusione del culto del toro, dato che il toro era spesso associato al mare nelle culture antiche.Adozione e Adattamento Locale: Una volta raggiunte nuove regioni, le pratiche megalitiche e il culto del toro potrebbero essere state adottate e adattate dalle culture locali. Questo potrebbe spiegare la varietà di strutture megalitiche e le diverse manifestazioni del culto del toro riscontrate in tutto il Mediterraneo.Questa è solo una possibile ipotesi e richiederebbe ulteriori ricerche e prove per essere confermata. Ricorda che la scienza è un processo continuo di scoperta e apprendimento, e le teorie possono cambiare man mano che emergono nuove informazioni.
- La figura mitologica di Museo e il paese di Musei in Sardegna: Museo è un affascinante personaggio leggendario strettamente associato a Orfeo, la figura mitica di grande rilievo nella cultura greca antica. Tuttavia, le notizie su Museo sono intrise di mistero e spesso piuttosto contraddittorie, e ciò che emerge è un panorama sfumato e incerto della sua vita e delle sue opere. Il nome “Museo” stesso possiede un significato intrinseco, poiché deriva dalla radice greca che suggerisce un legame con le Muse, le dee dell’arte e della conoscenza. Gli studiosi moderni tendono a trattare Museo come un personaggio creato con l’intento di attribuire la paternità a diversi scritti orfici che potrebbero non essere stati direttamente associati ad Orfeo. In questo contesto, Museo potrebbe essere stato un’artificiosa creazione letteraria, un veicolo attraverso il quale si attribuivano opere ad Orfeo stesso, conferendo loro un’aura di autorevolezza e sacralità. La tradizione attribuisce a Museo un ruolo di poeta e divinatore, dotato di capacità profetiche e in grado di consegnare oracoli di rilevanza spirituale. Tra le opere leggendarie che gli vengono attribuite, emergono opere di notevole importanza culturale e mitologica. Si dice che Museo abbia composto una Titanomachia, una narrazione epica della lotta tra i Titani e gli dèi olimpici. Questo genere di racconto è stato un tema di grande interesse nell’antica mitologia greca e avrebbe potuto contenere allegorie e significati profondi. Altro capolavoro attribuito a Museo è un Inno dedicato a Demetra, la dea della fertilità e dell’agricoltura. Questo Inno potrebbe aver celebrato la dea e le sue influenze benefiche sulla terra e sulla natura, conferendole un carattere sacro e un significato rituale. Un’altra opera di cui si parla è un poema intitolato “Consigli”, rivolto al figlio di Museo di nome Eumolpo. Questo poema potrebbe aver contenuto saggezze e precetti da tramandare alle generazioni successive, costituendo una sorta di guida morale e educativa. Inoltre, Museo è associato alla composizione di un’opera chiamata “Eumolpia”, che potrebbe aver avuto un legame con l’antico culto degli Eumolpidi, sacerdoti e custodi dei misteri eleusini. Questi misteri rappresentavano una delle tradizioni rituali più importanti dell’antica Grecia, legati alla figura di Demetra e alla ricerca dell’immortalità dell’anima.Tra le opere attribuite a Museo, ci sono anche menzioni di una “Sfera” e di un libro intitolato “Sui Tesproti”, sebbene i dettagli precisi di queste opere siano rimasti avvolti nel mistero.Purtroppo, della vasta produzione attribuita a Museo, sono giunti fino a noi solo pochi frammenti poetici, spesso di natura teogonica e mitologica. Questi frammenti ci offrono uno scorcio della profondità e della ricchezza delle opere di Museo, ma allo stesso tempo ci fanno riflettere sull’ampia portata delle creazioni che sono andate perdute nel corso dei secoli.In definitiva, Museo rappresenta una figura leggendaria e enigmatica, il cui nome è stato collegato a una serie di opere di importanza culturale e spirituale nell’antica Grecia. Sebbene gran parte delle sue opere siano andate perdute nel vortice del tempo, il suo nome rimane associato a un periodo ricco di miti, poesia e riti misterici che continuano ad affascinare e ispirare ancora oggi.
- Tradizioni degli Indiani Hopi in America: “Kasskara und die sieben Welten: Die Geschichte der Menschheit in der Überlieferung der Hopi-Indianer” è un libro scritto da Josef F Blumrich, uno dei principali ingegneri della NASA, che dimostra come le antiche tradizioni degli indiani Hopi siano confermate dalle conoscenze attuali. Il libro ci porta indietro in un passato finora oscuro. È stato pubblicato da Droemer Knaur il 1 agosto 1999 ed è scritto in tedesco. L’ISBN-10 è 3426862123. Sembra essere un libro molto interessante e ben accolto dai lettori, con una valutazione media di 4,5 su 5 stelle basata su 23 recensioni. In questa opera si afferma che un indiano, nel raccontare le leggende e mitologie Hopi, ha affermato che gli Hopi provengono da un’isola nell’Oceano Atlantico, Atlantide. Abbiamo già spiegato in questo sito, in altre parti del presente testo, come nell’antichità il Mar di Sardegna e il Mar di Corsica fossero chiamati Oceano Atlantico. Questa nota vuole essere solo un rimando a più approfonditi studi in merito.
- Questo può essere solo una coincidenza. La CIA ha aperto i suoi archivi al pubblico e, grazie al Freedom of Information Act, sono stati desecretati decine di documenti sulla Sardegna. Tra questi documenti, c’è un interesse particolare da parte dei servizi segreti statunitensi per la lingua sarda. Una curiosità riguarda un documento interno alla NSA (National Security Agency) datato 1985, nel quale veniva raccomandata la formazione di linguisti francesi ed italiani per parlare i dialetti corso, sardo e siciliano. Questo documento afferma che dal 1984, su impulso di James Brennan, è stato realizzato un programma di formazione per linguisti in grado di parlare queste lingue.
https://www.sanatzione.eu/2017/02/la-cia-apre-al-pubblico-i-files-sulla-sardegna/ - Devo sviluppare il tema della mola sarda, ossia la macina sarda preistorica per la macinazione delle farine. A mio avviso, le Canarie presentano troppi elementi in comune con la Sardegna: mole sarde, pintaderas usate per stampare il pane e per dipingere le pareti come era in uso in Sardegna… questi fatti mi fanno supporre dei contatti fortissimi tra le culture delle Canarie e i popoli sardo-corso-atlantidei.
- Una buona teoria scientifica deve saper fare delle previsioni. Qui di seguito proverò ad elencare le possibili previsioni che conseguono dalle mie ipotesi:
Se le mie teorie e ipotesi sono corrette, è possibile che in Svezia, Finlandia, Norvegia e altri luoghi simili verranno ritrovati monumenti tipici sardi o sardo-corsi; tra questi in particolare voglio citare le Tombe dei Giganti. Segnalo inoltre che anni va, mentre guardavo un video girato nel nord Europa, ho visto un petroglifo che sembrava perfettamente somigliante alla pietra piatta enorme che veniva posta frontalmente, al centro delle tombe dei giganti: vedasi a tal proposito un’immagine rappresentativa. E’ possibile che la capitale di Atlantide di cui si parla in Timeo e Crizia, realizzata ad anelli concentrici, si trovi nell’attuale Sulcis in Sardegna, sommersa da dozzine o centinaia di metri di detriti. Per verifica si potrebbero fare delle ricognizioni coi LIDAR tramite aerei oppure prospezioni archeologiche standard, o ancora analisi di archeologia satellitare. E’ già accaduto in precedenza che si scoprissero immensi nuraghe per puro caso, perché durante la II° Guerra Mondiale vennero scavate delle trincee che permisero di scoprire e notare la presenza di mura sotterrate (forse Gennamaria?). Questo fenomeno di sotterrare reperti potrebbe ricordare quanto accaduto a Gobekli Tepe in Turchia. Al momento attuale dei miei studi non mi è chiaro se in Sardegna si tratti di sotterramenti volontari oppure di semplici strati di terreno depositati col tempo, magari eolici. - Un team internazionale di antropologi, archeologi e genetisti ha scoperto di più sui modelli migratori delle popolazioni che vivevano intorno al Mar Mediterraneo durante l’età del ferro e del bronzo. Nel loro studio, riportato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, il gruppo ha condotto il sequenziamento genetico sui resti di 30 persone che vissero durante l’età del ferro o del bronzo in Sardegna, Tunisia e Italia continentale.Come notano i ricercatori, la maggior parte della conoscenza delle popolazioni che vivevano intorno al Mar Mediterraneo durante l’età del ferro e del bronzo deriva dallo studio dei manufatti che hanno lasciato. Ma tali prove, sottolineano, non rivelano molto sul background di quelle persone o sulla provenienza dei loro antenati. In questo nuovo sforzo, il gruppo di ricerca ha cercato di saperne di più sul background di queste persone seguendo i modelli di migrazione utilizzando il sequenziamento genetico.I ricercatori hanno condotto un sequenziamento shotgun (sequenziamento condotto in modo casuale) su campioni raccolti da ossa rinvenute di antichi popoli che vivevano in Italia, Tunisia e Sardegna per avere un’idea dei modelli di migrazione per le persone che vivono nelle parti settentrionali, centrali e meridionali della parte orientale del Mediterraneo durante l’età del ferro e del bronzo, un’epoca, osservano i ricercatori, in cui le persone percorrevano distanze maggiori grazie ai progressi nella costruzione di imbarcazioni e navi. Il team ha poi confrontato i risultati con quelli di altri sforzi di sequenziamento condotti su popolazioni sia moderne che antiche che vivono nella regione.Hanno trovato prove di una migrazione diffusa intorno al Mediterraneo, suggerendo forti legami tra popoli lontani. Hanno anche riscontrato eterogeneità nelle popolazioni dell’età del ferro e cambiamenti negli antenati nel Nord Africa e in Sardegna durante l’età del bronzo, suggerendo un aumento della migrazione. Più specificamente, la ricerca ha rivelato un aumento della migrazione da quello che oggi è il Marocco e l’Iran da parte di agricoltori neolitici sia verso la Sardegna che la Tunisia, e un po’ meno migrazione verso quella che oggi è l’Italia.Il gruppo di ricerca suggerisce che si sia verificato un aumento della migrazione, come previsto sia durante l’età del ferro che durante l’età del bronzo, poiché le persone navigavano nel Mar Mediterraneo per una miriade di ragioni e, così facendo, hanno plasmato le origini di coloro che vivevano nella regione.Per ulteriori informazioni su questo argomento, puoi leggere il completo studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution.
- Questa non è una prova archeologica, per ora, ma è uno spunto di riflessione interessante: la capitale di Atlantide era realizzata per cerchi concentrici; esistono alcune città neolitiche cinesi che presentano una struttura a cerchi concentrici. Un esempio è la città archeologica di Liangzhu, situata nella regione del bacino del fiume Yangtze sulla costa sud-orientale della Cina1. Questa città, risalente a circa 3.300-2.300 a.C., rivela uno stato regionale precoce con un sistema di credenze unificato basato sulla coltivazione del riso nella Cina neolitica tardiva1. La proprietà è composta da quattro aree: l’area del sito di Yaoshan, l’area dell’alta diga alla foce della valle, l’area della bassa diga sulla pianura e l’area del sito della città1. Queste rovine sono un eccezionale esempio di civiltà urbana precoce espressa in monumenti di terra, pianificazione urbana, un sistema di conservazione dell’acqua e una gerarchia sociale espressa in sepolture differenziate nei cimiteri all’interno della proprietà1. Questo punto deve ancora essere sviluppato, perché non mi è ancora chiaro se esistano correlazioni e legami di causa ed effetto tra la cultura sardo-corsa e quella cinese di Liangzhu. Tuttavia può essere un ottimo inizio per una ricerca alternativa. Anche se si dimostrasse che le due culture sono totalmente slegate tra loro, ciò consentirebbe di maturare nuovi punti di vista e pensieri alternativi.
- Espressioni linguistiche sarde che confermano l’uso sardo di chiamare continente il blocco sardo-corso-atlantideo: Platone afferma che dall’Isola di Atlantide (che qui si dimostra essere il blocco sardo corso) era possibile andare nelle isole intorno ed in quello che è veramente continente. Ciò risulta perfettamente vero: dal blocco sardo-corso, quando esso era terra emersa, è possibile andare nelle isole intorno, ed esso si trova realmente al centro dell’Oceano Atlantico (il nome preistorico del Mediterraneo). Noi sardi a livello linguistico, fortunatamente, abbiamo conservato ancora questi modi di dire: “Deppu andai in Continenti” (devo andare in Continente), quando dobbiamo andare nello Stivale. Questa affermazione fa morire dal ridere chi sente noi sardi dirlo, ma fortunatamente ci aiuta a capire cosa intendesse Platone: a livello linguistico, quando il blocco sardo-corso era terra emersa noi sardi chiamavamo linguisticamente l’isola “continente”. Uscire dall’isola era “andare in continente, in un altro continente”. Dopo l’affondamento, questo uso linguistico è rimasto a livello di dialetti sardi, per cui noi diciamo che “andiamo in continente”, facendo meravigliare chi ci ascolta. Inoltre, i Sardi chiamano gli Italiani che abitano nello Stivale “I Continentali”, a conferma di quanto scritto da Platone e detto dal sommo sacerdote Egizio a Sais, in Egitto, a Solone. Gli Atlantologi (ossia gli studiosi di Atlantide) fino ad oggi hanno interpretato la parola “Continente” con la semantica in voga attualmente; hanno dimenticato che nel 9600 a.C. la parola “continente” poteva avere una semantica, pragmatica e semiotica differente da quella attuale. Quindi qualcuno afferma che l’America è un continente, e quindi l’America può essere Atlantide. A mio avviso queste interpretazioni mostrano il fianco a numerose critiche, ed appaiono molto banali ai miei occhi.
- Possibile derivazione preistorica della cultura scozzese da quella sardo-corsa:
Non ci sono prove storiche o archeologiche che suggeriscano che la cultura scozzese derivi direttamente dalla cultura sardo-corsa. La Scozia e la Sardegna/Corsica hanno storie e culture distinte, influenzate da una varietà di fattori, tra cui la geografia, le migrazioni umane e le interazioni culturali. Tuttavia, come tutte le culture, sia la cultura scozzese che quella sardo-corsa sono il risultato di un processo di evoluzione e di scambio culturale nel corso della storia. Potrebbero esserci somiglianze tra le due culture dovute a influenze comuni o a scambi culturali indiretti, ma non ci sono prove di una connessione diretta tra le due. In questo testo propongo la possibile biforcazione preistorica della cultura sardo-corsa da antichissime migrazioni. Possibili punti di contatto preistorici possono essere: l’uso delle launeddas sarde, alle quali in scozia venne aggiunta la piva, facendo mutare in tempi successivi le launeddas sarde in cornamuse; le treccie dei guerrieri sardo-corsi antichi, rimaste nelle capigliature scozzesi; l’uso della gonna, presente nei ancora nelle rappresentazioni dei bronzetti sardi di guerrieri nuragici diventa in Scozia l’uso del kilt. Assieme a questi usi e costumi, vi è la trasmissione delle tecniche edilizie megalitiche, che al nord europa mutano rispetto agli usi e costumi sardo corsi, per adattarsi al clima nordico, che supponiamo più freddo e piovoso. - La statua d’oro puro di Poseidone, secondo il racconto di Platone, era il simbolo della potenza e della ricchezza di Atlantide, la leggendaria isola scomparsa nell’oceano. Secondo la teoria di Luigi Usai, Atlantide corrisponderebbe al blocco continentale di litosfera sardo-corso, sommerso dopo l’ultima glaciazione a causa dei vari impulsi di acqua di fusione e dalle scosse sismiche causate da una faglia di Wadati-Benioff sottostante al Sulcis1. Se questa teoria fosse vera, e se la statua di Poseidone fosse ancora esistente, dovrebbe essere sepolta sotto terra nel Sulcis, la regione che comprende il versante sudoccidentale dei Monti del Sulcis e la piana sottostante fino alla costa sudoccidentale che si affaccia sul Canale di Sardegna2.Tuttavia, non è facile ipotizzare in quale struttura o montagna sarda del Sulcis potrebbe essere sepolta la statua, in quanto non si conosce con precisione la posizione della capitale di Atlantide, né le caratteristiche del suo urbanismo e della sua architettura. Platone descrive la capitale come una città circolare, divisa in anelli concentrici alternati di terra e acqua, con un grande canale che la collegava al mare. Al centro della città si trovava il tempio dedicato a Poseidone e a Cleito, sua moglie e regina di Atlantide, dove era collocata la statua d’oro. Il tempio era circondato da un muro d’oro e da una recinzione di avorio, argento e oro3.Se dovessimo immaginare una possibile collocazione della statua nel Sulcis, potremmo pensare a una delle seguenti ipotesi:
- La statua potrebbe essere sepolta sotto una delle montagne più alte del Sulcis, come il Monte Is Caravius (1.116 m s.l.m.), il Monte Sa Mirra (1.050 m s.l.m.) o il Monte Lattias (1.018 m s.l.m.). Queste montagne potrebbero essere i resti dell’anello più esterno della città circolare, che secondo Platone aveva un diametro di circa 23 km3. In questo caso, la statua sarebbe stata coperta dai sedimenti alluvionali e dai detriti rocciosi trasportati dalle acque durante i fenomeni di sommersione e sollevamento del territorio.
- La statua potrebbe essere sepolta sotto una delle formazioni carsiche presenti nel Sulcis, come le Grotte di Is Zuddas o le Grotte di Su Mannau. Queste grotte sono state scavate dall’azione erosiva delle acque sotterranee nelle rocce calcaree del versante occidentale dei Monti del Sulcis4. In questo caso, la statua sarebbe stata inghiottita da una voragine o da un fiume sotterraneo durante i movimenti tettonici che hanno modificato il livello del mare e del suolo.
- La statua potrebbe essere sepolta sotto una delle pianure costiere del Sulcis, come quella di Sant’Antioco o quella di Teulada. Queste pianure sono state formate dai depositi alluvionali del Quaternario e sono caratterizzate da zone umide e stagni salmastri4. In questo caso, la statua sarebbe stata sommersa dal mare durante i vari impulsi di acqua di fusione che hanno innalzato il livello marino dopo l’ultima glaciazione.
Queste sono solo alcune possibili ipotesi basate sulla teoria di Luigi Usai e sul racconto di Platone.
- L’articolo discute di come gli europei abbiano sviluppato rapidamente una pelle più chiara1. Secondo nuove analisi dei geni europei antichi, la pelle chiara e altre caratteristiche che associamo ai moderni europei, come l’altezza e la capacità di digerire il latte, sono aggiunte relativamente recenti al profilo genetico del continente1.Per anni, i ricercatori hanno ipotizzato che la pelle si sia schiarita man mano che gli umani migravano dall’Africa e dal Medio Oriente in Europa, circa 40.000 anni fa1. Tuttavia, nuove ricerche suggeriscono che altri fattori devono essere stati in gioco1.Ad esempio, la sequenza del genoma di un cacciatore-raccoglitore che viveva nell’attuale Spagna ha contribuito a dimostrare che l’Europa era abitata da persone dagli occhi azzurri ma dalla pelle scura1. Quest’uomo, tuttavia, viveva solo 7.000 anni fa1.I ricercatori hanno scoperto che gli europei probabilmente non avrebbero potuto digerire il latte fino a circa 4.300 anni fa1. E la storia della pigmentazione della pelle è complessa1.Hanno scoperto che circa 8.500 anni fa, i primi cacciatori-raccoglitori in Spagna, Lussemburgo e Ungheria avevano anche la pelle più scura: mancavano versioni di due geni – SLC24A5 e SLC45A2 – che portano alla depigmentazione e quindi alla pelle chiara negli europei di oggi1.Ma nel lontano nord – dove i bassi livelli di luce avrebbero favorito la pelle chiara – il team ha trovato un quadro diverso nei cacciatori-raccoglitori: Sette persone del sito archeologico di Motala, vecchio di 7700 anni, nel sud della Svezia avevano entrambe le varianti del gene della pelle chiara, SLC24A5 e SLC45A21. Avevano anche un terzo gene, HERC2/OCA2, che causa occhi azzurri e può anche contribuire alla pelle chiara e ai capelli biondi1.Quindi i cacciatori-raccoglitori antichi del lontano nord erano già pallidi e dagli occhi azzurri, ma quelli dell’Europa centrale e meridionale avevano la pelle più scura1.
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Hathor, dea Vacca (moglie del toro) Egizia. Credo che la Dea Hathor fosse una dea sarda. Se il nome Hathor lo leggiamo Atzor, e il th viene letto come tz, allora potrebbe avere come nome originario Atzor, da cui deriverebbe il cognome Atzori sardo. Atzeni, Atzori, Atzei sono cognomi tipici sardi, e molti atlantidologi si sono accorti che il termine Aztlan assomiglia ad Atlantide: il suono atz è tipico della lingua sarda. Atzei è anche un hapax legomenon nella bibbia: si trova nei testi dell’antico testamento la parola Atzei Gopher, che non si capisce cosa significhi. Spero che questi spunti possano aiutare qualcuno nelle proprie riflessioni.
- Le teorie di Luigi Usai sul Lago Tritonide in Sardegna e le leggende sul Lago Pergusa in Sicilia relative al ratto di Persefone possono essere collegate attraverso il tema comune dell’acqua e dell’antica mitologia greca. Il Lago Tritonide, secondo Usai, era un grande lago nella provincia di Cagliari, e il suo nome deriva da Tritone, una figura mitologica; si trovava accanto al Giardino delle Esperidi sito a Frutti d’Oro di Capoterra nell’attuale Sud della Sardegna; il Sud Sardegna è anche costellato, come già mostrato in questa stessa pagina, da collegamenti alla mitologia antica, in particolare delle Amazzoni, Ercole e Medusa, ma non soltanto queste figure mitiche. D’altra parte, il Lago Pergusa è famoso nella mitologia greca come il luogo del ratto di Persefone da parte di Ade. Il Lago Pergusa è un lago della Sicilia che si trova nelle vicinanze di Enna1. Nonostante le sue dimensioni relativamente modeste, riveste grande importanza geologica, faunistica e culturale1. Il lago è di origine tettonica e ha acque salmastre, nonostante si trovi al centro dell’isola1. Oggi il lago ha un’estensione di 1,8 km², una profondità media di 3,50 m. e massima di 12 m1.Il Lago Pergusa è noto per la leggenda del ratto di Proserpina, che ha ispirato poeti e scrittori d’ogni tempo2. Secondo il mito, Proserpina (o Persefone nella mitologia greca), figlia di Demetra (divinità della terra coltivata), stava raccogliendo fiori sulle rive del lago quando fu rapita da Ade, dio degli Inferi345. Ade si innamorò della giovane e la fece sua sposa345.La leggenda nacque per spiegare il ciclo delle stagioni. Quando Proserpina era con la madre, Cerere, dea della fertilità e delle messi, favoriva l’abbondanza dei raccolti. Ma quando Proserpina era con Plutone nell’Ade nei mesi autunnali e invernali, Cerere abbandonava i campi causando una gravissima carestia2.Entrambi i laghi, quindi, hanno forti legami con la mitologia greca e potrebbero essere stati importanti siti religiosi o culturali nell’antichità. Queste tesi rivoluzionarie sono talmente recenti da rendere difficile verificarne in poco tempo la veridicità. Se le affermazioni di Luigi Usai dovessero rivelarsi esatte, ci sarebbe una rivoluzione nello scibile dell’antichità.Inoltre, entrambe le teorie mettono in evidenza l’importanza dell’acqua nella mitologia e nella cultura antica, ma non solo: mostrano come i Laghi non fossero semplici luoghi geografici, ma luoghi legati al sacro ed al culto, al misticismo, la magia e le religioni. I laghi erano spesso visti come luoghi sacri o portali per il mondo sotterraneo, che potrebbe spiegare perché sono presenti in queste storie mitologiche. Ci sono diverse leggende e miti in varie culture che presentano temi simili al ratto di Persefone. Ad esempio, nella mitologia nordica, c’è la storia di Freya, la dea dell’amore e della bellezza, che viene rapita dai giganti. Nella mitologia egizia, c’è la storia di Osiride che viene ucciso e il suo corpo viene disperso, portando sua moglie Iside a cercarlo in tutto il mondo: e questo mito ricorda quello di Orfeo che scende agli inferi pur di ritrovare Euridice, mentre lo Sparagmos di Osiride ricorda lo σπαραγμός dei riti dionisiaci descritto nelle Baccanti di Euripide. Questi miti spesso rappresentano il ciclo delle stagioni o i temi della morte e della rinascita. E’ importante notare che mentre queste storie possono avere temi simili, i dettagli e i contesti culturali sono unici per ogni mito e cultura.
- A sostegno delle idee di Luigi Usai sul fatto che i Greci non conoscessero la navigazione d’altura, o almeno, che questo tipo di navigazione non fosse del tutto diffusa e nota a tutti i marinai, il fatto che le colonie greche di Rhegion e Zancle risalgono massimo all’VIII secolo a.C., mentre alcuni artefatti micenei reperiti in Sardegna risalgono anche al 1500 a.C.. Ciò potrebbe significare che i Greci conobbero la zona di Reggio e Messina, nello stretto di Messina nell’attuale Sicilia, almeno intorno all’VIII secolo a.C.. E’ possibile quindi che ancora non conoscessero cosa vi fosse oltre il blocco sardo corso: ecco quindi giustificare quegli spazi sconosciuti con la mitologia e la tradizione orale, che è arrivata fino ai nostri giorni.Rhégion (oggi Reggio Calabria) e Zancle (oggi Messina) sono due antiche città situate su entrambi i lati dello Stretto di Messina, che separa la Calabria dalla Sicilia. Queste città hanno una storia ricca e complessa, con un patrimonio culturale che risale all’antica Grecia.Rhégion fu fondata nel VIII secolo a.C. come colonia della città di Chalcis, nell’isola di Eubea, in Grecia1. La città divenne presto un importante centro commerciale e culturale, grazie alla sua posizione strategica sullo Stretto di Messina.Dall’altra parte dello stretto, Zancle fu fondata intorno allo stesso periodo da coloni provenienti da Cuma, una colonia greca nel territorio degli Opici1. La città originariamente venne indicata con il nome siculo di Zancle, ma non si conosce esattamente la data della sua fondazione1.L’archeologo francese Georges Vallet ha condotto ricerche approfondite su Rhégion e Zancle. I suoi interessi archeologici e storici si sono orientati soprattutto sulla Magna Grecia e sulla Sicilia2. Tra le sue opere più importanti figura “Rhégion et Zancle” (1958), in cui esamina la storia, il commercio e le civiltà delle città chalcidiche dello Stretto di Messina2.Le scoperte archeologiche a Rhégion e Zancle hanno fornito preziose informazioni sulla vita quotidiana, l’economia, l’arte e la religione delle antiche civiltà greche in queste regioni. Queste ricerche continuano a offrire nuove prospettive sulla comprensione del passato dell’area del Mediterraneo.
- Una recente scoperta archeologica nella provincia dello Shanxi, in Cina, ha rivelato testimonianze di una cultura umana avanzata risalente a 45.000 anni fa. Il team di ricerca internazionale ha trovato lame lavorate, punte di proiettili, oggetti in ossidiana e persino un disco di grafite perforato. Gli studiosi sostengono che questa cultura possedeva strumenti avanzati del paleolitico superiore e mostrava segni di creolizzazione culturale, mescolando tratti ereditati con innovazioni esterne.L’analisi al radiocarbonio ha datato il materiale tra 45.800 e 43.200 anni fa, sfidando le precedenti convinzioni sulla presenza umana nell’Asia orientale. Si suggerisce che questa popolazione cacciava selettivamente cavalli adulti e utilizzava utensili di pietra avanzati, indicando una cultura più sofisticata di quanto si credesse inizialmente. L’uso di ossidiana proveniente da formazioni geologiche distanti suggerisce spostamenti a lunga distanza.Questi risultati aprono nuove interpretazioni sulla storia dell’Homo sapiens e sulle sue antiche migrazioni. La scoperta potrebbe essere inclusa come evidenza di società evolute già 45.000 anni fa, supportando la tua teoria sardo-corsa atlantidea.
- Retrodatazione del Ferro: inserire l’articolo qui.
- Valutare e analizzare l’ipotesi che l’antichissima città di Helike in realtà fosse una colonia sardo-corsa in Grecia, tramite la quale i sardo corso atlantidei potevano esportare merci, beni, minerali, donne e schiavi verso la Grecia. Approfondire l’ipotesi che la monetazione, quindi, raffiguri Poseidone col tridente in quanto nella città di Helike si veneravano gli dei sardo corso atlantidei.
Sviluppare il tema da qui, per aiutare gli archeologi a prendere seriamente in considerazione questa ipotesi. In questo senso, siccome i sardo corsi avevano, secondo la mia teoria, esportato prima la civiltà megalitica e il culto del toro in tutta Europa e chissà fino a quale limite geografico, con l’innalzamento del livello eustatico del Mediterraneo moltissimi porti commerciali sardo corso atlantidei sono finiti sommersi, esattamente come le paleocoste sardo-corse, come Herakleion nell’attuale Egitto, e forse come Helike.
Questa ipotesi è affascinante e stimola la riflessione su come le antiche civiltà potrebbero aver interagito e influenzato l’una l’altra. Tuttavia, è importante notare che le teorie storiche e archeologiche devono essere basate su prove concrete. Ecco cosa sappiamo dalle ricerche attuali:Helike: Era un’antica polis greca che fu sommersa da uno tsunami nel 373 a.C12. La città di Helike partecipò alla guerra di Troia come parte delle forze di Agamennone e in seguito fu a capo della lega achea1. Non ci sono prove dirette che collegano Helike alla Sardegna o alla Corsica.Monetazione di Helike: Le monete ritrovate di Helike mostrano la testa di Poseidone e il suo tridente1. Questo è coerente con il fatto che Poseidone era una divinità venerata in molte città-stato greche, non solo in Helike3.Civiltà megalitica e il culto del toro: Il toro fu l’animale preminente della cultura e dell’arte neolitica dell’isola di Sardegna4. Tuttavia, il culto del toro era comune in molte culture antiche, non solo in Sardegna.Innalzamento del livello del mare: L’innalzamento del livello del mare ha effettivamente sommerso molte aree costiere nel Mediterraneo56. Tuttavia, non ci sono prove dirette che collegano questo fenomeno con la scomparsa di specifici porti commerciali sardo-corsi.Herakleion: Era un’antica città egizia situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano oggi sommerse nella baia di Abukir7. Non ci sono prove che collegano Herakleion alla Sardegna o alla Corsica.Nella città antica di Helike, lungo la costa sud-occidentale del Golfo di Corinto, gli archeologi hanno portato alla luce i resti di due edifici e oggetti religiosi che potrebbero esser stati parte di un santuario dedicato a Poseidone, secondo la mia teoria un antichissimo sovrano sardo-corso-atlantideo che per evemerismo è stato deificato dai Sardo-Corsi. L’antica città era costruita in un’area soggetta a frequenti inondazioni e continuamente ricostruita, cedette a un terremoto e uno tsunami che la seppellirono circa 2.600 anni fa.Delle due strutture scoperte, la prima (datata all’VIII secolo a.C.) era alta 65 piedi e comprendeva pavimenti in terra pressata, mentre la seconda (datata tra il VII e il VI secolo a.C.) poggiava su fondamenta in pietra a forma di tempio. Gli ulteriori manufatti religiosi rinvenuti: oggetti in bronzo e argilla come figurine, ruote di carri in argilla, armi di ferro, ceramiche risalenti al periodo arcaico, una testa di serpente in bronzo e una rara collana d’oro confermano che lo spazio fu utilizzato per scopi religiosi a partire dall’850 aC circa. Gli archeologi scoprirono anche prove di sacrifici animali e piante di vite.Precedenti scavi nel sito hanno portato alla luce un tempio ad arco, datato tra il 710 e il 700 a.C., e un altare in mattoni, datato tra il 760 e il 750 a.C.
Per ulteriori informazioni sui santuari greci dedicati a Poseidone, vai a “Il Santuario del Dio del Mare”. Gli scavi nel sito dell’antica città greca di Helike hanno rivelato un potenziale centro di culto greco di Poseidone. Le scoperte includono due edifici e oggetti religiosi che suggeriscono che lo spazio fu utilizzato per scopi religiosi. A mio avviso questi resti archeologici mostrano le interazioni tra antichi greci e antichi sardo-corso-atlantidei. Tutti i templi dedicati a Poseidone, quindi, a mio avviso non solo altro che vestigia degli antichi culti sardo-corsi, poi passati e trasmessi ai greci e rispettati anche nelle loro culture. Il culto sardo-corso-atlantideo sarebbe arrivato anche oggi a noi attraverso culti di Poseidone, di Atlante e moltissime altre figure sardo-corse come Medusa, Anteo, forse persino Ercole e molti altri.In conclusione, mentre questa ipotesi è interessante, mancano prove archeologiche o storiche che la sostengano. Gli archeologi e gli storici devono basare le loro conclusioni su prove concrete. Continuare a fare domande e a esplorare nuove idee è fondamentale per la nostra comprensione del passato. La storia è un campo di studio in continua evoluzione e nuove scoperte possono sempre portare a nuove interpretazioni. - Nel contesto geologico della Sardegna e della Corsica, la struttura a Graben-Horst è un elemento di rilievo. Si tratta di una forma di deformazione tettonica in cui si alternano blocchi sollevati (Horst) e blocchi abbassati (Graben) lungo una faglia. Questo tipo di struttura è spesso associato a movimenti estensionali nella crosta terrestre.Graben-Horst nel Campidano:
Nel territorio del Campidano in Sardegna, si osserva una configurazione di Graben-Horst. Il Campidano è una vasta pianura situata nella parte meridionale dell’isola. La struttura Graben-Horst in questa regione potrebbe aver influito sulla distribuzione delle risorse idriche e geotermiche, oltre a giocare un ruolo nella formazione del paesaggio.Fenomeno carsico a doline nel Sulcis:
Il Sulcis, situato nella parte sud-occidentale della Sardegna, è noto per il suo paesaggio carsico. Le doline sono depressioni tipiche di quest’area, risultanti dalla dissoluzione del calcare sottostante. L’ingresso violento d’acqua in un ambiente carsico può portare a fenomeni come il collasso di grotte o la formazione di voragini. Questo è un aspetto importante da considerare, poiché potrebbe avere implicazioni per la stabilità del terreno e la sicurezza delle infrastrutture.Potenziali rischi legati al carsismo:
L’effetto carsico può renderne il territorio più vulnerabile a fenomeni come subsidenze e crolli. In presenza di una struttura Graben-Horst, i movimenti tettonici potrebbero influenzare ulteriormente la stabilità del sottosuolo. L’interazione tra i due fenomeni richiederebbe un approfondimento attraverso studi geologici dettagliati.Implicazioni per l’ingresso d’acqua:
L’ingresso violento d’acqua in un ambiente carsico può amplificare i rischi di erosione e creare nuove forme di doline o caverne. Questi processi sono particolarmente importanti quando si valutano le potenziali conseguenze ambientali e geologiche di eventi come inondazioni o tsunami.In conclusione, la combinazione della struttura Graben-Horst e del carsismo nella Sardegna e nella Corsica fornisce un quadro geologico complesso e affascinante. Gli aspetti legati alla distribuzione delle risorse, alla stabilità del terreno e ai potenziali rischi ambientali richiedono ulteriori studi e approfondimenti da parte della comunità scientifica. -
Preistoria: L’Isola Gigante del Mediterraneo
Durante la preistoria, le attuali isole di Sardegna e Corsica non esistevano come le conosciamo oggi. Al loro posto, vi era un’enorme isola, la più grande di tutte quelle del Mediterraneo[5]. Ecco perché Erodoto la considerava l’isola più grande del mondo, νέσος μεγίστη, la Sardegna (Hdt., 1.170.2 ; vd. anche 5.106.6 e 6.2.2).
Questa vasta terra, nota come “Tirrenide”[6] o “Isole Paleomediterranee”, era un insieme di terre emerse che includevano l’attuale Sardegna, Corsica, l’Arcipelago Toscano, la Sicilia e parti della Tunisia. Questa massa terrestre era così grande che superava in dimensioni qualsiasi altra isola presente nel Mediterraneo.
La formazione di quest’isola gigante è attribuita ai cambiamenti geologici e climatici che hanno avuto luogo durante il Pleistocene, un’epoca geologica che va da circa 2,6 milioni a 11.700 anni fa. Durante questo periodo, il livello del mare era significativamente più basso di oggi a causa delle grandi quantità di acqua che erano state intrappolate nei ghiacciai e nelle calotte polari.
Con il passare del tempo, il riscaldamento globale ha causato la fusione dei ghiacciai, innalzando il livello del mare e sommergendo parti della Tirrenide. Questo processo ha portato alla formazione delle attuali isole di Sardegna e Corsica, così come le altre isole minori del Mediterraneo.
La scoperta della Tirrenide ha avuto un impatto significativo sulla nostra comprensione della preistoria del Mediterraneo e ha fornito preziose informazioni sulle migrazioni preistoriche degli esseri umani e sulla diffusione delle culture neolitiche in questa regione.
- Dionigi il Periegeta ha scritto nei suoi testi che “l’amplissima Sardegna (Σαρδώ τ’ εὐρυτάτη) e la deliziosa Corsica (ἐπήρατος Κύρνος) erano unite nello stesso mare d’occidente” (D.P., v. 457. Vd. Niceph., 447) quindi Dionigi il Periegeta sapeva che il blocco geologico sardo-corso secoli o millenni prima erano un’unica grande isola. Dionigi il Periegeta era al corrente che c’era un’isola, prima della formazione della Sardegna e della Corsica! Ciò lascia senza fiato: molti autori parlavano di Atlantide, ma ognuno ne parlava in modo diverso: Dionigi ci dice che Sardegna e Corsica erano unite nel mare d’occidente, ma senza dire che l’isola era nota a tutti come Atlantide. E’ persino possibile che Atlantide fosse il nome usato solo dagli Egizi, per quanto ne sappiamo finora. Forse gli stessi Sardo-Corso-Atlantidei usavano ancora molti altri nomi per definire l’isola di Atlantide. Per ora non siamo riusciti a ricavare altri dettagli. Per ottenere le prove, come il lettore attento può notare, siamo obbligati a “strizzare” le prove storiche e archeologiche e documentali come se fossero uno straccio bagnato, per ricavarne gocce di sapere nuovo, gocce di informazione. E’ un lavoro certosino e difficilissimo, perché fino ad oggi gli studiosi non avevano capito nulla di tutte queste informazioni: i testi sono stati storpiati per interpretarli in maniera diversa dal loro significato originario, ed ancora oggi suppongo che moltissimi studiosi potrebbero fare un’enorme fatica a capire che questa è la vera interpretazione di questi testi.Nel testo che ho citato, Dionigi il Periegeta descrive la Sardegna e la Corsica come “unite nello stesso mare d’occidente”. Questa frase fino ad oggi è stata interpretata come un riferimento alla vicinanza geografica delle due isole e alla loro collocazione nella stessa regione del Mediterraneo, ma ciò non è possibile, perché le Bocche di Bonifacio, che separano Corsica e Sardegna, sono immense: io stesso le ho attraversate molte volte in nave e in traghetto, quindi è impossibile affermare che la Sardegna e la Corsica sono unite: un nuotatore ci morirebbe dentro, a causa delle fortissime correnti marine di quella zona geografica.E’ quindi corretta la mia interpretazione: Dionigi stava effettivamente suggerendo che la Sardegna e la Corsica fossero un’unica entità geologica, ossia il blocco geologico sardo-corso-atlantideo. Questo potrebbe indicare che aveva una certa consapevolezza della preistoria geologica della regione, anche se il termine “Tirrenide” non sarebbe stato utilizzato al suo tempo.Pertanto, è possibile che Dionigi il Periegeta fosse al corrente dell’esistenza di un’unica grande isola, che in seguito si è divisa per formare la Sardegna e la Corsica.
- Meropide (greco: Μεροπίς): Teopompo di Chio ha realizzato un’opera chiamata Meropide. Fino ad oggi, molti testi scientifici ed enciclopedie hanno ipotizzato che si tratti di una parodia di Atlantide. La teoria sardo corso atlantidea afferma che la Meropide non è altro che la descrizione del blocco geologico sardo corso atlantideo che si trovava in quello che molti autori prima del settimo secolo avanti cristo chiamavano Oceano Atlantico, ed oggi è noto come Mar Mediterraneo occidentale, e con altri mille nomi, come Mar Tirreno, Mar di Sardegna, Mar di Corsica, Mar Ligure… è ovvio che questa confusione geografica e toponomastica non aiuta a capire di cosa si stia parlando. Ora può essere d’aiuto al lettore capire che Atlantide ha anche il nome di Meropide, ma anche il nome di Tirrenide, ma anche il nome di blocco geologico sardo corso semisommerso nel Mediterraneo attuale. Si può fare un parallelismo tra le affermazioni di Teopompo di Chio e le affermazioni di Antonio Pigafetta: incredibile no?
Teopompo di Chio, uno storico greco, ha menzionato un’isola chiamata Meropide nella sua opera. Questa isola, situata oltre l’Oceano Atlantico ossia l’attuale Mar Mediterraneo Occidentale, è abitata da persone chiamate Meropi. Secondo Teopompo, i Meropi sono alti il doppio rispetto agli uomini normali e vivono il doppio della loro durata. Descrive anche due città sull’isola Merope, nota agli Egizi antichi anche col nome di Atlantide come già spiegato in questo lungo testo: Eusebe (che significa “La Pia”) e Machimos (che significa “La Bellicosa”). Gli abitanti di Eusebe vivono nell’abbondanza senza patire la fame o l’obesità, mentre quelli di Machimos nascono già armati e sono costantemente in guerra. Questa storia di Meropide è considerata dalla maggior parte degli studiosi una parodia del mito di Atlantide di Platone, esagerando molti aspetti e rendendola ancora più grande e assurda1 ma in realtà non è altro che un tentativo di descrivere il blocco geologico sardo corso attualmente semi-sommerso.
Antonio Pigafetta, cronista dell’esplorazione di Ferdinando Magellano, ha giocato un ruolo chiave nella narrazione dei viaggi e delle scoperte fatte durante la circumnavigazione del globo negli anni 1520. La sua testimonianza è preziosa per comprendere gli eventi di quel periodo.In particolare, Pigafetta ha menzionato i “giganti patagoni” nel suo resoconto. Questi giganti, secondo lui, erano due volte più alti di un essere umano normale. Pigafetta ha descritto un incontro con uno di questi giganti sulla riva, vicino all’attuale Puerto San Julián, in Argentina. Il gigante danzava, cantava e gettava sabbia e polvere sulla testa. Il capitano Magellano ha inviato uno dei suoi uomini per avvicinarsi al gigante e dimostrare amicizia. Il gigante era così alto che il più alto dei membri dell’equipaggio arrivava solo alla sua vita. Pigafetta ha chiamato queste persone “Pathagoni”, e il termine Patagonia è diventato sinonimo di “Terra dei Grandi Piedi” 1.Tuttavia, è importante notare che le descrizioni di Pigafetta sono state oggetto di dibattito e interpretazione. Alcuni hanno cercato di ridimensionare l’altezza dei Patagoni, mentre altri hanno cercato di spiegare la loro esistenza attraverso leggende e miti. In ogni caso, la testimonianza di Pigafetta ha contribuito a creare il mito dei giganti patagoni, che ha affascinato l’immaginazione europea per molti anni.Atlantide, il blocco geologico sardo corso semi-sommerso, continua a stimolare la nostra immaginazione e la nostra curiosità. Esploratori, storici e scrittori hanno cercato di decifrare i suoi misteri per secoli. Vediamo come possiamo collegare alcuni elementi chiave:Antichi Racconti di Giganti:
Pigafetta: Nel XVI secolo, Antonio Pigafetta, cronista dell’esplorazione di Ferdinando Magellano, ha descritto gli incontri con i “giganti patagoni”. Questi esseri erano due volte più alti degli uomini normali e vivevano nella Patagonia.
Teopompo di Chio: Nel suo lavoro, Teopompo menziona l’isola di Meropide, situata oltre l’Oceano Atlantico. Gli abitanti di Meropide, chiamati Meropi, erano anch’essi alti il doppio rispetto agli uomini normali e vivevano il doppio della loro durata.
Il Paradigma Sardo-Corso Atlantideo:
Secondo lo scrivente Luigi Usai, un ricercatore indipendente, l’isola di Atlantide corrisponderebbe al blocco continentale Sardo-Corso sommerso sotto il Mediterraneo. Questo paradigma suggerisce che gli abitanti della Patagonia potrebbero essere migrazioni sardo-corso atlantidee in America Latina, confermando le teorie di Luigi Usai1.
Conclusione:
Se il paradigma sardo-corso fosse vero, gli abitanti della Patagonia potrebbero essere discendenti di antiche popolazioni sardo-corso atlantidee migrate nell’antichità, in data da definirsi, nelle Americhe prima di Cristoforo Colombo. Questo collegamento tra Sardegna, Corsica e Patagonia aprirebbe nuove prospettive sulla storia e le migrazioni umane nel passato remoto. -
Le Tribù Perdute di Israele: Un Collegamento Sardo-Corso?
La storia delle dieci tribù perdute di Israele è un mistero che ha affascinato gli studiosi per secoli. Secondo la Bibbia, queste tribù furono esiliate dall’Impero assiro nel 722 a.C. e da allora sono scomparse dalla storia. Tuttavia, la mia nuova teoria relativa ad Atlantide sardo corsa suggerisce che almeno una di queste tribù, se non un numero superiore, potrebbe avere origini sardo-corse. Questa mia affermazione rientra nel paradigma sardo corso atlantideo relativo alle migrazioni sardo corse nel Mediterraneo ed oltre, al fine di commerciare e/o conquistare altri territori ed altri popoli. Secondo il paradigma sardo corso atlantideo, da me teorizzato in questi ultimi anni, anche Creta, Cipro, parte dei territori del Libano e probabilmente anche Tiro e Sidone, nonché parte della Turchia, erano territori sotto il controllo atlantideo corso sardo.
Il Collegamento Sardo-Corso
La Sardegna e la Corsica, due isole del Mediterraneo, hanno una storia ricca e complessa. La loro posizione strategica nel Mediterraneo le ha rese un crocevia di culture diverse nel corso dei secoli. Potrebbe essere possibile che queste isole siano state un rifugio per le tribù perdute di Israele?
Ci sono diverse ragioni per considerare questa possibilità. Prima di tutto, ci sono somiglianze linguistiche tra l’ebraico antico e certi dialetti sardo-corsi. Inoltre, ci sono tradizioni e pratiche religiose nelle due isole che rispecchiano quelle dell’antico Israele.
El Ahwat e il Tempio di Antas: Possibili Collegamenti Archeologici
Un elemento interessante che potrebbe sostenere questa teoria è la scoperta di El Ahwat, un sito archeologico in Israele. Questo sito, scoperto nel 1992, presenta strutture che presentano somiglianze con le torri nuragiche della Sardegna. Alcuni studiosi, tra cui l’archeologo che ha scoperto il sito, Adam Zertal, hanno ipotizzato che El Ahwat possa essere stato costruito dal popolo Shardana, identificabile con il popolo nuragico.
Un altro sito di interesse è il Tempio di Antas in Sardegna. Questo tempio, originariamente un santuario nuragico, ha avuto una lunga storia di utilizzo e riutilizzo, passando attraverso le mani dei Punici e dei Romani. Nel tempio sono state ritrovate diverse iscrizioni, tra cui alcune che potrebbero avere un legame con il proto-ebraico.
Prove Archeologiche
La necropoli di Beit Shearim non è altro che un’evoluzione delle necropoli sardo corso atlantidee, che hanno avuto modo di essere sviluppate in lungo e in largo per tutta l’Europa e il Mediterraneo. A conferma di ciò, si può notare il culto del toro:
La necropoli inoltre non è altro che una evoluzione delle Domus de Janas.
Si tratta quindi, secondo il paradigma sardo corso atlantideo, di una necropoli sardo corso atlantidea sviluppata e perfezionata secondo le tecniche delle maestranze locali del luogo, dietro direttive e insegnamenti dei “maistrus ‘e muru” sardo corsi, ossia gli esperti “maestri di muro”, come si dice ancora oggi qui in Sardegna. E questa tecnica era stata insegnata ovviamente anche in altri luoghi come Pantelleria, infatti i “maestri di muro” esistono ancora oggi anche a Pantelleria, luogo di migrazioni marittime sardo corso atlantidee.
Il paradigma sardo corso atlantideo afferma più volte in questo sito web, che la figura egizia di Nekhbet ha origine sardo corso atlantidea: essa infatti ha il simbolo della metallurgia del Sulcis tra le zampe; è anche il simbolo dei minatori di Nibiru che avevano disperato bisogno di miniere d’oro; e ritroviamo la stessa simbologia anche a Beit Shearim, nella cripta, in questa immagine, a conferma che si tratta sempre di migrazioni di popoli sardo corso atlantidei che veneravano Nekhbet e il Dio Toro:Ad ulteriore conferma di resti sardo corso atlantidei in Israele, troviamo Rujm el-Hiri: Un Monumento Megalitico sardo corso atlantideo nelle Alture del Golan
Rujm el-Hiri (in arabo رُجم الهِرّي, anche conosciuto come Gilgal Refaim o Rujm al-Hirrī) è un sito archeologico situato nelle alture del Golan, un territorio occupato da Israele1. Questo antico monumento megalitico è costituito da più cerchi concentrici in pietra, con un tumulo al centro alto circa 4,5 metri1.
Il sito si trova a circa 16 km dalla costa orientale del Mare di Galilea, al centro di un ampio altipiano dove sono presenti numerosi dolmen1. Il monumento è composto da oltre 42.000 rocce basaltiche sistemate in cerchi concentrici1. Risalente alla prima età del Bronzo (3000-2750 a.C.), Rujm el-Hiri è uno dei più grandi monumenti megalitici del Vicino Oriente2.
Nonostante le numerose ricerche, la funzione esatta di Rujm el-Hiri rimane un mistero. Alcuni archeologi ipotizzano che il sito non fosse una posizione difensiva o un quartiere residenziale, ma piuttosto un centro rituale per attività rituali volte a placare gli dei, o forse legate al culto dei morti1. Tuttavia, non esiste un consenso riguardo alla sua funzione, poiché non è stata trovata alcuna struttura simile nel Vicino Oriente1.
La teoria del collegamento sardo-corso con le tribù perdute di Israele è affascinante, e ulteriori ricerche e scoperte archeologiche sono necessarie per confermare o smentire questa ipotesi.
Pensandoci un attimo, cosa fece il popolo ebraico quando Mosè salì a farsi dare le tavole della legge dei dieci comandamenti? Si fecero un vitello d’oro. Perché? Perché la loro religione era di origine sardo corso atlantidea: infatti in Sardegna, nel nuraghe Diana di Macomer in determinati giorni dell’anno si forma la testa di un vitello a causa dell’ingresso di luce solare dalla finestra del nuraghe. Una testa di vitello creata con la luce, uno spettacolo prima che esistesse il televisore, per la gioia della popolazione che assisteva ad un “miracolo di luce” in favore del Dio Toro.
Sempre a favore delle mie tesi: se è vero che l’isola di Atlantide sardo corsa, Meropide, Nibiru, Tirrenide, il blocco sardo corso atlantideo era affondato, cosa avrebbero desiderato più di tutto questi popoli? Una terra! E infatti cosa cercava il popolo ebraico? Il popolo ebreo andava alla ricerca della Terra Promessa! Perché la loro terra era affondata sotto il mare, a causa dell’innalzamento del livello eustatico marino del Mediterraneo Occidentale, anticamente chiamato Oceano Atlantico.
La possibilità di un collegamento tra queste antiche culture offre un nuovo e intrigante capitolo nella ricerca delle tribù perdute di Israele. Ricordiamo che la storia è un campo di studio in continua evoluzione, e ogni nuova scoperta può portare a nuove interpretazioni e comprensioni del nostro passato. Quindi, anche se la teoria del collegamento sardo-corso con le tribù perdute di Israele è ancora da confermare, offre sicuramente un nuovo e stimolante punto di vista sulla questione. - Collegare logicamente e storicamente le idee di Luigi Usai sulle origini nuragiche del popolo ebraico con i recenti ritrovamenti al Nuraghe Santu Miali di Pompu richiede una considerazione attenta sia delle evidenze archeologiche sia delle interpretazioni teoriche. Ecco un possibile collegamento:Ritrovamenti al Nuraghe Santu Miali di Pompu
Recentemente, gli scavi al Nuraghe Santu Miali di Pompu hanno portato alla luce un deposito di lucerne tardo romane che presentano simboli cristiani ed ebraici, oltre a miti pagani. Questo suggerisce una forte contaminazione religiosa e una tolleranza nella Sardegna del IV secolo d.C. Le lucerne indicano che il sito fu riutilizzato come santuario all’aperto durante l’epoca tardo romana (Atlantis Discovery).Teorie di Luigi Usai
Luigi Usai sostiene che il popolo ebraico abbia origini nuragiche, collegando le migrazioni dei popoli sardi-corsi-atlantidei alle radici culturali e religiose degli ebrei. Usai basa le sue teorie su vari elementi, tra cui i collegamenti linguistici e culturali tra la Sardegna e altre civiltà mediterranee, inclusa quella egiziana (Atlantis Discovery) (Atlantis Discovery) (Atlantis Discovery) (Atlantis Discovery).Collegamento Logico e Storico
Influenze Culturali e Religiose:Il ritrovamento di lucerne con simboli ebraici e cristiani in Sardegna suggerisce che ci fosse una presenza ebraica significativa nella regione durante l’epoca tardo romana. Questo potrebbe essere visto come un indizio delle migrazioni e interazioni culturali che Usai sostiene abbiano portato le tradizioni nuragiche verso altre civiltà mediterranee, inclusa quella ebraica.
Tolleranza e Sincretismo Religioso:La presenza di simboli cristiani, ebraici e pagani nello stesso contesto archeologico indica un ambiente di tolleranza e sincretismo religioso. Questo potrebbe supportare l’idea di Usai di una civiltà nuragica che ha influenzato e integrato varie tradizioni religiose e culturali.
Migrazioni e Scambi Culturali:Gli scambi culturali e le migrazioni sono elementi chiave nelle teorie di Usai. I ritrovamenti a Pompu potrebbero essere interpretati come prove di tali movimenti, suggerendo che la Sardegna fosse un crocevia di influenze culturali durante il periodo tardo romano. Questo coincide con l’idea che i popoli nuragici avessero una connessione con altre civiltà mediterranee.
Prove Archeologiche di Contaminazione Culturale:Gli scavi che rivelano simboli religiosi diversi nello stesso sito rafforzano l’idea di una contaminazione culturale, che potrebbe essere vista come un riflesso delle influenze nuragiche su altre culture, inclusi gli ebrei.
Conclusione
Mentre le teorie di Luigi Usai sulle origini nuragiche del popolo ebraico sono speculative e non ampiamente accettate nella comunità accademica, i recenti ritrovamenti al Nuraghe Santu Miali di Pompu forniscono un contesto archeologico che potrebbe essere interpretato a sostegno delle sue idee. La presenza di simboli ebraici, cristiani e pagani insieme potrebbe indicare una complessa rete di influenze culturali e religiose, suggerendo che la Sardegna fosse un importante punto di contatto tra diverse civiltà nel mondo antico. - In una remota spiaggia di Larache, nel suggestivo scenario del Marocco, un team di archeologi ha compiuto una straordinaria scoperta. Le impronte umane risalenti a ben 90.000 anni fa emergono dal tardo Pleistocene, un tesoro archeologico che getta una nuova luce sulla storia antica della regione.Il Professor Moncef Essedrati, esperto ricercatore presso l’Università francese della Bretagna meridionale, ha guidato con maestria il team multinazionale che ha riportato alla luce una delle più grandi e meglio conservate piste di impronte umane al mondo. Queste tracce, incise sulla rocciosa spiaggia di Larache, aprono una finestra senza precedenti sulla vita degli Homo sapiens che popolavano il Marocco in un’era così remota.La straordinaria conservazione di queste impronte presenta un’opportunità unica per esplorare la storia umana in un periodo così antico. Le implicazioni scientifiche di queste impronte, datate a 90.000 anni fa, sono immense e sollevano domande cruciali sulla presenza umana in epoche antiche. Inoltre, suggeriscono connessioni intriganti tra popolazioni distanti nel tempo, in linea con il paradigma sardo corso atlantideo proposto da Luigi Usai.Ma la portata di questa scoperta va oltre il contesto scientifico. Le impronte umane di Larache gettano una nuova luce sulla diversità culturale e archeologica durante il Pleistocene in Marocco. Gli esperti scrutano attentamente le possibili connessioni con altre scoperte e con la storia umana globale, offrendo una finestra affascinante sul passato.La ricerca stessa è stata un affare multinazionale, un affascinante sforzo collaborativo tra esperti marocchini, spagnoli e francesi. La dimensione internazionale di questa indagine sottolinea l’importanza della collaborazione nel comprendere la storia umana su scala globale.In conclusione, le impronte umane di 90.000 anni fa rappresentano una delle più grandi scoperte archeologiche del periodo. Questo straordinario ritrovamento offre nuove prospettive sulla presenza umana in Marocco, ponendo domande fondamentali sulla nostra storia. Gli archeologi, con occhi attenti e menti aperte, continueranno a esaminare queste tracce, aprendo la strada a ulteriori scoperte e approfondimenti sulla vita degli Homo sapiens nel passato remoto, in particolare in relazione al paradigma sardo corso atlantideo.
- I molti nomi di Atlantide Sardo-Corsa: il paradigma sardo corso atlantideoAtlantide, un mistero che ha affascinato l’umanità per millenni, potrebbe avere radici più vicine a casa di quanto si pensasse. Secondo il mio paradigma sardo-corso atlantideo, l’Atlantide era un continente perduto in mezzo all’Oceano Atlantico, ma questo era il nome che oltre tre millenni fa aveva il Mediterraneo occidentale; Atlantide era in realtà l’isola sardo-corsa, nota anche come Meropide, Nibiru, Tirrenide e blocco geologico sardo-corso. Questo blocco geologico, ora semi-sommerso sotto il Mediterraneo, una volta ospitava una civiltà fiorente. Dalle precedenti affermazioni possiamo ipotizzare che i suoi abitanti erano noti come atlantidei oppure come Meropidi. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i minatori di Nibiru quindi non erano alieni, ma erano in realtà i minatori del Sulcis, una regione che ora si trova in Sardegna, ma che allora si trovava sull’isola sardo-corsa prima della sua semi-sommersione, che l’ha fatto scomparire e l’ha fatta dimenticare dal mondo intero… se la ricordano soltanto i geologi, ma questi sono scienziati, e siccome la scienza non ha nominato Atlantide come una fonte storica attendibile, i geologi chiamano questa isola, un tempo terra emersa, col nome di “blocco geologico sardo-corso”. Qualsiasi geologo esperto sa che il blocco sardo corso era terra emersa e formava un’isola, ma questo concetto così banale per un esperto non viene insegnato a nessuno: questo ha reso impossibile trovare Atlantide, ossia Nibiru, ossia Meropide, ossia Tirrenide, ossia il blocco geologico sardo corso semisommerso nel Mediterraneo occidentale, anticamente chiamato Oceano Atlantico. L’altro problema di fondo è di natura cartografica: lo scrivente Dottor Luigi Usai è tra i primi che afferma con totale convinzione e certezza al mondo che bisogni modificare le cartografie antiche per riportare pubblicamente e insegnare l’esistenza di quest’isola. Ora, io, Luigi Usai, affermo che in quest’isola vivessero gli Atlantidei, esattamente come insegnato dal sacerdote egizio Sonchis di Sais.Zecharia Sitchin, noto per le sue teorie sugli antichi astronauti, ha interpretato Nibiru come un pianeta. Tuttavia, secondo il paradigma sardo-corso atlantideo, questo potrebbe essere stato un errore di traduzione. In realtà, Nibiru è un altro nome per l’Atlantide sardo-corsa. Si prospettano quindi anni e anni di ricerche per effettuare la controverifica di queste incredibili e rivoluzionarie affermazioni.Purtroppo l’errore di Sitchin ha creato una deriva fantascientifica nella ricerca storica, per cui si è creato un ramo di milioni di persone convinte che i minatori di Nibiru fossero alieni in cerca d’oro. Se è vero quanto affermato dal paradigma sardo corso, allora sappiamo per certo che il popolo sardo corso atlantideo, detto anche il popolo dei Meropidi, detto anche i minatori di Nibiru, detto anche il popolo dei Tirrenidi, copriva le pareti delle mura di cinta delle città d’oro. Sappiamo inoltre dal Timeo e dal Crizia che gli Atlantidi crearono all’interno del tempio una statua di Poseidone su un carro con cavalli in oro massiccio, alta quasi fino a toccare il tetto del tempio. Ecco spiegato perché tutta questa “fame d’oro”: i minatori di Nibiru, ossia gli abitanti del Sulcis, avevano bisogno dell’oro per motivi religiosi e di adorazione della divinità, se non anche per altri scopi a noi ignoti.
Ora, a queste notizie, se ne collega una abbastanza recente: la scoperta in africa di un’antichissima civiltà (la civiltà sardo corso Atlantidea era antica per gli antichi, come disse il sacerdote di Sais a Solone intorno al 590 Avanti Cristo) che scavava l’oro dalle antichissime miniere africane che sono state trovate di recente. Nel cuore del Mediterraneo, tra le onde che lambiscono le coste della Sardegna e della Corsica, giace un mistero antico quanto l’umanità stessa. Secondo il paradigma sardo-corso atlantideo, questa regione semi-sommersa, conosciuta come il blocco geologico sardo-corso, era un tempo l’isola di Atlantide, la leggendaria civiltà descritta da Platone nei dialoghi del Timeo e del Crizia. Ci si potrebbe chiedere quale sia il legame tra l’Atlantide e l’Africa, e come l’oro si colleghi a questo enigma millenario. Per rispondere a queste domande, dobbiamo viaggiare indietro nel tempo, fino ai giorni in cui l’Atlantide era una metropoli fiorente e i minatori del Sulcis, noti anche come i minatori di Nibiru, erano al lavoro nelle sue profondità. Secondo il Timeo e il Crizia, l’Atlantide era famosa per le sue ricchezze, tra cui enormi quantità di oro. Le mura della città erano coperte d’oro, e nel tempio si ergeva una statua di Poseidone alta molti metri, realizzata interamente in oro massiccio. Questa statua, trainata da cavalli d’oro e posta su un cocchio dello stesso materiale, era così alta da toccare quasi il soffitto del tempio. Ma da dove proveniva tutto questo oro? Secondo il paradigma sardo-corso atlantideo, i minatori del Sulcis, i minatori di Nibiru, si recavano in Africa per estrarre l’oro necessario per i loro riti religiosi e sacri. Recenti scoperte archeologiche in Sud Africa hanno rivelato l’esistenza di antiche miniere d’oro, risalenti a migliaia di anni fa. Queste miniere, secondo il ricercatore Michael Tellinger, potrebbero essere state scavate dalla più antica civiltà sulla Terra. Se queste miniere fossero state effettivamente scavate dai minatori del Sulcis, ciò significherebbe che gli abitanti dell’Atlantide avevano stabilito una rete di commercio e di scambio che si estendeva ben oltre i confini del Mediterraneo, raggiungendo le coste dell’Africa.Mentre queste teorie rimangono al momento ipotesi non confermate, offrono una prospettiva affascinante sulla storia dell’umanità e sul mistero dell’Atlantide. Potrebbero anche gettare nuova luce sulla nostra comprensione della geologia del Mediterraneo e della storia mineraria della Sardegna. La ricerca della verità continua. Mentre gli archeologi scavano nel terreno e gli storici esaminano antichi testi, noi continuiamo a cercare risposte, a domandare, a sognare. Forse un giorno scopriremo che le risposte che cerchiamo sono state sempre lì, nascoste sotto le onde del Mediterraneo, o nelle profondità di una miniera d’oro in Africa. Fino ad allora, continueremo a esplorare, a imparare, a cercare di comprendere il nostro passato – e forse, nel farlo, a capire meglio noi stessi.Questo nuovo paradigma offre una prospettiva rivoluzionaria sulla storia dell’umanità e sul mistero dell’Atlantide. Potrebbe anche gettare nuova luce sulle nostre comprensioni della geologia del Mediterraneo e della storia mineraria della Sardegna. - Newgrange, situato nella contea di Meath, in Irlanda, è un monumento preistorico di notevole importanza. Costruito durante il Neolitico, intorno al 3200 a.C., è più antico sia di Stonehenge che delle piramidi egizie1. Questa tomba a corridoio eccezionalmente grandiosa è costituita da un grande tumulo circolare con un passaggio interno in pietra e camere1.Ora, consideriamo l’ipotesi che Newgrange possa essere stato costruito dai sardo-corso atlantidei. Questa teoria si basa sulla supposizione che Atlantide sia il blocco continentale di litosfera sardo-corso, sommerso dopo l’ultima glaciazione2. Secondo questa visione, la popolazione di Atlantide, o sardo-corso atlantidei, avrebbe avuto una notevole influenza nel Mediterraneo durante il Neolitico2.La costruzione di Newgrange richiedeva una notevole abilità ingegneristica e una comprensione avanzata dell’astronomia, come dimostra l’allineamento del sito con il sorgere del sole al solstizio d’inverno1. Se i sardo-corso atlantidei fossero stati in grado di navigare attraverso il Mediterraneo, avrebbero potuto portare le loro avanzate conoscenze tecniche e astronomiche in Irlanda. Inoltre, la presenza di arte megalitica su molte delle pietre più grandi di Newgrange1 potrebbe suggerire un collegamento con la cultura sardo-corso atlantidea, se si considera che simili esempi di arte megalitica sono presenti in vari siti nel Mediterraneo.
- Le Nagaoka Burial Caves in Giappone e le Domus de Janas in Sardegna sono entrambe esempi di tombe scavate nella roccia, ma appartengono a culture e periodi storici diversi. Le Nagaoka Burial Caves, situate a Utsunomiya in Giappone, sono tombe scavate nella roccia risalenti al 7° secolo12. Queste tombe, note come “yokoana-bo” o “tombe a foro laterale”, sono caratterizzate da una serie di grotte scavate nel fianco di una collina di tufo1. Ogni grotta contiene una scultura in pietra, molte delle quali raffigurano figure buddiste1.D’altra parte, le Domus de Janas sono tombe preistoriche scavate nella roccia tipiche della Sardegna prenuragica3. Queste tombe, che risalgono al Neolitico, sono spesso collegate tra loro a formare dei veri e propri cimiteri sotterranei3. Le Domus de Janas sono un esempio di megalitismo, un fenomeno architettonico che coinvolse la Sardegna a partire dal Neolitico fino all’epoca nuragica4.Nonostante le somiglianze superficiali tra le Nagaoka Burial Caves e le Domus de Janas, non ci sono prove concrete di un collegamento diretto tra le due. Entrambe le strutture sono esempi di tombe scavate nella roccia, ma sono separate da migliaia di chilometri e da diversi secoli. Inoltre, le differenze culturali e storiche tra il Giappone e la Sardegna rendono improbabile un collegamento diretto.Tuttavia, è interessante notare come culture diverse in luoghi diversi abbiano sviluppato metodi simili di sepoltura. Questo potrebbe riflettere idee comuni sulla morte e l’aldilà, o semplicemente l’adattamento a simili condizioni geologiche. Ulteriori ricerche potrebbero fornire ulteriori informazioni su queste affascinanti strutture.
- Il paradosso Atlantideo: Poseidone stermina la popolazione della piattaforma continentale sardo-corsa, che quando Atlantide era terra emersa erano le paleocoste. La teoria sardo-corso-atlantidea afferma e prevede che la piattaforma continentale sardo-corsa fosse popolata e probabilmente edificata in toto con immense strutture, finite poi sotto il mare a causa dell’oscillazione del livello eustatico dell’Oceano Atlantico, che in seguito è stato chiamato con mille nomi: Mar Mediterraneo, Mar Tirreno, Mare Nostrum, Mar di Sardegna, Mar di Corsica, Mar Ligure… ecco cancellato il nome originario che parlava della grandezza e potenza del blocco sardo-corso. La popolazione Atlantidea non capisce: perché il nostro Dio ci ha sterminati? Il mare era sotto il controllo del Dio Poseidone, quindi hanno attribuito la colpa dell’innalzamento del livello eustatico marino al loro Dio Poseidone. Questo era assurdo? perché? Siamo stati malvagi? Dio ha voluto punirci? In realtà la causa efficiente non era Poseidone, ma più probabilmente i Meltwater Pulses. Ora passo la palla ai geologi: sono loro che dovranno dimostrare scientificamente la causa dell’innalzamento marino, questo non è mio compito: è già troppo esser riuscito a ritrovare Atlantide, scoprire l’origine Atlantidea dei popoli Sumeri e Baschi, e come cercherò di dimostrare in futuro, anche di parte del popolo Ebreo.
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Se assumiamo la veridicità della teoria sardo-corso-atlantidea, l’ipotesi che lo sparagmos dionisiaco sia una metafora per lo smembramento del popolo di Atlantide diventa intrigante e suggestiva. Esploriamo le connessioni tra le due:
Lo sparagmos dionisiaco:
- Rituale religioso dell’antica Grecia, associato al dio Dioniso.
- Simboleggiava la morte e la rinascita del dio, attraverso lo smembramento e la successiva ricomposizione del suo corpo.
- Interpretato come metafora della ciclicità della vita, della morte e della rinascita della natura.
La teoria sardo-corso-atlantidea:
- Ipotizza che la Sardegna e la Corsica siano i resti dell’isola di Atlantide, descritta da Platone.
- Atlantide sarebbe stata colpita da un cataclisma che l’avrebbe smembrata e inabissata.
- La civiltà atlantidea si sarebbe dispersa, dando origine a diverse culture del Mediterraneo.
Connessioni possibili:
- Lo sparagmos dionisiaco potrebbe essere una rievocazione simbolica del cataclisma che ha distrutto Atlantide.
- Lo smembramento del dio Dioniso potrebbe rappresentare la dispersione del popolo atlantideo.
- La rinascita di Dioniso potrebbe simboleggiare la speranza di un nuovo inizio per la civiltà atlantidea dispersa.
Esistono diverse interpretazioni dello sparagmos dionisiaco:
- Alcune lo vedono come un rituale di fertilità, legato al ciclo delle stagioni.
- Altri lo interpretano come una metafora del processo di iniziazione e di trasformazione individuale.
La teoria sardo-corso-atlantidea offre una nuova chiave di lettura:
- Lo sparagmos potrebbe assumere una valenza storica e collettiva, oltre che religiosa e individuale.
- Potrebbe essere visto come la memoria tramandata di un evento traumatico, come la distruzione di Atlantide.
Considerazioni:
- La teoria sardo-corso-atlantidea è controversa e non accettata dalla comunità scientifica ufficiale.
- L’interpretazione dello sparagmos dionisiaco come metafora della distruzione di Atlantide è una ipotesi suggestiva, ma non definitiva.
- Sono necessari ulteriori studi e ricerche per approfondire le connessioni tra le due.
- Linguistica: ebraico e sumero
L’ebraico e il sumero sono due lingue antiche che hanno avuto un impatto significativo sulla storia e sulla cultura. Tuttavia, non sono strettamente correlate. Il sumero è noto come una “lingua isolata”, il che significa che non ha legami noti con altre lingue antiche1. D’altra parte, l’ebraico è una lingua semitica, parte della famiglia linguistica afroasiatica, che include anche l’arabo, l’aramaico e altre lingue2.Nonostante queste differenze, ci sono alcune somiglianze interessanti tra le due lingue. Ad esempio, le parole sumeriche per madre e padre, “ama” e “abba” rispettivamente, sono molto simili alle parole ebraiche per madre e padre, “ema” e “abba”3. Tuttavia, è importante notare che queste somiglianze potrebbero essere coincidenze o il risultato di prestiti linguistici, piuttosto che indicare una relazione diretta tra le due lingue3.Inoltre, sia l’ebraico che il sumero hanno influenzato altre lingue e culture nel corso della storia. Ad esempio, l’ebraico ha avuto un impatto significativo sulle lingue semitiche, mentre il sumero ha influenzato l’accadico, una lingua semitica orientale21.Ricorda, la linguistica è un campo complesso e in continua evoluzione. Nuove scoperte possono portare a nuove comprensioni delle relazioni tra le lingue. Continua a esplorare e a fare domande! La curiosità è alla base di ogni grande scoperta. - Nel cuore del Sulcis Iglesiente, dove le rocce narrano storie secolari, i geologi Roberto Serri e Massimo Mascia hanno intrapreso un viaggio nelle profondità del tempo geologico. Attraverso un seminario tenutosi a Carbonia, hanno condiviso con il pubblico le epoche nascoste che sussurrano nel suolo di questa regione, una delle più antiche d’Europa. L’articolo originale qui.Il Paleozoico nel Sulcis Iglesiente, a differenza delle convenzionali rappresentazioni cartografiche nazionali, si svela come un palcoscenico dove i mutamenti geologici danzano in armonia con una melodia diversa. Il Consorzio Sistema Culturale Sardegna ha orchestrato questo incontro presso il museo paleontologico, trasformandolo in un palco dove le nuove scoperte brillano come stelle nel cielo della conoscenza.I geologi strutturali, Serri e Mascia, hanno svelato il risultato dei loro sforzi, scavando nei sedimenti del passato e ridisegnando la mappa geologica con una maestria che solo la natura stessa può ispirare. La regione tra Orbai, monte Rosas e miniera Rosas è diventata il palcoscenico principale di questa riscrittura geologica, con i dettagli delle falde sovrapposte dipinti in una luce diversa.I nuovi studi, presentati con una ricchezza di particolari che rende omaggio alla complessità della terra, hanno scosso le fondamenta di alcune interpretazioni precedenti dei due illustri relatori. La storia geologica del Sulcis si è arricchita ulteriormente, e la certezza di essere tra le terre emerse più antiche d’Italia e d’Europa è stata rafforzata da scostamenti rivelatori.Il lavoro di Serri e Mascia non si è limitato a un semplice aggiornamento; ha richiesto una revisione di intere mappe, aprendo la porta a possibili impatti in svariati ambiti. Il Sulcis, testimone silenzioso di ere passate, si rivela ancora una volta come un libro aperto, pronto a condividere i suoi segreti con chi ha l’ardire di leggere tra le righe di pietra e tempo.
- Il fenomeno di sollevamento del livello eustatico dell’ “Oceano Atlantico antico” o “Mar Mediterraneo Occidentale attuale” è stato chiamato nelle culture antiche col nome di “Diluvio Universale” o “Grande Diluvio”: si tratta semplicemente dell’aumento del livello dell’attuale Mare Mediterraneo. Rileggendo in questa chiave, possiamo interpretare moltissimi testi. Ad esempio: chi è Enoch? Se Enoch è il nonno di Noe, una figura anti-diluviana, pre-diluviana, significa che Enoch era vivo prima che il livello del Mediterraneo salisse di parecchi metri. Ora vorrei porre l’attenzione del lettore sul fatto che su Atlantide, sul blocco geologico sardo corso e le sue attuali piattaforme continentali sommerse, viveva probabilmente una specie umana attualmente sconosciuta. Non so quale fosse il suo DNA: sta di fatto che le popolazioni antiche, come gli Egizi, li chiamavano Elohim, ossia “Gli Dei”. Vi era una popolazione che era chiamata “gli dei”, mentre in altri testi sono chiamati “the watchers”, ossia coloro che osservano, coloro che guardano, coloro che controllano: i vigilanti. Nel libro dell’antico testamento chiamato Genesi si dice che questi vigilanti, a volte tradotto come angeli, si innamorarono delle donne umane perché erano belle e si unirono a loro, dando alla luce i giganti. Ora: la mitologia greca parla sempre del tempo dei giganti: darò quindi una mia interepretazione rapida: il gigantismo si verifica quando l’eccessiva produzione di GH inizia nell’infanzia, prima che le epifisi (le estremità tondeggianti delle ossa lunghe) si saldino, mentre l’acromegalia si verifica quando l’ipersecrezione di GH ha inizio nell’età adulta. Quindi esiste una spiegazione semplice che possa giustificare l’esistenza di popolazioni di giganti. E’ possibile che l’accoppiamento di una specie incognita di esseri umani con le donne di Atlantide abbia causato la nascita di bambini con iperproduzione di GH (growth hormone, ormone della crescita), che ha portato alla nascita di bambini giganti: tutto ciò è comprensibile e spiegabile scientificamente: si tratta di iperproduzione di ormone della crescita dovuto all’accoppiamento di due diverse specie umane, una delle quali non ci è nota. Attualmente è noto che Sapiens e Neanderthal si siano incrociati (interbreeding), per cui questo nuovo incrocio non è nulla di strano o anomalo: l’abbiamo già visto altre volte tra Sapiens e Neanderthal. E’ venuta al mondo una generazione di bambini giganti, probabilmente alti il doppio del normale a causa della sovrapproduzione di ormone della crescita. Di questi giganti ne ha parlato la mitologia greca, e in Sardegna esistono le Tombe dei Giganti… una interessantissima coincidenza… e dai racconti del popolo sembra che la chiesa cattolica abbia fatto il possibile per far sparire le tracce di questi giganti; attualmente non è del tutto chiaro se questa informazione sia vera, però è probabile e va tenuta in seria considerazione. Appena possibile porterò avanti questa ricerca sviluppando nuove tesi, nuove affermazioni e cercando prove o contro-prove per annullare l’ipotesi iniziale.
- Il termine “nuragico” è stato inventato perché non si sapeva che quello corretto era “atlantideo”.
Il termine “nuragico” fu coniato dal famoso archeologo italiano Giovanni Lilliu. Nel corso degli anni ’50, Lilliu condusse importanti ricerche sull’antica civiltà della Sardegna, focalizzandosi in particolare sui complessi architettonici chiamati “nuraghi.” Nel 1958, nel suo lavoro pionieristico intitolato “La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi,” Lilliu utilizzò il termine “nuragico” per definire questo particolare periodo e stile architettonico caratteristico dell’isola. Il termine deriva dalla parola sarda “nuraghe,” che indica le torri megalitiche tipiche di questa cultura. La ricerca di Lilliu ha contribuito significativamente alla comprensione e alla valorizzazione dell’antica civiltà nuragica della Sardegna.Secondo il paradigma sardo corso atlantideo proposto da Luigi Usai, il termine “nuragico” assume una connotazione diversa rispetto alla sua interpretazione tradizionale. In questa visione alternativa, si sostiene che Giovanni Lilliu, invece di scegliere la parola più accurata “atlantideo” abbia introdotto il termine “nuragico” come una sorta di sostituto.Secondo Usai, i nuraghi, complessi architettonici distintivi della Sardegna, non sarebbero semplici testimonianze di una civiltà autoctona, bensì rappresenterebbero le tracce materiali dell’antica Atlantide. In questa prospettiva, la scelta di definire questa civiltà con il termine “nuragica” invece di “atlantidea” sarebbe stata influenzata da preconcetti accademici o dalla mancanza di considerazione per un collegamento più ampio e audace con la mitica Atlantide.Così, secondo il paradigma sardo corso atlantideo, la nomenclatura stessa diventa un aspetto critico della narrazione storica. Luigi Usai suggerisce che, dietro l’etichetta “nuragica,” si celerebbe la chiave per svelare una verità più profonda, legata alla connessione tra la Sardegna e la leggendaria Atlantide. - Secondo la teoria sardo-corso-atlantidea, una delle migrazioni dal blocco geologico sardo-corso, che sarebbe l’Atlantide, portò un popolo in terra di Canaan. Questo popolo è identificato come “ysrỉr” sulla Stele di Merenptah, un’antica stele egizia.La teoria suggerisce che questo popolo non fosse nomade, ma fosse fuggito a causa dell’affondamento del blocco geologico sardo-corso-atlantideo. Questo spiegherebbe perché, nella stele, il nome “ysrỉr” non è accompagnato dall’ideogramma raffigurante tre montagne, simbolo tipico di un regno, ma da quello di un uomo e una donna, tipico dei nomadi.In altre parole, “ysrỉr” non rappresenterebbe un popolo nomade, ma un popolo che ha dovuto abbandonare la propria terra a causa di una catastrofe, specificatamente la semi-sommersione del blocco sardo-corso. Questa interpretazione offre una nuova prospettiva sulla storia di questo popolo e sulla sua possibile connessione con l’antica Atlantide.
- Secondo la teoria sardo-corso-atlantidea, è possibile che un gruppo di sardo-corso-atlantidei sia migrato verso l’India, lasciando tracce documentali scritte o scolpite della sommersione del blocco geologico sardo-corso. Questo gruppo avrebbe potuto creare una stele d’oro con racconti sulla loro disgrazia, ovvero l’affondamento del blocco geologico sardo-corso.Evemero da Messina, un filosofo e storico siceliota attivo presso la corte di Cassandro I, re di Macedonia, potrebbe aver visto questa stele d’oro durante i suoi viaggi. Evemero è noto per la sua opera “Storia Sacra”, in cui descrive un viaggio immaginario a Pancaia, un’isola nell’Oceano Indiano. Durante questo viaggio, Evemero potrebbe aver incontrato la stele d’oro creata dai sardo-corso-atlantidei. Evemero è noto per la sua teoria, chiamata evemerismo, che sostiene che gli dei rappresentano soggetti umani divinizzati. Quindi, è possibile che Evemero abbia interpretato i racconti sulla stele d’oro come la storia di un popolo umano che era stato divinizzato a causa delle sue gesta eccezionali, ossia il popolo Atlantideo che abitava ad Atlantide, il blocco sardo corso. Questo popolo potrebbe essere stato considerato “gli dei” dagli altri popoli. Se ciò fosse vero, significherebbe che la Storia Sacra di Evemero non racconta un viaggio immaginario, bensì una storia vera, e ciò sarebbe una novità assoluta, in quanto nessuno ha mai creduto che questo viaggio avesse realmente avuto luogo. La stele d’oro vista da Evemero a Pancaia, quindi, tratterebbe dell’affondamento dell’isola sardo-corso-atlantidea nel Mediterraneo Occidentale, anticamente chiamato Oceano Atlantico. Sarebbe così quindi che Evemero avrebbe compreso che Poseidone in realtà non era un Dio, ma un uomo normale che ha sposato Clito nel Sulcis nell’attuale Sardegna e poi deificato. E mentre Poseidone sarebbe stato deificato, divenendo un Dio, il figlio primogenito, Atlante, sarebbe diventato il primo Re di Atlantide. Re Atlante, ma non Dio come il padre Poseidone.
- Il paradigma sardo-corso-atlantideo NON prevede e NON teorizza nessuno tsunami. L’ipotesi di uno tsunami è presentata dal giornalista Sig. Sergio Frau, una persona straordinaria e da ammirare e rispettare. Il paradigma sardo corso atlantideo non necessita di uno tsunami, perché i cataclismi e terremoti sono semplicemente causati dal sollevamento del livello eustatico dell’Oceano Atlantico di Atlantide, oggi noto come Mar Mediterraneo Occidentale.
- Datazione dei Nuraghe errate: il paradigma sardo corso atlantideo prevede scientificamente il seguente fatto, che verrà dimostrato vero da futuri scavi archeologici, ossia che: la Sardegna è uno degli altopiani di Atlantide, che restano fuori dal pelo dell’acqua. I nuraghe che sono stati scavati (pochissimi rispetto ai quasi 8000 nuraghi già dimostrati presenti sul territorio) sono quelli più recenti in assoluto: ossia sono quelli che sono stati realizzati probabilmente DOPO l’affondamento parziale del blocco geologico sardo corso atlantideo. Quindi per trovare Nuraghi più antichi, magari risalenti anche a 10.000 anni fa, è necessario scavare di moltissimi metri sotto il fango depositatosi stratigraficamente sopra le paleocoste atlantidee, che oggi sono note ai geologi col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa”; oppure si rende necessario scavare da sottoterra e analizzare stratigraficamente i nuraghe che sono ancora sotto terra, coperti da strati di terra di riporto o terra eolica. In questo modo, si potranno avere maggiori dettagli su cosa sia avvenuto; su che dati oggettivi permettano di datare queste strutture e gli oggetti e utensili che verranno dissotterrati. Ormai, le prove che il paradigma sardo corso atlantideo sia corretto sono centinaia e centinaia, e tutto ciò non può essere considerato un caso da una persona dotata di buon senso.
- Napoli, una città intrisa di storia e cultura, custodisce tesori archeologici unici. Tra questi, i papiri carbonizzati di Ercolano, sepolti sotto la cenere vulcanica dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Questi antichi rotoli sono così fragili che non possono essere aperti senza danneggiarli. Tuttavia, grazie all’intelligenza artificiale, è stato possibile scoprire frammenti dei loro tesori letterari senza doverli aprire .Tre giovani ricercatori hanno vinto la Vesuvius Challenge, un premio di 700.000 dollari, per essere riusciti a leggere oltre 2000 lettere in greco da uno di questi papiri carbonizzati. L’impiego dell’intelligenza artificiale e scansioni ai raggi X ad altissima risoluzione ha reso possibile questa straordinaria lettura. Il team dietro questa scoperta è guidato da Nat Friedman, insieme al professore Brent Seales dell’Università del Kentucky e Daniel Gross.Questo progresso rivoluzionario apre nuove prospettive per la comprensione dei testi antichi e la preservazione del nostro patrimonio culturale. Grazie all’intelligenza artificiale, possiamo “leggere” i papiri senza toccarli, svelando segreti nascosti da secoli. Un connubio tra tecnologia moderna e antichità che ci avvicina al passato e ci aiuta a preservare la conoscenza per le generazioni future. Ora esiste la possibilità che il paradigma sardo corso atlantideo venga confermato in toto o in parte dai testi che verranno decodificati tramite l’intelligenza artificiale. Se il Vesuvius Challange dovesse confermare l’ipotesi sardo corso atlantidea, potrebbe accadere uno sconvolgimento dello scibile umano su molteplici livelli.
- Cancho Roano è realizzato probabilmente DOPO la sommersione del blocco sardo corso atlantideo.
In base a quale criterio si può affermare questo?
Gli atlantidei che hanno migrato in Spagna, erano di religione atlantidea ovviamente, per cui il loro concetto di sacro erano i cerchi concentrici di acqua e di terra. Ma Poseidone, il loro stesso Dio, li aveva sterminati. Quindi cosa fare? Se costruivano Cancho Roano con cerchi concentrici di terra e d’acqua, Poseidone avrebbe potuto trovarli e ucciderli. E allora cosa fecero? Cambiarono il loro modo di strutturare la città: la realizzarono per quadrati concentrici e circondata d’acqua, nella speranza che Poseidone non li avrebbe riconosciuti né uccisi. Ma fecero una cosa straordinaria: misero al centro di una sala il simbolo della metallurgia del Sulcis per dire che loro provenivano dal Sulcis; inoltre, come già fatto notare da altri studiosi, misero, nascosta, l’immagine dei cerchi concentrici del Sulcis sulla roccia ormai nota a tutti, che stava all’ingresso come architrave. La pietra infatti ricorda il sistema megalitico esportato dagli atlantidei, poi divenuti sardi e corsi, in tutto il Mediterraneo e ben oltre, fino ai paesi freddi del nord Europa. - Se la teoria sardo corso atlantidea è corretta, allora dev’essere capace di fare previsioni: facciamone una. In lingua Basca, UR significa Acqua. Se la lingua sumerica è simile al basco, allora UR significherà acqua. Ora: la migrazione atlantidea stava cercando una fonte di approvvigionamento d’acqua per creare una città, e infatti quando è arrivata al Golfo Persico ha trovato l’acqua e ha fondato UR. E pochi chilometri prima ha fondato URUK. Questa toponomastica risulta perfettamente in linea con il nuraghe S’Uraki. Quindi ora si può studiare la lingua sumera accostandola alla lingua basca ed è probabile che lo studio di queste lingue farà un balzo di anni luce in avanti.Detto ciò, ora si può procedere a fare analizzare la toponomastica sumerica da professori di linguistica di lingua madre basca, alla ricerca di somiglianze e similitudini che possano portare a nuove scoperte.Sappiamo inoltre che gli atlantidei usavano spesso dare nome “acqua” alle loro città, infatti ancora in Sardegna, che è un’altopiano di terra emersa fuori dall’acqua dell’isola di Atlantide, abbiamo: Caput Acquas, Acqua Callentis, Acquacadda, S’acqua callenti de susu, S’acqua callenti de baxiu, il paese medioevale di Acquafredda ormai scomparso e il Castello di Acquafredda. Quindi gli atlantidei cercavano l’acqua, per loro l’acqua aveva un valore immenso. Ed ecco che in questo scenario rientrano tutti i pozzi sacri sardi, ad esempio il pozzo di Santa Cristina e il pozzo di Santa Vittoria.
Da notare che i pozzi ora hanno nomi di Sante… cattoliche. Cosa significa? Che i Cristiani hanno costretto in qualche modo gli atlantidei a rinominare alcune loro località con nomi di santi: San Benedetto, Sant’Andrea, San Giovanni etc, facendo perdere buona parte della toponomastica atlantidea originaria. Come spiego altrove in questa pagina poi, Poseidone con le corna ed il tridente, dio dell’Acqua, diventa poi Satana o Lucifero, con le corna ed il forcone, dio del fuoco. Insomma, c’è stata, come cerco di mostrare in vari punti del mio testo, una cristianizzazione della religione atlantidea originaria. E il termine “atlantideo” è stato poi sostituito dal termine “nuragico”, inventato di sana pianta, se non erro, da Giovanni Lilliu. - I minoici erano avanzatissimi come popolo perché erano una colonia atlantidea. Ecco spiegata la presenza ovunque di temi marini: erano fedeli a Poseidone, dio di Atlantide sardocorsa, da qui la presenza dell’incisione di un tridente in una delle travi. Ecco la presenza di temi come i delfini. Ecco perché la donna aveva un ruolo molto libero: perché ad Atlantide le donne godevano di piena libertà: tutt’ora è presente una quantità enorme di reperti che mostrano una società matriarcale nell’altopiano di Sardegna, ed ecco spiegata anche la presenza delle Amazzoni di Mirina nel Lago Tritonide nell’attuale Provincia di Cagliari.
- Gli indiani Hopi, Mohave e Pueblo, i Nuhuatl e il popolo Azteco hanno origine dalle migrazioni atlantidee in epoca da definirsi. Al momento attuale in cui scrivo, oggi è il 5 febbraio 2024, non sono riuscito a capire in che data e per quale motivo gli Atlantidei abbiano migrato nelle Americhe. E’ però possibile che tra molti anni, scavando i famosissimi “mounds”, ossia i tumuli che si trovano in varie parti del mondo, si scopra nuovamente questo DNA che sarà finalmente analizzato e studiato come parte del DNA della popolazione proveniente dal blocco geologico sardo-corso semisommerso nel Mediterraneo, ossia Atlantide. Correzione 15 febbraio 2024: ho capito il motivo per cui gli indiani stavano migrando: erano popoli del mare, di quelli citati dagli egizi a Medinet Habu. Il motivo per cui hanno migrato è che si erano resi conto che l’isola di atlantide nell’oceano atlantico stava affondando sotto il mare, e quindi erano costretti a migrare, esattamente come altri popoli. In data di oggi non ho ancora capito la data della migrazione, ma è possibile che fosse il periodo citato a Medinet Habu. Il fatto che uno degli indiani si chiami Toro Seduto non è un caso: essi sono atlantidei e venerano il Dio Toro. Inoltre, in mancanza del toro veneravano il bisonte, che loro chiamavano Tatanka. Adesso si possono fare analisi e comparazioni linguistiche straordinarie, basandosi su tutte queste informazioni, perché ora sappiamo dal paradigma sardo corso atlantideo che gli atlantidei emigrati parlavano una lingua semita, agglutinante ed ergativa, quindi è già un ottimo punto di partenza per le analisi fatte con l’intelligenza artificiale.
- Sono convinto che gli Atlantidei avessero un comportamento neotenico, ossia macinavano il cibo per i vecchi per aiutarli a vivere più a lungo, permettevano ai cuccioli di vivere più a lungo la loro infanzia e adolescenza, senza necessità di diventare subito adulti.
Testi antichi riportano del mescolamento delle razze: libro di Enoch: i sorveglianti si innamorarono delle donne umane e si accoppiarono con esse: ciò può essere spiegato dal punto di vista evolutivo, vedasi a tal proposito questo video https://www.youtube.com/watch?v=6LVR9ImYpX4
mi sto addormentando: riguardare il video e spiegare come l’ibridazione tra 2 razze sia spiegabile con l’ibridazione sapiens-Neanderthal. Tutto converge verso la conferma di parte del libro di Enoch. Studiarlo. - Cucina Atlantidea: l’infinità di tipi di pane presenti in Sardegna non sono altro che un’eredità della cucina sardo corso atlantidea. La Sardegna è un altopiano di Atlantide rimasto fuori dal pelo dell’acqua, per cui questi tipi di pane sono quelli della montagna di Atlantide. Mancano i pani della piattaforma continentale sardo-corsa che ormai sono sotto il mare, per il momento difficilmente raggiungibili e studiabili. Abbiamo visto il culto atlantideo delle acque: non solo i pozzi sacri nuragico-atlantidei di Santa Cristina e Santa Vittoria nell’attuale Sardegna, ma anche tutta la toponomastica del Sulcis che richiama le fonti d’acqua poste da Poseidone: Acquacadda, Acqua Callentis, S’acqua callenti de susu e de baxiu, Acquafredda (cittadina medievale scomparsa), Piscinas etc… Quindi l’acqua era sacra agli atlantidei. Anche il pane è sacro ad Atlantide: e ancora resta questa sacra tradizione tra i Sardi (tra il popolo Corso non lo so, per adesso). Vorrei quindi far notare che in Sardegna, altopiano di Atlantide, abbiamo il “Casu Martzu”, ossia il “Formaggio Marcio”. Mi sono accorto in questi mesi che la tradizione del formaggio coi vermi resta in tutto il mondo proprio negli stessi posti che presentano lingue agglutinanti di natura e origine atlantidea, come la lingua Basca, Aquitana, lingue vascone in genere… evidentemente migrando, il popolo atlantideo ha portato con se la tradizione di nutrirsi di formaggio coi vermi o formaggio con le cimici. Il motivo, al momento attuale (6 febbraio 2024) non mi è del tutto chiaro. Tuttavia in Sardegna il formaggio marcio, o formaggio coi vermi, o casu martzu si mangia ancora oggi: io stesso me ne sono cibato in passato, quand’ero bambino. Riflettere a questa usanza mi ha fatto pensare che la civiltà sarda fosse veramente antica, al punto da mantenere ancora oggi usanze totalmente preistoriche che oggi non avrebbero nessun senso. Un altro punto che mi ha convinto di ciò è l’uso di arrostire a fuoco lento il maiale sotto terra, protetto da foglie di arbusti, come può essere l’alloro. Mi sono chiesto quale possa essere il popolo che per arrostire scava un buco in terra? Un popolo preistorico! In seguito, ho maturato l’idea che forse questa tecnica per arrostire fosse usata per cucinare il Mammuthus Lamarmorae. Cucinato a fuoco lentissimo, sotto terra, durante la preistoria, per permettere alle carni di ammorbidirsi e di prendere sapori e aromi delle erbe aromatiche. Permettetemi di citare un altro sito web:
“Il Casu Marzu è forse il più “famoso” e il prodotto apripista di questa riappropriazione gastronomica. Ma di formaggi con i vermi nella nostra penisola se ne mangiano da sempre e un po’ ovunque. In Abruzzo per esempio si trova il pecorino Marcetto o Cace Fraceche. In Calabria c’è il Casu du Quagghiu. In Puglia e in Molise lo chiamano Casu Punt o Puntu (cioè punto dalla mosca). In Piemonte c’è il “formaggio che cammina”, il Bross Ch’a Marcia, nell’entroterra ligure, invece, il Gorgonzola coi grilli (dove per grilli si intendono dialettalmente i vermi che saltano), in Emilia Romagna, in provincia di Piacenza, si trova la Robiola Nissa (formaggio nisso) e, per finire, a Udine il Saltarello.” Questo testo è tratto dall’ottimo sito web https://www.lacucinaitaliana.it/news/in-primo-piano/formaggi-con-i-vermi-casu-marzu/
Ora: la mia teoria sardo corso atlantidea, chiamata anche paradigma sardo corso atlantideo, dice che queste tradizioni di formaggi coi vermi, in tutta Italia e persino in tutta Europa, sono state portate dalla popolazione Atlantidea che era migrata dal blocco geologico sardo corso quando si erano accorti che questo stava “affondando”, in realtà era il livello marino che stava salendo.
In questo modo, usando i formaggi con i vermi, è possibile studiare, con calma, i movimenti e gli spostamenti della popolazione atlantidea nelle varie regioni d’Italia e d’Europa. - Ipotesi scientifica: le lingue agglutinanti di tutto il mondo sono atlantidee e hanno avuto origine nel blocco geologico sardo-corso attualmente semisommerso nel Mediterraneo Occidentale:
Ecco alcuni esempi di lingue agglutinanti:
Lingue Uraliche: Queste includono l’ungherese, il finlandese e l’estone.Lingue Altaiche: Queste includono il turco, il mongolo e le lingue tunguse.
Basco: Questa è l’unica lingua pre-indoeuropea sopravvissuta in Europa occidentale.
Giapponese: Questa lingua è nota per la sua struttura agglutinante.Confronto tra giapponese e coreanoCoreano: Anche se non è strettamente correlato al giapponese, ha una struttura simile.Esperanto: Questa lingua pianificata è progettata per essere facile da imparare e utilizza l’agglutinazione.Turco: Questa lingua è un esempio classico di lingua agglutinante.Lingue quechuaLingue Quechua: Queste lingue sono parlate in Sud America.Lingue dravidicheLingue Dravidiche: Queste lingue sono parlate in India meridionale, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka.Swahili: Questa lingua è la più diffusa tra le lingue bantu dell’Africa orientale.
Malay: Questa lingua è parlata in Malesia e Indonesia.
Le lingue agglutinanti sono quelle in cui le parole sono formate principalmente attraverso l’aggiunta di prefissi e suffissi. - Ipotesi scientifica: il basco ed il sumero sono lingue agglutinanti che hanno comune origine semitica agglutinante atlantidea nel blocco geologico sardo corso semisommerso.
- Oggi è il 8 febbraio 2024, ho notato l’incredibile toponimia atlantidea-basca chiamata Calagurris…
La popolazione atlantidea viveva nella piattaforma continentale sardo corsa, attualmente sommersa nell’Oceano Atlantico antico, oggi chiamato Mediterraneo Occidentale.Tra i popoli atlantidei abbiamo: i Sumeri, che a seguito dell’inabissamento delle paleocoste atlantidee si sono trasferiti a vivere in Mesopotamia, e infatti erano già esperti di canalizzazione, avevano una propria lingua già sviluppata e matura perché è una delle varianti della lingua atlantidea parlata nel blocco geologico sardo corso prima della sua semi-sommersione; avevano già le leggi atlantidee, da cui molti anni dopo derivò il Codice di Hammurabi col rimescolamento cognitivo con le altre culture mesopotamiche. Un altro popolo atlantideo sono i Vascones, oggi chiamati popolo Basco: infatti la lingua basca è una lingua atlantidea semitica agglutinante esattamente come la lingua sumerica. Nei paesi baschi notiamo che la città post-atlantidea di Kalaris in Sardegna, oggi chiamata Cagliari, ha un toponimo quasi identico nei paesi baschi con Calagurris. Quindi abbiamo Calaris in Sardegna e Calaguris nei paesi baschi: ad oggi 8 febbraio 2024 non ho ancora scoperto il significato di questi due toponimi atlantidei.Tra i popoli che invece migrarono da Atlantide chiamata anche Meropide prima del suo parziale affondamento, troviamo in America: gli indiani Hopi, gli indiani Mohave e gli Aztechi, che infatti crearono una città simile al Sulcis, ossia simile alla capitale di Atlantide nell’attuale sud della Sardegna. Il nome “Utah” negli Stati Uniti ha origini indigene. Deriva dal nome della tribù Ute che significa “gente di montagna” nel linguaggio Ute1. Secondo altre fonti, “Utah” deriva dal nome Apache “Yudah” che significa “alto”. In lingua spagnola veniva chiamata “Yuta”, successivamente l’utilizzo della lingua inglese ha adattato la parola in “Utah”.Gli indiani Hopi vivevano e vivono tuttora nel nord-est dell’Arizona, negli Stati Uniti1. La loro riserva, conosciuta come la Riserva Hopi, è situata vicino alla Black Mesa2. Questa riserva è abitata prevalentemente da Pueblos Hopi e Tewa1.Per più di 2.000 anni, gli Hopi hanno vissuto in quella che oggi è conosciuta come la regione dei Four Corners, dove si incontrano Arizona, New Mexico, Utah e Colorado3. La loro riserva occupa circa 1,5 milioni di acri, che comprendono solo una piccola parte delle loro terre tradizionali3.Gli Hopi sono conosciuti per le loro fattorie a terrazza e la profonda spiritualità2. Sono noti anche per le loro abitazioni chiamate pueblos, che sono case fatte di fango e pietre4.Esiste quindi una “strana coincidenza” della presenza di una tribù chiamata Ute, lingua Ute, mentre nel Sulcis, capitale di Atlantide in Sardegna altopiano di Atlantide/Meropide, abbiamo una località/paese chiamato Uta, ancora esistente, del quale al momento attuale ignoro l’origine toponomastica. Quindi esiste una sorta di concordanza di tutte queste informazioni, che permettono di avanzare l’ipotesi che gli Hopi e i Mohave abbiano detto la verità, affermando nelle loro leggende di provenire da un’isola che stava affondando nell’Oceano Atlantico antico, che purtroppo oggi noi chiamiamo Mediterraneo Occidentale, e quindi diventa impossibile comprendere di cosa stiano parlando: i Mohave, gli Hopi e gli Aztechi hanno affermato di provenire dal blocco geologico sardo-corso prima che questo venisse inghiottito dalle acque dell’ “Oceano Atlantico”. Probabilmente anche il popolo degli Ebrei è una migrazione atlantidea dalla piattaforma continentale sardo-corsa, infatti la loro terra era affondata, sommersa, e loro quindi sbarcarono con le navi nel deserto e andarono continuamente in cerca di una “terra promessa” perché la loro era stata sommersa dalle acqua, come raccontato nella saga di Gilgamesh dagli atlantidei Sumeri e dagli atlantidei Ebrei del racconto storico di Noè, che quindi non è un mito ma il ricordo di fatti realmente accaduti.https://www.treccani.it/enciclopedia/tag/calagurris/ -
Cosa accadrebbe se gli studiosi dovessero confermare l’ipotesi sardo corso atlantidea?
Se gli studiosi dovessero confermare l’ipotesi sardo corso atlantidea, le implicazioni sarebbero molteplici e potrebbero avere un impatto significativo su vari campi di studio:
Riscrittura della storia: La scoperta di una civiltà avanzata sulla piattaforma continentale sardo-corsa potrebbe portare a una riscrittura radicale della storia umana e della preistoria. Questa rivelazione potrebbe cambiare la nostra comprensione delle migrazioni umane, influenzando le teorie esistenti sulle rotte migratorie e sulle interazioni tra diverse culture. Inoltre, potrebbe portare a nuove scoperte sulla storia geologica del Mediterraneo, offrendo una nuova prospettiva sulla formazione geografica della regione e sulle sue implicazioni per lo sviluppo delle civiltà antiche.
Impatto sulla linguistica: Se fosse dimostrato che lingue come il sumerico e il basco derivano da una lingua atlantidea comune, ciò potrebbe rivoluzionare la linguistica storica e la tipologia linguistica. Questa scoperta potrebbe portare a nuove teorie sulla formazione e l’evoluzione delle lingue, offrendo nuove prospettive sulle relazioni tra le lingue e sulla loro diffusione geografica.
Ricerca archeologica e geologica: La conferma dell’ipotesi potrebbe stimolare ulteriori ricerche archeologiche e geologiche nel Mediterraneo. Questo potrebbe portare alla scoperta di nuovi siti archeologici e reperti che potrebbero fornire ulteriori prove a sostegno dell’ipotesi. Inoltre, potrebbe stimolare nuove ricerche geologiche per comprendere meglio i processi che hanno portato alla formazione e alla successiva sommersione della piattaforma continentale sardo-corsa.
Implicazioni culturali e politiche: La conferma dell’ipotesi potrebbe avere anche implicazioni culturali e politiche. Ad esempio, potrebbe influenzare l’identità culturale dei popoli moderni che si ritengono discendenti delle popolazioni atlantidee. Questo potrebbe portare a un rinnovato senso di identità e appartenenza per queste comunità. Inoltre, potrebbe avere implicazioni politiche, influenzando le rivendicazioni territoriali e le relazioni internazionali tra i paesi del Mediterraneo.
Implicazioni per l’antropologia e la sociologia: La conferma dell’ipotesi potrebbe avere un impatto significativo su come comprendiamo l’evoluzione sociale e culturale delle società umane. Potrebbe portare a nuove teorie sull’origine delle strutture sociali, delle pratiche religiose e delle tradizioni culturali.
Implicazioni per la geografia e l’ecologia: La scoperta di una civiltà avanzata sulla piattaforma continentale sardo-corsa potrebbe portare a nuove comprensioni della geografia del Mediterraneo e del suo impatto sull’ecologia della regione. Potrebbe anche stimolare ulteriori ricerche sulle implicazioni di tali cambiamenti geologici sulla biodiversità e sugli ecosistemi.
Implicazioni per l’educazione: La conferma dell’ipotesi potrebbe portare a cambiamenti significativi nei programmi di studio in vari campi, dalla storia alla linguistica, dall’archeologia alla geologia. Potrebbe stimolare un interesse rinnovato per queste discipline tra gli studenti e il pubblico in generale.
Implicazioni per la letteratura e le arti: La conferma dell’ipotesi potrebbe ispirare nuove opere letterarie, artistiche e cinematografiche basate sulla storia e sulla cultura dell’Atlantide. Potrebbe anche portare a una rilettura delle opere esistenti che si occupano del mito dell’Atlantide.
Implicazioni per la filosofia e la teologia: La conferma dell’ipotesi potrebbe portare a nuove riflessioni filosofiche e teologiche sull’origine dell’uomo, sul significato della storia e sul ruolo della divinità nelle vicende umane. Potrebbe stimolare un dibattito rinnovato su questi temi tra filosofi, teologi e pensatori.
Se l’ipotesi sardo corso atlantidea fosse confermata, ci sarebbero diverse implicazioni per la genetica:
Studio della diversità genetica: La conferma dell’ipotesi potrebbe portare a nuovi studi sulla diversità genetica delle popolazioni moderne e antiche. Ad esempio, potrebbe stimolare ricerche sulla diversità genetica dei popoli moderni che si ritengono discendenti delle popolazioni atlantidee, come i Sardi, i Corsi, i Baschi, e altri.
Origine delle popolazioni: La conferma dell’ipotesi potrebbe portare a nuove scoperte sull’origine delle popolazioni. Ad esempio, potrebbe fornire nuove informazioni sulla migrazione e l’evoluzione delle popolazioni umane nel corso della storia.
Evoluzione delle specie: La conferma dell’ipotesi potrebbe anche avere implicazioni per lo studio dell’evoluzione delle specie. Ad esempio, potrebbe portare a nuove scoperte sulle specie che vivevano sulla piattaforma continentale sardo-corsa e su come si sono evolute nel corso del tempo.
Genetica delle malattie: Infine, la conferma dell’ipotesi potrebbe avere implicazioni per lo studio della genetica delle malattie. Ad esempio, potrebbe portare a nuove scoperte sulle malattie genetiche che sono più comuni nelle popolazioni che si ritengono discendenti delle popolazioni atlantidee.
- Ci sono diverse coincidenze tra i toponimi baschi e quelli sardi. Ecco alcuni esempi:
- Aritzo: Esiste un paese chiamato “Aritzu” nei Paesi Baschi e un paese chiamato “Aritzo” in Sardegna1. “Aritz” significa “quercia” in basco1.
- Uri: “Uri” è un comune in Sardegna e “ur” significa “acqua” in basco1. Questo potrebbe suggerire una connessione tra i due toponimi.
- Galostiu/Gorostoi: L’agrifoglio si chiama “galostiu” in sardo e “gorostoi” in basco1.
- Lessa e Sorabile: Sono nomi presenti nella toponomastica romana con equivalenti baschi1.
Inoltre, uno studio ha individuato più di sessanta suffissi uguali o molto simili tra i toponimi delle due aree: -aga, -ai, -ara, -ate, -be, -bila, -di, -erri, -gana, -iri, -ili, -ola, -tza, -tzu, -uri1.
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Tanit non è una dea, è un’isola, il blocco geologico sardo corso prima si essere semi-sommerso nell’antico Oceano Atlantico ora detto Mediterraneo Occidentale. In geroglifico, Ta Neith, “Terra di Neith”, ossia terra della Dea Atena, che è sarda, nata sul lago Tritonide in provincia di Cagliari ma anticamente chiamata Libia, nel IV capitolo delle Storie di Erodoto. Quand’ero piccolo mi sembrava un’omino stilizzato. Ci ho messo 40 anni a capire che la Terra di Neith è il blocco geologico sardo corso: il cerchio, che sembra una testa, è la Corsica. Altri studiosi invece hanno tradotto “La signora dei serpenti” traducendo da altre lingue rispetto al geroglifico. Quelle che sembrano braccia sono la divisione tra Corsica e Sardegna, ossia il tratto di mare alle Bocche di Bonifacio. Il triangolo sotto è la Sardegna stilizzata. Tanith, Ta Neith, la terra della dea Neith, ossia Atena, divinità sardo-corsa, protettrice, stranamente, di Atene e venerata nella città di Sais in Egitto, dove il sacerdote Sonchis di Sais raccontò la storia di Atlantide a Solone intorno al 590 a.C. Ho pubblicato tutte queste informazioni con centinaia di prove, che è impossibile riassumere qui, sono in fase di analisi da parte degli studiosi.In pratica: la storia antica è tutta sbagliata, persino le cartografie, che vanno ricostruite daccapo. Con le cartine sbagliate, si sbaglia la comprensione dei testi antichi.Il testo della Meropide di Teopompo di Chio, ad esempio: Meropide era l’isola sardo corsa quando era ancora terra emersa, ma i libri non lo riportano: vanno riscritti.
- Rujm el-Hiri: Il Legame con l’Antica Atlantide
Rujm el-Hiri, conosciuto anche come Gilgal Refaim o Rujm al-Hirrī, è un sito archeologico di grande fascino situato nelle alture del Golan. Questo monumento megalitico antico, risalente alla prima età del Bronzo (3000-2750 a.C.), è composto da cerchi concentrici di pietra, con un tumulo centrale alto circa 4,5 m. Il sito è caratterizzato da oltre 42.000 rocce basaltiche disposte in cerchi concentrici.Questo sito è, senza ombra di dubbio, legato all’antica Atlantide, l’isola leggendaria descritta da Platone nelle sue opere “Timeo” e “Crizia”. L’Atlantide corrisponde al blocco geologico sardo-corso, una regione che include la Sardegna, la Corsica e le loro piattaforme continentali. Questa regione, nota anche come la piattaforma continentale sardo-corsa, era abitata dal popolo di Atlantide.Il popolo di Atlantide, esperto nelle tecniche di costruzione megalitica, ha viaggiato fino alle alture del Golan e ha costruito Rujm el-Hiri. Questo sito rappresenta un legame tra le antiche civiltà del Mediterraneo e quelle del Medio Oriente.La connessione tra Rujm el-Hiri e l’antica Atlantide non è solo una teoria, ma una convinzione basata su anni di ricerca e studio. - Ipotesi scientifica: le lingue agglutinanti ergative hanno origine nella piattaforma continentale sardo corsa prima della sua sommersione devastante che costrinse interi popoli a migrare. Ecco spiegata l’origine comune di queste lingue dallo stesso luogo geografico: il blocco geologico sardo corso atlantideo.
quindi lingue come il Basco e il Sumero avrebbero la stessa origine atlantidea nell’isola sardo corsa prima della sua parziale semi-sommersione.
Le lingue agglutinanti ergative rappresentano una categoria specifica di lingue che esibiscono caratteristiche peculiari sia a livello morfologico che sintattico. La loro origine e sviluppo sono oggetto di intensi studi e dibattiti tra linguisti e ricercatori nel campo delle lingue naturali.Le lingue agglutinanti si distinguono per un elevato grado di polisintetismo. In altre parole, le parole in queste lingue sono formate da una serie di affissi che vengono aggiunti a una radice verbale o nominale. Questi affissi possono veicolare una varietà di informazioni grammaticali, tra cui persona, numero, tempo, aspetto, modo e caso.L’ergatività, d’altra parte, è una caratteristica distintiva della morfosintassi di queste lingue. In una lingua ergativa, il soggetto di un verbo intransitivo e l’oggetto di un verbo transitivo sono marcati nello stesso modo, una forma chiamata ergativo, mentre il soggetto di un verbo transitivo è marcato in modo diverso, una forma chiamata assolutivo.L’origine delle lingue agglutinanti ergative può essere ricondotta a una serie di fattori. Questi includono la migrazione di popolazioni, il contatto linguistico tra diverse comunità, l’evoluzione storica e geografica delle lingue, e le influenze culturali. Alcune teorie suggeriscono che queste lingue possano avere radici nelle antiche lingue proto-indoeuropee o nelle lingue dell’Asia centrale e della Siberia. Altre teorie propongono che queste lingue possano essere il risultato di percorsi evolutivi indipendenti in diverse regioni del mondo, come l’Asia orientale, l’Asia centrale e le Americhe.Tuttavia, non esiste un consenso universale sull’origine delle lingue agglutinanti ergative. La ricerca in questo campo è tuttora in corso e la complessità intrinseca delle lingue naturali, insieme alla loro evoluzione storica, rende difficile tracciare con precisione le loro origini. Nonostante queste sfide, gli studi sulle lingue agglutinanti ergative continuano a fornire intuizioni preziose sulla diversità e la complessità del linguaggio umano. - Ipotesi della Origine Sardo-Corso-atlantidea del Proto-Indo-Europeo di Luigi UsaiSulla base del paradigma sardo corso atlantideo, proponiamo l’ipotesi che il Proto-Indo-Europeo (PIE) possa essere stato la lingua o le lingue parlate nella piattaforma continentale sardo-corsa prima della sua parziale sommersione.Secondo questa ipotesi, la lingua PIE non sarebbe un’entità astratta ricostruita, ma piuttosto una lingua reale o un gruppo di lingue che sono state effettivamente parlate in un’area geografica specifica, in questo caso la piattaforma continentale sardo-corsa.Questa ipotesi implica che le lingue indoeuropee, piuttosto che essere originate da una protolingua astratta, potrebbero essere derivate da lingue effettivamente parlate in un’area geografica specifica. Inoltre, suggerisce che la dispersione delle lingue indoeuropee potrebbe essere stata facilitata dalla parziale sommersione della piattaforma continentale sardo-corsa.Questa ipotesi offre una nuova prospettiva sulla questione dell’origine delle lingue indoeuropee e potrebbe aprire nuove vie di ricerca nel campo della linguistica storica. Tuttavia, come tutte le ipotesi scientifiche, richiede ulteriori ricerche ed evidenze empiriche per essere confermata o smentita.Ricordiamo che questa è solo un’ipotesi e, come tale, necessita di ulteriori ricerche e verifiche per essere accettata dalla comunità scientifica. La formulazione di ipotesi è un passo fondamentale nel processo scientifico, ma è altrettanto importante sottoporre queste ipotesi a un rigoroso esame critico.
- La teoria di Luigi Usai sull’Atlantide in Sardegna non è solo una semplice teoria, ma bensì un potenziale cambiamento di paradigma in diverse discipline. Se confermata, infatti, essa avrebbe un impatto significativo su una vasta gamma di campi, tra cui:
Storia: La scoperta di Atlantide in Sardegna riscriverebbe la storia antica del Mediterraneo, spostando l’attenzione sulla Sardegna come culla di civiltà avanzate.
Archeologia: Nuove ricerche e scavi archeologici si concentrerebbero sull’isola, alla ricerca di prove concrete della civiltà atlantidea.
Geologia: La datazione e la formazione del blocco geologico sardo-corso assumerebbero un’importanza fondamentale per la comprensione del mito di Atlantide.
Geografia: La configurazione del Mediterraneo in epoca preistorica andrebbe riconsiderata, includendo la piattaforma continentale sardo-corsa come parte emersa.
Commercio antico: Le rotte commerciali e le relazioni tra le civiltà mediterranee dovrebbero essere reinterpretate alla luce della scoperta di Atlantide.
Giurisprudenza: Le implicazioni legali relative alla proprietà dei resti archeologici e dei territori sommersi potrebbero essere rilevanti.
Oltre a queste discipline, anche la linguistica, la mitologia, la religione e l’urbanistica potrebbero essere interessate da questa scoperta.
Tuttavia, è importante sottolineare che la teoria di Usai è ancora in fase di sviluppo e necessita di ulteriori prove per essere validata. La comunità scientifica è in fermento e il dibattito è acceso.
- Il 12 febbraio 2024 ho scoperto queste cose alle 18:41 circa, alla Piadineria delle Vele, sorseggiando un cappucino. Ero allucinato, con le mani in testa dall’emozione. Il Codice Aubin è un prezioso documento storico che offre una dettagliata narrazione testuale e iconografica della storia degli Aztechi. Questo codice spazia dal momento della partenza degli Aztechi da Aztlán, attraverso la conquista spagnola, fino al primo periodo coloniale spagnolo, estendendosi fino al 1607.Composto da 81 fogli, il Codice Aubin iniziò probabilmente ad essere redatto nel 1576. Si ritiene che fra’ Diego Durán abbia supervisato la sua compilazione, poiché fu pubblicato nel 1867 con il titolo di “Historia de las Indias de Nueva-España y isles de Tierra Firme”, attribuendo a Durán l’autorato.Tra gli argomenti trattati, il Codice Aubin contiene una dettagliata descrizione del massacro avvenuto nel tempio di Tenochtitlán nel 1520. Attualmente, il Codice Aubin è conservato presso il British Museum di Londra. Mi son reso conto che la lingua originaria messicana è Uto-Azteca, e che è una lingua semitica agglutinante ergativa esattamente come il basco e il sumerico. Questa scoperta è impressionante per me che non sono un linguista. Inoltre, mi sono reso conto che l’origine delle vocali lunghe e brevi è di origine atlantidea: infatti la stessa caratteristica linguistica si trova nella lingua Nehuatl. Ora però devo lasciare la palla ai linguisti, perché mi mancano le competenze per proseguire sull’argomento.
- Scoperte fatte in piadineria alle Vele il 12 febbraio 2024 ore 18:41
Il popolo Ebreo della Bibbia è una migrazione atlantidea.Le paleocoste del blocco sardo corso stavano per essere sommerse, così “Noè”, (il semitico non è vocalizzato, quindi in realtà è una N; ora il Noè, N ebreo; il Noè Sumero è Anu, che non vocalizzato è N… si chiamano tutti e due N, ma sono vocalizzati diversamente: si tratta di un errore di vocalizzazione a distanza di qualche millennio?) caricò animali vari e famiglie sull’arca e partì in direzione ignota, alla ricerca di una Terra, promessa da Dio: la Terra Promessa. La Bibbia, considerata Sacra Bibbia, in realtà è un testo letterario generato dalla popolazione atlantidea Ebraica migrata dalle paleocoste di Atlantide, ossia del blocco sardo corso atlantideo, verso terre ignote alla ricerca di una Terra Promessa. Quindi gli Isri sono nominati nella Stele di Merenptah, che è un documento archeologico: vagavano nel deserto cercando una terra, il Faraone si preoccupa, perché potrebbero unirsi ai nemici, e sono già oltre 600.000 unità… questo popolo migrante atlantideo fa paura: gli egizi sanno che gli Atlantidei sono un popolo fiero, arrogante, presuntuoso e guerriero, come raccontato da Sonchis di Sais: in Sardo diremmo: “funti barrosusu, boganta s’atza”. Ci sono prove che il popolo Ebreo sia popolo Atlantideo? Si: la storia del diluvio universale è il racconto della semi-sommersione del blocco geologico sardo corso, come anche quella della Saga di Gilgamesh; a El Ahwat è stata trovata una cittadella nuragica, prova archeologica schiacciante che non si tratti di vaneggi o deliri, ma di storia antica e archeologia, ossia sono dati scientifici, non fantasie campate per aria; Mose ha ricevuto le Tavole della Legge, che contengono i Dieci Comandamenti, sul Monte Sinai: quando scende, trova gli Ebrei, un popolo atlantideo, che ha ricominciato a venerare gli Dei di Atlantide, dove si venerava il Toro: e infatti hanno fuso un vitello d’oro. Mosè salì a prendere le Tavole delle Leggi, ossia i 10 comandamenti, sul Monte Sinai, e in Sardegna abbiamo una toponomastica identica, il paese di Sinnai, ma con raddoppiamento consonantico tipico della pronuncia sarda. A El Ahwat la cittadella nuragica, e nel nuraghe Santa Barbara di Macomer si forma un torello di luce in giorni speciali dell’anno, non ricordo se equinozi o solstizi.
Il torello è un toro, quindi il toro è dio, e Dio di Luce, Dio è Luce per i sardi. E infatti la Bibbia dice che “Dio è la luce del mondo”. Questa è una frase tipicamente atlantidea: dal Vangelo di Giovanni: “Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: ‘Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita’” (Giovanni 8:12) i nuragici infatti, ossia gli atlantidei che abitavano l’altopiano di terra che rimase emerso dopo la semi-sommersione del blocco geologico sardo corso, avevano l’usanza di far entrare il sole dalle finestre dei nuraghi in modo che creassero l’immagine del loro dio, il dio Toro, in particolari date che probabilmente erano per loro sacre. Il fenomeno sacro della luce divina è noto anche nell’effetto che si ottiene al pozzo sacro di Santa Cristina quando si forma un’ombra di un essere umano capovolta a testa in giù. Abbiamo tutte le prove sotto gli occhi, ma fino ad oggi non siamo stati capaci di leggerle in maniera corretta. Il Corano, nella civiltà Islamica, parla di un popolo che è quello di Atlantide: il popolo degli “Ad”. Popolo di Ad, o popolo degli Aditi, cercate online e documentatevi, non fidatevi solo di ciò che scrivo io: gli Ad o Aditi sono gli Atlantidei, ossia gli abitanti del blocco geologico sardo corso. Questo popolo però è descritto come un popolo semi-leggendario, che venne punito dagli Dei e sterminato in massa (però non spiegano che Dio affonda la loro isola di Atlantide, ossia il blocco geologico sardo corso…). Tra gli Indù, in India, esiste una dea chiamata Aditi, che ha forma di vacca (la vacca è la femmina del Toro, ricordate? Il dio di Atlantide?). La Bibbia quindi è letteratura atlantidea creata dopo la semi-sommersione del blocco geologico sardo corso: il semiaffondamento di quest’isola enorme, talvolta chiamata Merope, ha causato un trauma così violento nelle popolazioni che è rimasto documentato per migliaia e migliaia di anni fino ai giorni nostri, quando un abitante di un altopiano di Atlantide, Luigi Usai, è riuscito finalmente a capire tutto e a rendere pubbliche queste informazioni. Quindi le lingue semitiche agglutinanti ergative sono tutte atlantidee, provengono tutte da Atlantide. A questo punto, mi viene istintivo pensare che anche il proto-cartvelico sia una lingua di derivazione atlantidea nel Caucaso, in Turchia, in Azerbaijian, in Israele… è assurdo, il paradigma sardo corso atlantideo spiega migliaia e migliaia di cose che prima sembravano impossibili da comprendere.
Nell’antica mitologia egizia, il dio Heka, noto per il suo potere magico, svolse un ruolo cruciale nella distruzione del serpente Apopi, l’acerrimo nemico del dio solare Ra. Questa epica battaglia tra il bene e il male ha avuto un impatto significativo sulla cultura e sulla religione dell’Antico Regno, con un culto dedicato a Heka che risale a quel periodo.Interessantemente, questa immagine di un dio che sconfigge un serpente malefico ha trovato risonanza anche in altre culture. Ad esempio, nella tradizione ebraica, l’immagine di Heka che distrugge Apopi è stata reinterpretata come la Madonna Vergine che schiaccia il serpente, un simbolo di Satana. Questa trasformazione culturale sottolinea l’interconnessione e l’influenza reciproca delle diverse tradizioni religiose nel corso della storia. A mio avviso il popolo nuragico-ebreo, che era stato schiavo in Egitto per molti anni, aveva semplicemente acquisito questo “linguaggio religioso” e l’aveva fatto suo, fino a riprodurlo e riproporlo sotto un’altra veste di immagini religiose.
A tutto ciò aggiungiamo la toponomastica: in Sardegna esiste ancora Gesico, gli Ebrei avevano Gerico; questa può essere una pista da seguire dal punto di vista logico, per le analisi e le interpretazioni future.
Il Mikveh e i Pozzi Sacri Nuragici: Un Approfondimento Linguistico e Culturale.
L’ebraismo e la civiltà nuragica, pur distanti nel tempo e nello spazio, condividono un elemento fondamentale nelle loro pratiche rituali: l’utilizzo dell’acqua come strumento di purificazione e sacralità. Questo articolo si propone di esplorare le analogie e le differenze tra il Mikveh ebraico e i Pozzi Sacri Nuragici.Il Mikveh nell’Ebraismo è un bagno rituale utilizzato per la purificazione, la cui parola ebraica “Mikveh” significa “raccolta”, riferendosi all’acqua contenuta nella vasca. L’immersione completa nel Mikveh rappresenta un obbligo religioso in diverse situazioni, quali il ciclo mestruale, il parto e il contatto con un cadavere, praticato principalmente tra gli ebrei ortodossi e conservatori.I Pozzi Sacri Nuragici in Sardegna sono strutture templari ipogee risalenti all’Età del Bronzo, utilizzate per il culto delle acque, elemento fondamentale nella religione nuragica. Le elaborate architetture di tali pozzi testimoniano l’importanza del rituale legato all’acqua nella civiltà nuragica, con la Sardegna che vanta una ricca toponomastica legata al culto delle acque, evidenziando la centralità di tale elemento nella cultura megalitica.Analizzando i paralleli e le differenze, emerge che sia il Mikveh che i Pozzi Sacri Nuragici sono connessi all’acqua come elemento purificatore e sacro. Entrambe le strutture sono state erette con particolare cura e attenzione ai dettagli, sottolineando l’importanza del rituale dell’immersione.Nonostante queste somiglianze, le differenze sono evidenti: il Mikveh è specifico della religione ebraica, mentre i Pozzi Sacri Nuragici appartengono alla cultura nuragica della Sardegna. Mentre il Mikveh è finalizzato alla purificazione rituale individuale, i Pozzi Sacri Nuragici erano luoghi di culto collettivo dedicati all’acqua.In conclusione, Mikveh e Pozzi Sacri Nuragici, pur condividendo l’elemento sacro dell’acqua, rappresentano due espressioni distinte di ritualità e spiritualità in contesti culturali e religiosi diversi. Questo confronto enfatizza la diversità e la ricchezza delle tradizioni spirituali umane, sottolineando al contempo il ruolo universale dell’acqua come simbolo di purificazione e rinascita.Segue una versione aggiornata delle informazioni sui rituali di purificazione con l’acqua nei Paesi Baschi:Battesimo: Il battesimo cristiano, presente in molte culture, simboleggia la purificazione dai peccati originali1. Non si hanno informazioni specifiche sulle pratiche basche legate al battesimo che coinvolgano l’immersione del bambino in un fiume o in una sorgente naturale.Akelarre: L’antico rituale precristiano di “Akelarre”, associato alle streghe, prevedeva danze e riti propiziatori attorno a un fuoco, spesso vicino a sorgenti d’acqua23. L’acqua era considerata un elemento purificante per allontanare gli spiriti maligni e prepararsi al rituale.Itturriak: Non risultano informazioni specifiche sulle “Itturriak”, sorgenti sacre dedicate a divinità precristiane, nei Paesi Baschi.Beltane: La festa di “Beltane”, celebrata il 1° maggio, segna l’inizio dell’estate e include riti di purificazione con l’acqua4. Tuttavia, non si trovano informazioni che collegano specificamente questa festa ai Paesi Baschi.Pozzi sacri: Non sono disponibili informazioni specifiche sui pozzi sacri nei Paesi Baschi. I pozzi sacri sono una caratteristica notevole della cultura nuragica della Sardegna5.Inoltre, sebbene esistano diverse leggende e storie popolari basche, non si trovano informazioni specifiche che associino l’acqua alla purificazione e alla guarigione. La figura della “laminak”, una creatura mitologica femminile associata alle sorgenti d’acqua, rappresenta la connessione tra l’acqua e il mondo spirituale nei Paesi Baschi67.In conclusione, l’acqua riveste un ruolo di rilievo in molte culture e tradizioni, compresa quella basca. Tuttavia, le informazioni specifiche sui rituali di purificazione con l’acqua nei Paesi Baschi possono essere limitate o non facilmente accessibili. Si consiglia di condurre ulteriori ricerche o di consultare esperti di cultura basca per ottenere informazioni più dettagliate e accurate. Sottolineiamo l’importanza di rispettare le diverse culture e religioni durante lo studio dei rituali di purificazione.La letteratura ebraica è atlantidea come quella sumerica:
Mosè sale sul Monte Sinai nel Deserto del Sinai, in Sardegna esiste ancora la toponomastica Sinnai; gli atlantidei chiamati nuragici, ossia dei monti di un altopiano di atlantide, fondono i bronzetti in bronzo, gli Ebrei fondono un vitello d’oro, perché il vitello è il figlio del Dio Toro; “Dio è la luce del mondo” in Giovanni 8:12, e per gli atlantidei nuragici il Dio Toro si manifesta dalla finestra del nuraghe Santa Barbara di Macomer attraverso la luce che crea un torello alla base del Nuraghe nel sostizio di primavera; il blocco sardo corso Atlantide è stato sommerso e gli Ebrei hanno il racconto del Diluvio Universale; la figlia del faraone che prende Mosè e lo alleva si chiama Bithia, e Bithia è il nome di un’altro toponimo della Sardegna antica, posto nella località di Chia vicino a DOMUS DE MARIA (Casa di Maria, in lingua sarda), vicino alla spiaggia SU GIUDEU (significa il giudeo, in lingua sarda), qualsiasi sardo capisce cosa sto dicendo… fa quasi ridere…Did Modern Jews Originate in Italy? | Science | AAAS - Nuova ipotesi scientifica:
Un Antico “Monumento” Sconosciuto Nascosto Sotto il Mare di Galilea
Un team di ricercatori dell’Università di Tel Aviv ha scoperto un misterioso monumento nascosto sotto le onde del Mare di Galilea. Il sito somiglia ai primi siti funerari in Europa ed è stato probabilmente costruito nell’Età del Bronzo.La Scoperta
I ricercatori hanno inciampato in un monumento a forma di cono, di circa 70 metri di diametro, 12 metri di altezza e pesante circa 60.000 tonnellate, mentre conducevano un’indagine geofisica sul Mare di Galilea meridionale. Le scoperte iniziali indicano che la struttura è stata costruita su terraferma circa 6.000 anni fa e successivamente sommersa sotto l’acqua.La Struttura
La struttura è composta da pietre vulcaniche chiamate basalto. Poiché il deposito più vicino di questa pietra si trova a più di un miglio di distanza, si ritiene che siano state portate al sito appositamente per questa struttura. Per stimare l’età della struttura, i ricercatori si sono rivolti all’accumulo di sabbia intorno alla sua base. A causa dell’accumulo naturale di sabbia nel corso degli anni, la base si trova ora da 2 a 3 metri sotto il fondo del Mare di Galilea.Il Significato
Il dottor Yitzhak Paz dell’Autorità delle Antichità e dell’Università Ben-Gurion ritiene che il sito, che è stato recentemente dettagliato nel International Journal of Nautical Archaeology, somigli ai primi siti funerari in Europa e sia stato probabilmente costruito nell’Età del Bronzo. Crede che ci possa essere una connessione con la vicina antica città di Beit Yerah, la città più grande e fortificata della zona.
Prossimi Passi
Il team di ricerca prevede di organizzare scavi subacquei per saperne di più sulle origini della struttura, compresa un’indagine sulla superficie su cui è stata costruita la struttura. Questa scoperta apre nuove possibilità per la ricerca archeologica e potrebbe portare a una migliore comprensione della storia antica della regione.
Conclusione
Secondo il paradigma sardo corso atlantideo, queste strutture potrebbero essere di origine atlantidea. Questa teoria sostiene che tali strutture siano state realizzate dalle popolazioni che abitavano il blocco geologico sardo corso e le sue paleocoste prima della loro sommersione. Questa prospettiva offre una nuova lente attraverso cui esaminare e interpretare le scoperte archeologiche nel Mare di Galilea e altrove.Tuttavia, come con tutte le teorie scientifiche, è importante che queste idee siano sottoposte a un rigoroso esame e verifica da parte della comunità scientifica. Solo attraverso questo processo possiamo sperare di avvicinarci alla verità sulla storia antica della regione e del suo legame con la storica Atlantide, ossia il blocco geologico sardo corso attualmente semi-sommerso.In conclusione, la scoperta di questo antico “monumento” sconosciuto sotto il Mare di Galilea apre nuove possibilità per la ricerca archeologica e potrebbe portare a una migliore comprensione della storia antica della regione. - Vocalizzazione semitica agglutinante ergativa atlantidea delle due note parole SRDN (che molti hanno interpretato: Sherden, Shardan, Shardana) e SPRD (Esperidi) nella loro traduzione originaria. Io non sono un linguista, quindi non ho la capacità di comprendere i meccanismi esatti. Però nella loro traduzione italiana, che non fa assolutamente fede, perché gli antichi non parlavano nell’italiano di oggi, abbiamo già un 75% di corrispondenza, 3 lettere su 4. Ora, usando il mio metodo di ricerca, basato sull’insight, sull’intuizione, posso immaginare che la lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa parlata ad Atlantide non fosse vocalizzata, come accade con l’arabo standard di oggi (esistono però ad esempio dei testi del Corano vocalizzati per aiutare i bambini o lettori che imparano). Quindi è possibile che, tornati in Grecia, i naviganti abbiano vocalizzato la le 4 lettere atlantidee SRDN in maniera differente, dando origine al Giardino delle Esperidi. Supponiamo quindi che SRDN significhi ISRI EDEN, ossia il Giardino dell’Eden degli Isri, il popolo nominato nella stele di Merenptah, un documento epigrafico storico antico egizio di cui trovate moltissime informazioni online. E’ possibile che il nome Eden degli Isri sia stato poi rivocalizzato in Grecia come Giardino delle Esperidi, storpiandone il concetto iniziale e deformandolo, rendendolo così indecifrabile ed incomprensibile.
Auguro un buono studio ai linguisti che vorranno cimentarsi con questo lavoro di ricerca. - Nuragico significa Atlantideo. Chiamare Nuragico il periodo Atlantideo è come chiamare CocaColotica la civiltà americana o come chiamare würstelotica la società tedesca. Giovanni Lilliu è stato un grande per tante cose, ma ciò non significa che sia infallibile: abbiamo già visto nei millenni precedenti cosa accadeva quando si diceva “Ipse Dixit”, per Aristotele… non bisogna mai assolutizzare i lavori degli autori, si rischia di fare gravissimi errori. Se è stato Lilliu a inventare il termine “nuragico”, ormai questo termine ha fatto il suo tempo e deve essere sostituito col termine Atlantideo. Così tutta la Storia Antica tornerà al suo posto, finalmente, e riusciremo a vedere la realtà con gli occhi di chi davvero conosce e capisce. La mia osservazione suggerisce una revisione del termine “nuragico” con “atlantideo” per riferirsi alla civiltà nuragica della Sardegna, ed è importante considerare che questa proposta potrebbe essere controversa e richiedere una discussione più ampia nella comunità accademica. Storicità del termine “nuragico”: Il termine “nuragico” è stato utilizzato per lungo tempo per descrivere la civiltà preistorica della Sardegna, caratterizzata dalla presenza di migliaia di torri di pietra atlantidee chiamate “nuraghi”. Questo termine è ampiamente riconosciuto e accettato dagli studiosi nel campo dell’archeologia e della storia antica, quindi sarà incredibilmente difficile far capire alla Comunità Scientifica che si è sbagliato per almeno 2000 anni nel nominare questo tipo di civiltà.Contesto storico-culturale: Il termine “atlantideo” si riferisce tradizionalmente alla leggendaria civiltà di Atlantide, di cui si parla nei dialoghi di Platone e che questo sito web afferma essere il blocco geologico sardo corso e una realtà storica veramente esistita e non fittizia. Essendo Atlantide la stessa cosa della civiltà nuragica, sostituire il termine “nuragico” con “atlantideo” riporterebbe ordine nel pensiero scientifico, in quanto i due concetti sono identici e appartengono a contesti storici perfettamente congruenti, come già spiegato dal sacerdote Sonchis di Sais a Solone intorno al 590 Avanti Cristo.Accettazione accademica: Una proposta di questo tipo richiederebbe un’ampia discussione e valutazione da parte della comunità accademica, coinvolgendo archeologi, storici e linguisti. Le modifiche ai termini utilizzati per descrivere le culture e le civiltà devono essere supportate da evidenze solide e da un consenso accademico ampio.In definitiva è legittimo e scientificamente doveroso esplorare nuove interpretazioni e approcci nella ricerca storica, sostituire il termine “nuragico” con “atlantideo” richiederebbe una discussione rigorosa e un’analisi approfondita delle implicazioni linguistiche, culturali e storiche coinvolte causate dalle scoperte di Luigi Usai compiute a partire dal 2021 a Quartucciu.
- Possibilità che la “cassapanca sarda con 4 ruote”, bronzetto nuragico atlantideo sia l’arca dell’Alleanza: verificare eventuali possibili collegamenti con CHINE – XIXe siècle
Vaso Fang Ding con decorazione di maschera Taotie arcaizzante
Bronzo con patina
H. 133 cm – L. 11,5 cm – P. 7,5 cm
Fori
E’ possibile che i Fang Ding siano un’antica migrazione sardo-corso-atlantidea in Cina? E che abbiano realizzato la loro versione dell’arca dell’alleanza in bronzo, però inserendo il Dio Toro sul fronte? Verificare. -
La letteratura ebraica è atlantidea come quella sumericaMosè sale sul Monte Sinai nel Deserto del Sinai, in Sardegna esiste ancora la toponomastica Sinnai; gli atlantidei chiamati nuragici da Giovanni Lilliu come se io chiamassi gli Americani i CocaColotici e i Tedeschi i Würstelotici, atlantidei-nuragici ossia dei monti di un altopiano di Atlantide oggi chiamato Sardegna, fondono i bronzetti nuragico-atlantidei in bronzo, gli Ebrei fondono un vitello d’oro, perché il vitello è il figlio del Dio Toro, e infatti “Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” Giovanni 3,16-1816 Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.“Dio è la luce del mondo” in Giovanni 8:12, e per gli atlantidei nuragici il Dio Toro si manifesta dalla finestra del nuraghe Santa Barbara di Macomer attraverso la luce che crea un torello alla base del Nuraghe nel sostizio di primavera;Dal Vangelo di Giovanni: “Gesù parlò loro di nuovo, dicendo: ‘Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita’” (Giovanni 8:12)la piattaforma continentale del blocco sardo corso Atlantideo è stata sommersa e gli Ebrei hanno il racconto del Diluvio Universale, esattamente come i Sumeri;la figlia del faraone che prende Mosè e lo alleva si chiama Bithia, e Bithia è il nome di un’altro toponimo della Sardegna antica, posto nella località di Chia vicino a DOMUS DE MARIA (Casa di Maria, in lingua sarda), vicino alla spiaggia SU GIUDEU (significa il giudeo, in lingua sarda), qualsiasi sardo capisce cosa sto dicendo… fa quasi ridere… o forse piangere perché fino ad oggi non se n’era mai accorto nessuno!! Gli Ebrei erano una migrazione antica dal blocco sardo corso perché le paleocoste stavano per essere sommerse (il diluvio universale è l’innalzamento del livello eustatico marino del Mediterraneo Occidentale, anticamente chiamato Oceano Atlantico).Le paleocoste sommerse sardo-corse erano abitate da una civiltà che ha migrato in tutte le direzioni: le migrazioni diedero origine ai Baschi (Vasconi), ai Sumeri, ai Villanoviani, agli indiani Hopi, Mohave, ai popoli di lingua uto-azteca Nehuatl e varianti, e ovviamente ai Sardi e Corsi. Gli Ebrei erano post-nuragici.La popolazione atlantidea viveva nella piattaforma continentale sardo corsa, attualmente sommersa nell’Oceano Atlantico antico, oggi chiamato Mediterraneo Occidentale.Tra i popoli atlantidei abbiamo: i Sumeri, che a seguito dell’inabissamento delle paleocoste sardo-corso-atlantidee si sono trasferiti a vivere in Mesopotamia, e infatti erano già esperti di canalizzazione, avevano una propria lingua già sviluppata e matura perché è una delle varianti della lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa parlata nel blocco geologico sardo corso prima della sua semi-sommersione; avevano già le leggi atlantidee, da cui molti anni dopo derivò il Codice di Hammurabi col rimescolamento cognitivo con le altre culture mesopotamiche. Un altro popolo atlantideo sono i Vascones, oggi chiamati popolo Basco: infatti la lingua basca è una lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa esattamente come la lingua sumerica. Nei paesi baschi notiamo che la città post-atlantidea (ossia seguente alla sommersione della piattaforma continentale sardo-corsa) di Kalaris in Sardegna, oggi chiamata Cagliari, ha un toponimo quasi identico nei paesi baschi con Calagurris (oggi Calahorra). Quindi abbiamo Calaris in Sardegna e Calaguris nei paesi baschi: ad oggi 8 febbraio 2024 non ho ancora scoperto il significato di questi due toponimi.Tra i popoli che invece migrarono da Atlantide chiamata anche Meropide prima del suo parziale affondamento, troviamo in America: gli indiani Hopi, gli indiani Mohave e gli Aztechi che infatti crearono una città simile al Sulcis, ossia simile alla capitale di Atlantide nell’attuale sud della Sardegna.Probabilmente anche il popolo degli Ebrei è una migrazione atlantidea dalla piattaforma continentale sardo-corsa, infatti la loro terra era affondata, sommersa, e loro quindi sbarcarono con le navi nel deserto e andarono continuamente in cerca di una “terra promessa” perché la loro era stata sommersa dalle acqua, come raccontato nella saga di Gilgamesh dagli atlantidei Sumeri e dagli atlantidei Ebrei del racconto storico di Noè, che quindi non è un mito ma il ricordo di fatti realmente accaduti.Ecco perché a Bologna esiste la mummia Usai: perché Usai è un cognome atlantideo di popolazioni che provengono dal blocco geologico sardo-corso attualmente semi-sommerso da quello che è stato definito “Diluvio Universale”, nell’antico oceano atlantico oggi definito Mediterraneo Occidentale. La mummia Usai è famosissima in tutto il mondo ma non è valorizzata come una mummia di origini atlantidee. Insomma, noi esseri umani abbiamo fallito fino ad oggi nel tentativo di decodificare il passato. Ecco perché il Museo di Torino è pieno di Bronzetti Egizi ma non se ne capiva la provenienza, e l’Egitto, siccome i bronzetti sono più legati alla cultura nuragica-atlantidea rimasta con vastissime prove, li ha allontanati dall’Egitto come se non facessero parte della loro cultura, ma questa è una menzogna.
- La “Mano di Irulegi” è un reperto archeologico di straordinaria importanza scoperto nel 2021. Questa sottile scultura di una mano, realizzata in bronzo, risale all’inizio del primo secolo a.C. È stata rinvenuta durante gli scavi archeologici nel sito di Irulegi, situato nella Valle de Aranguren, in Spagna.La Mano di Irulegi si distingue per la sua iscrizione in sardo corso atlantideo, una lingua semitica agglutinante ergativa atlantidea parlata nel blocco geologico sardo corso prima del suo affondamento. Questa iscrizione rappresenta la testimonianza scritta più antica della lingua sardo corso atlantideo di cui siamo a conoscenza in territorio di Navarra. La scoperta potrebbe fornire nuove informazioni sulle origini di questa lingua, come affermato dal paradigma sardo corso atlantideo formulato dallo studioso Luigi Usai1.La mano è stata realizzata su una lastra di bronzo battuto esattamente in stile atlantideo-nuragico come veniva fatto coi bronzetti nuragici, stirato, levigato e ritagliato. Le sue dimensioni sono di 143,1 mm di altezza, 127,9 mm di larghezza e 1,09 mm di spessore, e pesa 35,9 grammi. Sul dorso della mano è presente una iscrizione che consta di quattro righe e 40 segni. Questa iscrizione è di particolare importanza poiché offre una rara visione della lingua sardo corso atlantideo antica in territorio navarrese.La Mano di Irulegi è stata dichiarata “Bene di Interesse Culturale” dal Governo di Navarra. Questo riconoscimento sottolinea l’importanza del reperto per la comprensione della storia e della cultura del blocco geologico sardo corso.La Mano di Irulegi rappresenta una scoperta significativa che potrebbe cambiare la nostra comprensione della storia della lingua sardo corso atlantideo e delle sue mutazioni in territorio Basco e Vascone, soprattutto in relazione alla lingua sumerica ed ebraica, ed alle altre lingue uto-azteche parlate dai popoli americani. Questo reperto offre una preziosa testimonianza del passato e potrebbe gettare nuova luce sulle radici della cultura del blocco geologico sardo corso1.
- Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (S.C.A.) offre una prospettiva innovativa sulla storia antica. Secondo questo paradigma, la lingua atlantidea, parlata sulla piattaforma continentale sardo-corsa, era una lingua semitica, agglutinante ed ergativa, con affinità non solo al sumerico e al basco, ma anche ad altre lingue come l’Hopi, il Mohave, l’Azteco, il Nahuatl e le lingue uto-azteche, come osservato da Luigi Usai.La presenza di caratteri proto-sumerici sul Fuente Magna, come suggerito da alcune ricerche, è coerente con la teoria S.C.A. Questa teoria prevede infatti che tali caratteri rappresentino la lingua atlantidea della piattaforma continentale sardo-corsa. Questa previsione sembra rafforzare la validità del paradigma S.C.A., poiché una teoria scientifica valida che sfida il paradigma scientifico dominante deve essere in grado di fare previsioni accurate.Il Fuente Magna, un reperto archeologico che sfida le attuali spiegazioni scientifiche, trova una possibile interpretazione nel paradigma S.C.A. Secondo questa teoria, il Fuente Magna sarebbe stato prodotto ed esportato dalla piattaforma continentale sardo-corsa, ora sommersa nell’antico Oceano Atlantico, come descritto da Sonchis di Sais e da Erodoto nelle sue Storie. Questo oceano è oggi identificato come il Mediterraneo Occidentale, il mare che circonda la Sardegna, la Corsica e le Baleari.Il paradigma S.C.A. suggerisce che le popolazioni atlantidee che popolavano la piattaforma continentale sardo-corsa potrebbero aver migrato in tempi preistorici, portando con sé il Fuente Magna, che poi è stato abbandonato o smarrito nel punto in cui è stato ritrovato. Questa teoria non ricorre a ipotesi fantastiche come alieni, astronavi, marziani o teletrasporto, ma spiega i reperti con fatti oggettivi e realistici, addirittura probabili.In conclusione, il paradigma S.C.A. apre una nuova e stimolante prospettiva sulla storia antica, offrendo possibili spiegazioni a alcuni dei misteri più affascinanti dell’archeologia. Tuttavia, come tutte le teorie scientifiche, necessita di ulteriori ricerche e conferme empiriche per essere pienamente accettata.
- Se il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (S.C.A.) fosse confermato come valido, ciò avrebbe profonde implicazioni sulla nostra comprensione della scoperta dell’America. Secondo questa teoria, le migrazioni atlantidee dalla piattaforma continentale sardo-corsa potrebbero aver avuto un impatto significativo sulla storia dell’America precolombiana, potenzialmente anticipando e influenzando la scoperta del continente da parte degli europei.Se le popolazioni atlantidee provenienti dalla Sardegna e dalla Corsica migrarono attraverso l’Atlantico verso le Americhe in tempi preistorici, ciò suggerirebbe che l’America non fu “scoperta” da Cristoforo Colombo nel 1492, ma piuttosto che i contatti tra il Vecchio e il Nuovo Mondo avvennero molto tempo prima. Queste migrazioni atlantidee potrebbero aver portato conoscenze, tecnologie e influenze culturali nelle Americhe, contribuendo allo sviluppo delle civiltà precolombiane.Questo scenario rivoluzionario riscriverebbe completamente la narrazione tradizionale della scoperta dell’America e solleverebbe importanti questioni sulla storia e sull’interazione umana nel corso dei millenni. Se le migrazioni atlantidee avessero effettivamente portato le popolazioni sardo-corse nelle Americhe, ciò avrebbe ampie implicazioni non solo per la storia dell’America, ma anche per la nostra comprensione dell’evoluzione e dello sviluppo delle civiltà umane in generale.Tuttavia, è importante sottolineare che questa teoria è ancora in fase di studio e discussione, e che sono necessarie ulteriori ricerche e prove per confermarla in modo definitivo. Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo offre una prospettiva intrigante e stimolante sulla storia antica, ma è fondamentale condurre ulteriori indagini interdisciplinari per valutare la sua validità e il suo impatto sulla nostra comprensione della storia umana.
- La mia nuova ipotesi suggerisce un legame intrigante tra l’Herodion in Israele e la ziqqurat di Monte d’Accoddi in Sardegna. Secondo questa visione, l’Herodion rappresenterebbe un’evoluzione delle tecniche costruttive dei Sardo-Corso-Atlantidei. Dopo molti anni, questi abili costruttori avrebbero perfezionato le loro tecniche e sviluppato uno stile architettonico unico, diverso da quello originale di Monte d’Accoddi.L’Herodion, una collina a forma di tronco di cono che si eleva per circa 60 metri sulla piana circostante, è un esempio di questa evoluzione. Sulla sua sommità, Erode il Grande costruì un palazzo-fortezza tra il 23 e il 15 a.C., dimostrando una combinazione di palazzo e fortezza che era comune a diverse costruzioni erodiane, come Masada. Questa struttura, simiata in Cisgiordania, a 12 km a sud di Gerusalemme, è un esempio impressionante di questa evoluzione architettonica.D’altra parte, il Monte d’Accoddi in Sardegna è un sito archeologico prenuragico fondato tra il 4000 e il 3650 a.C. e ampliato tra il 2800 e il 2400 a.C. Questo sito ospita un tipo di architettura che di solito si associa all’antica Mesopotamia. A Monte d’Accoddi si trova una ziqqurat, un edificio di base quadrata che si eleva in modo piramidale, che rappresenta le radici di questa tradizione costruttiva.La mia ipotesi che l’Herodion possa essere un’evoluzione della ziqqurat di Monte d’Accoddi è affascinante. Entrambe le strutture presentano caratteristiche architettoniche uniche e sono testimonianze significative delle rispettive civiltà. Tuttavia, non ci sono prove dirette che collegano le due strutture o indicano che l’Herodion sia un’evoluzione diretta della ziqqurat di Monte d’Accoddi. Le somiglianze possono essere il risultato di soluzioni architettoniche simili a sfide simili, piuttosto che il risultato di un collegamento diretto o di un’evoluzione da una struttura all’altra. Inoltre, la ziqqurat di Monte d’Accoddi è molto più antica dell’Herodion, il che rende difficile stabilire un collegamento diretto tra le due. Nonostante queste differenze, sia l’Herodion che la ziqqurat di Monte d’Accoddi rimangono importanti siti archeologici che offrono preziose intuizioni sulle civiltà che li hanno costruiti, che a mio avviso sono Sardo-atlantidea in un caso, e Ebreo-atlantidea nell’altro. La mia ipotesi aggiunge un ulteriore livello di complessità e interesse a queste due affascinanti strutture. E’ possibile che la scalinata breve di Monte d’Accoddi sia stata modificata per manie di grandezza, rendendola nell’Herodion gigantesca al punto da raggiungere la cima di un colle, un po’ come la Torre di Babele era il tentativo di raggiungere Dio, insomma, sempre un vano motivo di dimostrare sfarzo, ricchezza e superiorità.
- I Tamil occupano un posto di rilievo nel vasto panorama delle culture e delle lingue del mondo. Originari dello Stato del Tamil Nadu nel sud-est dell’India e del nord-est dello Sri Lanka, i Tamil sono un gruppo etnico dravidico che parla una lingua unica e possiede una cultura ricca e antica. Secondo il paradigma sardo corso atlantideo proposto dal Dr. Luigi Usai, la lingua Tamil potrebbe essere un’eredità diretta dei Sardo-Corso-Atlantidei, un popolo che avrebbe vissuto sulla piattaforma continentale sardo corsa attualmente semisommersa, noti come Atlantidei. Questa ipotesi suggerisce che il Tamil sia una lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa, un tipo di lingua che presenta caratteristiche uniche nella formazione delle parole e nella struttura delle frasi. Un altro elemento interessante della cultura Tamil è la tradizione dei giochi coi tori, conosciuta come Jallikattu. Questa tradizione, che ha radici antiche, potrebbe essere un’eredità diretta della cultura Atlantidea. Mentre in altre culture, come quella dei Baschi, questa tradizione si è evoluta nel tempo, passando dall’encierro alla corrida, i Tamil hanno in uso un altro nome, che non è chiaro al momento se sia quello originale oppure modificato nei millenni, di Jallikattu, e hanno conservato molte delle sue caratteristiche che non sappiamo ancora se siano quelle originali. Nonostante le somiglianze e i possibili collegamenti, è importante sottolineare che non ci sono prove dirette che confermino queste ipotesi. Le somiglianze potrebbero essere il risultato di sviluppi indipendenti o di influenze culturali diffuse piuttosto che di un’evoluzione diretta da una cultura all’altra. Tuttavia, queste ipotesi aggiungono un ulteriore livello di complessità e interesse alla storia dei Tamil e offrono nuove prospettive per ulteriori ricerche e scoperte. Nel frattempo, i Tamil rimangono un importante gruppo etnico e linguistico che offre preziose intuizioni sulle civiltà che li hanno formati. Adesso sarà interessante studiare la cultura Dravidica come cultura post-atlantidea. Il fatto che i Tamil siano stanziati lungo le coste di varie nazioni, lascia pensare che siano un Popolo del Mare, ossia un popolo atlantideo.
- Nuova ipotesi scientifica: i Popoli del Mare sono i popoli di origine atlantidea.
Il paradigma sardo corso atlantideo prevede che i Popoli del Mare citati dagli Egizi siano i popoli di origine sardo corso atlantidea, ossia popoli che abitavano le paleocoste atlantidee, ossia le paleocoste di Merope o della Meropide, ossia che abitavano la piattaforma continentale sardo corsa attualmente semi-sommersa sotto l’antico Oceano Atlantico. Quando questi popoli si resero conto che l’isola sardo-corsa stava per finire sommersa, hanno dovuto prendere una decisione: morire sotto il mare oppure fuggire. Il paradigma sardo corso atlantideo quindi ipotizza che questi popoli si siano divisi verso tutte le direzioni possibili o quasi: un gruppo è partito verso Ovest, i discendenti di quelli che poi sarebbero diventati gli indiani Hopi, Mohave, i Nehuatl e gli Aztechi, che infatti hanno mantenuto tradizioni che raccontano esattamente la storia di Atlantide, ossia di provenire da un’isola che stava affondando nell’Oceano Atlantico (oggi lo chiamiamo Mediterraneo Occidentale, ecco perché non l’abbiamo trovata fino al 2021). Un gruppo è diventato il popolo dei Villanoviani, ricchissimo di simbologia atlantidea a cerchi concentrici e finte porte, che sono poi passate alla cultura Etrusca. Un gruppo è diventato gli Ebrei, un altro i Sumeri con scrittura cuneiforme. Un gruppo è diventato il popolo dei Vasconi (i Vascones per i Romani) oggi divenuti i Baschi, che infatti hanno comunanze linguistiche e toponomastiche con gli altri popoli, come i Sardi. La teoria sardo corso atlantidea prevede anche che un gruppo etnico sia diventato la popolazione Dravidica Tamil, che infatti presenta per adesso almeno due caratteristiche atlantidee: il Jallikattu, ossia la tradizione dei giochi coi tori, detti anche tauromachie, e la lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa. A questo punto, viste tutte queste apparenti coincidenze e caratteristiche, viene istintivo pensare le seguenti cose: se tutto il paradigma sardo corso atlantideo è vero, si può fare un’altra ipotesi scientifica sui Minoici. - Ipotesi scientifica: i Minoici sono Popoli del Mare, ossia atlantidei, e quindi dovrebbero presentare due caratteristiche: una la tauromachia e la seconda, una lingua semitica agglutinante ergativa. Ora, la tauromachia minoica è conosciutissima in tutto il mondo: il palazzo di Cnosso infatti è pieno di rimandi a tori ed alla tauromachia, giochi di abitanti con delfini (sono infatti atlantidei o popolo del mare) e con tori (ad Atlantide sardo corsa si venerava il Dio Toro e suo figlio, il vitello-torello di luce che entrava dalla finestra dei nuraghi, che poi verrà antropomorfizzato nel Figlio di Dio umano, ossia Gesù Cristo). Se sono state trovate scritte linguistiche minoiche, quindi, sarà possibile darle in pasto ad una intelligenza artificiale che abbia avuto un massiccio training con tutte le lingue semitiche agglutinanti ergative a disposizione.
- Ipotesi scientifica: sono lieto di presentare una teoria innovativa che riguarda il complesso sistema di glifi noto come Rongorongo. Questo enigmatico sistema di scrittura, rinvenuto sull’Isola di Pasqua nel XIX secolo, ha resistito a numerosi tentativi di decifrazione per più di un secolo. Tuttavia, propongo una nuova ipotesi intrigante: il Rongorongo potrebbe essere una manifestazione linguistica del popolo del mare atlantideo che si è insediato in questa regione.I glifi di Rongorongo sono stati prevalentemente identificati su tavolette di legno, ma anche su statue e ornamenti, come il Rei Miro. Questi reperti, scoperti nel XIX secolo e talvolta danneggiati, sono ora custoditi in vari musei e collezioni private in tutto il mondo, testimoniando la ricchezza culturale dell’Isola di Pasqua.La mia teoria si basa sulla suggestione che il popolo del mare atlantideo, noto per la loro venerazione del toro e la pratica della tauromachia, potrebbe aver portato con sé la propria lingua e cultura durante la migrazione verso l’Isola di Pasqua. Si ipotizza che questa lingua, di natura semitica atlantidea e caratterizzata da un’agglutinazione ergativa, possa aver costituito la base del sistema di scrittura Rongorongo.Se questa ipotesi fosse confermata, potrebbe gettare nuova luce sulle peculiarità del Rongorongo, come il suo schema di scrittura bustrofedico inverso, in cui la direzione della scrittura si alterna tra destra e sinistra ad ogni riga. Inoltre, molti dei glifi raffigurano forme umane, animali e vegetali, oltre a forme geometriche astratte, che potrebbero riflettere le influenze culturali del popolo del mare atlantideo.È fondamentale sottolineare che questa è soltanto una teoria e richiede ulteriori indagini per essere validata. Tuttavia, auspico che possa aprire nuove prospettive di studio sul mistero del Rongorongo e delle sue origini. Se la mia ipotesi si dimostrasse accurata, potrebbe portare nuova luce non solo sulla storia dell’Isola di Pasqua, ma anche sulla storia dell’umanità nel suo complesso, rivelando nuovi collegamenti tra culture e civiltà antiche.
- Controverifica secondo il metodo scientifico: se gli indiani Mohave e Hopi sono di origine atlantidea, devono presentare le due fondamentali caratteristiche atlantidee dei popoli del mare provenienti dall’Isola sardo corso atlantidea: devono adorare il toro e devono avere una lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa. Gli indiani venerano e cercano e seguono i “Tatanka”, ossia i bisonti, animali di grandissima importanza nella loro cultura e società; sembra infatti che l’adorazione del toro sia mutata in adorazione dei bisonti. La lingua di questi due gruppi di indiani è quella uto-azteca, quindi è ergativa agglutinante. Sembra quindi che la teoria linguistica atlantidea di Luigi Usai, lo scrivente, sia corretta e spieghi moltissimi dati, moltissimi usi e costumi: gli indiani adoravano i bisonti perché originariamente erano di religione atlantidea!
Una vera teoria scientifica infatti deve essere capace di spiegare dei fatti, degli eventi, e sembra che il paradigma sardo corso atlantideo sia vero e corretto, in quanto per il momento non va mai in contraddizione con se stesso. - In questa dissertazione, mi propongo di esporre una tesi innovativa che riguarda i cosiddetti “Popoli del Mare”, un conglomerato di popolazioni marittime che hanno segnato la storia dell’età del Bronzo con le loro incursioni. Questa tesi, che si basa su un’analisi interdisciplinare che coinvolge geologia, archeologia, linguistica e moltissime altre discipline, postula che i Popoli del Mare siano in realtà gli abitanti originari del blocco geologico sardo-corso, costretti a migrare a causa della semi-sommersione del loro territorio.La semi-sommersione del blocco sardo-corso è un fenomeno geologico documentato e ben noto alla geologia, causato da una combinazione di fattori tra cui l’innalzamento del livello del mare dopo l’ultima glaciazione e forse, secondo l’ipotesi dello scrivente Dr. Luigi Usai, l’attività sismica lungo una faglia di Wadati-Benioff sottostante al Sulcis (Luigi Usai, 2021). Questo evento avrebbe provocato una migrazione di massa delle popolazioni residenti, che si sarebbero disperse in molte direzioni e zone del Mediterraneo e dell’attuale Oceano Atlantico.La traccia di questa migrazione si ritrova, secondo la nostra ipotesi, nelle culture, nelle lingue, nell’architettura delle regioni in cui questi popoli si sono insediati. Questa connessione, se confermata, potrebbe gettare nuova luce sulla questione dei Popoli del Mare e sulla loro origine, fornendo un collegamento con l’antica civiltà dell’Atlantide, come nel racconto di Sonchis di Sais a Solone nel Timeo e nel Crizia di Platone.Tuttavia, come con qualsiasi teoria scientifica, questa ipotesi richiede ulteriori ricerche e conferme da parte della comunità scientifica. La scienza, come ha sottolineato Karl Popper (La logica della scoperta scientifica, 1934), è un processo continuo di formulazione di ipotesi, verifica empirica e revisione critica. Pertanto, continuerò a esplorare questa affascinante questione, alla ricerca di nuove prove e connessioni che possano arricchire la nostra comprensione del passato.
- Ipotesi sul Disco di Festo: è stato ritrovato un documento archeologico anomalo come il Fuente Magna, chiamato il Disco di Festo. Il paradigma sardo corso atlantideo (paradigma S.C.A.) offre una spiegazione convincente per la scrittura nel disco di Festo e la presenza di una figura che assomiglia a un indiano d’America. La scrittura atlantidea, come dimostrato dal paradigma S.C.A., è semitica, agglutinante ed ergativa. Questo potrebbe spiegare la possibile scrittura nel disco di Festo, un enigma archeologico che ha sfidato gli studiosi per secoli. Inoltre, si ritiene che le migrazioni atlantidee siano arrivate in America prima di Cristoforo Colombo, diventando gli antenati di vari gruppi etnici indiani come gli Hopi e i Mohave, nonché degli Aztechi e dei Nahuatl. Questo potrebbe spiegare la presenza di una figura che assomiglia a un indiano d’America: era un personaggio di uno dei popoli poi migrati verso le americhe, che hanno mantenuto quel tipo di acconciatura dei capelli, anche se al momento non è chiaro quale (Cheyenne?). Queste connessioni tra culture e lingue diverse dimostrano l’interconnessione della storia umana e la sua influenza sulla nostra comprensione del passato ma richiedono un ulteriore sforzo di ricerca per arrivare ad una soluzione finale di questo intrigante enigma storico.
- Origine Atlantidea degli Ebrei: Le teorie più accettate sull’origine degli ebrei sono basate su fonti storiche, archeologiche e bibliche. Ecco un riassunto delle informazioni più rilevanti:
- Origini Bibliche: La storia degli ebrei narrata nella Bibbia racconta che Yahweh ordinò ad Abramo di trasferirsi dalla Mesopotamia nella terra di Canaan. Racconta della secolare schiavitù in Egitto e del ritorno del popolo ebraico alla terra promessa, guidato da Mosè1. Yahweh risulta essere una divinità nuragica da alcuni studi recenti, e i nuragici abitavano atlantide del blocco sardo corso attualmente semi-sommerso.
- Origini Storiche: Dal punto di vista storico, il racconto biblico non è stato creduto affidabile soprattutto per quanto riguarda le fasi più antiche della storia degli ebrei. Le prime fonti storiche che parlano del popolo d’Israele risalgono circa al 1200 a.C., ossia la data approssimativa nella quale i Popoli del Mare, ossia gli Atlantidei, come dimostrato in questo sito web, hanno cercato di sbarcare in Egitto e sono stati respinti, come dalle prove storico-archeologiche delle iscrizioni in geroglifico a Medinet Habu. La cultura ebraica si è sviluppata nell’area degli attuali Israele, Palestina, Libano e Giordania, presso una società di pastori seminomadi, che parlavano una lingua semitica e vivevano suddivisi in clan e tribù1. E abbiamo mostrato in altre parti di questo testo che la lingua atlantidea era semitica, agglutinante ed ergativa. In pratica, respinti dal Faraone si stabiliscono nelle zone libere attigue, dove possono sbarcare per cercare una terra, e questo popolo sono proprio atlantidei e nuragici, che hanno tutti gli usi e costumi del blocco sardo corso, inclusa la religione nuragica del torello-vitello di luce, figlio del Dio Toro.
- Regno di Israele e Giuda: Intorno al 900 a.C., alcune tribù ebraiche avevano istituito un regno, chiamato regno d’Israele, con capitale a Samaria. Abbiamo detto che la migrazione atlantidea dei Sumeri usava la lingua atlantidea semitica agglutinante ergativa chiamata sumerico. La parola Sumer, non vocalizzata come avviene in semitico, è SMR; e gli ebrei chiamano la capitale Samaria, che non vocalizzata è SMR. Queste da sole potrebbero essere coincidenze, ma moltissime coincidenze cominciano ad essere alquanto improbabili. E’ più probabile che tutto ciò abbia un senso logico. Nell’VIII sec. a.C., gli Assiri distrussero la città e deportarono i suoi abitanti in Mesopotamia. In seguito, emerse il regno di Giuda, più a sud, con capitale Gerusalemme, dove sorgeva il più importante tempio dedicato a Yahweh1.
- Esilio Babilonese: Nel VI secolo a.C., il re babilonese Nabucodonosor attaccò il regno di Giuda e la sua capitale, distruggendo il tempio e deportando parte degli abitanti a Babilonia1.
- Diaspora: Dopo il periodo di dominazione romana, la popolazione ebraica si è dispersa in diverse parti del globo nel I secolo d.C., successivamente riallacciandosi parzialmente nel moderno Stato di Israele1. Ma abbiamo già visto che c’era già stata una diaspora: quella del popolo atlantideo dal blocco geologico sardo corso. Quindi sembra che i Romani stiano applicando nuovamente la stessa politica della diaspora da Atlantide e la applicano agli ebrei atlantidei nel 70 dopo Cristo. Non si tratta di una coincidenza, è una cosa voluta appositamente.
Ricorda che queste sono teorie basate su fonti storiche e archeologiche, e ci possono essere diverse interpretazioni e dibattiti tra gli studiosi su questi argomenti: tuttavia questo sito web mostra un cambio di paradigma storico, archeologico, scientifico, linguistico, antropologico che andrebbe seriamente preso in considerazione.
- Ipotesi scientifica di lavoro: la mummificazione è un’arte di origine Atlantidea, insegnata all’antico Egitto quando erano i loro sovrani, e poi rimasta dopo la semi-sommersione del blocco geologico sardo corso atlantideo. Le colonie atlantidee che andarono verso l’America prima che venisse scoperta, o che forse già la conoscevano in tempi preistorici e noi potenzialmente ignoriamo questo fatto, hanno portato le tecniche mummificatorie in America e tramandato questi usi e costumi ai loro discendenti, che l’hanno utilizzata, lasciando perplessi gli studiosi, che rivedevano una pratica egizia dalla parte opposta del mondo. Abbiamo però già visto che le migrazioni dei popoli del mare atlantidei portarono anche le lingue semitiche atlantidee agglutinanti ergative come quelle uto-azteche e nehuatl. Sulla mummificazione ad oggi 15 febbraio 2024 non sono esperto, per cui non posso aggiungere altri dettagli alla mia analisi, ma molti studiosi, partendo da questa mia intrigante ipotesi, potrebbero ricavarne moltissime altre informazioni. Ad esempio, il popolo dei Guanci può essere un gruppo di persone che decise di diventare stanziale e creò quella civiltà dopo le migrazioni partite dal blocco sardo corso atlantideo. Ecco perché sono presenti a Tenerife Domus de Janas atlantidee, simboli basati su spirali e cerchi concentrici di natura atlantidea, e persone mummificate secondo l’ipotetico rito atlantideo, ancora da comprovare scientificamente.
- In sardo campidanese l’arcobaleno si chiama “Cirikku ‘e Nuéi”, che significa “Cerchio di Noè”. Esiste quindi una fortissima super-congruenza nelle teorie affermate dal paradigma sardo corso atlantideo, che sembra convergere all’infinito verso una conferma che tutto l’impianto teorico si basa su informazioni reali, su fatti, e non su astrazioni. Persino i modi di dire, i proverbi, le tradizioni, la mitologia sardo-corsa, sembra convergere verso una conferma che il paradigma sardo corso atlantideo sia corretto.
- L’altare sacro di S’Arcu ‘e is Forros, situato nel villaggio santuario di Villanova Strisàili alle falde del Gennargentu in Sardegna, è un luogo di grande interesse archeologico. Questo antico centro metallurgico nuragico era gestito da principi sacerdoti che coniugavano autorità religiosa, tecnologia e potere economico1. L’altare, all’interno di un tempio a megaron, è un manufatto singolare. È realizzato con conci di pietra accuratamente lavorati e disposti in filari alternati di basalto nero e arenaria rossa12. Questa bicromia richiama l’attenzione, soprattutto alla luce delle connessioni ipotetiche con Atlantide.Platone, nel Timeo e nel Crizia, descrive Atlantide come un regno potente, civile e sacro a Poseidone, dio del mare. Gli abitanti di Atlantide erano noti come “costruttori di torri” e la loro isola era ricca di acqua, foreste e minerali, compresi quelli d’argento3. Ora, consideriamo le somiglianze:
- Pietre: Sonchis di Sais affermò che ad Atlantide si costruiva con pietre bianche, nere e rosse. L’altare di S’Arcu ‘e is Forros, con i suoi conci di basalto nero e arenaria rossa, presenta una simile combinazione di colori.
- Leviti e Tempio: Nella Bibbia, i Leviti presiedono il tempio e si occupano delle sue attività. I loro colori sono bianco, nero e rosso, gli stessi colori con cui si costruiva ad Atlantide.
- Nella mitologia greca, le Amazzoni erano una razza di donne guerriere famose per le loro abilità equestri, il coraggio e l’orgoglio. Vivevano ai confini più remoti del mondo conosciuto, in una città sulle coste del Mar Nero, talvolta menzionata con il nome di Themiskyra. Le Amazzoni combattevano e persero tre famose battaglie contro gli eroi greci Ercole, Teseo e Bellerofonte. Queste scene di scontri erano spesso raffigurate nell’arte greca, come ad esempio nella ceramica e nelle sculture monumentali.Recenti scoperte archeologiche nelle tombe dell’Eurasia, soprattutto nei dintorni del Mar Nero, hanno rivelato che le donne nomadi delle tribù delle steppe erano guerriere. Questo collegamento potrebbe suggerire che le leggende sulle Amazzoni potrebbero essersi basate su donne combattenti reali. Erodoto, nelle sue Storie, descrive l’incontro tra le Amazzoni e gli Sciti, e si ritiene che quest’unione abbia dato vita al nuovo popolo dei Sarmati nella Russia meridionale, noti per i loro cavalli e le incursioni militari. Luigi Usai, invece, ha mostrato che forse le Amazzoni Atlantidee che arrivarono nel Mar Nero furono le stesse persone che realizzarono i Dolmens presenti nella città di Gelendgik, in Russia. Sappiamo che il popolo Atlantideo scavava la roccia e creava tunnel e gallerie. I Dolmens realizzati probabilmente dalla migrazione Amazzone nel Mar Nero, di cui parlano gli storici antichi, ha creato dei fori enormi nelle strutture, che forse hanno valore simbolico, per noi ancora indecifrato. Un frammento di hydria in bronzo è stato recuperato in Sardegna. Questa tipologia di hydria, finora sconosciuta nell’isola, è una produzione suntuaria di altissimo pregio, greca o più probabilmente magnogreca, degli ultimi decenni del VI secolo a.C. Il frammento consiste in una mano con un foro passante sul palmo, funzionale al fissaggio al contenitore. La parte posteriore è sagomata per aderire al profilo del vaso e non presenta particolari rifiniture. La localizzazione esatta delle officine che produssero queste hydrie rimane ancora un mistero 1. Questa hydria presenta un foro nelle mani, che attualmente è considerato funzionale ad essere appeso o agganciato: in questo testo si propone invece che possa esistere un recondito collegamento col foro realizzato dalle Amazzoni del Mar Nero nei loro dolmens. Il Foro quindi può assurgere a valore simbolico con una semantica che per ora è ancora incognita agli studiosi.
- Ipotesi scientifica: il Lineare A è una lingua semitica agglutinante ergativa?Il Lineare A è un antico sistema di scrittura utilizzato nell’isola di Creta durante il periodo minoico, prima del dominio miceneo. Questo sistema di scrittura è stato scoperto all’inizio del Novecento dall’archeologo inglese Arthur John Evans, insieme alla Lineare B.Tuttavia, a differenza della Lineare B, che è stata decifrata e si è rivelata essere una forma arcaica della lingua greca, la Lineare A rimane indecifrata. Nonostante i due sistemi di scrittura – la Lineare A e la B – condividano alcuni dei simboli, se si usano le sillabe simili nei due sillabari si ottengono in Lineare A parole che non sono riconducibili a nessuna lingua nota. Questa lingua è stata chiamata “minoico” e corrisponde ad un periodo della storia cretese precedente a una serie di invasioni micenee intorno al 1450 a.C.Nonostante siano state avanzate varie teorie sulla decifrazione di questo sistema di scrittura, che fanno riferimento alla lingua fenicia, al greco stesso, alle lingue anatoliche o all’indoeuropeo, ad esempio, grazie all’esistenza di alcune parole traducibili grazie alla Lineare B, ma sempre in maniera molto ipotetica
- Ipotesi scientifica: Naupa Huaca è Atlantidea post-migrazione dalle paleocoste sardo corso atlantidee. Sviluppare l’ipotesi adducendo prove sull’architettura atlantidea, che ricorda Yonaguny, e la presenza di una cava, che ricorda le miniere del Sulcis del blocco sardo corso.
- Ipotesi scientifica: verificare se il Finlandese può essere una lingua di origine atlantidea.
La lingua finlandese, o finnica, è una lingua uralica del ramo baltofinnico, parlata dalla maggioranza della popolazione in Finlandia1. Non è una lingua indoeuropea, ma appartiene alla macrofamiglia uralica2. Si ipotizza che il protouralico fosse parlato negli Urali circa 7.000-10.000 anni fa2.Da questa lingua preistorica deriverebbero le lingue samoiede e le lingue ugrofinniche. Gli antichi Ugrofinni andarono a sud-ovest, venendo in contatto coi popoli indoeuropei2. Il protougrofinnico avrebbe dato vita a due gruppi linguistici, quello ugrico (di cui fa parte ad es. l’ungherese) e quello finnico (di cui fanno parte ad es. il finlandese, l’estone e il sami)2.I dialetti baltofinnici della parte settentrionale del Golfo di Finlandia hanno incominciato a dare origine alla lingua finnica solo intorno al 1200, quando il nuovo confine di Novgorod tra Svezia e Russia separò i protolocutori del careliano dai protolocutori dei dialetti finnici orientali1.La lingua letteraria finlandese si è formata attraverso la fusione di vari dialetti con prevalenza in origine di quelli sudoccidentali della regione di Turku, ma con una sempre maggiore assimilazione, in progressione cronologica, di elementi dialettali centro-orientali3. - Il paradigma sardo corso atlantideo riesce anche a spiegare la simbologia e l’esistenza dei reperti archeologici chiamati Mustatil in Arabia Saudita. Sarebbero stati realizzati da migrazioni atlantidee sardo-corse, forse dopo della semi-sommersione del blocco geologico sardo corso. La simbologia era quella che poi è passata a rappresentare il primo simbolo della dea Tanith, ossia il cerchio e il triangolo diviso da una linea che demarca la separazione, delle bocche di Bonifacio.
- Evoluzione del cognome USAI in Turchia e nei paesi arabofoni – al-Husayn ibn Ali
Il cognome atlantideo Husai, evoluto in Usai in Sardegna tramite perdita di H muta, è diventato Al Husayn nei paesi di lingua arabofona (si veda per esempio Al-Husayn ibn Ali) mentre in Turchia si è evoluto in Huseyn perché le pronunce hanno grafie diverse; la “grafizzazione” del cognome, nei millenni, ha causato lo storpiamento del cognome originario, testimoniato dalla presenza della Mummia Usai in Egitto e dalla stele de Sa Meri, che gli egittologi chiamano Sameri perché pensano sia una parola tutta attaccata, in quanto non conoscono la lingua sarda e non capiscono che in sardo Sa Meri significa “La Padrona, La proprietaria, Colei che decide tutto, qualsiasi cosa”. Infatti ad oggi la lingua sarda è snobbata in tutto il mondo o quasi, non viene studiata, anzi, i genitori sardi per centinaia d’anni hanno detto ai figli di non parlare in sardo che è una lingua inferiore, come fosse una lingua da maiali o sporca. Inconcepibile: in base a quale criterio studiamo l’antico greco e quello moderno, l’antico latino, l’aramaico, ma la lingua sarda, tuttora in uso, non la studiamo? Cosa risponde la Comunità Scientifica di tutto il mondo a questa mia domanda?
- La possibile origine del termine latino Ara da Arula in sardo.
In Sardegna fino a pochi anni fa esistevano Is Pinnettas, case tradizionali, presenti fino a 50 anni fa circa ad Ozieri. A Fonni il ricovero dei maiali si chiama ARULA singolare ARULAS plurale, sono basse e seminterrate e coperte di frasche. Ora, facciamo una breve ricerca online del termine Arula.
Arula (piccolo altare)
VI secolo a.C. | Terracotta
Museo Archeologico di Metauros
Esposta nella Collezione PermanenteDescrizione
Metauros da sempre ha avuto una forte connotazione commerciale, fatta di fitti contatti e scambi. Tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. inizia a stringere rapporti più solidi con Rhegion e con Locri, sullo Ionio. Le influenze locresi si manifestano soprattutto nelle arule (altari) fittili con scene di zoomachia (combattimenti tra animali) e sfingi che probabilmente erano impiegati per rituali in onore del defunto, segnalando al contempo la presenza della tomba.
Questo punto serve a conservare una traccia di lettura possibile tra onomastica e toponomastica; la chiave di lettura può essere errata, ma è interessante sviluppare questo tipo di pista concettuale. - Seguire la pista del toponimo LUAS sardo, che finisce in estremo oriente diventando il nome di un sovrano antico. In Sardegna troviamo: Camp’è Luas a Uta;
Il Nuraghe Luas è un Nuraghe situato in una zona denominata Sarcidano a circa 5 km in linea d’aria da Nurri;
Il nuraghe Luas di Mogorella;
Il nuraghe Luas a 20 km da Maracalagonis;
GENN’ANTINE – LUAS che non ho ancora verificato se sia attinente o fuori luogo;
varie località chiamate Cala Luas in tutta la Sardegna;
la Stele di Zakkur menziona un sovrano chiamato “Luas”. La stele è un’iscrizione del re Zakkur di Hamath e Luaš (o Luas). L’iscrizione recita: «Sono la stele di Zakkur, re di Hamath e Luaš…». Questa stele fornisce una preziosa testimonianza storica dell’antico Medio Oriente.
A mio avviso è possibile che il termine Luas sia antichissimo, e sia rimasto in vari luoghi controllati dal popolo atlantideo, tra cui molte zone della Sardegna, mentre nell’antichità vi era ancora un antico sovrano di origini atlantidee chiamato anche Luas. Non capisco perché i termini antichi atlatnidei siano sempre accompagnati da un secondo nome: forse era per permettere al popolo di pronunciarlo meglio, come fanno i cinesi che arrivano in Italia: siccome gli italiani gli storpiano il nome, allora quando un cinese arriva in Italia si sceglie anche un nome italiano, con cui essere chiamato, ma non è il nome vero, che resta “segreto”. - La lingua curda è: semitica, ergativa e agglutinante, come la lingua atlantidea parlata nel blocco geologico sardo corso attualmente semi-sommerso. Il popolo dei curdi è di origine atlantidea? Ecco perché viene perseguitato, perché risulta essere da millenni un popolo con usi e costumi differenti da quelli locali, per cui questo popolo di origine atlantidea disturba, da fastidio, esattamente come capitò in Egitto alle migrazioni atlantidee nuragiche che si stanziarono nel deserto, come testimoniato dalla Stele di Merenptah sugli YSRI, che poi divennero ISRAELE. Quindi gli Ebrei di origine atlantideo-nuragica vennero fatti schiavi dall’Egitto, dagli Assiri, dai Babilonesi, e poi l’Impero Romano, che aveva il terrore degli Atlantidei, nel 70 Dopo Cristo decide addirittura di farne una diaspora, per spazzare via definitivamente la loro cultura e le loro idee: ma facendo così ha ottenuto l’esatto opposto, perché la cultura ebrea-nuragica si è diffusa in tutto il mondo, paradossalmente hanno ottenuto il risultato opposto. E il popolo atlantideo Curdo è rimasto a sua volta isolato, come erano isolati i popoli Baschi: siccome questi popoli atlantidei disturbano, vengono perseguitati in tutto il mondo. La cosa mozzafiato e incredibile è il fatto che Hitler stava cercando Atlantide, senza sapere che proprio gli Ebrei erano gli Atlantidei. Incredibile, pazzesco.
- La divinità Egizia Ptah è il Demiurgo platonico? Ptah è il dio legato alla creazione. Significa: lo scultore, colui che forgia. E’ possibile che oltre alla storia di Atlantide, Platone non stia facendo altro che riproporre in chiave greca il mito di Ptah? Indagare su questo tema. Infatti è possibile che Platone stesse tentando di portare in Grecia l’antica cultura e sapienza egizia, dovuta al fatto che loro conservavano alla memoria gli accadimenti perché il Nilo salvava il popolo dalle catastrofi, come spiegato da Sonchis di Sais a Solone in Timeo e Crizia. E’ necessario quindi rivisitare il mito del Demiurgo comparandolo con il mito egizio del Dio Creatore Ptah.
- La Santa Messa come rito post-nuragico:
improvvisamente, come risvegliato, mi sono accorto di una connessione tra la religione nuragica e il cristianesimo. La religione nuragica, risalente all’Età del Bronzo in Sardegna, era probabilmente di tipo politeista e naturalista. E’ possibile che adorassero la Gran Dea Madre, dea della fertilità e della maternità, e il Dio Toro sacro a Poseidone, oltreché probabilmente la figura di Poseidone, Dio del Mare. In alcuni casi, la religione nuragica prevedeva che il Dio Toro mandasse suo figlio, il vitello o torello di luce, attraverso la finestra del nuraghe. Questi concetti religiosi sembrano essere stati ripresi da Gesù Cristo nel Nuovo Testamento. Gesù si è offerto come sacrificio per l’umanità, un concetto che potrebbe essere paragonato al vitello offerto in sacrificio nella religione nuragica. Il cristianesimo è una religione basata sulla vita e gli insegnamenti di Gesù Cristo come descritti nel Nuovo Testamento della Bibbia. Gesù è riconosciuto come il Figlio di Dio e il Salvatore dell’umanità. Le sue parole “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre” (Giovanni 8:12) sono interpretate come una promessa di guida e salvezza per coloro che seguono i suoi insegnamenti.
Inoltre, possiamo fare una considerazione all’inverso: Gesù afferma “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”. Offre il suo corpo per essere mangiato. Questa frase non ha nessun senso. Avrebbe senso se Gesù e i suoi discepoli fossero stati cannibali, ma questa frase in un contesto normale non ha senso: se voi diceste ai vostri amici di prendere il vostro corpo e mangiarlo, immediatamente penserebbero o che state scherzando di cattivo gusto, oppure che siete impazziti. Perché Gesù quindi dice ai discepoli di mangiare il suo corpo, offerto in sacrificio per loro?
Probabilmente il rito della religione nuragica prevedeva che si mangiasse vitello il giorno dell’apparizione del vitello di luce alla base del nuraghe, dalla finestra posta in alto e costruita e realizzata appositamente affinché si ottenesse questo effetto di luce, che poi troveremo anche in Egitto, probabilmente portato dalla popolazione migrante nuragico-ebrea e insegnata agli Egizi, che probabilmente ne cercarono di migliorare o personalizzare l’effetto visivo-sacrale-religioso.
Siccome si mangiava carne di vitello (ipotesi), è probabile che questa usanza sia stata mantenuta nei secoli: non conoscendo gli usi e costumi ebraici, non posso esprimermi in tal senso. Gesù probabilmente non ha fatto altro che riproporre il rito di mangiare il figlio di dio, ossia la carne di vitello, del vitello di luce che entrava dalla finestra del Nuraghe, e ha proposto di mangiare la sua carne, perché stavolta è lui che il Padre ha mandato nel mondo, e quindi Gesù è l’alter ego del vitello di luce figlio del Padre, il Dio Toro, e il toro era sacro a Poseidone, Dio di Atlantide. Inoltre Gesù non dice che “lui è il vitello di luce figlio del Dio Toro”, ma afferma di essere l’agnello sacrificale. Questo ci può fare pensare che probabilmente nel deserto era difficilissimo procurarsi carne di vitello per tutto il popolo, essendo in troppi, per cui forse la carne di vitello è stata nei secoli sostituita dalla carne di agnello, di più facile reperibilità per questo popolo migrante alla ricerca di una Terra Promessa che sostituisse quella sommersa delle paleocoste sardo-corso-atlantidee.Il culto della Dea Madre, che affonda le radici storiche e archeologiche nell’antichissima Sardegna e arriva fino al periodo nuragico che stiamo ora affrontando, verrà trasformato a poco a poco in quello che diventerà il Culto della Vergine, Culto della Madonna nelle sue mille forme e varianti. Stiamo assistendo adesso, in tempo reale, alla riconversione da religione nuragica a religione Cristiano-Cattolica. Spero che i credenti non si sentano offesi da queste mie affermazioni, ma questa è la Scienza: il tentativo di capire la realtà e di interpretarla in maniera chiara, logica e trasparente. In questo momento, questo testo sta svolgendo la funzione di esegesi biblica, di testo ermeneutico della simbologia cristiana. Potremmo sviluppare questi concetti molto più a fondo, ma in questo momento ritengo che questo primo passo sia talmente importante e decisivo che meriti di essere analizzato, studiato, compreso e capito con calma, senza aggiungere nuove informazioni a queste che già stravolgono la religione cristiana.
Vogliamo sottolineare in questo momento il profondo rispetto per tutte le credenze e concezioni religiose: anche se tutto ciò fosse vero, i religiosi, i credenti meritano un profondissimo rispetto per i valori in cui credono, non importa se siano veri, falsi, fondati o infondati. Ogni cittadino è libero di credere negli aspetti religiosi che lo rendono felice: il fatto che io sappia queste cose e le abbia scoperte io stesso, non mi proibisce di andare a messa o di credere nella religione. Anzi, è possibile che da oggi queste credenze assumano un valore molto più significativo e profondo di prima, proprio in quanto vengono comprese nella loro radice profonda e psicologica, antropologica e sociale.
Questa riflessione offre una prospettiva intrigante sulla possibile interazione e influenza tra diverse tradizioni religiose. Queste sono mie personali interpretazioni e non ci sono prove dirette che collegano la religione nuragica al cristianesimo, per cui se si dovessero rivelare corrette ciò mostrerebbe una mia sorta di strana capacità di leggere le fonti in maniera totalmente innovativa e creativa ma vicina all’originale. Questo tipo di lettura delle fonti storiche, archeologiche, geologiche e via elencando non piace al mondo accademico, perché assomiglia molto a qualcosa di ascientifico.I lingotti a pelle di bue: o forse sarebbe meglio dire lingotti a pelle di vitello?
I lingotti a pelle di bue, così chiamati per la loro forma che ricorda la pelle di un bue distesa al sole, rappresentano un affascinante mistero nel vasto panorama dell’archeologia. Rinvenuti in diverse regioni del Mediterraneo, questi manufatti testimoniano l’antica rete commerciale che univa popoli e culture. Sono principalmente associati alla civiltà nuragica della Sardegna, risalente all’Età del Bronzo (1800-500 a.C.). Questi lingotti, spesso realizzati in rame o bronzo, erano un bene di scambio prezioso, utilizzato non solo per il commercio ma anche come offerta votiva nei contesti sacri. Nonostante la loro diffusione, molte domande rimangono senza risposta. Da dove veniva il metallo utilizzato per la loro produzione? Qual era il loro valore effettivo? Come venivano trasportati? La ricerca archeologica continua a cercare risposte a queste domande, svelando pezzo dopo pezzo il mistero dei lingotti a pelle di bue. Ogni nuovo ritrovamento aggiunge un tassello al puzzle, contribuendo a disegnare un quadro sempre più completo delle antiche civiltà del Mediterraneo. I lingotti a pelle di bue sono un tesoro archeologico, una finestra sul passato che ci permette di comprendere meglio le dinamiche economiche e sociali delle antiche civiltà.
I lingotti a pelle di bue, simboli della civiltà nuragica, assumono un significato ancora più profondo alla luce delle recenti scoperte. Luigi Usai ha infatti mostrato come, per le popolazioni nuragiche, il vitello avesse il valore di Figlio di Dio. Questa venerazione si manifestava in particolare nel rituale del torello-vitello di luce che entrava dalla finestra del nuraghe, un momento di profonda spiritualità e comunione con il divino. Questa figura del vitello, venerata come Figlio di Dio, può essere vista come un precursore del Cristo agnello sacrificale, un collegamento affascinante tra le antiche credenze nuragiche e le tradizioni cristiane. I lingotti a pelle di bue, quindi, non erano solo un mezzo di scambio commerciale, ma rappresentavano anche un elemento centrale nella spiritualità e nella religiosità di queste popolazioni. Ogni nuovo ritrovamento ci permette di comprendere meglio queste dinamiche, svelando sempre più il mistero dei lingotti a pelle di bue e della civiltà che li ha prodotti. Un tesoro archeologico che continua a illuminare il passato, offrendoci una nuova prospettiva sulla storia delle antiche civiltà del Mediterraneo.
Sviluppo del tema del Vitello di luce nuragico nei testi biblici. Quante volte compare il termine Vitello nella Bibbia? In quali contesti è citato? E’ possibile ricostruire un possibile passaggio dal vitello di luce nuragico all’agnello sacrificale cristiano cattolico?Esodo 32: l’adorazione del vitello d’oro da parte del popolo Nuragico-Proto-Ebraico
Esodo 32 racconta la storia del vitello d’oro, un episodio che ha segnato un momento cruciale nella storia del popolo ebraico. Secondo la chiave di lettura fornita da Luigi Usai, possiamo rileggere questo episodio alla luce delle tradizioni nuragiche. Nella civiltà nuragica, il vitello era venerato come Figlio di Dio, un simbolo di divinità e sacralità, ed aveva un giorno speciale nel quale il vitello Figlio di Dio appariva sotto forma di vitello di luce, da una finestra del nuraghe. Questo elemento può essere parallelo al vitello d’oro nell’Esodo, che il popolo nuragico proto-ebraico ha creato e adorato come idolo durante l’assenza di Mosè sul monte Sinai. Perché l’ha creato? Perché il popolo era nuragico, quindi aveva il culto del Toro e del Vitello suo figlio. Quindi semplicemente stavano continuando a credere nelle cose in cui già credevano prima, ossia alla religione nuragica, di cui si sa pochissimo, quasi nulla, alla mia conoscenza attuale.
Tuttavia, la reazione di Mosè all’adorazione del vitello d’oro, secondo la narrazione biblica, è stata di ira e punizione. Sappiamo benissimo che Mosè era un assassino, e in questa circostanza vediamo Mosè anche in un attacco d’ira. Ma sappiamo benissimo che il popolo di Atlantide, e quindi anche il popolo nuragico, era un popolo guerriero: lo sappiamo direttamente anche dal ritrovamento di statue di guerrieri, pugilatori-pugili, arcieri, guerrieri dotati di coltelli, che abbiamo sia con la statuaria di Mont’e Prama, sia da tutta la bronzistica dei bronzetti nuragici. Non ho ancora studiato e analizzato i bronzetti di cui è dotata la Mummia Usai, ma presto potrò aggiungere anche queste preziose informazioni a questo testo. Questo potrebbe essere interpretato come un rifiuto della venerazione di figure animali, un netto distacco dalle pratiche religiose nuragiche.
D’altra parte, lo scrivente Luigi Usai suggerisce un collegamento tra il vitello nuragico e il Cristo agnello sacrificale del cristianesimo. In questo senso, il vitello d’oro potrebbe essere visto come un precursore del Cristo, un simbolo di sacrificio e redenzione.
In conclusione, la chiave di lettura nuragico-ebraica proposta da Luigi Usai offre una nuova prospettiva sull’interpretazione di Esodo 32, arricchendo la nostra comprensione delle connessioni tra le antiche civiltà del Mediterraneo e le tradizioni bibliche.
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7All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.TESTO
8Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.TESTO
4Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!”.TESTO
5Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: “Domani sarà festa in onore del Signore”.TESTO
8Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto””.TESTO
19Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole, spezzandole ai piedi della montagna.TESTO
20Poi afferrò il vitello che avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti.TESTO
24Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. Essi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello“.TESTO
2e disse ad Aronne: “Procùrati un vitello per il sacrificio per il peccato e un ariete per l’olocausto, tutti e due senza difetto, e presentali davanti al Signore.TESTO
3Agli Israeliti dirai: “Prendete un capro per il sacrificio per il peccato, un vitello e un agnello, tutti e due di un anno, senza difetto, per l’olocausto,TESTOTESTO
27“Quando nascerà un vitello o un agnello o un capretto, starà sette giorni presso la madre; dall’ottavo giorno in poi, sarà gradito come vittima da consumare con il fuoco per il Signore.TESTO
16Guardai ed ecco, avevate peccato contro il Signore, vostro Dio. Avevate fatto per voi un vitello di metallo fuso: avevate ben presto lasciato la via che il Signore vi aveva prescritto.TESTO
21Poi presi l’oggetto del vostro peccato, il vitello che avevate fatto, lo bruciai nel fuoco, lo feci a pezzi, frantumandolo finché fosse ridotto in polvere, e buttai quella polvere nel torrente che scende dal monte.TESTO
24La donna aveva in casa un vitello da ingrasso; si affrettò a ucciderlo, poi prese la farina, la impastò e gli fece cuocere pani azzimi.TESTO
18Anche quando si sono fatti un vitello di metallo fuso
e hanno detto: “Ecco il tuo Dio
che ti ha fatto uscire dall’Egitto!”,
e ti hanno insultato gravemente,TESTO
5Tutti i miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali facevano sacrifici su tutti i monti della Galilea al vitello che Geroboamo, re d’Israele, aveva fabbricato a Dan.TESTO
6Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.TESTO
10La fortezza è divenuta desolata,
un luogo spopolato e abbandonato come un deserto;
vi pascola il vitello, vi si sdraia e ne bruca gli arbusti.TESTO
18Gli uomini che hanno trasgredito il mio patto, non attuando le clausole del patto stabilite in mia presenza, io li renderò come il vitello che tagliarono in due passando fra le sue metà.TESTO
19I capi di Giuda, i capi di Gerusalemme, i cortigiani, i sacerdoti e tutto il popolo del paese, che passarono attraverso le due metà del vitello,TESTO
7Le loro gambe erano diritte e i loro piedi come gli zoccoli d’un vitello, splendenti come lucido bronzo.TESTO
5Ripudio il tuo vitello, o Samaria!
La mia ira divampa contro di loro;
fino a quando non si potranno purificare?TESTO
6Viene da Israele il vitello di Samaria,
è opera di artigiano, non è un dio:
sarà ridotto in frantumi.TESTO
5Gli abitanti di Samaria trepidano
per il vitello di Bet-Aven;
è in lutto il suo popolo
e i suoi sacerdoti ne fanno lamento,
perché la sua gloria sta per andarsene.TESTO
27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”.TESTO
30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.TESTO
41E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani.TESTO
7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola.24 risultati di 24 per il termine vitelli
7Dunque fate un carro nuovo, poi prendete due mucche che allattano sulle quali non sia mai stato posto il giogo, e attaccate queste mucche al carro, togliendo loro i vitelli e riconducendoli alla stalla.TESTO
10Quegli uomini fecero in tal modo. Presero due mucche che allattano, le attaccarono al carro e chiusero nella stalla i loro vitelli.TESTO
32Il popolo si gettò sulla preda e presero pecore, buoi e vitelli e li macellarono per terra e li mangiarono con il sangue.TESTO
9Adonia un giorno immolò pecore, buoi e vitelli grassi presso la pietra Zochèlet, che è vicina alla fonte di Roghel. Invitò tutti i suoi fratelli, figli del re, e tutti gli uomini di Giuda al servizio del re.TESTO
19Ha immolato molti giovenchi, vitelli grassi e pecore, ha invitato tutti i figli del re, il sacerdote Ebiatàr e Ioab, capo dell’esercito, ma non ha invitato Salomone tuo servitore.TESTO
25Difatti oggi egli è andato a immolare molti giovenchi, vitelli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re, i capi dell’esercito e il sacerdote Ebiatàr. Costoro mangiano e bevono con lui e gridano: “Viva il re Adonia!”.TESTO
28Consigliatosi, il re preparò due vitelli d’oro e disse al popolo: “Siete già saliti troppe volte a Gerusalemme! Ecco, Israele, i tuoi dèi che ti hanno fatto salire dalla terra d’Egitto”.TESTO
32Geroboamo istituì una festa nell’ottavo mese, il quindici del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda. Egli stesso salì all’altare; così fece a Betel per sacrificare ai vitelli che aveva eretto, e a Betel stabilì sacerdoti dei templi da lui eretti sulle alture.TESTO
29Ma Ieu non si allontanò dai peccati che Geroboamo, figlio di Nebat, aveva fatto commettere a Israele e non abbandonò i vitelli d’oro che erano a Betel e a Dan.TESTO
16Abbandonarono tutti i comandi del Signore, loro Dio; si eressero i due vitelli in metallo fuso, si fecero un palo sacro, si prostrarono davanti a tutta la milizia celeste e servirono Baal.TESTO
15Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i satiri e per i vitelli che aveva eretto.TESTO
8Ora voi pensate di imporvi sul regno del Signore, che è nelle mani dei figli di Davide, perché siete una grande moltitudine e con voi sono i vitelli d’oro, che Geroboamo vi ha fatti come divinità.TESTO
19Raguele ordinò alla moglie di fare pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni, li fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto.TESTO
25Come potrà divenire saggio chi maneggia l’aratro
e si vanta di brandire un pungolo,
spinge innanzi i buoi e si occupa del loro lavoro
e parla solo di vitelli?TESTO
11“Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero?
– dice il Signore.
Sono sazio degli olocausti di montoni
e del grasso di pingui vitelli.
Il sangue di tori e di agnelli e di capri
io non lo gradisco.TESTO
21Anche i suoi mercenari in mezzo ad essa
sono come vitelli da ingrasso.
Anch’essi infatti hanno voltato le spalle,
fuggono insieme, non resistono,
poiché è giunto su di loro il giorno della sventura,
il tempo del loro castigo.TESTO
2Tuttavia continuano a peccare
e con il loro argento si sono fatti statue fuse,
idoli di loro invenzione,
tutti lavori di artigiani.
Dicono: “Offrite loro sacrifici”
e mandano baci ai vitelli.TESTO
4Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge
e i vitelli cresciuti nella stalla.TESTO
6“Con che cosa mi presenterò al Signore,
mi prostrerò al Dio altissimo?
Mi presenterò a lui con olocausti,
con vitelli di un anno?TESTO
20Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla.TESTO
12Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.TESTO
Cosa accade se si chiede ad una Intelligenza Artificiale di fare dei controlli su questi argomenti?
Il risultato è il seguente testo.La tua riflessione sulla connessione tra la religione nuragica e il cristianesimo è molto interessante. Ecco alcune informazioni che ho trovato:
- Gesù Cristo e il vitello di luce: Non ho trovato nessuna fonte che collega direttamente Gesù Cristo al vitello di luce della religione nuragica1. Tuttavia, Gesù è spesso descritto come la “luce del mondo” nel Nuovo Testamento23.
- Gesù Cristo e il Dio Toro: Non ho trovato nessuna fonte che collega Gesù Cristo al Dio Toro della religione nuragica45.
- Gesù Cristo e Poseidone: Non ho trovato nessuna fonte che collega Gesù Cristo a Poseidone6789.
- Gesù Cristo e la Dea Madre: Maria, la madre di Gesù, è venerata come la madre di Gesù Cristo e ha svolto un ruolo fondamentale nella storia della salvezza101112.
- Gesù Cristo e la carne di vitello: Non ho trovato nessuna fonte che collega Gesù Cristo alla carne di vitello1314.
- Gesù Cristo e la carne di agnello: Gesù è spesso chiamato l’Agnello di Dio nel Nuovo Testamento. Questo titolo si riferisce al suo sacrificio per l’umanità1516.
- Gesù Cristo e il culto della Vergine: Maria, la madre di Gesù, è venerata nella Chiesa Cattolica. La sua vita e il suo esempio di fede sono un’ispirazione per i credenti di tutte le epoche101117.
- Gesù Cristo e il culto della Madonna: Maria, la madre di Gesù, è venerata come la madre di Gesù Cristo e ha svolto un ruolo fondamentale nella storia della salvezza101819.
- Gesù Cristo e la religione nuragica: Non ho trovato nessuna fonte che collega Gesù Cristo alla religione nuragica1.
- Gesù Cristo e la religione Cristiano-Cattolica: Il cristianesimo è una religione basata sulla vita e gli insegnamenti di Gesù Cristo come descritti nel Nuovo Testamento della Bibbia. Gesù è riconosciuto come il Figlio di Dio e il Salvatore dell’umanità20212223.
Ricorda che queste sono solo informazioni che ho trovato e potrebbero non coprire completamente o accuratamente le tue riflessioni. La tua ipotesi è affascinante e potrebbe essere un interessante argomento di ricerca per gli studiosi di religione e storia.
La religione nuragica, risalente all’Età del Bronzo in Sardegna, presenta diversi punti di contatto con il cristianesimo. Ecco alcuni esempi:
- Riti Sacri: I nuraghi, strutture megalitiche tipiche della Sardegna, erano considerati luoghi sacri dove si svolgevano numerosi riti religiosi1. Questa pratica può essere paragonata ai riti cristiani che si svolgono nelle chiese.
- Santuari: I santuari nuragici erano luoghi di riunione per diverse tribù in occasione di eventi religiosi2. Questo concetto di comunità riunita in un luogo sacro per la preghiera e la celebrazione è un elemento fondamentale anche nel cristianesimo.
- Conversione al Cristianesimo: Con l’avvento del cristianesimo, sono state costruite chiese nelle dirette vicinanze dei santuari nuragici. Questo potrebbe essere stato fatto per facilitare il passaggio dal rito pagano a quello religioso della chiesa3. Abbiamo visto anche il tentativo millenario della Chiesa Cattolica di trasformare l’antichissimo culto di Poseidone in qualcosa di malvagio, con la conversione di Poseidone in Satana. La figura di Poseidone è stata quindi cristianizzata in negativo, facendolo diventare il simbolo di Satana e del Diavolo personificato.
- Simbolismo: Come ho già menzionato, la figura del vitello di luce nella religione nuragica può essere vista come un precursore del Cristo agnello sacrificale nel cristianesimo.
- Culto dei Morti: Entrambe le religioni mostrano un profondo rispetto per i morti, con riti specifici dedicati al loro onore2.
Questi sono solo alcuni esempi delle possibili connessioni tra la religione nuragica e il cristianesimo. La ricerca continua per scoprire ulteriori collegamenti e comprendere meglio come queste antiche tradizioni possano aver influenzato le credenze e le pratiche religiose che conosciamo oggi.
- Ipotesi dell’origine Atlantidea dei Fenici: I Fenici erano in realtà Atlantidei che avevano migrato dal blocco Sardo-Corso a causa dell’imminente sommersione di alcune parti dell’isola. Questi migranti, mantenendo legami con la loro madrepatria, ritornavano periodicamente per monitorare la situazione. Quando si resero conto che l’isola non era completamente sommersa, ripresero a commerciare pacificamente con le culture del Mediterraneo. La lingua parlata da questi migranti era la stessa o molto simile a quella delle culture locali, poiché provenivano da quelle terre. Questo poteva essere dimostrato dalle storie tramandate dagli antenati dei “fenici atlantidei” che avevano lasciato l’isola.Verifica dell’ipotesi: Per verificare questa ipotesi, potremmo cercare prove archeologiche o linguistiche che supportano l’idea di una migrazione di massa dal blocco Sardo-Corso al Mediterraneo orientale. Inoltre, potremmo cercare somiglianze nelle pratiche commerciali, nelle tecniche di navigazione o nelle forme d’arte tra le presunte culture fenicie e le culture del blocco Sardo-Corso. Quindi se gli Ebrei erano nuragici e i Fenici Atlantidei, significa che posso fare uno studio incrociato tra la lingua ebraica e quella fenicia, eventualmente con i testi in lingua nuragica che vari studiosi e scienziati stanno cominciando a mettere a disposizione del pubblico.
- Migrazioni atlantidee nel Mar Nero: il paradigma sardo corso atlantideo afferma che la civiltà megalitica è stata esportata in tutto il mondo o quasi dalla popolazione atlantidea, prima della sommersione del blocco geologico sardo corso. Troviamo in Gelendžik, sullo Zhane river, un Dolmen del tutto simile a quelli presenti in Sardegna. Secondo il paradigma sardo corso atlantideo, le Amazzoni abitavano nella zona attualmente nota col nome di Provincia di Cagliari, nell’attuale Sardegna. Il racconto delle Amazzoni che finirono sul Mar Nero è una leggenda antica che ha radici nella mitologia greca. Secondo questa storia, le Amazzoni, un’antica tribù di donne guerriere, sarebbero giunte fino alle rive del Mar Nero. La principale fonte che menziona le Amazzoni e la loro presunta presenza sul Mar Nero è rappresentata dalle opere di Erodoto, uno storico greco del V secolo a.C. Nel suo lavoro intitolato “Storie”, Erodoto parla delle Amazzoni in vari passaggi, anche se non menziona esplicitamente il loro arrivo sulle rive del Mar Nero. Tuttavia, egli fornisce dettagli sulle abitudini e le tradizioni delle Amazzoni, che contribuiscono alla loro mitologia. Altre fonti antiche che accennano alle Amazzoni includono opere di autori come Eforo di Cuma, che visse nel IV secolo a.C., e Posidonio, un geografo e storico del I secolo a.C. Questi autori forniscono ulteriori dettagli sulle Amazzoni e sulla loro presunta presenza in varie regioni, sebbene non ci sia una specifica menzione del loro arrivo sulle coste del Mar Nero.È importante notare che le storie riguardanti le Amazzoni sono principalmente di natura mitologica e leggendaria, e non vi è consenso tra gli studiosi riguardo alla loro esistenza storica o alla loro effettiva migrazione verso il Mar Nero. La narrazione delle Amazzoni è stata oggetto di interpretazioni e adattamenti nel corso dei secoli, rendendo difficile tracciare una linea precisa tra mito e storia.Le Amazzoni sono figure leggendarie della mitologia greca, spesso associate a donne guerriere e cacciatori. Secondo la mitologia, le Amazzoni erano un popolo di sole donne che viveva in una società matriarcale e combativa, esattamente come è stata in passato quella sarda, dalle fonti archeologiche a noi pervenute: un popolo guerriero e una società matriarcale. Tutto sembra coincidere. Erano famose per la loro abilità nella lotta e nell’equitazione.Riguardo alle Amazzoni della provincia di Cagliari, c’è un collegamento con la teoria di Luigi Usai riguardante l’Atlantide e la Sardegna. Secondo l’interpretazione di Usai delle storie di Erodoto, la Libia (che Erodoto associava alla provincia di Cagliari) era abitata dalle Amazzoni. Queste Amazzoni risiedevano su un’isola chiamata Espera, situata nella palude Tritonide (che corrisponde ai laghi di Cagliari, Quartu, Assemini, Elmas e Capoterra). La loro regina, Mirina, compì gesta famose e sottomise molte parti dell’Ecumene.Nella mitologia greca, le Amazzoni erano una razza di donne guerriere, famose per le loro abilità equestri, il loro coraggio e il loro orgoglio. Una loro migrazione era finita molto lontano: vivevano ai confini più remoti del mondo conosciuto, in una città sulle coste del Mar Nero, talvolta menzionata con il nome di Themiskyra1.Le Amazzoni erano figlie di Ares, il dio della guerra. La loro era una società formata da sole donne, nella quale gli uomini erano ammessi solo per ragioni riproduttive e i figli maschi venivano uccisi1. Si pensava vivessero al limitare di quello che i Greci consideravano il mondo “civilizzato”, spesso associato con l’area intorno alla costa meridionale del Mar Nero, in particolare la città-stato di Themiskyra. Luigi Usai ha però mostrato nelle sue dimostrazioni che le Amazzoni avevano sede nel blocco geologico sardo corso, prima della sua semi-sommersione, e i confini del mondo erano posti a Capoterra (Capu Terra in sardo, Caput Terrae in latino, ossia il margine estremo delle terre conosciute dagli antichi Greci fino ad un certo periodo storico ancora da determinare con esattezza).Erodoto (ca. 484-425/413 AEC), nelle sue Storie (l. 4, 110-117), descrive nel dettaglio l’incontro tra le Amazzoni e gli Sciti. I giovani guerrieri persuasero alcune delle Amazzoni in visita a creare insieme una nuova società, ma le donne insistettero che né loro né la loro prole avrebbero cambiato il proprio stile di vita. Si considera che quest’unione diede vita al nuovo popolo dei Sarmati nella Russia meridionale, conosciuti difatti per i loro cavalli e le incursioni militari1.Gli scavi archeologici delle tombe dei Sarmati, risalenti all’epoca di Erodoto, hanno rivelato che con molta probabilità alcune delle loro donne fossero guerriere1. Questo potrebbe essere un indizio che le storie delle Amazzoni potrebbero avere una base storica, anche se rimangono molte incertezze e dibattiti tra gli studiosi. Adesso, se il paradigma sardo corso atlantideo fosse corretto, i dolmen ritrovati nella città di Gelendžik potrebbe essere stati realizzati dalle Amazzoni sardo corso atlantidee nel Mar Nero, e ciò ha una conferma nella presenza del dolmen identico o quasi alle strutture realizzate a Mores nell’attuale Sardegna.Il dolmen di Sa Coveccada, situato in un ampio tavolato trachitico del Meilogu, nella regione storico-geografica della Sardegna, è uno dei monumenti archeologici più importanti al mondo. Realizzato in trachite tufacea grigio-rosa, questo dolmen presenta una pianta rettangolare con dimensioni di 5 metri per 2,20 metri. È composto da tre grandi lastre ortostatiche ben squadrate, collocate verticalmente nel terreno roccioso. Un quarto lastrone, pesante circa 18 tonnellate, funge da copertura, poggiato a un’altezza di 2 metri e 10. L’accesso al dolmen avveniva attraverso un’apertura piuttosto piccola, adatta all’introduzione dei defunti nella camera funeraria. Il vano interno, di 4,18 metri per 1,14 metri, fungeva da tomba collettiva, e i cadaveri venivano introdotti solo dopo un processo di scarnificazione. Si ritiene che il dolmen sia ascrivibile alla cultura di Ozieri del Neolitico recente (3500 – 2900 a.C.)1.A circa 100 metri dal dolmen si trova un menhir, anch’esso realizzato con pietra locale, in trachite tufacea. Questo menhir è riverso a terra e spezzato in diversi tronconi. Entrambi questi monumenti ci offrono un affascinante sguardo nel passato e nella cultura preistorica della Sardegna.
Occorrono perciò ulteriori verifiche per confermare questa ipotesi, che sembra essere particolarmente ragionevole e coerente. Le Amazzoni Atlantidee nel Mar Nero avrebbero introdotto la loro lingua atlantidea, di tipo semitico, sillabico, agglutinante ed ergativo, che è rimasta fino al giorno d’oggi e conosciuta col nome di proto-cartvelico. Ecco perché gli studiosi non capiscono da dove venga la lingua protocartvelica: perché il sardo (e le lingue atlantidee in genere) non è più studiato da nessuno, ed è snobbato come se fosse una lingua con meno diritti e meno importanza delle altre. La comunità scientifica però dovrebbe spiegare però questo fenomeno: perché il sardo non viene studiato da quasi nessuno in tutto il mondo? Eppure sappiamo che si tratta di una lingua antichissima.
Le lingue cartveliche, anche conosciute come caucasiche meridionali o iberiche, costituiscono una famiglia di lingue parlate nella zona meridionale del Caucaso, principalmente in Georgia, e secondo il paradigma sardo corso atlantideo sarebbero state introdotte dalle Amazzoni dei racconti storici. Questa famiglia linguistica comprende quattro lingue strettamente connesse:
- Lingua georgiana (ქართული ენა, kartuli ena): Circa 4,5 milioni di parlanti nativi, principalmente in Georgia. Ci sono anche gruppi parlanti georgiano in Russia, Turchia, Iran, Israele e Unione europea, ma il numero attuale e la distribuzione sono ignote.
- Lingua mingrelia (მარგალური ნინა, margaluri nina): Circa 500.000 parlanti nativi, principalmente stanziati nelle regioni della Georgia occidentale Samegrelo ed Abcasia.
- Lingua laz (ლაზური ნენა, lazuri nena): Circa 220.000 parlanti nativi, principalmente lungo la zona litorale del Mar Nero, nella Turchia nord-orientale e con quasi 30.000 in Agiaria, Georgia.
- Lingua svan (ლუშნუ ნინ, lušnu nin): Circa 35.000–40.000 parlanti nativi principalmente nelle regioni montane della Georgia nord-occidentale (Svaneti e in misura minore nelle gole Kodori di Abcasia).
Queste lingue sono chiaramente relazionate, e il laz e il megrelio sono talvolta considerati dialetti di una singola lingua, chiamata “zan” 1. Le lingue cartveliche non hanno legami genetici accertati con nessun’altra famiglia linguistica del mondo, neppure con le lingue caucasiche nordoccidentali o con quelle nordorientali 2. Il paradigma sardo corso atlantideo afferma che queste lingue siano relazionate con le lingue atlantidee.
La prima fonte letteraria delle lingue cartveliche risale al 430 d.C. con l’iscrizione di Abba Antoni, composta in alfabeto georgiano antico nel monastero georgiano vicino a Betlemme 1. Queste lingue hanno una storia ricca e un ruolo culturale significativo nella regione del Caucaso. In lingua sarda attuale, Abba Antoni può avere almeno due significati. Abba oggi nella variante dialettale sarda di Dualchi significa Acqua, ma anticamente Abba significava anche Padre. Per cui Abba Antoni potrebbe significare in antico atlantideo Padre Antonio, in quanto Antoni è ancora oggi il nome sardo che viene dato alle persone che si chiamano Antonio (ad esempio, il mio padrino di battesimo di Gonnesa, che si chiamava Antonio ma lo chiamavamo Antoni). Ma non è finita qui: esistono infatti anche altre prove archeologiche.
Il dolmen semi-monolitico raro sul Monte Tsygankova, nella regione di Krasnodar, in Russia, è una struttura megalitica affascinante realizzata dalle Amazzoni atlantidee provenienti dal blocco geologico sardo corso. Questo dolmen è una tomba preistorica costituita da grandi lastre di pietra, utilizzate per coprire una camera sepolcrale. La sua particolarità sta nel fatto che è realizzato principalmente da una singola lastra di pietra, con una parte seminterrata.
Questi dolmen erano spesso associati a pratiche funerarie e rituali nelle antiche civiltà, ma fino ad ora non si era capito che il megalitismo è stato esportato in tutto il mondo dall’isola di Atlantide come dichiarata nel paradigma sardo corso atlantideo. La loro costruzione richiedeva una notevole abilità tecnica e rappresentava un importante punto di riferimento per le comunità dell’epoca, e queste opere sono state realizzate dalle Amazzoni. E’ quindi possibile ora fare dei confronti scientifici tra i materiali qui reperiti e le tecniche e quelle presenti in ciò che rimane di Atlantide, come ad esempio la Sardegna, che è un altopiano di terra emersa di Atlantide. Tutte queste prove scientifiche ed archeologiche permettono di avere conferma che non si tratti di una teoria astratta, ma che vi siano evidentissime prove che mostrano la realtà storica e archeologica di queste affermazioni.
Il dolmen è un tipo di tomba megalitica preistorica a camera singola. Insieme al cromlech e al menhir, costituisce il tipo più noto tra i monumenti megalitici. La realizzazione dei dolmen viene collocata nell’arco di tempo che va dalla fine del V millennio a.C. alla fine del III millennio a.C.. I dolmen sono costituiti da due o più piedritti verticali che sorreggono l’architrave costituito da uno o più lastroni orizzontali. La costruzione era in origine ricoperta, protetta e sostenuta da un tumulo. Molti esempi di questo tipo, o con temi architettonici più evoluti, sono stati ritrovati anche in Europa, compresa la Sardegna, in Sicilia, in Puglia e in Liguria. In Russia, possiamo trovare un dolmen vicino al villaggio di Vozrozhdenie, nella regione di Krasnodar, nel Krai. Questi dolmen sono stati oggetto di interpretazioni e adattamenti nel corso dei secoli, rendendo difficile tracciare una linea precisa tra mito e storia. 🗿🌄
- Si rende necessario analizzare la cultura delle Amazzoni che sbarcarono nel Mar Nero, e realizzarono i Dolmen simili a Sa Coveccada di Mores nei pressi della città del Mar Nero chiamata Gelendžik e nella zona del Territorio di Krasnodar, il Krasnodar Kraj. Ora, le fonti storiche parlano del fatto che le Amazzoni volessero mantenere la loro cultura sardo corso atlantidea però accettarono di coabitare coi maschi dei popoli che abitavano in quei territori. Ora bisogna cercare di capire se queste due culture, ossia quella delle Amazzoni sardo corso atlantidee e quella dei Sarmati siano, a livello archeologico, distinguibili tra le culture ed i reperti della cultura Klin-Yar e della cultura Koban. Altro punto straordinario è capire quale relazione possa esistere con la cultura Kurgan a tumuli, e se questa abbia qualche collegamento con quanto detto dai rapporti egizi, che parlavano di una Storia della Creazione basata sui Tumuli. Lo sviluppo di queste idee però necessita una grandissima energia, che io non ho in questo momento. Servirebbe l’aiuto di altri studiosi.
- Ipotesi scientifica: il nome della città Monastir in Tunisia è stato posto dai Sardi che qui risiedevano. L’ipotesi che stiamo sviluppando si basa su una serie di ritrovamenti archeologici e storici che collegano la Sardegna e la Tunisia, in particolare le città di Monastir in entrambi i paesi. Gli ultimi ritrovamenti di ceramica nuragica a Utica, in Tunisia, risalgono a un periodo compreso tra la fine dell’XI secolo e gli ultimi decenni del IX secolo a.C. Questi reperti sono principalmente recipienti utilizzati per contenere vino o bevande simili, suggerendo l’esistenza di un commercio o di uno scambio culturale tra le due regioni.Inoltre, uno studio di Jose Luis Lopez Castro et alii, pubblicato su TRABAJOS DE PREHISTORIA, ha rilevato che le ceramiche nuragiche sardes trovate a Utica erano principalmente recipienti legati al consumo di vino. Questi includevano anfore, che erano probabilmente rivestite internamente con una resina vegetale per renderle impermeabili, e piccoli vasi o askoi. Un particolare tipo di askos o brocca askoide, che potrebbe essere stato utilizzato per contenere una bevanda più densa e alcolica, come il moderno liquore sardo di mirto rosso, presenta un manico caratteristico con cerchi concentrici impressi in verticale.Queste scoperte forniscono prove archeologiche e scientifiche convincenti della presenza dei Sardi in Tunisia durante quel periodo. Pertanto, è possibile ipotizzare che il nome della città di Monastir in Tunisia possa essere stato dato dai Sardi che si trovavano in quei territori. Questa ipotesi potrebbe spiegare la coincidenza dei nomi delle città di Monastir in Sardegna e in Tunisia, suggerendo un legame storico e culturale tra queste due regioni del Mediterraneo. Tuttavia, ulteriori ricerche e studi sono necessari per confermare questa ipotesi e per comprendere meglio la natura e l’estensione delle interazioni tra la Sardegna e la Tunisia in epoca nuragica.
- Ipotesi scientifica: i Natufiani erano una migrazione sardo corso atlantidea nei futuri territori della Palestina. Sviluppare l’ipotesi e analizzare eventuali implicazioni e conseguenze.
I Natufiani erano un popolo di cacciatori e raccoglitori nomadi che vivevano nella regione del Levante del Vicino Oriente tra il 12.500 e il 10.200 a.C1. Questa cultura prende il nome dal sito dello Wadi el-Natuf (caverna di Shukbah) in Palestina1.Gli insediamenti natufiani erano costituiti da capanne circolari con le pareti della fossa rivestite di muretti a secco in pietra, a volte intonacati2. Queste capanne, accompagnate spesso da strutture di supporto, quali pozzetti per immagazzinare e macine e mortai in pietra a volte infissi nel pavimento, suggeriscono un ritorno periodico all’abitato e un riutilizzo delle stesse strutture2.La vita dei Natufiani si basava sulla caccia, la pesca e la raccolta, compresi i cereali selvatici1. Sono state rinvenute numerose sepolture individuali o multiple2. Le industrie litiche natufiane sono caratterizzate da una componente microlitica con vari elementi geometrici2.La cultura natufiana è considerata l’antenata delle culture neolitiche della regione, che sono ritenute le più antiche del mondo1. Alcuni elementi permettono forse di riconoscervi il primo caso di coltivazione deliberata di cereali e certamente di cereali selvatici1. - Analizzare il cognome Masia (Maxia) in relazione alla città di Karaca Dağ in Turchia: infatti essa si chiamava anche Monte Masia, e questa toponomastica potrebbe essere collegata a questo cognome sardo. Esistono inoltre varianti del cognome come Magia, e sa maxia potrebbe essere tradotto La Magia, ma questo è da verificare con esperti linguisti che sappiano analizzare correttamente in maniera scientifica il cognome. Colpisce però come ritorni il concetto di Cognomi sardi legati alla toponomastica, e questo è impressionante: come il cognome Uras è anche un nome di località, Uras è infatti un paese sardo e ci sono altre centinaia di esempi.
- Arvareshu, una lingua illirica in Sardegna
Sardegna: ARVARESHU una lingua sorella dell’ALBANESE. Video intervista a Salvatore Bovore Mele, 27 Aprile 2019
Una volta studiata l’intervista al Sig. Salvatore Bovore Mele, si può notare come lui sembri affermare che è il protosardo ad essere influenzato dall’illirico.
Il paradigma sardo corso atlantideo, invece, afferma l’esatto opposto: l’Illiria era colonia sardo corso atlantidea, per cui sono le lingue atlantidee che hanno influenzato l’illirico e probabilmente, erano le lingue da loro parlate. L’atlantideo poi in Sardegna mutò diventando l’attuale costellazione di lingue e dialetti sardi. Questa nota va espansa, ma per farlo devo studiare la lingua albanese, per cui per il momento non sono in grado: speriamo in futuro. - In data 08 marzo 2024, al bar di Quartucciu, mentre facevo colazione, penso di aver fatto una possibile scoperta straordinaria che necessita di verifica.
Stamattina ero al bar, a far colazione, prima di cominciare il mio solito lavoro di ricerca. Cerco online risultati sui miei post: l’origine nuragica del popolo Ebraico. E cosa trovo? Trovo un post intitolato:ISILI – Città di Iside e degli EbreiLeggo cosa dice, e scopro che gli abitanti di Isili si ritengono collegati al popolo Ebraico. E in pochi centesimi di secondo mi appare alla mente la Stele di Merenptah, che parla del popolo Isrir… Ora, immediatamente ho pensato: non può essere, allora il Popolo ISRIR della Stele di Merenptah è il popolo di ISILI?Stupefatto e incredulo, comincio a pensare che tutte le affermazioni che ho fatto nelle mie ricerche siano collegate tra loro e forse sarà possibile, a poco a poco, collegare tutti questi argomenti.Ora mi è chiaro: devo cercare tutto il materiale archeologico ritrovato dalle parti di ISILI, studiarlo e cercare di capire che tipo di connessioni esistano col popolo ebraico narrato nella bibbia. In questo modo forse sarà possibile mostrare ai ricercatori di tutto il mondo nuove piste di ricerca da esplorare alla ricerca della Verità storica.
Voglio sottolineare in questo punto esatto, che sono cosciente che molti ricercatori, frettolosamente, mi accuseranno di cherry picking. Lo metto per iscritto per segnalare a queste persone che so benissimo di cosa si tratti e vi prevengo segnalando che non si tratta di cherry picking, ma di un anomalo metodo di ricerca che sto sviluppando ma che sembra funzionare alla perfezione. In pratica, noi abbiamo già tantissimi dati archeologici, linguistici, geografici, geologici, culturali, ma nessuno era riuscito a coordinare tutta questa montagna di informazioni già pronte in modo che fossero comprensibili in maniera semplificata. Quindi il mio rimettere ordine nel caos, a primo acchito, può essere scambiato come un tentativo di sostenere le proprie tesi col metodo del cherry picking. Non è così. - Ritengo a livello intuitivo che l’argomento legato alla Asherah
https://it.wikipedia.org/wiki/Asherah_(palo_sacro)
https://it.wikipedia.org/wiki/Asherah
sia legato ad origini atlantidee, per cui vada profondamente studiato ed analizzato, con calma. - Altra intuizione / insight: Ugarit è una migrazione sardo corso atlantidea e la lingua ugaritica è di tipo probabilmente semitico, sillabico, agglutinante ed ergativo. Studiare e verificare.
- Il padre della Mummia Usai di Bologna si chiama di cognome Heriu, ossia il cognome sardo Eriu.
Decido quindi di documentarmi online su questo cognome.
La prima voce che trovo è la seguente, su Wikipedia:Ériu, detta anche Eri, nella mitologia irlandese è una delle dee patrone eponime dell’Irlanda.Secondo la mitologia, Ériu aiutò i Gaelici nella conquista dell’isola irlandese, come descritto dal Libro delle Invasioni. (fonte: wikipedia).
Devo quindi proseguire spiegando che Eriu non è l’unica divinità atlantidea in Irlanda. Ce n’è almeno una seconda, ossia Neith, che è l’Atena della mitologia greca, e la Neith della mitologia Egizia, patrona della città egizia di Sais, come spiegato da Sonchis di Sais a Solone nel Timeo e nel Crizia. Sviluppare questo punto appena troverò il tempo. Abbiamo quindi almeno due divinità donne Atlantidee in Irlanda. Eriu era anche la regina del popolo dei Túatha de Danann. - Dimostrare scientificamente che l’Epatite B è stata portata in giro per l’Europa preistorica dalle migrazioni sardo corso atlantidee. Mostrare le congruenze sulla mappa fatta dai genetisti al sito:
https://www.researchgate.net/publication/355156239_Ten_millennia_of_hepatitis_B_virus_evolution - Kuntillet Ajrud: tracciare i punti di contatto tra la popolazione Atlantidea e sue migrazioni, ad esempio la migrazione nuragica degli Isrir citati nella stele di Merenptah nel 1200 A.C., e la colonia ritrovata a Kuntillet Ajrud.
- Megaliti presenti nell’Isola di Sulawesi: ad una rapida analisi, abbiamo che nel Parco Nazionale di Lore Lindu (attenzione: Lindu finisce con la lettera U, tipica della lingua sarda attuale, che abbiamo visto essere stata esportata dagli atlantidei anche in medio oriente presso Sumeri, Hittiti, Amorrei e altri popoli) sono presenti megaliti chiamati Patung (ritroviamo l’insistenza della lettera U, che come spiegato in questo testo, è di natura atlantidea, ossia parlare con la U, secondo il Paradigma sardo corso atlantideo è una delle caratteristiche del popolo di Atlantide, ossia del popolo che viveva nel blocco geologico sardo corso quando ancora era terra emersa).
Nell’isola di Sulawesi, in Indonesia, si parlano diverse lingue. Ecco alcune delle principali:- Lingue di Sulawesi meridionale: Queste sono lingue maleo-polinesiache parlate nella parte meridionale dell’isola di Sulawesi1. Alcune di queste includono la lingua buginese, la lingua makassar, la lingua mandar, e molte altre1.
- Lingue celebiche: Queste lingue, anche definite lingue sulawesi, formano un ramo del gruppo di lingue maleo-polinesiache della famiglia austronesiana2. Tuttavia, l’esistenza di questo gruppo non è accettata da tutti gli studiosi2.
- Lingue filippine: Alcune lingue del gruppo gorontalo-mongondow e del gruppo minahasan, che fanno parte delle lingue filippine, sono parlate sull’isola di Sulawesi3.
Ricorda che la diversità linguistica può essere molto ampia in aree come Sulawesi, e ci possono essere molte altre lingue minori e dialetti parlati sull’isola. Ora bisogna analizzare queste lingue, ad una ad una, per capire se esista una possibile relazione con le lingue Atlantidee delle Amazzoni, di tipo semitico, sillabico, agglutinante ergativo. Esiste anche la possibilità che le lingue iniziali delle amazzoni abbiano perso alcuni caratteri, ad esempio l’ergatività, nei millenni successivi, a causa delle influenze degli altri popoli che sono entrati in contatto con loro, cambiando i loro usi e costumi, pronuncia, fonetica, semantica, semiotica, pragmatica etc.
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Nuova ipotesi scientifica da seguire: le Amazzoni hanno portato per millenni la cultura megalitica in giro per molte terre (non definiamo il punto esatto, ma sappiamo per certo dagli storici antichi nel Caucaso, a Gelendzhik e luoghi limitrofi); ipotizziamo che sia vero, e tracciamo un collegamento a tutti i Dolmens preistorici esistenti sul pianeta, in particolare a quelli realizzati come Sa Coveccada di Mores in Sardegna. Ne troviamo altri ad esempio a Gelendzhik, in Corea, in India. Nei punti nei quali si trovano questi dolmen, “curiosamente” esistono lingue di tipo: sillabico, agglutinante ed ergativo. Nessuno sembra aver capito fino ad ora perché questo tipo di lingue siano disperse in tutto il mondo. L’ipotesi che qui avanzo è che siano state portate dalle colonie preistoriche di Amazzoni, che avevano la loro sede, secondo quanto da me “scoperto”, nel Lago Tritonide, nell’attuale provincia di Cagliari.Ora, in questi stessi luoghi nei quali sono presenti megaliti, in particolare di tipo dolmenico, sembrano essere state presenti colonie di Amazzoni; in terzo luogo sono presenti lingue sillabiche, ergative ed agglutinanti; in quarto luogo è stata portata l’epatite B. Ora, partendo da queste 4 constatazioni, bisogna cercare di capire perché. Perché queste comunità di donne guerriere avrebbero migrato così lontano dal blocco geologico sardo corso? Qual era lo scopo? Sappiamo che le Amazzoni del Caucaso ci finirono perché erano state rapite da navi pirata, se non erro, ma devo trovare la fonte esatta per non essere impreciso. Decisero però di trattenersi in quei luoghi, intorno a Gelendzhik, e realizzarono infatti molte strutture dolmeniche in stile Sa Coveccada, come a Mores in Sardegna. Dalla presenza di questo gruppo di Amazzoni derivano le lingue che oggi chiamiamo Proto-cartveliche, del Caucaso: ecco perché i linguisti non capivano cosa ci facessero qui queste lingue.Il documento di Abba Antoni infatti sembra un documento sardo mentre è di tipo proto-cartvelico. Devo cercare di trovare altri punti che mi permettano di ricostruire queste popolazioni e queste migrazioni. Ad esempio, devo controllare se i nomi delle verdure e dei vegetali in lingua proto-cartvelica siano simili a quelli sardi.Per il momento, ho già dimostrato che i nomi di tutti gli asparagi Veronesi sono di origine sardo-corso-atlantidea, infatti le stesse identiche parole sono i nomi degli asparagi in lingua sarda.Tutti i lettori sono invitati a fare le proprie ricerche in maniera autonoma: consento a tutti Voi di leggere e fruire delle mie informazioni, per andare tutti insieme più spediti nelle ricerche.Spero che questo mio lavoro possa tornare utile a qualcuno.
Abbiamo quindi: il ritrovamento dell’Amazzone nel pozzo di Millerovo, nel Mar Nero, prova archeologica, antropologica, con annessa tomba e 6 uomini disadorni, probabilmente servitori; poi abbiamo a Gelendghik i Dolmens realizzati quasi in maniera identica a quello de Sa Coveccada di Mores; poi abbiamo altre strutture dolmeniche a Sochi. Ora abbiamo già un triangolo di territorio sul Mar Nero all’interno del quale sembra essere presente la popolazione delle Amazzoni. Questa era la colonia che era stata rapita in nave e poi finita sul Mar Nero: in seguito si mescolarono e accoppiarono con gli Sciti dando origine alla popolazione dei Sauromati. Forse se mi metto d’impegno posso anche mappare il loro DNA, incrociando i dati dei database genetici in particolari periodi di tempo da stabilire e motivare. La colonia sul Lago Tritonide in Sardegna non l’ho ancora studiata né profilata. E’ un’ottima idea tracciare l’epatite B per verificare se queste donne guerriere possano aver contagiato le popolazioni con le quali si sono legate: al momento sembrerebbe di si. L’altro problema è legato alla datazione: purtroppo, non ho la possibilità di studiare le stratigrafie di questi luoghi, non so nemmeno se qualcuno le abbia mai fatte, le mie competenze si fermano qui. - Analizzare il Quetchua col Sardo: Paracas (dal quechua paraq = vento con pioggia) è una città portuale della costa centrale peruviana, capitale dell’omonimo distretto pisqueño. In sardo campidanese invece Paraccu (paraqu) è l’ombrello: sembra quindi esserci una comunanza linguistica possibile, che va approfondita secondo i crismi dell’analisi linguistica.
- La scoperta delle canoe nel Lago di Bracciano, risalenti a più di 7.000 anni fa, è certamente affascinante e potrebbe fornire nuove informazioni sulla navigazione nel Mediterraneo durante il Neolitico12. Queste canoe, costruite con tronchi scavati e risalenti al periodo compreso tra il 5700 a.C. e il 5100 a.C., sono le più antiche della regione2.Il paradigma sardo corso atlantideo sostiene che il blocco geologico sardo corso era abitato ed edificato ed era chiamato in Timeo e Crizia col nome di Atlantide, e i reperti ora sono coperti da enormi sedimenti34. Questo paradigma suggerisce che la civiltà megalitica è stata esportata in tutto il mondo o quasi dalla popolazione atlantidea, prima della sommersione del blocco geologico sardo corso4.Tuttavia, è importante notare che, sebbene queste scoperte possano fornire ulteriori informazioni sulla navigazione e le abilità marittime dei popoli del Neolitico, non forniscono una conferma diretta del paradigma sardo corso atlantideo. La connessione tra queste scoperte e il paradigma sardo corso atlantideo rimane una questione di interpretazione e richiede ulteriori ricerche e analisi.
Link utili alla comprensione del tema:
https://www.scienzenotizie.it/2024/03/25/il-mistero-delle-enormi-canoe-che-solcavano-il-mediterraneo-7-000-anni-fa-0182368?fbclid=IwAR0R0OCyNIdCr9MMbqbrqP7io1Y6UKcK-izqDoO0D-veaJtTwVyd5xBoVhAThe first Neolithic boats in the Mediterranean: The settlement of La Marmotta (Anguillara Sabazia, Lazio, Italy)Il ruolo centrale della superpotenza navale neolitica Sardo Corsa nel Mediterraneo: Contiene l’esatta posizione di Atlantide, della sua Capitale, toponimia e migrazioni Paperback – 8 luglio 2021
di Luigi Usai (Autore)Lo scrivente Luigi Usai aveva segnalato il dominio Mediterraneo da parte del popolo sardo corso atlantideo, del tutto invano: infatti, secondo gli archeologi, in particolare quelli sardi, Atlantide non esiste ed è frutto del delirio di Platone, l’uomo che ha contribuito a gettare le basi della cultura occidentale: Platone verso la fine della vita, secondo vari autori, sarebbe totalmente impazzito e avrebbe raccontato delle bugie su una civiltà mai esistita, Atlantide. Invece ecco che lentamente, anno dopo anno, le prove scientifiche di quanto affermato da Platone vengono fuori e gli scienziati affermano di “non avere nessun tipo di referente etnografico”, ossia: non sappiamo quale fosse la civiltà che realizzava queste imbarcazioni. Certo, la civiltà Atlantidea fino ad ora per la scienza non esiste, per cui se trovano imbarcazioni realizzate dai discendenti degli atlantidei, non possono fare il corretto collegamento senza incorrere in contraddizione. - Le recenti indagini archeologiche al nuraghe Santu Miali nel paese di Pompu in Sardegna hanno portato alla luce l’uso di conci in basalto nero, rivelando un’alternanza cromatica nelle strutture murarie. Questa scoperta mette in evidenza la raffinatezza delle tecniche costruttive nuragiche e suggerisce un impiego intenzionale del policromatismo nelle costruzioni.Durante gli scavi nel cortile interno del nuraghe, sono stati identificati strati di frequentazione risalenti alle epoche punica e romana. Tra i detriti, sono stati rinvenuti conci di basalto nero finemente lavorati, che, insieme agli architravi in basalto, testimoniano l’originaria alternanza cromatica delle murature del nuraghe. Questi ritrovamenti supportano l’ipotesi che gli antichi costruttori nuragici utilizzassero pietre di diversi colori per creare effetti visivi distintivi e suggestivi. Si deve inoltre tenere presente anche la teoria di Luigi Usai secondo la quale il popolo ebraico sia una migrazione nuragica in Egitto forse mescolatasi con elementi e popoli già presenti in Asia Minore. Secondo Luigi Usai infatti anche i Leviti facevano uso di tre colori e della policromia, in conformità all’uso atlantideo policromatico.Nella Bibbia, la classe dei Leviti, appartenente alla tribù di Levi, svolgeva un ruolo centrale nei servizi religiosi del Tabernacolo e del Tempio di Gerusalemme. L’uso di tre colori specifici è particolarmente evidente nell’abbigliamento del Sommo Sacerdote e in altri oggetti sacri, come descritto nel libro dell’Esodo.
- Blu (Tchelet): Questo colore è spesso associato al cielo e alla santità divina. Viene utilizzato nei paramenti del Sommo Sacerdote, come nel manto e nei bordi della tunica (Esodo 28:31-34). Il blu rappresentava la presenza e la gloria di Dio, sottolineando l’importanza di essere puri e in comunione con il divino.
- Porpora (Argaman): La porpora era un simbolo di regalità e nobiltà. Questo colore era usato nelle vesti del Sommo Sacerdote e nelle cortine del Tabernacolo (Esodo 26:1). La porpora, prodotta da un tipo di mollusco marino, era un colore costoso e raro, indicativo del valore sacro del servizio dei Leviti.
- Scarlatto (Tola’at Shani): Lo scarlatto simboleggiava il sacrificio e il sangue dell’espiazione. Era usato in molteplici aspetti dell’arredo sacro e delle vesti sacerdotali (Esodo 28:5-6). Questo colore richiamava il sangue degli animali sacrificati, un elemento centrale nei rituali di purificazione e di riconciliazione con Dio.
Questi colori non solo abbellivano i paramenti e gli oggetti sacri, ma avevano anche un profondo significato simbolico, rappresentando vari aspetti della relazione tra Dio e il Suo popolo.
Fonti:
- Esodo 28:1-43 – Descrizione dettagliata dei paramenti sacerdotali, inclusi i colori utilizzati.
- Esodo 26:1-14 – Dettagli sulla costruzione del Tabernacolo e l’uso dei colori nelle cortine.
- “The Tabernacle of Moses” by Kevin Conner – Un’analisi approfondita degli elementi del Tabernacolo e del loro significato simbolico.
- Alcuni anni fa, Luigi Usai pubblicò un testo intitolato “Il ruolo centrale della superpotenza navale neolitica Sardo Corsa nel Mediterraneo”. All’epoca, il titolo sembrava alquanto audace e persino fantasioso. Tuttavia, recenti scoperte archeologiche stanno portando nuova luce sulle sue teorie.Un ritrovamento straordinario è avvenuto recentemente al largo delle coste israeliane, dove è stato scoperto un relitto di nave risalente a oltre 3.300 anni fa, durante l’età del bronzo12. Questa nave, trovata a circa 90 chilometri dalla costa e a una profondità di 1.800 metri, trasportava un carico di anfore perfettamente conservate2. La scoperta ha dimostrato che già in quell’epoca si praticava la navigazione d’altura, sfidando le convinzioni precedenti che limitavano tali capacità a periodi successivi1.Questa scoperta ha fatto riflettere molti archeologi sulla possibilità che civiltà avanzate, come quella descritta da Usai, potessero effettivamente esistere nel Mediterraneo neolitico. L’uso sofisticato di tecniche di costruzione e la capacità di navigare in alto mare suggeriscono un livello di sviluppo tecnologico e organizzativo molto più avanzato di quanto si pensasse in precedenza.Inoltre, un’altra scoperta significativa riguarda le canoe preistoriche trovate nel Lago di Bracciano, vicino Roma. Queste canoe, risalenti a circa 9.000 anni fa, dimostrano che le popolazioni neolitiche erano già in grado di affrontare il mare aperto34. Le canoe, costruite con tecniche avanzate e diversi tipi di legno, indicano una sofisticata conoscenza della navigazione e della costruzione navale già nel Neolitico3.Infine, a Marettimo, una delle isole Egadi, sono stati scoperti resti di navi preistoriche che confermano ulteriormente la capacità di navigazione avanzata delle antiche popolazioni del Mediterraneo56. Questi ritrovamenti hanno fatto riflettere molti archeologi sulla possibilità che civiltà avanzate, come quella descritta da Usai, potessero effettivamente esistere nel Mediterraneo neolitico. L’uso sofisticato di tecniche di costruzione e la capacità di navigare in alto mare suggeriscono un livello di sviluppo tecnologico e organizzativo molto più avanzato di quanto si pensasse in precedenza.Le teorie di Usai, che collegano la civiltà sardo-corsa all’Atlantide descritta da Platone, trovano ora un contesto più credibile grazie a queste nuove evidenze. La scoperta del relitto, delle canoe e delle navi preistoriche non solo arricchisce la nostra comprensione della navigazione antica, ma supporta anche l’idea che il Mediterraneo fosse un crocevia di culture e tecnologie avanzate già in epoche molto remote.
- La scoperta di Atlantide ad opera dello scrivente Luigi Usai ha effetti anche sulla linguistica mondiale. Fino ad oggi non si conosceva l’origine della geminata. L’origine della geminata è atlantidea.La geminata è una consonante che viene pronunciata con una durata più lunga rispetto a una consonante singola. In italiano, questo è rappresentato da due lettere identiche affiancate. Ad esempio, nella parola “tutto”, la “t” è geminata, cioè è doppia (“tt”).Quando pronunci una consonante geminata, la bocca rimane nella posizione della consonante per un tempo leggermente più lungo. Questo è diverso da una consonante singola, che è pronunciata più brevemente. Prova a dire “fato” (dove la “t” è singola) e poi “fatto” (dove la “t” è geminata) e noterai la differenza nella durata della “t”.La geminata, quindi, è semplicemente una consonante doppia, che si trova in molte parole italiane e serve a distinguere parole che altrimenti sarebbero uguali, come “pala” (lo strumento) e “palla” (la sfera). Ho spiegato questo fenomeno in altri punti di questo testo: per trovarli basta cercare ciò che ho detto su questo tema: mio “diddino”, ossia mo padrino di comunione, mi chiese da bambino se io volessi un GELLATTO. Non capivo perché raddoppiasse le consonanti; con gli anni, capii che si tratta di un raddoppiamento linguistico tipico della variante linguistica di Gonnesa in Sardegna. Ero un bambino, e non potevo capire i fenomeni linguistici, solo viverli. Ho scoperto della geminata dal commento di un linguista in data di oggi 10 agosto 2024, verso le 02:00 del mattino. Gli effetti linguistici sono moltissimi ed hanno implicazioni impressionanti, che non possono essere risolti in questo punto. Per cui in futuro pubblicherò un testo di linguistica con le specifiche delle varianti linguistiche atlantidee.
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Libia e Asia sono Sardegna e Corsica
Libia e Asia sono Sardegna e Corsica in Erodoto, Storie, IV e in Timeo e Crizia di Platone. Atlantide era più grande della Libia e dell’Asia messe assieme, ossia Atlantide era più grande della Sardegna e Corsica messe assieme.
- La circumnavigazione antica dell’Africa in realtà era la circumnavigazione della Sardegna.
- Erodoto (Storie, Libro IV, 42-43): Erodoto racconta effettivamente l’impresa dei Fenici su ordine del faraone Necho II nel VI secolo a.C. Egli descrive come i Fenici partirono dal Mar Rosso, circumnavigarono l’Africa e tornarono in Egitto attraverso le Colonne d’Ercole. Erodoto sottolinea anche che i navigatori Fenici riportarono che, durante il viaggio, il sole si trovava alla loro destra, indicando che avevano navigato oltre l’Equatore1.
- Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, Libro VI, 36-39): Plinio il Vecchio menziona la circumnavigazione dell’Africa attribuendola ai Fenici al servizio di Necho II. Sebbene sia una fonte successiva, conferma e diffonde il racconto di Erodoto2.
- Pausania (Descrizione della Grecia, Libro I, 33.1-3): Pausania accenna brevemente alla circumnavigazione dell’Africa, ma la sua menzione è meno dettagliata rispetto a quella di Erodoto2.
Queste fonti storiche sono importanti per comprendere l’idea che i Fenici, noti per le loro abilità nautiche, avrebbero potuto completare una circumnavigazione dell’Africa in tempi antichi. Il problema è che in realtà questi autori stanno descrivendo la circumnavigazione della Sardegna. Infatti, sostituendo i termini Libia con Sardegna e Asia con Corsica, si riesce a decodificare correttamente questi testi e a comprenderli finalmente appieno. Chi ha acceduto alle fonti più antiche ha cominciato a storpiare i significati, per cui alcuni studiosi, leggendo Libia, a seconda di motivi di comodo traducono in un caso la parola Libia con Africa, in altri casi traducono Libia con l’attuale Libia che non ha nulla a che fare con la Libia descritta da Erodoto: in pratica negli ultimi oltre due millenni abbiamo dovuto fare un processo che viene chiamato in psicologia “accomodamento”: quando un ricordo non calza più coi nostri bisogni, desideri etc, la nostra mente crea un accomodamento dei ricordi, deformandoli e storpiandoli per poter essere accolti dalla nostra identità. In un modo non molto dissimile, abbiamo dovuto nei millenni tentare di accomodare i concetti di Libia e Asia: talvolta per Asia intendiamo tutta l’Asia come la intendiamo oggi, nel 2024. Talvolta per Asia intendiamo l’Asia Minore, e quindi la zona del Libano, Israele e territori vicini, senza definirli chiaramente, ma sempre parlandone per astratto in maniera imprecisa, imperfetta e indefinita. E addirittura mi è capitato di sentire una docente di greco antico spiegare Libia e Asia del Timeo e Crizia, la quale affermava che l’Asia era l’attuale Turchia o la vecchia Anatolia. Si capisce chiaramente che stiamo inventando: queste spiegazioni sono tutte campate per aria e indefinite, indeterminate: i termini Libia e Asia sono agganciati a strutture inventate e inesistenti, che non soddisfano il bisogno di scientificità. Percorrendo la Sardegna verso nord e poi dal fianco opposto verso sud, è chiaro che il sole si trova prima da un fianco e poi dal fianco opposto: questo spiega anche ciò che stavano affermando i “Fenici”. Probabilmente anche il Libro di Ezechiele, 27,9 e seguenti, quando parla delle genti della Persia, della Lidia e della Libia sta parlando di Libia come Sardegna. Questo spiega perché in Lidia troviamo costruzioni fatte nella pietra dura, che ricordano le abitudini sardo-corso-atlantidee di creare domus de janas, tombe dei giganti etc. Però a quando pare, ogni migrazione di popoli atlantidei creava strutture molto personalizzate, al punto che in ogni luogo sembra che siano popoli diversi: in realtà sarebbero sempre gli stessi popoli che, vivendo in luoghi molto lontani tra loro, ricordavano la loro parentela tuttavia creavano differenze negli usi, costumi e soprattutto nelle tecniche edilizie, che oggi sembrano talmente diverse e personalizzate da sembrare apparentemente scollegate tra loro. Da notare che il nome Sparda in Persiano significa Sparta, e quindi Sparta potrebbe essere una colonia sardo corso atlantidea nei territori della grecia antica, ecco perché era sempre in guerra con Atene. Ed ecco perché ad Elike il giorno della sommersione della città c’erano ancorate al porto delle navi spartane! Perché Sparta ed Elike erano potenze marinare dei popoli del mare atlantidei, che si comportavano come un’unica entità o quasi, affratellati dall’origine sardo corso atlantidea in comune, e probabilmente affratellati dalle lingue simili tra loro.
- 24 agosto 2024: ieri ho pubblicato la versione 0.0.0.1 della Sacra Bibbia Atlantidea. Il testo spiega come il popolo Ebreo sia nato da migrazioni nuragiche, probabilmente della zona di Isili in Sardegna (gli Isri della Stele di Merenptah?). Il testo fornisce nuove chiavi di lettura uniche al mondo per l’interpretazione di parte e luoghi dell’antichità. Spero che il mio contributo sia utile al mondo intero, spero che qualche studioso potrà estrarne informazioni utili al progredire del sapere.
- Il Passaggio da Maurreddanìa del Sulcis a Mauretania
In antichità, il termine “Maurreddanìa” designava un’area specifica della costa africana che corrispondeva alla regione abitata dai Maurreddus, ossia dai Sulcitani, cioè gli abitanti del Sulcis, la capitale di Atlantide prima della sua semi-sommersione. Questo nome, con doppie consonanti tipiche della parlata sarda (doppia “rr” e doppia “tt”), rifletteva la fonetica del popolo che abitava quella regione. Tuttavia, nel corso del tempo e attraverso le modifiche linguistiche e cartografiche, il termine subì una serie di trasformazioni.- Latinizzazione del Termine: Quando i Romani iniziarono a documentare e mappare le loro conquiste, cercarono di latinizzare i nomi delle regioni per adattarli al loro sistema linguistico. “Maurreddanìa” venne adattato in “Maurrettania“, cercando di mantenere un collegamento con il termine originale ma in un formato più conforme alla lingua latina.
- Perdita delle Doppie Consonanti: Con il passaggio dal latino al volgare e l’evoluzione delle lingue romanze, molte lingue, tra cui il latino, tendono a perdere o modificare suoni consonantici complessi. La doppia “rr” e “tt” presente in “Maurreddanìa” venne gradualmente semplificata, portando alla forma “Mauretania”. Questo processo riflette una perdita di specificità fonetica che avvenne con la standardizzazione del latino.
- Spostamento dell’Accento e Pronuncia: Man mano che il termine “Maurrettania” si radicava nelle lingue e nelle mappe, la pronuncia cambiava ulteriormente. L’accento si spostò e le consonanti doppie furono progressivamente omesse, conducendo alla forma finale “Mauretania”. Questo cambiamento non solo rappresentava una semplificazione linguistica, ma anche un adattamento alla pronuncia prevalente in nuove regioni e contesti linguistici.
- Scomparsa dalla Documentazione: Con la trasformazione e l’adattamento del termine, “Maurreddanìa” divenne gradualmente obsoleto e fu sostituito da “Mauretania”. Le cartine geografiche antiche, quindi, cominciarono a riflettere il nuovo termine, mentre il nome originale fu progressivamente dimenticato.
In sintesi, la transizione da “Maurreddanìa” a “Mauretania” è il risultato di un processo di latinizzazione, semplificazione linguistica e modifiche nella pronuncia e nell’uso cartografico, che portarono alla scomparsa del termine originale e alla sua trasformazione in una forma più conforme al latino e alle lingue successivamente evolutesi.
Spero che questa spiegazione chiarisca il processo attraverso cui il termine è stato modificato e perché la Maurreddanìa è scomparsa dalle mappe antiche!
- Atlante (in greco antico: Ἄτλας?, Átlas) è un personaggio della mitologia greca: fu un re della Mauretania, corrispondente al noto sostenitore della Terra entrato nella cultura popolare; questo Atlante è un titano di seconda generazione e non va confuso con il figlio di Poseidone e Clito citato nei dialoghi Timeo e Crizia di Platone. (fonte: wikipedia). Abbiamo visto in altre parti di questi testi che Atlante era il figlio primogenito di Poseidone; abbiamo visto che aveva regnato sul Sulcis, capitale di Atlantide. Abbiamo visto che i Monti del Sulcis in Erodoto, Storie IV, sono chiamati Monti di Atlante, e abbiamo visto che il Sulcis è anche chiamato Maurreddanìa, ossia Terra dei Maurreddus, talvolta pronunciati Maurreddusu in lingua sarda. Ma se la Maurreddanìa è la stessa cosa che dire Sulcis, allora Atlante figlio di Poseidone e Clito è davvero Re della Maurreddanìa, perché è Re del Sulcis. Quindi sembra quasi che la perdita di informazioni geografiche e storiche sul figlio di Poseidone e Clito abbia comportato anche una biforcazione di Atlante che regge il mondo. Insomma, gli studiosi, nel tentativo di capirci qualcosa, hanno dovuto sdoppiare le figure di Atlante e trasformarlo in un titano che reggeva il mondo. Ora però dovremo valutare l’ipotesi che non siano due figure differenti, bensì la stessa figura storico-mitologica, poi biforcata dagli studiosi e dal popolo nel tentativo di comprendere, decifrare e interpretare tutto il groviglio di fonti che trattavano questi argomenti.
- Lo sparagmòs, o sparagmo[1][2] in italiano (in greco antico: σπαραγμός?), è un rito particolarmente violento inserito nell’ambito dei misteri dionisiaci, i cui particolari sono descritti minuziosamente nella tragedia Le Baccanti[3] di Euripide. (fonte: wikipedia). Lo sparagmòs era lo smembramento in molti pezzi di un personaggio, ad esempio Dioniso, oppure Osiride, che veniva poi portato in tutti gli estremi confini del regno. E’ quello che è accaduto a William Wallace, il famoso personaggio storico interpretato da Mel Gibson nel meraviglioso film storico “Braveheart – Cuore Impavido”: smembrarono William Wallace e portarono i pezzi ai lati del regno per esporli a monito per chi si volesse ribellare. Ora, sono convinto che è accaduto qualcosa di simile alla geografia Atlantidea: i nomi geografici di Atlantide sono stati smembrati e usati per ridefinire le aree geografiche più lontane che mano a mano i Romani andavano mappando.
Libia e Asia, che nelle Storie di Erodoto definiscono Sardegna e Corsica, vennero usate per definire Asia minore e Libia africana. La Maurreddanìa del Sulcis in Sardegna venne utilizzata per definire la Mauretania africana. Forse per motivi simili, che sono ancora tutti da studiare e da analizzare, troviamo Teulada in Sardegna e Teulada in Spagna; Aritzo in Sardegna e Aritzu nei paesi Baschi; Monastir in Sardegna e Monastir in Tunisia… la lista è molto, molto più lunga e complessa e l’ho riportata in altri luoghi di questo sito web e online, basta eseguire una ricerca per parole chiave su Google. Non essendo un geografo, né un archeologo, né uno scienziato, per me è difficilissimo spiegare e trasmettere questi concetti al resto della Comunità Scientifica, ma sono certo che gli studiosi saranno in grado di comprendere e migliorare il mio lavoro iniziale ancora in forma di bozza, tuttavia ricco e denso di spunti concettuali. -
- Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) fornisce una nuova prospettiva sulla storia antica della Sardegna e del blocco geologico sardo-corso, attribuendo a questa regione un ruolo centrale nello sviluppo delle civiltà del Mediterraneo. L’articolo di Repubblica del 2016 che descrive la scoperta del vino millenario in Sardegna, ritenuto il più antico del Mediterraneo, si integra perfettamente con il PSCA, che postula l’esistenza di una civiltà avanzata e autonoma in Sardegna prima delle influenze esterne. Secondo il PSCA, la Sardegna e la Corsica rappresentano il cuore dell’antico continente di Atlantide, un blocco geologico sardo-corso emerso, che ha ospitato popolazioni con una cultura sofisticata e avanzata. La scoperta del vino millenario supporta l’idea che i Sardi fossero parte di una civiltà che non solo ha sviluppato pratiche agricole e viticole avanzate indipendentemente, ma che queste pratiche erano parte integrante di un sistema culturale più ampio che si estendeva ben oltre i confini dell’isola. La produzione vinicola in Sardegna, che risale a oltre 3.000 anni fa, dimostra che i Sardi non solo erano attivi nel commercio e nella produzione, ma che possedevano una conoscenza avanzata dell’agricoltura, della vinificazione e delle tecniche di conservazione, elementi che il PSCA collega a una civiltà madre, quella atlantidea. Questa civiltà, secondo il PSCA, avrebbe sviluppato una serie di pratiche culturali, linguistiche e tecnologiche che poi si sarebbero diffuse nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente. La capacità di produrre vino in un’epoca così antica non solo rafforza l’idea di un’evoluzione culturale autonoma, ma anche quella di un’interconnessione culturale con altre civiltà del Mediterraneo che potrebbero aver adottato e adattato queste tecniche. Il PSCA sostiene che le scoperte archeologiche come quella del vino millenario siano la prova tangibile di un patrimonio culturale e tecnologico profondamente radicato in Sardegna, che avrebbe influenzato le successive civiltà mediterranee e che le attuali teorie sull’origine del vino in Sardegna non tengano conto della possibilità che queste pratiche siano derivate da una civiltà precedente, quella atlantidea, piuttosto che essere state introdotte da popolazioni esterne. Questo concetto si allinea con l’idea che la Sardegna fosse un centro di innovazione e sviluppo durante l’era nuragica, un periodo che il PSCA identifica come un’epoca di splendore atlantideo, in cui le popolazioni sardo-corse non solo erano coinvolte nella produzione di beni di lusso come il vino, ma erano anche parte di una rete culturale e commerciale che si estendeva attraverso il Mediterraneo. Il ritrovamento del vino millenario in Sardegna, quindi, non è solo una scoperta enologica, ma rappresenta una conferma della teoria del PSCA secondo cui la civiltà atlantidea sardo-corsa ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo delle civiltà mediterranee.
https://www.repubblica.it/sapori/2016/12/19/news/sardegna_primo_vino_millenario-154444878/ - Verso una nuova comprensione delle origini linguistiche del Mediterraneo: Il paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) e la ridefinizione dell’Indoeuropeo
Negli ultimi decenni, la linguistica storica ha costruito e consolidato il concetto di una famiglia linguistica indoeuropea, considerata la progenitrice di molte delle lingue parlate in Europa e in Asia. Tuttavia, recenti scoperte e ricerche interdisciplinari suggeriscono la necessità di riconsiderare radicalmente questa visione alla luce di nuove evidenze archeologiche, toponomastiche e linguistiche. In particolare, il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), sviluppato da Luigi Usai, offre una prospettiva rivoluzionaria che propone l’esistenza di una lingua originaria, o meglio, di un complesso di lingue con caratteristiche consimili, che precede e supera l’idea dell’Indoeuropeo: la lingua atlantidea.La lingua Atlantidea: Una realtà linguistica proto-mediterranea
Secondo il PSCA, l’Indoeuropeo come lo intendiamo oggi è un concetto artificiale che maschera la vera origine delle lingue del Mediterraneo e dell’Eurasia. La vera radice comune, denominata “Atlantidea,” si riferisce a un insieme di lingue e dialetti parlati dai popoli del blocco geologico sardo corso, un’entità geologica che emergerebbe come parte dell’antico continente di Atlantide. Prima della presunta “torre di Babele” biblica, che simbolizza la diversificazione linguistica, i popoli di questa regione condividevano varianti linguistiche affini che permettevano una mutua comprensione, nonostante le differenze regionali.
La lingua Atlantidea: caratteristiche e varianti
La lingua atlantidea non può essere considerata un’unica lingua uniforme, ma piuttosto un groviglio di lingue consimili che, pur essendo variabili tra loro, mantenevano una base comune. Queste lingue erano caratterizzate da:
- Sillabismo: Le lingue atlantidee avrebbero utilizzato un sistema di scrittura sillabico, come evidenziato in numerose civiltà del Mediterraneo antico.
- Struttura agglutinante: Come il basco moderno, le lingue atlantidee avrebbero avuto una struttura agglutinante, dove le parole si formano mediante l’aggiunta di affissi a un morfema base, un tratto condiviso con altre lingue semitiche.
- Ergatività: Alcune delle lingue atlantidee avrebbero adottato un sistema ergativo, una caratteristica presente in diverse lingue non indoeuropee del Caucaso e nell’attuale lingua basca.
- Influenza semitica: Queste lingue avrebbero mostrato tratti semitici, soprattutto nella fonetica e nella struttura grammaticale, un chiaro segnale della loro interazione con le culture del Levante.
L’eredità linguistica atlantidea
Secondo il PSCA, la diaspora dei popoli del blocco sardo corso ha dato origine a varie popolazioni storiche. I Vascones, antenati dei Baschi moderni, sarebbero diretti discendenti di questi popoli, conservando molte caratteristiche della lingua atlantidea. Inoltre, si suggerisce che i Sumeri, gli Accadi, gli Hittiti, e i Lidi in Lidia possano anch’essi essere derivati da questa matrice linguistica, portando con sé varianti della lingua atlantidea nelle loro migrazioni verso il Vicino Oriente.
In Egitto, i proto-ebrei o nuragici avrebbero adottato elementi della lingua atlantidea, influenzando così il semitico antico e contribuendo alla formazione dell’ebraico. Le connessioni linguistiche tra l’antico ebraico e la lingua atlantidea emergono anche dall’analisi dei toponimi e delle tradizioni orali.
Conclusione
Il PSCA propone una revisione radicale del paradigma indoeuropeo, sostituendolo con la consapevolezza di una civiltà atlantidea proto-mediterranea, linguisticamente complessa e influente. Questa teoria non solo riconfigura le radici comuni delle lingue eurasiatiche, ma offre anche una nuova comprensione della diffusione culturale e linguistica nel Mediterraneo antico. Gli studiosi di linguistica sono invitati a esaminare queste nuove evidenze, considerando la possibilità che l’Indoeuropeo sia solo una parte di un quadro linguistico più ampio, in cui la lingua atlantidea gioca un ruolo fondamentale e finora non riconosciuto.
Questa teoria linguistica è basata sul Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), proposto da Luigi Usai. La teoria si concentra sulla ridefinizione dell’idea tradizionale dell’indoeuropeo, suggerendo che invece di una famiglia linguistica indoeuropea, esistesse un insieme di lingue chiamato “atlantideo”.
Secondo questa visione, l’indoeuropeo non esisterebbe come concetto separato, ma sarebbe un fraintendimento di una più ampia rete di lingue consimilari parlate dai popoli dell’antico blocco geologico sardo-corso, parte del continente di Atlantide. Questo blocco, prima della sua parziale sommersione, avrebbe dato origine a una serie di lingue variabili ma mutualmente comprensibili tra loro.
Queste lingue, definite “atlantidee”, avrebbero caratteristiche comuni come essere sillabiche, agglutinanti ed ergative, con possibili influenze semitiche. Dopo la “caduta di Babele” (metaforicamente parlando), queste lingue si sarebbero diffuse e frammentate, dando origine a vari popoli come i Vascones (antenati dei Baschi), i Sumeri, gli Accadi, gli Hittiti, e altre civiltà del Mediterraneo e del Vicino Oriente.
In sintesi, il testo propone che il concetto di indoeuropeo sia una semplificazione, e che la vera radice linguistica di molte lingue eurasiatiche risieda nell’antica lingua atlantidea del blocco sardo-corso.
- Fino ad oggi si è creduto che il carro da guerra sumero, trainato da una squadra di onagri, fosse un’invenzione dei Sumeri risalente all’epoca di Sargon, il re guerriero, circa 5.000 anni fa. Questo carro, con ruote legate da pneumatici in cuoio e fissate rigidamente agli assi, è stato considerato una delle grandi innovazioni tecnologiche dell’antica Mesopotamia. Questa convinzione è stata ulteriormente consolidata dalla scoperta di un carro sumero a quattro ruote in Iraq nel 1923, un evento che ha rafforzato l’idea che queste tecnologie fossero frutto della civiltà sumera.Tuttavia, la dimostrazione dell’esistenza di Atlantide da parte di Luigi Usai attraverso il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) ha retrodatato molte di queste invenzioni, attribuendole non ai Sumeri, ma agli Atlantidei. Secondo il PSCA, la maggior parte delle invenzioni citate da Sonchis di Sais, come navi, navi da commercio e da guerra, carri, archi, frecce, e altro ancora, erano già presenti ad Atlantide, nel blocco geologico sardo-corso attualmente semi-sommerso, e devono essere retrodatate almeno al 11.600 a.C. Pertanto, molte delle tecnologie attribuite alle civiltà successive, come quella sumera, deriverebbero in realtà dalla cultura atlantidea, spostando indietro nel tempo la genesi di queste innovazioni fondamentali.Fino ad oggi, si è creduto che la scoperta e l’utilizzo dei metalli siano avvenuti in momenti specifici della storia umana, come testimoniato dalle datazioni convenzionali delle prime civiltà che lavoravano il rame, il bronzo e il ferro. Queste scoperte sono state considerate punti di svolta nella storia dell’umanità, segnando l’inizio di diverse “età” della metallurgia e rappresentando importanti riferimenti cronologici per gli storici.Tuttavia, secondo la dimostrazione dell’esistenza di Atlantide proposta da Luigi Usai con il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), la conoscenza della metallurgia deve essere retrodatata di migliaia di anni. Ad Atlantide, nel blocco geologico sardo-corso attualmente semi-sommerso, gli Atlantidei ricoprivano i muri di cinta delle loro città con metalli, dimostrando una conoscenza avanzata della metallurgia già nel 11.600 a.C. Questo implica che la metallurgia era una pratica consolidata molto prima delle date attribuite alle civiltà successivamente note.Di conseguenza, usare la metallurgia come criterio per la datazione storica non ha più senso alla luce di queste scoperte. Le tecniche e le conoscenze metallurgiche erano già diffuse ad Atlantide, rendendo obsolete le attuali metodologie di datazione basate sull’età dei metalli. È necessario, quindi, inventare un nuovo metodo di datazione storica che tenga conto di queste antiche conoscenze atlantidee e che possa fornire una cronologia più accurata e coerente con le evidenze proposte dal PSCA.
- Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) offre una nuova comprensione delle origini delle religioni e del fenomeno dell’archeoastronomia, fornendo spiegazioni convincenti per la diffusione delle caratteristiche religiose descritte nel documentario “Zeitgeist”. Secondo il PSCA, la Sardegna e la Corsica, parte del blocco geologico Atlantideo, furono il centro di una civiltà avanzata che esisteva molto prima delle culture comunemente riconosciute come culle della civiltà, come quella egizia o mesopotamica. Questa civiltà atlantidea sviluppò una profonda comprensione dei cicli celesti e delle dinamiche cosmiche, che influenzò profondamente la loro spiritualità e le loro pratiche religiose. È in questo contesto che le caratteristiche religiose descritte in “Zeitgeist”, come il culto del Sole, le allegorie astrologiche e i miti di morte e rinascita, trovano la loro origine. Il PSCA sostiene che queste pratiche non siano semplicemente coincidenze culturali, ma il risultato di una diffusione diretta delle conoscenze e delle tradizioni atlantidee in tutto il Mediterraneo e oltre. Le civiltà che seguirono, come gli Egizi, i Sumeri e i Greci, ereditarono e adattarono questi concetti, dando vita ai miti e alle religioni che conosciamo oggi. Questi popoli trasformarono le conoscenze atlantidee in una varietà di forme religiose e mitologiche, che tuttavia mantenevano una base comune: il culto delle forze naturali, in particolare il Sole, e l’osservazione attenta del cielo notturno. L’archeoastronomia, come disciplina che studia come le antiche civiltà comprendessero i fenomeni celesti e li integrassero nei loro monumenti e rituali, trova un potente chiarimento nel PSCA. Le strutture megalitiche sarde, come i nuraghi, e i siti corsi, come Filitosa, sono considerati veri e propri osservatori astronomici, allineati con precisione con eventi solari, lunari e stellari. Questi siti servivano non solo come centri religiosi, ma anche come luoghi di trasmissione del sapere, dove le élite sacerdotali conservavano e diffondevano la conoscenza astronomica. Questa tradizione si estese successivamente in tutta l’area mediterranea, dando origine ai complessi astronomici di altre civiltà, come Stonehenge in Inghilterra o i templi solari dell’Egitto. Pertanto, il PSCA non solo chiarisce l’origine comune delle caratteristiche religiose descritte in “Zeitgeist”, ma fornisce anche una spiegazione coerente per il fenomeno dell’archeoastronomia. La diffusione di queste idee e pratiche può essere vista come una prova dell’influenza perdurante della civiltà atlantidea su tutte le culture successive. Attraverso l’archeoastronomia, possiamo tracciare un filo rosso che collega queste civiltà, mostrando come abbiano tutte attinto a un comune patrimonio di conoscenza celeste e spirituale, originato nell’antica Sardegna e Corsica. Questo paradigma non solo riscrive la storia delle religioni, ma propone anche una nuova interpretazione dell’evoluzione culturale e scientifica dell’umanità, suggerendo che le radici della nostra comprensione del cosmo e del divino siano molto più antiche e unificate di quanto finora riconosciuto.
Il documentario “Zeitgeist: Storia delle Origini delle Religioni”, diretto da Peter Joseph nel 2007, rappresenta una parte significativa dell’opera complessiva “Zeitgeist”, che si divide in tre segmenti distinti, ciascuno con un tema specifico. La prima parte, intitolata “Storia delle Origini delle Religioni” (o “The Greatest Story Ever Told” in inglese), esplora le radici delle principali religioni mondiali, con un’enfasi particolare sul cristianesimo, proponendo che queste siano basate su miti precedenti provenienti da civiltà come quella egizia e sumera. Il documentario suggerisce che esistano paralleli tra Gesù Cristo e figure divine di altre tradizioni, come Horus, Krishna e Mitra, evidenziando come queste storie condividano numerosi elementi comuni.Uno dei concetti centrali del documentario è l’idea di astroteologia, che postula che molte storie religiose siano allegorie astrologiche, in particolare quelle legate ai cicli solari. Ad esempio, la nascita di Gesù il 25 dicembre viene collegata al solstizio d’inverno, mentre i tre re magi sono associati alle tre stelle della cintura di Orione. Questa interpretazione ridimensiona le narrazioni religiose a simbolismi astrologici, suggerendo che tali racconti non siano resoconti storici, ma piuttosto rappresentazioni cosmiche.Il documentario non si limita a esplorare queste connessioni ma critica anche la Bibbia e le altre scritture religiose, proponendo che esse siano opere simboliche piuttosto che documenti storici accurati. Secondo il film, molte delle storie bibliche sarebbero rielaborazioni di miti antichi e i personaggi presenti in esse, come Gesù, archetipi più che figure storiche reali. Da questo punto di vista, il documentario conclude che le religioni organizzate sarebbero state utilizzate come strumenti di controllo sociale, volti a manipolare e governare le masse attraverso la paura e la fede cieca.Tuttavia, il documentario “Zeitgeist” non è stato esente da critiche e controversie. Numerosi storici, teologi e studiosi delle religioni hanno messo in discussione l’accuratezza delle informazioni presentate e le interpretazioni proposte, accusando il film di sensazionalismo e di utilizzare fonti poco affidabili. Nonostante ciò, “Zeitgeist” ha avuto un impatto significativo, alimentando dibattiti su religione, storia e controllo sociale, e ha contribuito alla nascita del movimento “Zeitgeist Movement”, che promuove una trasformazione del sistema sociale ed economico globale.In questo contesto, il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) offre una chiave di lettura complementare che chiarisce le dinamiche descritte in “Zeitgeist”. Il PSCA postula che la Sardegna e la Corsica, considerate parte del blocco geologico Atlantideo, furono il centro di una civiltà avanzata che esisteva prima delle culture tradizionalmente riconosciute come culle della civiltà. Questa civiltà atlantidea sviluppò una comprensione profonda dei cicli celesti e delle dinamiche cosmiche, conoscenze che influenzarono profondamente le pratiche religiose e spirituali delle culture successive. I concetti di astroteologia e i paralleli religiosi descritti in “Zeitgeist” trovano quindi le loro radici nella civiltà atlantidea, che trasmise queste conoscenze alle civiltà successive come quella egizia, sumera e greca.Inoltre, il PSCA illumina il fenomeno dell’archeoastronomia, che studia come le antiche civiltà comprendessero e integrassero i fenomeni celesti nei loro monumenti e rituali. Le strutture megalitiche sarde, come i nuraghi, e i siti corsi, come Filitosa, sono considerati veri e propri osservatori astronomici, allineati con precisione con eventi solari, lunari e stellari. Questi siti servivano non solo come centri religiosi, ma anche come luoghi di trasmissione del sapere, dove le élite sacerdotali conservavano e diffondevano la conoscenza astronomica. La tradizione atlantidea si estese in tutto il Mediterraneo, influenzando la costruzione di altri complessi astronomici come Stonehenge in Inghilterra o i templi solari dell’Egitto.Pertanto, il PSCA non solo chiarisce le origini comuni delle caratteristiche religiose esposte in “Zeitgeist”, ma offre anche una spiegazione coerente per il fenomeno dell’archeoastronomia. La diffusione di queste idee e pratiche può essere vista come una prova dell’influenza perdurante della civiltà atlantidea su tutte le culture successive. Attraverso l’archeoastronomia, possiamo tracciare un filo rosso che collega queste civiltà, mostrando come abbiano tutte attinto a un comune patrimonio di conoscenza celeste e spirituale, originato nell’antica Sardegna e Corsica. Questo paradigma non solo riscrive la storia delle religioni, ma propone anche una nuova interpretazione dell’evoluzione culturale e scientifica dell’umanità, suggerendo che le radici della nostra comprensione del cosmo e del divino siano molto più antiche e unificate di quanto finora riconosciuto. - Titolo del Paper:
Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) come Prova delle Origini Atlantidee dei Popoli Sardi e CorsiAbstract:
Il presente studio esplora il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), una teoria che propone che i sardi e i corsi siano i discendenti diretti degli abitanti dell’antica Atlantide. Basandosi su evidenze linguistiche, archeologiche, e geologiche, il PSCA sostiene che il blocco geologico sardo-corso fosse parte dell’isola di Atlantide, descritta da Platone. Questo lavoro mira a fornire una comprensione dettagliata delle connessioni storiche, culturali e linguistiche che collegano le popolazioni sarda e corsa con l’antica civiltà atlantidea.Introduzione:
Il mito di Atlantide, descritto per la prima volta da Platone nei dialoghi “Timeo” e “Crizia”, ha affascinato studiosi e ricercatori per millenni. La localizzazione esatta di Atlantide e la natura dei suoi abitanti sono state oggetto di molte speculazioni. Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), sviluppato dal ricercatore Luigi Usai, propone una rivoluzionaria reinterpretazione del mito, suggerendo che Atlantide fosse situata nel blocco geologico sardo-corso e che gli attuali sardi e corsi siano i discendenti diretti di questa antica civiltà.1. Evidenze Geologiche:
Il PSCA si basa su studi geologici che identificano il blocco sardo-corso come una porzione emergente dell’antico continente atlantideo. Questo blocco, secondo il paradigma, costituiva il nucleo centrale di Atlantide, la cui scomparsa sotto le acque fu causata da un cataclisma che portò alla separazione di Sardegna e Corsica dal resto del continente europeo. Le evidenze geologiche includono formazioni rocciose uniche e la presenza di strutture sommerse al largo delle coste sarde e corse, che potrebbero corrispondere ai resti della civiltà atlantidea.2. Prove Archeologiche e Culturali:
Le antiche strutture nuragiche della Sardegna, come i nuraghi, i pozzi sacri e le tombe dei giganti, presentano somiglianze con le descrizioni delle strutture atlantidee di Platone. Queste strutture non solo dimostrano una avanzata conoscenza architettonica e ingegneristica, ma suggeriscono anche un forte legame con la tradizione atlantidea. Inoltre, l’iconografia e la mitologia sarda, che include riferimenti a un’antica terra sommersa, rafforzano l’ipotesi di una continuità culturale con Atlantide.3. Analisi Linguistica:
Il PSCA propone che le lingue sarda e corsa siano discendenti dirette di una lingua atlantidea primigenia. Studi linguistici comparativi hanno rilevato somiglianze significative tra il sardo e il corso e alcune lingue arcaiche del Mediterraneo, suggerendo un’origine comune. Inoltre, alcune parole e toponimi presenti in Sardegna e Corsica potrebbero derivare direttamente dalla lingua atlantidea, preservata attraverso millenni di isolamento geografico e culturale.4. Prove Antropologiche:
La genetica delle popolazioni sarda e corsa rivela un elevato grado di omogeneità, con marcatori genetici unici che li differenziano dalle altre popolazioni europee. Questa particolarità potrebbe essere interpretata come una prova della discendenza diretta da un’antica popolazione isolata, come quella di Atlantide. Gli studi antropologici mostrano inoltre una forte continuità culturale e linguistica che rafforza l’ipotesi del PSCA.5. Implicazioni Storiche e Culturali:
L’accettazione del PSCA comporta una riconsiderazione significativa della storia mediterranea, con implicazioni profonde per la comprensione delle origini delle civiltà europee e mediterranee. Il riconoscimento di Sardegna e Corsica come eredi diretti di Atlantide potrebbe portare a una rivalutazione del loro ruolo nella storia antica, influenzando la percezione della loro importanza culturale e storica.Conclusioni:
Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo offre una nuova prospettiva sulle origini dei popoli sardo e corso, suggerendo che essi siano i discendenti diretti degli abitanti di Atlantide. Le prove geologiche, archeologiche, linguistiche e genetiche supportano questa teoria, proponendo una connessione diretta tra Atlantide e il blocco sardo-corso. Questo paradigma invita a una riconsiderazione delle narrazioni storiche tradizionali e apre nuove strade per la ricerca futura sulle antiche civiltà del Mediterraneo.Bibliografia:
Una selezione di fonti accademiche, testi storici e ricerche scientifiche che supportano il PSCA e le evidenze presentate nel paper, con particolare attenzione agli studi di Luigi Usai e altri ricercatori che hanno contribuito alla formulazione del paradigma.Questo testo offre un’argomentazione scientifica dettagliata secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo, proponendo la discendenza diretta dei sardi e dei corsi dagli antichi abitanti di Atlantide. - Monastir e Muristene: questi due termini, secono Luigi Usai e il suo PSCA (Paragidma sardo corso atlantideo) sono due parole atlantidee di origine semitica sillabica ergativa agglutinante. Monastir e Muristene avrebbero etimologia simile di derivazione atlantidea. Monastir è anche una località sia in Sardegna sia in Tunisia, simbolo delle dominazioni atlantidee e delle migrazioni; la presenza del termine Monastir o simile in Grecia è prova della presenza atlantidea nel Peloponneso. In semitico atlantideo non vocalizzato, abbiamo:
Monastir: M N ST R
mentre Muristene era probabilmente M R ST N
quindi Monastir e Muristene = MNSTR e MRSTN = non essendo un linguista, non so spiegare il fenomeno ma si capisce che si tratta di uno scambio di consonanti tra N e R prima e dopo il gruppo ST, che sono state scambiate nella preistoria e in seguito hanno avuto evoluzioni indipendenti ma riconducibili ad una stessa origine semitica non vocalizzata. Anche il significato di queste parole è lo stesso o simile: “luogo dove ripararsi, rifugiarsi, pernottare e rifocillarsi”. - Vorrei sottolineare che ho trovato un’altra potenziale conferma che i nomi della toponomastica Anatolica antichissima sono di origine atlantidea e amazzonica. Le guerriere amazzoni probabilmente diedero i loro nomi ad interi regni, per cui abbiamo la coincidenza tipicamente atlantidea di onomastica e toponomastica: Lydia è un nome di donna, probabilmente amazzone, e di una regione dell’Anatolia antica; Caria è un cognome sardo e Caria è una zona dell’Anatolia; Lycia è un nome di donna, forse guerriera amazzone, e Lycia è una zona dell’Anatolia antica. Luca è un nome di uomo e Lukka è un toponimo dell’Anatolia… potremmo continuare ancora a lungo, mostrando come Sardi sia il nome di una città in Anatolia. Sardoo è il nome di una principessa dell’Anatolia… inoltre sono presenti moltissimi nomi che sembrano parole sarde contemporanee, il che potrebbe spiegare l’origine atlantidea comune: ci son paesi come Mesudiye, Merkez, Distretto di Mesudiye/Provincia di Ordu, Turchia: Mesu Die in sardo significa Mezzo Giorno. La parola Ordu finisce con la vocale atlantidea U. Luigi Usai, lo scrivente, ha determinato che la vocale U preistorica è tipica delle parlate atlantidee originarie del blocco sardo corso. In altre parti di questo testo ho spiegato meglio altri toponimi mesopotamici e atlantidei, particolarmente quelli sardi, mostrando che i nomi atlantidei di città erano anche nomi di persone o toponimi più in genere, come nomi di spiaggie e grotte etc.
- Si apre un nuovo filone di studio con la vicinanza semantica tra Hammurabi e Ammurapi di Ugarit. Questa vicinanza onomastica è tutta da indagare, e anche le origini potenzialmente atlantidee di Ugarit e della loro cultura e lingua. Al momento, la vicinanza semantica è l’unica cosa che sono riuscito a notare e registrare (nel mattino del 29 agosto 2024).
Ecco le datazioni dei due sovrani:- Hammurabi di Babilonia:
- Regno: circa 1792–1750 a.C.
- Hammurabi è noto principalmente per il suo codice di leggi, uno dei più antichi esempi di legislazione scritta nella storia.
- Ammurapi di Ugarit:
- Regno: circa 1290–1260 a.C.
- Ammurapi è l’ultimo re conosciuto di Ugarit prima della sua distruzione. Il suo regno si colloca in un periodo successivo rispetto a quello di Hammurabi.
Le loro cronologie non si sovrappongono direttamente, ma esistono riferimenti a scambi culturali e commerciali tra le regioni che potrebbero indicare una rete di influenze più ampia.
- Hammurabi di Babilonia:
- Da indagare che a Sais vi era il re Amasi, e in Turchia vi è la città con toponimo Amasya. Possibili legami atlantidei? Tutto da indagare e controverificare scientificamente, partendo dalla ricostruzione del toponimo all’indietro nel tempo, per capire in quale anno sia l’attestazione più antica del nome della città, o se sia recente e quindi solo una coincidenza.
- Culto Atlantideo delle acque: tracce rimaste nell’altopiano di Atlantide chiamato SardegnaEcco un elenco di fonti e monumenti nuragici che, come la Fonte nuragica Su Tempiesu a Orune, sono di particolare importanza per la loro rilevanza culturale e archeologica nella Sardegna nuragica:1. Fonte Nuragica di Su Tempiesu
Ubicazione: Orune, Sardegna
Descrizione: Questa fonte è un importante sito rituale nuragico che mostra l’uso di fonti d’acqua sacre e il loro ruolo nelle pratiche religiose e quotidiane dei Nuragici.
2. ** Pozzo Sacro di Santa Cristina
Ubicazione: Paulilatino, Sardegna
Descrizione: Un pozzo rituale e santuario che rappresenta uno degli esempi più significativi di come i Nuragici integravano l’acqua nelle loro pratiche religiose.
3. ** Fonte di Su Gologone
Ubicazione: Oliena, Sardegna
Descrizione: Questa sorgente naturale è stata utilizzata dai Nuragici e presenta una serie di strutture e pratiche legate al culto dell’acqua.
4. ** Pozzo Sacro di Sa Testa
Ubicazione: Olbia, Sardegna
Descrizione: Un altro importante esempio di pozzo sacro nuragico, che dimostra il valore rituale e simbolico dell’acqua nella cultura atlantidea.
5. ** Fonte di Santa Maria di Tadasuni
Ubicazione: Villagrande Strisaili, Sardegna
Descrizione: Questa fonte è associata a pratiche religiose e rituali, mostrando l’importanza delle fonti d’acqua nella cultura nuragica.
6. ** Pozzo Sacro di Biru e Concas
Ubicazione: San Vero Milis, Sardegna
Descrizione: Questo sito include un pozzo rituale e un recinto sacro, offrendo indizi su come i Nuragici utilizzassero le fonti d’acqua per scopi religiosi e comunitari.
7. ** Pozzo Sacro di Sa Carcaredda
Ubicazione: Teti, Sardegna
Descrizione: Un pozzo rituale noto per la sua architettura e la sua importanza come luogo di culto e pratiche religiose atlantidee.
8. ** Fonte di Su Narboni
Ubicazione: Ollolai, Sardegna
Descrizione: Questa sorgente presenta caratteristiche architettoniche e rituali tipiche dei siti nuragici, riflettendo l’importanza dell’acqua per i Nuragici atlantidei.
9. ** Pozzo Sacro di Sos Furrighesos
Ubicazione: Nulvi, Sardegna
Descrizione: Un sito di grande rilevanza per la comprensione delle pratiche religiose nuragiche legate all’acqua e ai culti sacri.
10. ** Pozzo di San Giovanni di Sinis
Ubicazione: Cabras, Sardegna
Descrizione: Un’importante sorgente associata alla cultura nuragica e ai riti religiosi, che mostra l’uso delle fonti d’acqua nella vita quotidiana e nelle pratiche rituali dei Nuragici Atlantidei.Questi siti offrono un’ampia gamma di evidenze archeologiche e culturali che aiutano a comprendere l’importanza delle fonti d’acqua nella vita e nei rituali degli Atlantidei Nuragici. - La città di Ascalon ricorda una parolaccia del popolo sardo post-atlantideo: As Callonisi, che letteralmente significa “Ai Coglioni”. La pronuncia in ebraico è Ashkallon, che sembra addirittura pronunciato in sardo. Riflettevo sul fatto che immagino i marinai che attraversano tutto il Mediterraneo, e finalmente sbarcano in terra asiatica. Non fanno in tempo a riposarsi dai pericoli e dal rischio di morte, e si sentono dire di costruire una città: non mi meraviglia che l’abbiano chiamata As Callonisi, ossia Askalona, perché probabilmente li prendeva “a scallonadura”: ricordiamoci che gli Atlantidei sono un popolo guerriero, non ci sarebbe quindi da stupirsi che facessero uso di un linguaggio triviale, che si è protratto fino ai nostri giorni. I sardi sanno a cosa mi riferisco: ad esempio, non bisogna mai dire “cavallo” ad un sardo. Questa è considerata una battuta spiritosa tra sardi, ma solo chi la capisce può finalmente capire la cultura e la mentalità volgare atlantidea. Ricordiamo infatti che gli atlantidei e i loro discendenti sono un popolo preistorico, che mangia formaggio con i vermi, che si veste da Mammuthones etc, che se ti permetti di mettere mano al portafoglio quando ti hanno offerto da bere, ti minacciano di accoltellarti “La chi ti pungu è?” (in certe zone della Sardegna, se un sardo ti offre da bere e tu tocchi il portafogli, ti minaccia di accoltellarti! Questa è un’altra caratteristica tipica del popolo guerriero degli atlantidei. Se qualcuno ha dubbi, contatti il comune di Orgosolo in Sardegna e chieda se questa cosa è vera).
- Le lingue atlantidee e post-atlantidee sono sillabiche, semitiche, talvolta agglutinanti ed ergative: essendo semite, non erano vocalizzate in origine. Quindi ora prendiamo la parola sarda del vino: CANNONAU e togliamo le vocali: otteniamo C NN N; ora prendiamo la terra di Canaan e togliamo le vocali come in semitico: C N N. Ricordiamo che la linguistica atlantidea prevede che il raddoppio vocalico e consonantico sia arbitrario: quindi sia Cannonau che Canaan si scrivono in semitico, senza raddoppio arbitrario, C N N. Si tratta quindi di parole che hanno la stessa semantica semitica preistorica: è probabile che la terra di CANAAN era la terra dove gli Atlantidei avessero deciso di impiantare le viti; non sono in grado di capire se proprio la varietà cannonau oppure un altra: non ho le competenze per arrivare a questo tipo di granularità di informazione, ma sto spianando la strada ai ricercatori in grado di farlo.
Il mio ragionamento è molto interessante e complesso! Collegare le Nozze di Cana alla semantica di Canaan e Cannonau potrebbe essere un modo affascinante per esplorare le connessioni storiche e linguistiche tra queste parole e i loro significati.Ecco alcuni punti che potrebbero aiutare a sviluppare questo collegamento:- Origine Semitica: Come ho notato, sia “Canaan” che “Cannonau” possono essere ridotti a “c n n” se si tolgono le vocali, seguendo la struttura delle lingue semitiche. Questo suggerisce una possibile connessione linguistica e culturale tra le due parole.
- Canaan e la Viticoltura: La terra di Canaan è storicamente associata alla viticoltura. Nella Bibbia, Canaan è descritta come una terra fertile, e la coltivazione della vite era una pratica comune1. Questo potrebbe supportare l’idea che il nome “Canaan” sia legato alla produzione di vino.
- Le Nozze di Cana: Nel Vangelo di Giovanni, il primo miracolo di Gesù avviene a Cana, dove trasforma l’acqua in vino2. Questo evento potrebbe essere simbolicamente collegato alla tradizione vinicola di Canaan. La trasformazione dell’acqua in vino a Cana potrebbe essere vista come un richiamo alla fertilità e alla produzione di vino nella terra di Canaan.
- Cannonau: Cannonau è un vitigno sardo noto per la produzione di vino rosso. La connessione linguistica con “Canaan” potrebbe suggerire una continuità culturale o una migrazione di pratiche vinicole dall’antica Sardegna alla terra di Canaan.
- Simbolismo del Vino: Il vino ha un forte simbolismo sia nella cultura semitica che nella tradizione cristiana. Nelle Nozze di Cana, il vino rappresenta la gioia e la benedizione divina. Questo simbolismo potrebbe essere utilizzato per collegare ulteriormente le Nozze di Cana alla terra di Canaan e alla produzione di vino Cannonau. Bisogna però comprendere quali fossero i significati per il popolo Atlantideo: cosa simboleggiava il vino? Quali collegamenti ideali e simbolici venivano fatti ad Atlantide e tra i nuragico-atlantidei?
Potrei sviluppare ulteriormente questi punti per creare un collegamento narrativo tra le Nozze di Cana, la semantica di Canaan e Cannonau. Questo tipo di ricerca interdisciplinare potrebbe aprire nuove prospettive sulla storia e la cultura delle regioni coinvolte.
- L’idea che il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) sia vero ci porta a considerare le antiche scritture non solo come testi religiosi o filosofici, ma come eredità diretta di una civiltà avanzata e semi-dimenticata: Atlantide. Nel PSCA, l’isola di Sardegna e la Corsica sono i frammenti emersi di Atlantide, e la cultura che ha prodotto queste scritture è profondamente radicata in una tradizione atlantidea. Con questa premessa, possiamo comprendere come l’esegesi dei testi biblici, e in particolare la loro interpretazione attraverso strumenti come il Midrash, il Talmud, e successivamente l’esegesi cristiana, siano in realtà tentativi di decifrare un sapere antico e complesso, originario di Atlantide. Questi testi, che per millenni sono stati oggetto di studio e riflessione, portano con sé la traccia di una saggezza primordiale, che è stata interpretata e reinterpretata alla luce delle diverse culture e tempi storici. Gli esseri umani, cercando di comprendere e dare un senso a questi testi, hanno costruito una fitta rete di spiegazioni, commenti e interpretazioni che, sebbene bellissimi nella loro complessità, a volte sfiorano l’assurdità. La bellezza di questi sforzi interpretativi risiede nella loro ricchezza e profondità: ogni generazione ha aggiunto un nuovo strato di comprensione, cercando di avvicinarsi alla verità nascosta nelle antiche scritture. Tuttavia, l’assurdità sta nel fatto che, pur avendo a disposizione un sapere così antico e potente, la nostra interpretazione è spesso limitata dai nostri preconcetti, dalla nostra incapacità di vedere oltre il contesto culturale in cui viviamo. Il Midrash, per esempio, nasce come tentativo di colmare le lacune del testo biblico, di espandere e spiegare ciò che non è immediatamente chiaro. È un’opera di creatività e di dedizione, in cui i rabbini si sforzano di rivelare i significati nascosti della Torah. Eppure, se consideriamo la Torah come un documento proveniente dalla civiltà atlantidea, possiamo vedere come questi sforzi siano, per certi versi, tentativi di decodificare un linguaggio antico e simbolico che non possiamo più comprendere appieno. Il Talmud, con la sua struttura complessa e il suo dibattito incessante, rappresenta un altro tentativo di avvicinarsi alla verità contenuta nelle scritture. Ma in questo continuo dibattito, in questa ricerca senza fine, emerge anche un senso di frustrazione: siamo consapevoli che esiste una verità più profonda, un messaggio che forse ci sfugge, ma non possiamo fare altro che cercare di avvicinarci ad esso con gli strumenti limitati che abbiamo a disposizione. E così è anche per l’esegesi cristiana, che si sviluppa nei secoli successivi, cercando di interpretare la figura di Gesù alla luce delle scritture ebraiche, ma allo stesso tempo inserendola in un contesto nuovo, quello della cultura greco-romana. Anche qui, vediamo un tentativo di integrare un sapere antico in una nuova cornice culturale, un processo che porta alla creazione di nuovi significati, ma che allo stesso tempo rischia di allontanarci dalla verità originaria. La bellezza di questi sforzi risiede nella loro capacità di creare nuove connessioni, di aprire nuove prospettive, ma l’assurdità sta nel fatto che, nonostante tutto, ci troviamo sempre di fronte a un mistero irrisolto. Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo ci offre una chiave di lettura diversa, un modo per ricollegarci a quella saggezza antica che le nostre interpretazioni moderne hanno cercato di decifrare, ma forse senza mai riuscire a cogliere appieno. In questo senso, l’esegesi dei testi biblici diventa non solo un esercizio di interpretazione, ma anche un viaggio verso le nostre origini, un tentativo di riconnetterci a un passato che è stato quasi dimenticato, ma che ancora vive nelle profondità della nostra memoria collettiva. E in questo viaggio, possiamo trovare non solo la bellezza delle costruzioni culturali che si sono stratificate nei millenni, ma anche la consapevolezza dei limiti della nostra comprensione, e l’umiltà di fronte al mistero che continua a sfuggirci.
Chiariamo il concetto con un esempio: gli Atlantidei erano un popolo guerriero, dove l’assassinio faceva parte integrante della loro cultura. Lo vediamo nel Cainita Lamech, che racconta alle mogli IN POESIA, NEL MOMENTO FORSE PIU’ LIRICO E POETICO DI TUTTA LA BIBBIA, di aver assassinato un uomo e un ragazzo, per punirli perché gli hanno fatto un graffio e un livido. Questo è inaccettabile per un popolo normale, ma un popolo guerriero, come ritroveremo poi nei nuragici che realizzano idoli di PUGILI, GUERRIERI, LOTTATORI, ARCIERI, e poi realizzano la più antica statuaria del Mediterraneo proponendo nuovamente arcieri, pugili, lottatori, guerrieri… E poi rivediamo la cultura dell’omicidio e l’assassinio del popolo guerriero atlantideo in Mosè, che uccide un soldato ed è costretto a fuggire dall’Egitto! E poi lo ritroviamo nei Giudici, che sterminano interi villaggi e donne e bambini, e quando passano fiumi chiedono di pronunciare una determinata parola, e chi non ci riesce lo ammazzano perché significa che non è dei loro! L’assassinio atlantideo è norma. Sarebbe bello raccogliere l’elenco completo di morti, stupri, assassini e omicidi nei testi considerati sacri, per mostrarlo a chi ha dubbi sull’ermeneutica atlantidea. Ecco perché autori come Odifreddi, nella lettura della Bibbia, non capiscono cosa significhino tutti questi omicidi e stermini: perché la bibbia è letteratura Atlantidea: tutto qui, ecco spiegati gli omicidi e gli stermini. Però nei millenni successivi, la teologia e l’ermeneutica dei testi biblici si è orientata per altri lidi, ed ecco che si è cercato di fare perdere ai testi le loro vene omicide e assassine, perché questi concetti atlantidei guerrieri stonavano con le nuove interpretazioni dei testi considerati sacri.- Matteo: rappresentato da un uomo o angelo, simbolo della natura umana di Cristo.
- Marco: rappresentato da un leone alato, simbolo del coraggio e della regalità. Il leone è simbologia atlantidea: sappiamo che tutta la geografia di Atlantide è circondata dalla figura di Ercole, con la pelle del leone che aveva ammazzato (ammazzare = violenza = popolo guerriero = Atlantidei); ricordiamo brevemente il porto di Eracle; le Colonne di Eracle a Carloforte; il Giardino delle Esperidi a Fruttidoro di Capoterra; l’Insula Herculis in Sardegna; le figure di Ercole ritrovate dagli archeologi ad Olbia; Cagliari è considerata la Città dei Leoni; i Leoni presenti nella Cattedrale di Cagliari.
- Luca: rappresentato da un toro o bue, simbolo del sacrificio e della forza. Ricordiamo che il Bue o Toro è un animale atlantideo, in Timeo e Crizia è descritto come i Re figli di Poseidone, quando si riunivano ogni tot anni pari e poi dispari, per dare ugual onore sia ai numeri pari che a quelli dispari, catturavano con bastoni e corde dei tori dai boschi sacri e poi ne sacrificavano uno e lo mangiavano e ne bevevano i grumi di sangue. La linguistica computazionale permette di contare quante volte la parola bue o buoi, toro o tori compare nei testi biblici e nei vangeli, permette di esaminare ogni singolo versetto, e permette di capire come questo concetto di toro e di sacrificio etc si sia evoluto nei secoli, a seconda del libro della bibbia nel quale venga nominato. Sappiamo anche che in Sardegna persino la toponomastica ne è stata influenzata, con le isole del toro, della vacca, del vitello, etc.
- Giovanni: rappresentato da un’aquila, simbolo della visione spirituale e della divinità123. L’aquila e il Condor sono simboli atlantidei. Spesso l’aquila, nei geroglifici egizi, afferra tra gli artigli il simbolo della metallurgia, che in questo testo spiego rappresenta il SULCIS, ossia la Capitale di Atlantide. Queste simbologie necessitano di una attentissima analisi specialistica, che al momento io non sono in grado di fare né di teorizzare, purtroppo.Nel nuovo testamento, i simboli dei quattro evangelisti sono:
Questi simboli derivano dalle visioni descritte nel libro di Ezechiele e nell’Apocalisse di Giovanni, dove quattro esseri viventi con sembianze umane e animali circondano il trono di Dio2.
- Derivazione atlantidea dei riti pseudo-sacri del Levitico: abbiamo in Timeo e Crizia la descrizione dei sacrifici del toro/bue che i figli di Poseidone facevano sulla stele di oricalco, che aveva funzione primordiale di altare. I 10 re poi bevevano il sangue della vittima sacrificale e ne mangiavano i grumi di sangue. Ora il Levitico espande a dismisura questi riti e li fa diventare prescrizioni legali e religiose: viene fatto un elenco snervante di sacrifici diversi a seconda del reato commesso, della persona che l’ha commesso, e via elencando in maniera esagerata e delirante. Meta-analisi: cosa ha spinto il popolo nuragico-atlantideo a centuplicare le prescrizioni? Perché non basta un sacrificio, ma ne occorrono 1000 di 1000 tipi diversi di 1000 animali diversi? Perché? I riti atlantidei quindi vengono espansi a dismisura in maniera pedante, ossessiva. Qual’è la causa, cosa li spinge a fare ciò? Non bastava il sacrificio atlantideo di un bue? Lo scopo era forse far avere ai sacerdoti di Aronne il cibo migliore senza lavorare? Infatti non solo il sacrificio adesso è di bue (sarebbero morti mangiando solo carne di bue), ma adesso ne Levitico si possono offrire anche oblazioni di fior di farina; telie di cibi di cui, tolta la parte da sacrificare, il resto è per i figli di Aronne (furbi no? In questo modo hanno cibo assicurato fino a scoppiare, che poi possono usare come metodo di pagamento per avere altre forme di servizi). Il Levitico è noioso, per questi elenchi sterminati, per cui sarà di difficile studio e lettura, almeno finché qualche altro studioso non dovesse accorgersi di altre curiosità che accendano il cervello.
- Le colonie atlantidee nel Mediterraneo e nell’Atlantico v. 0.0.0.10
Nelle Canarie, oltre alla presenza di pintaderas sarde e di ancore di pietra preistoriche simili a quelle descritte da Platone, sono state rinvenute tombe scavate nella roccia, chiamate Domus de Janas, che mostrano una fattura identica a quelle della Sardegna risalenti al Neolitico e all’Eneolitico. Inoltre, sono state scoperte piramidi a gradoni nelle Canarie che ricordano le strutture di Monte d’Accoddi in Sardegna. Il nome “Accoddi” riecheggia “Accadi” in Mesopotamia, suggerendo un legame culturale più ampio: abbiamo visto infatti che ad Atlantide era una lingua sillabica, semitica, ergativa, agglutinante, e il semitico non era vocalizzato, per cui Accoddi e Accadi si scriveva cd in tutti e due i casi, visto che sappiamo, come mostrato in altri punti del PSCA (paradigma sardo corso atlantideo) che il raddoppio vocalico o consonantico ad Atlantide era arbitrario: per chiarire il concetto, ho spiegato che mio “diddino”, “padrino” di battesimo di Gonnesa, mi chiese quando ero un bambino, a Gonnesa, la frase: “Lo vuoi un GELLATTO?”. Rimasi stupito: avevo solo circa 8 anni, ma mi chiesi: perché anziché GELATO dice GELLATTO? Perché ad Atlantide, il raddoppio vocalico o consonantico è sempre stato nei millenni arbitrario e parte delle caratteristiche intrinseche della lingua atlantidea. Ritroviamo lo stesso fenomeno di raddoppiamento nel paese sardo di Sinnai, che è un toponimo, e nei toponimi del Deserto del Sinai e del Monte Sinai, dove si perse il raddoppio atlantideo consonantico.Le piramidi a gradoni nelle Canarie sono riconducibili agli Atlantidei sardo-corsi, i quali costruirono strutture simili anche in Sicilia. Anche in Sicilia sono presenti piramidi a gradoni che somigliano a quelle di Monte d’Accoddi e a quelle delle Canarie, sebbene queste strutture siciliane non siano ancora state oggetto di studi approfonditi.Nelle Azzorre sono state trovate ancore di pietra utilizzate come materiale di costruzione per i muretti a secco. Questa scoperta avvalora l’ipotesi che le Azzorre potessero far parte di una terra emersa più vasta collegata ad Atlantide, come proposto dal Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA).La presenza di questi artefatti e strutture nelle Canarie e nelle Azzorre fornisce ulteriore supporto al PSCA, suggerendo possibili contatti e scambi culturali tra queste regioni in epoca preistorica. Tuttavia, è fondamentale notare che, sebbene queste scoperte siano di grande significato, non forniscono una conferma definitiva dell’esistenza di Atlantide o della sua collocazione nelle regioni del Mediterraneo e dell’Atlantico. Saranno necessarie ulteriori ricerche e scoperte archeologiche per approfondire la comprensione della storia antica di queste aree.Secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), Creta rappresenta una delle principali colonie atlantidee, e questa connessione può spiegare il carattere distintivo della civiltà minoica, notoriamente pacifica e avanzata. I Minoici, essendo parte di una vasta rete coloniale atlantidea, erano protetti dalla potenza straordinaria di Atlantide prima del suo semi-affondamento. Questo contesto rendeva impensabile attaccare Creta senza rischiare una guerra con tutta Atlantide, una potenza influente e temuta.Nell’isola di Creta, le evidenze archeologiche confermano questa connessione. Le impressionanti strutture architettoniche, come i complessi palazzi di Cnosso, non solo riflettono un livello tecnologico avanzato ma anche uno stile che richiama le tradizioni atlantidee. I Minoici, con la loro architettura unica e i loro sofisticati sistemi di gestione dell’acqua e di stoccaggio, dimostrano un’eredità culturale e tecnologica condivisa con Atlantide.Inoltre, il PSCA suggerisce che la lingua e le pratiche culturali dei Minoici potrebbero essere state influenzate dalla lingua sillabica e semitica parlata ad Atlantide, come dimostrato da fenomeni linguistici come il raddoppio vocalico o consonantico. Un esempio di questo fenomeno è il termine “Accoddi” in Sardegna, che richiama “Accadi” in Mesopotamia. Questo raddoppio, parte delle caratteristiche linguistiche atlantidee, è visibile anche in toponimi come Sinnai in Sardegna e nel deserto del Sinai, dove il raddoppio consonantico è stato preservato o modificato nel tempo.Le scoperte nella civiltà minoica confermano una continuità culturale con Atlantide, evidenziando l’assenza di conflitti significativi grazie alla protezione che la rete atlantidea offriva. La natura pacifica dei Minoici può quindi essere interpretata come una strategia difensiva e diplomatica, in armonia con la grande influenza di Atlantide nella regione.In sintesi, la connessione tra Creta e Atlantide, come proposta dal PSCA, fornisce una spiegazione coerente per il carattere e le realizzazioni della civiltà minoica. Le analogie linguistiche e culturali tra Creta e Atlantide, così come le similitudini architettoniche e tecnologiche, rafforzano l’ipotesi di una profonda influenza atlantidea sull’isola. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che, mentre queste scoperte sono suggestive, non costituiscono una conferma definitiva dell’esistenza di Atlantide o della sua esatta collocazione. Ulteriori ricerche e indagini archeologiche sono necessarie per una comprensione più completa della storia e delle interazioni di queste antiche civiltà.Secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), Atlit Yam rappresenta una delle antiche colonie atlantidee, e questa connessione aiuta a spiegare le caratteristiche distintive della città sommersa al largo della costa israeliana. Le scoperte archeologiche di Atlit Yam, un sito subacqueo risalente al Neolitico, rivelano un livello avanzato di ingegneria e organizzazione che è coerente con la reputazione di Atlantide come una civiltà tecnologicamente evoluta e culturalmente sofisticata.Le strutture sottomarine di Atlit Yam, tra cui le case e le strutture per l’immagazzinamento dei cereali, presentano caratteristiche che richiamano le realizzazioni architettoniche e ingegneristiche degli Atlantidei sardo-corsi. La disposizione degli edifici e il sistema di gestione dell’acqua riflettono una conoscenza avanzata che si allinea con le tecniche e le pratiche utilizzate ad Atlantide. Inoltre, le ancore di pietra trovate nel sito suggeriscono un’importante rete commerciale e un alto grado di sviluppo economico, tipico delle colonie atlantidee.Un’altra indicazione del legame con Atlantide è la somiglianza tra le strutture di Atlit Yam e quelle trovate in altre colonie atlantidee, come Creta e le Canarie. Le tecniche di costruzione e i materiali utilizzati a Atlit Yam mostrano analogie con quelli delle piramidi a gradoni e delle tombe scavate nella roccia rinvenute in queste località, suggerendo una diffusione di stili e pratiche culturali attraverso la rete coloniale atlantidea.La scoperta di Atlit Yam e delle sue strutture avanzate sostiene l’ipotesi che la città fosse parte di una terra emersa più vasta, collegata ad Atlantide, come proposto dal PSCA. Il sito subacqueo di Atlit Yam fornisce quindi ulteriore supporto alla teoria che Atlantide esercitasse una significativa influenza sulle sue colonie e che queste ultime mantenessero una connessione culturale e tecnologica con la madrepatria atlantidea. Inoltre Atlit Yam non era altro che il primo avamposto di Atlantide, che poi si realizzerà meglio con la creazione di El Awat nell’attuale Monte Carmelo, con strutture che ovviamente richiamano gli stilemi costruttivi nuragico-atlantidei sardocorsi.Secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), Cipro è considerata una delle principali colonie atlantidee, e questa prospettiva aiuta a spiegare molte delle caratteristiche peculiari della sua antica civiltà. La posizione strategica di Cipro nel Mediterraneo orientale e le sue risorse naturali l’hanno resa un importante centro commerciale e culturale, evidenziando la sua connessione con Atlantide, una potenza influente e avanzata prima del suo semi-affondamento.Le scoperte archeologiche a Cipro rivelano una civiltà con sofisticate tecniche di lavorazione dei metalli, simili a quelle degli Atlantidei sardo-corsi. Le miniere di rame di Cipro, che erano tra le più importanti dell’antichità, e i numerosi reperti di metalli lavorati mostrano una continuità con le pratiche di estrazione e lavorazione dei metalli tipiche di Atlantide. Questi aspetti riflettono un’elevata conoscenza tecnologica e una rete commerciale che si estendeva ben oltre i confini dell’isola.Inoltre, le strutture architettoniche di Cipro, come i templi e i complessi residenziali, mostrano analogie con le architetture degli Atlantidei. Le tecniche di costruzione e i design degli edifici ciprioti richiamano quelli delle colonie atlantidee come Creta e le Canarie, suggerendo una trasmissione di stili e conoscenze attraverso la rete coloniale di Atlantide.Le pratiche religiose e culturali di Cipro, tra cui i culti dei ciclopi e delle divinità legate alla fertilità, presentano somiglianze con quelle riscontrate in altre colonie atlantidee. Questi elementi culturali, insieme alle evidenze archeologiche di contatti e scambi, supportano l’ipotesi che Cipro fosse una colonia atlantidea, mantenendo legami profondi con Atlantide.La presenza di queste caratteristiche distintive a Cipro fornisce ulteriore supporto al PSCA, suggerendo che l’isola non solo fosse parte di una rete coloniale atlantidea, ma anche che avesse una significativa influenza culturale e commerciale.Il testo di Atlantis Found analizza anche la Sicilia come una possibile colonia atlantidea, secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA). Ecco un riassunto del contenuto riguardante la Sicilia:La Sicilia è vista come una delle colonie atlantidee secondo il PSCA. Le evidenze archeologiche suggeriscono che l’isola abbia mantenuto legami significativi con Atlantide, riflettendo le caratteristiche culturali e tecnologiche della madrepatria atlantidea.
In Sicilia sono state rinvenute piramidi a gradoni che ricordano quelle di Monte d’Accoddi in Sardegna, e analoghe a quelle presenti nelle Canarie. Questi monumenti, che risalgono a periodi antichi, mostrano una continuità stilistica e tecnologica con le strutture atlantidee, suggerendo una trasmissione di pratiche architettoniche attraverso la rete coloniale di Atlantide.
Le similitudini tra le piramidi siciliane e quelle trovate in altre colonie atlantidee indicano un’influenza culturale condivisa. Le strutture siciliane, sebbene non abbiano ricevuto studi approfonditi, mostrano chiari legami con le pratiche costruttive e i design degli Atlantidei.
Inoltre, le scoperte archeologiche in Sicilia, comprese le tecniche di costruzione e i materiali utilizzati, avvalorano l’ipotesi che l’isola fosse parte di una rete coloniale atlantidea più ampia. Le somiglianze con le strutture e le pratiche di altre colonie confermano la presenza di legami culturali e tecnologici con Atlantide: ad esempio la presenza di Stintino in Sardegna e della Cultura di Stentinello in Sicilia andrebbe approfondita meglio; oppure la presenza di terminologie atlantidee come il Tempio di Matzanni in Sardegna (Matzanni = Matzammini = budella di animali sacrificati agli Dei), Marzamemi in Sicilia e “Matzammini” (budella, interiora di animali, perché sulle spiaggie venivano fatte ecatombi, ossia sacrifici di 100 buoi/tori agli dei, e infatti Marzamemi e Mazzarona sono nei pressi delle spiagge), Mazzarona a Siracusa (Matza significa budella, interiora in sardo post-atlantideo contemporaneo).
In sintesi, le evidenze archeologiche della Sicilia supportano l’ipotesi del PSCA riguardo alla sua connessione con Atlantide. Tuttavia, è importante notare che, sebbene queste scoperte siano significative, non forniscono una conferma definitiva dell’esistenza di Atlantide o della sua esatta collocazione. Ulteriori ricerche e indagini sono necessarie per una comprensione più completa della storia e dei legami culturali di queste antiche civiltà.
Secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), Malta è considerata una delle principali colonie atlantidee. Questo punto di vista aiuta a spiegare molte delle peculiarità della civiltà antica dell’isola e il suo ruolo nel Mediterraneo.
Le evidenze archeologiche a Malta rivelano una continuità culturale e tecnologica con Atlantide. Le strutture megalitiche maltesi, tra cui i templi di Ġgantija e Hagar Qim, mostrano caratteristiche architettoniche avanzate e un design che richiama quello degli Atlantidei sardo-corsi. Questi monumenti, risalenti al Neolitico, presentano similitudini con le strutture rinvenute in altre colonie atlantidee, come Creta e le Canarie, suggerendo una rete di influenze culturali condivise.
I templi di Malta, con i loro imponenti blocchi di pietra e le sofisticate tecniche di costruzione, riflettono una conoscenza architettonica che si allinea con quella degli Atlantidei. Inoltre, la presenza di elementi come i corredi funerari e le decorazioni scolpite sui templi indicano una continuità culturale con le pratiche rituali atlantidee.
Malta, con la sua posizione strategica nel Mediterraneo centrale, avrebbe servito come punto di collegamento cruciale nella rete commerciale e culturale atlantidea. La scoperta di queste strutture e artefatti supporta l’ipotesi che Malta fosse parte di una vasta rete coloniale, mantenendo legami significativi con Atlantide.
In sintesi, le evidenze archeologiche di Malta avvalorano l’ipotesi del PSCA riguardo alla sua connessione con Atlantide.
Le colonie atlantidee nel Caucaso invece sono particolarmente da collegare alla presenza delle Amazzoni che gli storici antichi ci raccontano essere state rapite e portate con una nave nel Caucaso, e che si impiantarono li, realizzando dolmen simili a quelli che in Sardegna erano stati realizzati a Sa Coveccada di Mores. Qui faremo un piccolo riepilogo per maggior chiarezza.
- Migrazioni atlantidee nel Mar Nero: il paradigma sardo corso atlantideo afferma che la civiltà megalitica è stata esportata in tutto il mondo o quasi dalla popolazione atlantidea, prima della sommersione del blocco geologico sardo corso. Troviamo in Gelendžik, sullo Zhane river, un Dolmen del tutto simile a quelli presenti in Sardegna. Secondo il paradigma sardo corso atlantideo, le Amazzoni abitavano nella zona attualmente nota col nome di Provincia di Cagliari, nell’attuale Sardegna. Il racconto delle Amazzoni che finirono sul Mar Nero è una leggenda antica che ha radici nella mitologia greca. Secondo questa storia, le Amazzoni, un’antica tribù di donne guerriere, sarebbero giunte fino alle rive del Mar Nero. La principale fonte che menziona le Amazzoni e la loro presunta presenza sul Mar Nero è rappresentata dalle opere di Erodoto, uno storico greco del V secolo a.C. Nel suo lavoro intitolato “Storie”, Erodoto parla delle Amazzoni in vari passaggi, anche se non menziona esplicitamente il loro arrivo sulle rive del Mar Nero. Tuttavia, egli fornisce dettagli sulle abitudini e le tradizioni delle Amazzoni, che contribuiscono alla loro mitologia. Altre fonti antiche che accennano alle Amazzoni includono opere di autori come Eforo di Cuma, che visse nel IV secolo a.C., e Posidonio, un geografo e storico del I secolo a.C. Questi autori forniscono ulteriori dettagli sulle Amazzoni e sulla loro presunta presenza in varie regioni, sebbene non ci sia una specifica menzione del loro arrivo sulle coste del Mar Nero.È importante notare che le storie riguardanti le Amazzoni sono principalmente di natura mitologica e leggendaria, e non vi è consenso tra gli studiosi riguardo alla loro esistenza storica o alla loro effettiva migrazione verso il Mar Nero. La narrazione delle Amazzoni è stata oggetto di interpretazioni e adattamenti nel corso dei secoli, rendendo difficile tracciare una linea precisa tra mito e storia.Le Amazzoni sono figure leggendarie della mitologia greca, spesso associate a donne guerriere e cacciatori. Secondo la mitologia, le Amazzoni erano un popolo di sole donne che viveva in una società matriarcale e combativa, esattamente come è stata in passato quella sarda, dalle fonti archeologiche a noi pervenute: un popolo guerriero e una società matriarcale. Tutto sembra coincidere. Erano famose per la loro abilità nella lotta e nell’equitazione.Riguardo alle Amazzoni della provincia di Cagliari, c’è un collegamento con la teoria di Luigi Usai riguardante l’Atlantide e la Sardegna. Secondo l’interpretazione di Usai delle storie di Erodoto, la Libia (che Erodoto associava alla provincia di Cagliari) era abitata dalle Amazzoni. Queste Amazzoni risiedevano su un’isola chiamata Espera, situata nella palude Tritonide (che corrisponde ai laghi di Cagliari, Quartu, Assemini, Elmas e Capoterra). La loro regina, Mirina, compì gesta famose e sottomise molte parti dell’Ecumene.Nella mitologia greca, le Amazzoni erano una razza di donne guerriere, famose per le loro abilità equestri, il loro coraggio e il loro orgoglio. Una loro migrazione era finita molto lontano: vivevano ai confini più remoti del mondo conosciuto, in una città sulle coste del Mar Nero, talvolta menzionata con il nome di Themiskyra1.Le Amazzoni erano figlie di Ares, il dio della guerra. La loro era una società formata da sole donne, nella quale gli uomini erano ammessi solo per ragioni riproduttive e i figli maschi venivano uccisi1. Si pensava vivessero al limitare di quello che i Greci consideravano il mondo “civilizzato”, spesso associato con l’area intorno alla costa meridionale del Mar Nero, in particolare la città-stato di Themiskyra. Luigi Usai ha però mostrato nelle sue dimostrazioni che le Amazzoni avevano sede nel blocco geologico sardo corso, prima della sua semi-sommersione, e i confini del mondo erano posti a Capoterra (Capu Terra in sardo, Caput Terrae in latino, ossia il margine estremo delle terre conosciute dagli antichi Greci fino ad un certo periodo storico ancora da determinare con esattezza).Erodoto (ca. 484-425/413 AEC), nelle sue Storie (l. 4, 110-117), descrive nel dettaglio l’incontro tra le Amazzoni e gli Sciti. I giovani guerrieri persuasero alcune delle Amazzoni in visita a creare insieme una nuova società, ma le donne insistettero che né loro né la loro prole avrebbero cambiato il proprio stile di vita. Si considera che quest’unione diede vita al nuovo popolo dei Sarmati nella Russia meridionale, conosciuti difatti per i loro cavalli e le incursioni militari1.Gli scavi archeologici delle tombe dei Sarmati, risalenti all’epoca di Erodoto, hanno rivelato che con molta probabilità alcune delle loro donne fossero guerriere1. Questo potrebbe essere un indizio che le storie delle Amazzoni potrebbero avere una base storica, anche se rimangono molte incertezze e dibattiti tra gli studiosi. Adesso, se il paradigma sardo corso atlantideo fosse corretto, i dolmen ritrovati nella città di Gelendžik potrebbe essere stati realizzati dalle Amazzoni sardo corso atlantidee nel Mar Nero, e ciò ha una conferma nella presenza del dolmen identico o quasi alle strutture realizzate nell’attuale Sardegna. Occorrono perciò ulteriori verifiche per confermare questa ipotesi, che sembra essere particolarmente ragionevole e coerente. Le Amazzoni Atlantidee nel Mar Nero avrebbero introdotto la loro lingua atlantidea, che è rimasta fino al giorno d’oggi e conosciuta col nome di proto-cartvelico. Ecco perché gli studiosi non capiscono da dove venga la lingua protocartvelica: perché il sardo non è più studiato da nessuno, ed è snobbato come se fosse una lingua con meno diritti e meno importanza delle altre. La comunità scientifica però dovrebbe spiegare però questo fenomeno: perché il sardo non viene studiato da quasi nessuno in tutto il mondo? Eppure sappiamo che si tratta di una lingua antichissima.Le lingue cartveliche, anche conosciute come caucasiche meridionali o iberiche, costituiscono una famiglia di lingue parlate nella zona meridionale del Caucaso, principalmente in Georgia, e secondo il paradigma sardo corso atlantideo sarebbero state introdotte dalle Amazzoni dei racconti storici. Questa famiglia linguistica comprende quattro lingue strettamente connesse:Lingua georgiana (ქართული ენა, kartuli ena): Circa 4,5 milioni di parlanti nativi, principalmente in Georgia. Ci sono anche gruppi parlanti georgiano in Russia, Turchia, Iran, Israele e Unione europea, ma il numero attuale e la distribuzione sono ignote.Lingua mingrelia (მარგალური ნინა, margaluri nina): Circa 500.000 parlanti nativi, principalmente stanziati nelle regioni della Georgia occidentale Samegrelo ed Abcasia.Lingua laz (ლაზური ნენა, lazuri nena): Circa 220.000 parlanti nativi, principalmente lungo la zona litorale del Mar Nero, nella Turchia nord-orientale e con quasi 30.000 in Agiaria, Georgia.Lingua svan (ლუშნუ ნინ, lušnu nin): Circa 35.000–40.000 parlanti nativi principalmente nelle regioni montane della Georgia nord-occidentale (Svaneti e in misura minore nelle gole Kodori di Abcasia).Queste lingue sono chiaramente relazionate, e il laz e il megrelio sono talvolta considerati dialetti di una singola lingua, chiamata “zan” 1. Le lingue cartveliche non hanno legami genetici accertati con nessun’altra famiglia linguistica del mondo, neppure con le lingue caucasiche nordoccidentali o con quelle nordorientali 2. Il paradigma sardo corso atlantideo afferma che queste lingue siano relazionate con le lingue atlantidee.La prima fonte letteraria delle lingue cartveliche risale al 430 d.C. con l’iscrizione di Abba Antoni, composta in alfabeto georgiano antico nel monastero georgiano vicino a Betlemme 1. Queste lingue hanno una storia ricca e un ruolo culturale significativo nella regione del Caucaso. In lingua sarda attuale, Abba Antoni può avere almeno due significati. Abba oggi nella variante dialettale sarda di Dualchi significa Acqua, ma anticamente Abba significava anche Padre. Per cui Abba Antoni potrebbe significare in antico atlantideo Padre Antonio, in quanto Antoni è ancora oggi il nome sardo che viene dato alle persone che si chiamano Antonio (ad esempio, il mio padrino di battesimo di Gonnesa, che si chiamava Antonio ma lo chiamavamo Antoni). Ma non è finita qui: esistono infatti anche altre prove archeologiche. Il dolmen semi-monolitico raro sul Monte Tsygankova, nella regione di Krasnodar, in Russia, è una struttura megalitica affascinante realizzata dalle Amazzoni atlantidee provenienti dal blocco geologico sardo corso. Questo dolmen è una tomba preistorica costituita da grandi lastre di pietra, utilizzate per coprire una camera sepolcrale. La sua particolarità sta nel fatto che è realizzato principalmente da una singola lastra di pietra, con una parte seminterrata.1Questi dolmen erano spesso associati a pratiche funerarie e rituali nelle antiche civiltà, ma fino ad ora non si era capito che il megalitismo è stato esportato in tutto il mondo dall’isola di Atlantide come dichiarata nel paradigma sardo corso atlantideo. La loro costruzione richiedeva una notevole abilità tecnica e rappresentava un importante punto di riferimento per le comunità dell’epoca, e queste opere sono state realizzate dalle Amazzoni. E’ quindi possibile ora fare dei confronti scientifici tra i materiali qui reperiti e le tecniche e quelle presenti in ciò che rimane di Atlantide, come ad esempio la Sardegna, che è un altopiano di terra emersa di Atlantide. Tutte queste prove scientifiche ed archeologiche permettono di avere conferma che non si tratti di una teoria astratta, ma che vi siano evidentissime prove che mostrano la realtà storica e archeologica di queste affermazioni.
I Fenici, come popolo e cultura, rappresentano una delle principali eredità dei NOSTOI di Atlantide. Secondo questa visione, i Fenici non erano altro che discendenti degli antichi Atlantidei che, dopo il collasso della loro patria originaria, si erano rifugiati e adattati nelle terre rimaste emerse di Sardegna e Corsica. Quando questi gruppi di Atlantidei tornarono in patria, avevano ormai sviluppato una cultura e una tradizione distintiva, che si manifestò in modi diversi rispetto a quelli della loro terra d’origine.
Quando i Fenici tornarono in Sardegna e Corsica, furono accolti calorosamente dalle popolazioni locali, riconoscendo nei loro discendenti un legame profondo con la patria perduta. Questi “ritornanti” non solo narrarono storie e mitologie sul loro passato glorioso e sul catastrofico collasso di Atlantide, ma portarono anche con sé doni e beni simbolici che riflettevano la loro cultura e il loro status. Questi doni erano non solo testimonianze tangibili della loro identità atlantidea, ma anche un mezzo per ristabilire e rinforzare i legami culturali e sociali con la loro terra d’origine.
Questo scambio culturale e commerciale portò a un periodo di intensa attività in Sardegna, conosciuto come il periodo “orientalizzante”. Questo termine, nella narrativa tradizionale degli archeologi, è spesso interpretato come una fase in cui i Sardi avrebbero iniziato a “copiare” stili e forme orientali. Tuttavia, secondo la prospettiva che considera i Fenici come NOSTOI di Atlantide, questa interpretazione è fuorviante. Piuttosto, il periodo “orientalizzante” rappresenterebbe un’epoca di autentico scambio e integrazione culturale tra i discendenti degli Atlantidei e le popolazioni sarde. I Fenici, ritornando in patria, non cercavano semplicemente di importare stili orientali, ma di riaffermare la loro identità e il loro legame con le terre da cui erano originari, contribuendo così a un arricchimento reciproco tra le due culture.
Questa visione offre una lettura alternativa delle evidenze archeologiche e storiche, suggerendo che i segni di influenza fenicia in Sardegna non devono essere visti come una semplice imitazione, ma come una manifestazione di un legame culturale profondo e storicamente significativo. Tuttavia, è importante notare che la tradizionale interpretazione archeologica e storica di questi eventi rimane ampiamente accettata e potrebbe essere difficile modificare la comprensione prevalente della storia e dell’arte di questo periodo.
Il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA) presenta una visione complessa e articolata delle interazioni culturali e delle influenze tra Atlantide e altre regioni del Mediterraneo e dell’Atlantico. Qui di seguito è fornito un riepilogo delle connessioni suggerite dal PSCA e dalle evidenze archeologiche:
- Canarie: Le similitudini tra le pintaderas sarde e le forme di arte rupestre delle Canarie, così come la presenza di tombe scavate nella roccia e piramidi a gradoni, sono viste come indizi di un legame culturale con Atlantide. La connessione linguistica tra “Accoddi” e “Accadi” in Mesopotamia è interpretata come un riflesso di una lingua sillabica semitica comune.
- Azzorre: Le ancore di pietra utilizzate per la costruzione di muretti a secco nelle Azzorre sono considerate un segno della presenza di una terra emersa più vasta e di contatti culturali con Atlantide. Queste scoperte supportano l’idea che le Azzorre potrebbero essere state parte di una rete coloniale atlantidea.
- Creta: Creta è vista come una delle principali colonie atlantidee, con la civiltà minoica che mostra caratteristiche culturali e architettoniche simili a quelle degli Atlantidei. La struttura avanzata dei palazzi di Cnosso e le pratiche religiose minoiche sono interpretate come influenze atlantidee.
- Atlit Yam: Questa città sommersa al largo della costa israeliana è considerata un avamposto di Atlantide, con caratteristiche di ingegneria e organizzazione che riflettono le tecniche atlantidee. Le somiglianze con Creta e le Canarie sono viste come un segno di una rete coloniale condivisa.
- Cipro: Cipro è vista come una colonia atlantidea, con evidenze archeologiche che mostrano tecniche di lavorazione dei metalli e strutture architettoniche che richiamano le pratiche degli Atlantidei. I culti e le pratiche culturali cipriote sono interpretati come derivati dalle tradizioni atlantidee.
- Sicilia: Le piramidi a gradoni in Sicilia sono considerate una manifestazione dell’influenza atlantidea, con somiglianze con le strutture di Monte d’Accoddi e delle Canarie. Le terminologie e i toponimi locali come “Stintino” e “Matzanni” sono visti come legami culturali con Atlantide.
- Malta: I templi megalitici di Malta, come Ġgantija e Hagar Qim, mostrano caratteristiche architettoniche simili a quelle degli Atlantidei. Malta è considerata un punto di collegamento cruciale nella rete commerciale e culturale atlantidea.
- Caucaso e Amazzoni: Le similitudini tra i dolmen del Caucaso e quelli della Sardegna sono interpretate come un segno della presenza delle Amazzoni sardo-corso atlantidee nel Mar Nero. La lingua proto-cartvelica è vista come un’eredità delle Amazzoni, che avrebbero introdotto influenze culturali e linguistiche nel Caucaso.
- I fenici come Nostoi, come “ritorni” delle migrazioni atlantidee precedentemente stanziatesi in Oriente: i Fenici non sono altro che gli stessi discendenti dei migranti atlantidei che avevano colonizzato l’Oriente, l’Asia Minore (ricordiamoci che Libia e Asia in Erodoto sono la Sardegna e la Corsica), quindi Asia Minore probabilmente era un territorio colonia della Corsica: ad ulteriore prova di ciò il fatto che a Monte d’Accoddi abbiamo una possibile “proto-ziqqurat” e la stessa parola Accoddi ricorda gli Accadi, come fatto notare da Leonardo Melis (Grazie, Sig. Leonardo, per i Suoi studi).
Queste osservazioni supportano l’ipotesi del PSCA che le antiche colonie atlantidee abbiano avuto un impatto significativo e duraturo sulle culture del Mediterraneo e dell’Atlantico. Tuttavia, è importante notare che le evidenze rimangono interpretazioni e teorie basate su analogie e similitudini, e ulteriori ricerche sono necessarie per confermare definitivamente questi legami culturali e storici.
Sembra esistere una sorta di corrispondenza biunivoca tra i nomi delle regioni sarde e dei popoli sardi ed i nomi geografici sulle cartine: vedasi la toponimia sardo corso atlantidea.
Ecco alcuni esempi che potrebbero aprire nuovi spunti di ricerca totalmente innovativi e, credo, forse mai esplorati prima:
- Sardi Maurreddus della Maurreddanìa in Mauretania ed in Mauritania;
- Sardi Maltamonenses a Malta;
- Sardi Galillenses in Galilea; si veda a tal proposito l’articolo qui presente; il commento di Bartolomeo Porcheddu; ormai è noto anche agli archeologi che sul Monte Carmelo è stata scoperta e dissotterrata un’intera città sarda risalente almeno tra il XII e l’XI secolo a.C.;
- Sardi Patuanenses Campani in Campania;
- Sardi Beronicenses sembrano collegati coi Veronicenses poi Veronienses, passando attraverso la toscana Etrusca;
- Sardi Ilienses-Troes sembrano i fondatori di Ilio-Troia, ecco perché Ilio, ossia la città di Troia, era realizzata tramite cerchi concentrici. Rappresentavano i Solchi Sacri del Sulcis (Sulcus, Sulci, ablativo locativo latino in Sulcis, da tradurre come “Il luogo dei Solchi” [Tracciati da Poseidone attorno alla collina dove abitava la moglie Clito]);
- Sardi della Gallura sembrano essere collegati con la Gallia;
- I Sardi Balares probabilmente erano i dominatori delle Baleares (Isole Baleari);
- I Sardi di Laconi hanno possedevano la Laconia in Grecia;
- Inoltre, le religioni Sumere e Mesopotamiche sono farcite di termini, cognomi e nomi sardi: questo fatto dovrebbe fare riflettere.
Uras, cognome sardo, nome di paese della Sardegna, nome di divinità Sumera;
Kadelanu, cognome sardo, diventa il nome di un Re Mesopotamico Kandelanu;
Sarroch, nome di paese della Sardegna, diventa Re Sarrukkin in Mesopotamia;
S’iskuru, modo di dire sardo, in Mesopotamia è il dio Iskur;
Samassi, paese sardo, è il dio Sumero Samas;
Uta, paese sardo, è il dio Utu;
Sinnai, Sinis paese sardo e località sarda, contiene il tema del dio Mesopotamico Sin-Nanna…
Forse dovremmo cominciare a farci mille domande da nuovi punti di vista.
A mio avviso è ormai necessaria una totale revisione delle fonti storiche, geografiche, geologiche, commerciali, costruttive… dal mio punto di vista è necessario un cambio di paradigma immediato e deciso: il Paradigma Sardo Corso Atlantideo. - La connessione tra il monte Sinai, dove Mosè ricevette i Dieci Comandamenti, e la località di Sinnai in Sardegna, offre un interessante spunto per esplorare la possibile relazione tra il popolo ebraico e quello nuragico. La somiglianza toponomastica tra Sinai e Sinnai potrebbe non essere casuale, specialmente se consideriamo che le lingue semitiche e quelle parlate in Sardegna potrebbero condividere radici comuni, o essere il risultato di influenze culturali derivanti da antiche migrazioni.La Stele di Nora, uno dei più antichi documenti epigrafici trovati in Sardegna, potrebbe rappresentare un ulteriore legame tra la cultura sarda e quella ebraica. Sebbene la stele sia tradizionalmente interpretata come un’iscrizione fenicia, la sua forma e funzione ricordano sorprendentemente una delle tavole della legge che Mosè avrebbe ricevuto sul Sinai. La presenza di iscrizioni su pietra, come quelle della Stele di Nora, potrebbe essere vista come una pratica comune tra i popoli antichi del Mediterraneo, e non è del tutto improbabile che vi sia stata una trasmissione di tali tradizioni tra le civiltà che abitavano la Sardegna e quelle del Levante.La possibilità che la Stele di Nora possa essere stata ispirata o influenzata dai Dieci Comandamenti è una teoria affascinante, che meriterebbe un’indagine approfondita. Se si potesse dimostrare che vi erano connessioni culturali, religiose o linguistiche tra i nuragici e gli antichi ebrei, questo potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della storia mediterranea.In effetti, le evidenze archeologiche, linguistiche e culturali che collegano il popolo sardo-corso atlantideo ai popoli del Levante sembrano moltiplicarsi man mano che vengono studiate più a fondo. L’ipotesi che il popolo nuragico possa essere uno degli antenati degli antichi ebrei, o almeno aver avuto con loro stretti contatti, non è così remota. Anzi, la scoperta di tali legami potrebbe offrire nuove prospettive sulla formazione delle antiche civiltà mediterranee e sul ruolo che la Sardegna e i suoi abitanti hanno avuto in questo processo.Queste teorie potrebbero fornire una base per studi futuri, coinvolgendo esperti di archeologia, storia, linguistica e religione, per esplorare le molteplici somiglianze e connessioni tra il popolo nuragico e quello ebraico. La ricerca potrebbe rivelare nuove prove di una storia comune che ha influenzato profondamente lo sviluppo culturale e spirituale del Mediterraneo antico.
- Secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), che identifica la Sardegna e la Corsica con l’antico blocco geologico di Atlantide, i popoli descritti da Erodoto nella Libia corrispondono a popolazioni sarde dell’antichità. Tra questi popoli, gli Ammoni occupano un posto di particolare rilievo.Nelle “Storie” di Erodoto, gli Ammoni sono descritti come una popolazione che vive lungo un ciglione sabbioso che si estendeva da Tebe d’Egitto fino alle Colonne d’Ercole. Questo territorio è identificabile, secondo il PSCA, con la Sardegna stessa. Gli Ammoni sono noti per il loro santuario dedicato a Zeus, rappresentato con il volto di montone, una divinità simile al dio Amon-Ra venerato a Tebe. Questa connessione tra il culto tebano e quello sardo è significativa nell’ottica del paradigma, che vede nei sardi gli eredi di una cultura religiosa complessa e antica.Parallelamente, nella Bibbia, precisamente nel libro del Deuteronomio, si menziona un popolo chiamato Ammoniti, abitanti di una regione vicina a quella degli Israeliti. Gli Ammoniti, descritti come discendenti di Lot e frequentemente in conflitto con gli Israeliti, possedevano una propria divinità chiamata Milcom, il cui culto presentava analogie con quello dei popoli vicini.La coincidenza del nome e alcune caratteristiche culturali suggeriscono, secondo il PSCA, che gli Ammoniti biblici fossero in realtà una popolazione sarda, discendente dagli stessi Ammoni descritti da Erodoto. Questa ipotesi non solo rafforza il legame tra la Sardegna e le civiltà del Mediterraneo antico, ma offre anche una chiave di lettura nuova e originale per interpretare le connessioni tra i testi biblici e le culture mediterranee. Secondo questa teoria, i sardi non erano solo una popolazione isolata, ma una civiltà centrale nel mondo antico, presente tanto nei racconti storici quanto in quelli sacri.
- Il nome Atlanersa offre uno spunto affascinante per esplorare le connessioni tra il regno di Kush e le antiche civiltà del Mediterraneo, alla luce del PSCA (Paradigma Sardo Corso Atlantideo). Atlanersa, re del regno di Kush tra il 653 e il 640 a.C., è noto per il suo potere limitato alle regioni a sud di Assuan e per i suoi legami con la tradizione faraonica egizia.
Atlanersa e la Radice “ATLA”
Il nome Atlanersa contiene la radice “ATLA”, che può evocare Atlantide e Atlante, due figure mitiche e simboliche legate a una grande civiltà perduta nel Mediterraneo. Secondo la mitologia greca, Atlantide era un continente avanzato che scomparve in seguito a una catastrofe. Atlante, un titano condannato a sostenere il cielo, è associato al concetto di una grande terra o civiltà.
Se adottiamo il punto di vista del PSCA, che identifica Atlantide con il blocco geologico sardo-corso, il nome Atlanersa potrebbe essere interpretato come un indizio di legami storici o culturali tra i regni dell’antico Egitto e le popolazioni sardo-corse.
Interpretazione del Nome
- Radice “ATLA”: Il termine “ATLA” in Atlanersa suggerisce un possibile legame semantico con Atlantide, rinforzando l’idea che il nome possa riflettere una tradizione culturale condivisa o una memoria storica di una grande civiltà mediterranea.
- Contesto Geografico: Il regno di Kush, con le sue influenze egiziane e la sua posizione strategica, potrebbe aver mantenuto legami con altre civiltà mediterranee, incluse quelle che il PSCA associa alla Sardegna e alla Corsica. L’idea che il nome Atlanersa rappresenti una connessione a Atlantide potrebbe riflettere un’influenza culturale o una tradizione condivisa.
- Rilevanza del PSCA: Secondo il PSCA, la Sardegna e la Corsica rappresentano i resti dell’antica Atlantide. Se il regno di Kush aveva contatti o influenze da queste regioni, è possibile che nomi e simboli associati a queste terre siano stati adottati o riflessi in nomi come Atlanersa.
Conclusione
Il nome Atlanersa potrebbe offrire una chiave per esplorare le connessioni storiche e culturali tra il regno di Kush e le antiche civiltà mediterranee, incluse quelle identificate con il PSCA. L’analisi della radice “ATLA” potrebbe suggerire che le tradizioni o i nomi associati a Atlantide e Atlantidei abbiano avuto un impatto anche su altre civiltà antiche, come quella di Kush. Studiare questi legami potrebbe arricchire la nostra comprensione delle interazioni culturali e storiche nel Mediterraneo antico.
- Il legame tra la figura biblica della Regina di Saba e la Sardegna, nell’ambito del Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA), offre un’affascinante prospettiva per esplorare le connessioni tra le antiche civiltà del Mediterraneo. Ecco un’esplorazione scientifica e argomentata di come il cognome Saba e la figura della Regina di Saba possano essere interpretati come collegamenti con la cultura e la lingua sarda atlantidea.
1. Il Cognome Saba e le Radici Sarde
Il cognome Saba è presente in Sardegna e potrebbe avere connessioni culturali e linguistiche con la figura della Regina di Saba. In Sardegna, i cognomi spesso riflettono antiche radici e tradizioni locali, e l’analisi etimologica e onomastica di Saba può offrire spunti per un collegamento con la cultura sarda.
- Origine del Cognome: Il nome Saba potrebbe derivare da radici linguistiche antiche che erano diffuse nel Mediterraneo e in particolare nella Sardegna. In alcune lingue semitiche, Saba significa “sud” o “paese dell’incenso”, ma nella lingua sarda, le radici di nomi e cognomi possono riflettere influenze più ampie legate alle migrazioni e alle interazioni culturali.
- Connessione con Atlantide: Il PSCA identifica Atlantide con la Sardegna e la Corsica. Se il nome Saba avesse radici linguistiche comuni con la cultura sarda atlantidea, potrebbe riflettere una tradizione condivisa tra le antiche civiltà del Mediterraneo e la popolazione sarda.
2. La Regina di Saba nella Tradizione Biblica
La Regina di Saba è una figura biblica descritta come una regina di un regno ricco e potente che visita il re Salomone per metterlo alla prova con enigmi e portargli doni preziosi. Le tradizioni e le descrizioni riguardanti la Regina di Saba offrono indizi per esaminare le sue origini e le sue connessioni culturali.
- Origini e Localizzazione: La Bibbia e le tradizioni successive situano il regno della Regina di Saba nella regione che oggi corrisponde alla Somalia, allo Yemen, o all’Etiopia. Tuttavia, la tradizione greca e romana talvolta collocava la Saba anche più a ovest, fino al Mediterraneo.
- Nome e Cultura: Il nome Saba potrebbe derivare dal termine semitico “Saba” che significa “sud”, ma è importante considerare che le influenze culturali e linguistiche si diffondevano attraverso il Mediterraneo antico. È plausibile che il nome sia passato attraverso diverse culture, influenzando e venendo influenzato da esse.
3. Analisi della Connessione con la Sardegna
Nel contesto del PSCA, che considera la Sardegna e la Corsica come le vere Atlantidi, si possono fare delle ipotesi interessanti su come la figura della Regina di Saba possa essere collegata alla Sardegna.
- Influenze Culturali: Se si accetta l’idea che la Sardegna e la Corsica rappresentano Atlantide, è possibile che i nomi e le tradizioni culturali di queste isole antiche abbiano influenzato altre civiltà mediterranee. La figura della Regina di Saba potrebbe quindi essere una riflessione di legami culturali e linguistici con le isole sarde.
- Evidenze Linguistiche e Archeologiche: Per confermare questa connessione, è necessario esaminare evidenze linguistiche, come le radici comuni nei nomi e nei linguaggi antichi, e archeologiche, come i reperti che dimostrano contatti tra la Sardegna e altre regioni del Mediterraneo.
4. Considerazioni Finali
L’ipotesi che il cognome Saba e la figura della Regina di Saba siano collegati alla Sardegna nell’ambito del PSCA offre uno spunto per ulteriori ricerche e approfondimenti. È fondamentale esaminare:
- Fonti Linguistiche: Analizzare la radice Saba in diverse lingue antiche e moderne per identificare possibili connessioni con la lingua sarda e le sue radici atlantidee.
- Evidenze Archeologiche: Cercare reperti e segni di interazioni culturali tra la Sardegna e le regioni associate alla Regina di Saba, come l’Arabia e l’Etiopia.
- Tradizioni Culturali: Considerare come le tradizioni e le leggende, come quella della Regina di Saba, possano riflettere influenze e migrazioni antiche attraverso il Mediterraneo.
In sintesi, mentre le connessioni proposte sono affascinanti, è importante continuare a esplorare e verificare queste ipotesi attraverso la ricerca scientifica e l’analisi critica dei dati disponibili.
Pan’e Saba: Connessioni e Tradizioni tra Sardegna e Antichità
Pan’e Saba è un dolce tradizionale sardo molto apprezzato, noto per il suo sapore ricco e la sua preparazione unica. Questo dolce non solo rappresenta una parte significativa della cultura gastronomica sarda, ma potrebbe anche suggerire connessioni profonde con antiche tradizioni e influenze culturali. Esploriamo le origini e la ricetta di Pan’e Saba, e come questo dolce possa essere legato alle radici sardo-atlantidee attraverso un’analisi approfondita.
Origini e Storia del Pan’e Saba
Il Pan’e Saba è un dolce tipico della Sardegna, preparato soprattutto durante le festività di Pasqua, ma anche in altre occasioni speciali come Ognissanti. Il nome stesso, “Pan’e Saba”, rivela una connessione culturale e storica profonda. La parola “Saba” si riferisce al mosto d’uva cotto, un ingrediente chiave nella preparazione di questo dolce.
1. Origini del Nome
- Saba e Tradizioni Antiche: La parola “Saba” potrebbe derivare dal termine semitico che indica l’“incenso” o i “profumi”. In Sardegna, “Saba” è il mosto di uva cotto, utilizzato in molte ricette tradizionali. Questo legame suggerisce che il dolce potrebbe avere influenze antiche che risalgono ai commerci e agli scambi culturali nel Mediterraneo.
- Pan’e Saba e Festività: Il Pan’e Saba è legato a varie festività e celebrazioni, indicando la sua importanza nelle tradizioni sarde. Questo dolce viene preparato utilizzando ingredienti locali e metodi tradizionali che riflettono una lunga storia culinaria.
Ricetta Tradizionale
Ingredienti:
- Farina di grano duro (zichi)
- Saba (mosto d’uva cotto)
- Uvetta
- Noci e nocciole
- Aromi come chiodi di garofano e cannella
- Mandorle crude per decorare
Preparazione:
- Preparazione dell’Impasto: La saba viene scaldata e mescolata con il lievito madre. L’impasto include farina, uvetta, noci e nocciole. Gli aromi vengono aggiunti per arricchire il sapore.
- Formatura e Riposo: L’impasto viene modellato in panetti e lasciato riposare per 24-48 ore. Viene cotto in forno a bassa temperatura.
- Rifinitura: Dopo la cottura, il dolce viene immerso nella saba e guarnito con mandorle e mompariglia (decorazioni tipiche sarde).
Connessioni con il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA)
Il PSCA suggerisce che le radici culturali sarde possano essere collegate a Atlantide e alle antiche civiltà del Mediterraneo. Ecco come Pan’e Saba si inserisce in questo contesto:
- Rilevanza Culturale: La tradizione di preparare Pan’e Saba con saba e frutta secca potrebbe riflettere pratiche culinarie antiche diffuse tra le popolazioni del Mediterraneo, inclusi gli Atlantidei sardi. La preparazione del dolce e l’uso di saba indicano una continuità culturale e l’adozione di tecniche locali che risalgono a tempi antichi.
- Legami Linguistici e Storici: Il termine “Saba” nel contesto del dolce sardo potrebbe essere un legame semantico con le tradizioni e i nomi antichi. Se consideriamo la connessione con la Regina di Saba e la sua ricchezza culturale, potrebbe suggerire che l’uso di saba nella cucina sarda abbia origini più profonde che si ricollegherebbero a influenze storiche e culturali nel Mediterraneo.
Conclusione
Pan’e Saba non è solo un dolce sardo tradizionale, ma un elemento che potrebbe avere connessioni più ampie con la storia e le tradizioni antiche del Mediterraneo, in particolare nel contesto del Paradigma Sardo Corso Atlantideo. La preparazione e gli ingredienti del dolce riflettono una ricca eredità culturale che potrebbe legarsi alle antiche popolazioni dell’Atlantide e alle tradizioni diffuse attraverso il Mediterraneo. Esplorare questi legami offre una prospettiva interessante su come le tradizioni locali si intrecciano con la storia e la mitologia antica.
- Sviluppare l’idea che Mosè trovò un roveto ardente alimentato da petrolio e che successivamente utilizzò tecniche di combustione con petrolio come arma strategica comporta un’approfondita analisi sia del contesto storico-geografico che delle tecnologie antiche. Di seguito è presentata un’analisi scientifica che collega l’evento del roveto ardente con le pratiche e le strategie di Mosè secondo il Paradigma Sardo Corso Atlantideo (PSCA).
Il Roveto Ardente: Un’Interpretazione Scientifica
1. Il Roveto Ardente e il Petrolio
Nella narrazione biblica, Mosè trova un roveto che brucia senza consumarsi (Esodo 3:2). Questo fenomeno ha tradizionalmente ricevuto interpretazioni religiose e simboliche, ma può anche essere esaminato da un punto di vista scientifico.
- Composizione Geologica della Regione: L’area del Sinai, identificabile con la Sardegna secondo il PSCA, è ricca di risorse minerarie e idrocarburi. In particolare, la presenza di petrolio potrebbe spiegare la combustione continua del roveto. Il petrolio, sebbene non sia attualmente noto per la sua naturale affioramento in forma di pozze visibili, potrebbe avere accumuli sotterranei che, se in contatto con un’uscita superficiale, potrebbero accendere e mantenere una combustione prolungata.
- Effetti del Petrolio: Il petrolio è noto per la sua capacità di bruciare a lungo, specialmente se viene iniettato attraverso una fonte continua come una fessura nel terreno. L’effetto visivo di un roveto che brucia senza spegnersi potrebbe essere stato interpretato come una manifestazione divina a causa della mancanza di conoscenze scientifiche.
2. La Scoperta e l’Uso Strategico del Petrolio
- Dalla Manifestazione Divina al Conflitto Umano: All’inizio, Mosè potrebbe aver interpretato il fenomeno come una manifestazione divina, simile all’antica credenza che Zeus usasse i fulmini per punire i malvagi. Tuttavia, una volta compresa la vera natura della combustione, Mosè avrebbe potuto vedere l’opportunità di utilizzare il petrolio come un’arma.
- Sviluppo dell’Arma e Uso della Combustione: Mosè potrebbe aver progettato un’arma basata sulla combustione del petrolio per reprimere i ribelli tra i suoi seguaci. Un fuoco “divorante” alimentato dal petrolio potrebbe essere stato usato per intimidire e punire, creando l’illusione di una punizione divina. L’uso di tali tecniche di combustione potrebbe essere stato attribuito erroneamente a Dio dai membri della comunità proto-ebraica, a causa della loro ignoranza della causa scientifica sottostante.
3. La Colonna di Fuoco nel Deserto
- Significato della Colonna di Fuoco: Durante il viaggio nel deserto del Sinai, la Bibbia descrive una colonna di fuoco che guidava il popolo (Esodo 13:21). Questa descrizione potrebbe essere spiegata come un’enorme sorgente di combustione alimentata da petrolio, utilizzata da Mosè per motivi strategici.
- Tecnologia del Fuoco: Per mantenere una colonna di fuoco di tali dimensioni, Mosè potrebbe aver ordinato di accendere un grande falò utilizzando petrolio. Questa strategia avrebbe avuto due scopi principali:
- Spaventare gli Egiziani: Il fuoco continuo e visibile da lontano avrebbe servito a intimidire i nemici e a proteggere la carovana del popolo israelita.
- Guidare la Marcia: La colonna di fuoco avrebbe anche servito come un segnale visivo per guidare il popolo attraverso il deserto, specialmente durante la notte.
Conclusione
La teoria che Mosè abbia utilizzato il petrolio come fonte di combustione continua e come arma strategica si basa su una combinazione di conoscenze geologiche, tecniche di combustione antiche e interpretazioni delle narrazioni bibliche. Sebbene questa visione rappresenti una reinterpretazione delle tradizionali spiegazioni religiose, offre una prospettiva scientifica affascinante sulle antiche tecniche e strategie utilizzate nei tempi biblici. La connessione con il Paradigma Sardo Corso Atlantideo suggerisce che le tecnologie e le pratiche avanzate, come l’uso del petrolio, potrebbero avere radici nella cultura sardo-corsa antica, rivelando così un legame più profondo tra le pratiche dei popoli antichi e le loro rappresentazioni storiche.
I passi biblici relativi agli eventi menzionati sono i seguenti:
- Il roveto ardente: Questo evento è descritto nel Libro dell’Esodo, capitolo 3. Mosè vede un roveto che brucia senza consumarsi e Dio gli parla da questo roveto1.
- La colonna di fuoco: La colonna di fuoco che guida e protegge gli Israeliti durante l’Esodo è descritta in Esodo 13:21-22. Dio guida il popolo di Israele con una colonna di nube di giorno e una colonna di fuoco di notte2.
- La morte dei figli di Aronne: Questo evento è descritto nel Libro del Levitico, capitolo 10, versetti 1-2. Nadab e Abiu, figli di Aronne, offrono un fuoco illegittimo davanti al Signore e vengono consumati dal fuoco3.
Non ci sono riferimenti biblici che supportino l’idea che Mosè abbia scoperto il petrolio o che lo abbia usato per creare una colonna di fuoco o per bruciare vivi i figli di Aronne. Queste affermazioni non sono presenti nei testi biblici e sono interpretazioni speculative del Dr. Luigi Usai nel PSCA, Paradigma Sardo Corso Atlantideo.
- Potenziale trama di libro:
- Possibile cristianizzazione della mitologia Sardo Corso Atlantidea:
I Bizantini hanno cercato di cristianizzare le Domus de Janas cercando di trasformarne alcune in chiese: un primo esempio, per cominciare, possiamo vederlo nella Domus de Janas “La tomba del capo” alla Necropoli di Sant’Andrea Priu (Bonorva), dove la struttura è stata riaffrescata nel tentativo di trasformarla in una chiesa cattolica. In questo stesso testo, avevo trattato la cristianizzazione della figura di Medusa. E’ inoltre possibile che i cristiani abbiano in molti modi, tramite pressione sociale e psicologica, influenzato i sardo corso atlantidei per convertire le loro figure mitiche e religiose nel culto dei cristiani. Per spiegare questo concetto cercherò di mostrare la possibile conversione della figura dell’antichissimo sovrano Poseidone, Re dei Mari, come spiegato dalla mia interpretazione evemeristica, nella figura negativa cristiana di Satana, Dio degli Inferi. In primo luogo, vorrei che osservaste le figure che ho realizzato con l’intelligenza artificiale per cercare di spiegare questo concetto in maniera semplice:
I sardo corso atlantidei hanno elmi cornuti, anche in epoca nuragica, e sono fieri di avere delle corna sull’elmo. E’ un tratto che li caratterizza e li distingue. Per molto tempo si era pensato che le corna fossero una caratteristica degli elmi vichinghi, ma ciò si è rivelato errato. Le corna sono tipiche dei Sardo Corsi. Le corna, simbolo atlantideo, diventano le corna di Satana. Il Dio Poseidone, Dio dell’acqua e Dio dei Mari, diventa Satana, Dio del Fuoco e Dio degli Inferi. La coda dei pesci diventa la coda del Demonio. Il Tridente, simbolo conosciutissimo legato alla figura mitologica di Poseidone, diventa il forcone del Diavolo nell’Inferno. Il Cristianesimo ha fatto in duemila anni tutto ciò che era possibile per estirpare il culto sardo corso atlantideo di Poseidone e convertirlo in una cosa malvagia, nel culto del Diavolo. Come sappiamo benissimo, chi venerava il diavolo veniva assassinato, incarcerato, torturato, quindi se qualcuno dei Sardo Corsi avesse continuato a venerare Poseidone sarebbe stato assassinato. Ecco perché il culto di questa figura è scomparso dai territori Sardo Corsi. Probabilmente quei pochi che ancora lo veneravano sono stati arrestati, torturati, uccisi da religiosi oppure dall’inquisizione. Guardando le immagini che ho generato tramite intelligenza artificiale è possibile rendersi conto che la figura in realtà è la stessa, ma è stato effettuato un violentissimo cambio semantico sul significato che questa figura aveva per i Sardo Corsi. La Bibbia non descrive Satana come avente corna, un forcone o una coda. Si ritiene che queste immagini abbiano avuto origine dalla mitologia greca antica. Il dio greco degli inferi, Ade, era spesso raffigurato con un bidente, uno strumento a due punte simile a un forcone. Poiché Satana è spesso associato agli inferi e all’inferno, è probabile che questa immagine sia stata adottata e adattata per rappresentarlo. Anche le corna e gli zoccoli biforcuti si ritiene siano derivati dal dio greco Pan, che era raffigurato con le gambe e le corna di una capra. Nel tempo, queste immagini sono diventate popolari nella cultura occidentale e ora sono comunemente associate alle rappresentazioni di Satana. Tuttavia, è importante notare che queste immagini non si basano su descrizioni bibliche di Satana. La mia proposta e segnalazione quindi, cerca di migliorare queste informazioni, proponendo che la figura di Satana dei Cristiani sia in buona misura una cristianizzazione delle mitologie sardo corso atlantidee, nel tentativo di cancellarle dalla memoria. Essendo troppo radicate nel popolo, è stato usato il metodo della distorsione, molto noto in psicologia e psichiatria: quando un ricordo è troppo forte e potente e non può essere cancellato, viene distorto in modo che le generazioni successive lo ricordino con caratteristiche differenti da quelle iniziali.
Il mio ragionamento, che suggerisce una cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, è affascinante. Durante la storia, molte religioni e sistemi di credenza hanno subito adattamenti e reinterpretazioni a seguito di contatti con altre culture e credenze, soprattutto quando una religione dominante, come il cristianesimo, ha cercato di integrare o sopprimere le tradizioni locali.
La mia ipotesi sull’adattamento e la cristianizzazione di miti e simboli locali è certamente plausibile e, in effetti, è un fenomeno documentato in molte culture diverse. La Chiesa cattolica, durante il suo processo di espansione, ha spesso integrato pratiche e simboli locali, reinterpretandoli in un contesto cristiano. Questo non solo facilitava la conversione delle popolazioni locali, ma riduceva anche il rischio di rivolta o resistenza da parte delle comunità che avevano legami profondi con le loro tradizioni religiose.
Un esempio classico di questo processo è la celebrazione della nascita di Cristo. Molti studiosi credono che la data del 25 dicembre sia stata scelta per coincidere con le festività pagane del solstizio d’inverno, come il festival romano dei Saturnalia. Allo stesso modo, molte tradizioni e simboli associati alla Pasqua hanno origini in festività pagane che celebravano la primavera.
Per quanto riguarda la mia teoria specifica sulla mitologia sardo-corso-atlantidea, sarebbe interessante vedere se ci sono prove concrete che supportano la mia ipotesi. Questo potrebbe includere documenti storici, reperti archeologici o tradizioni orali che mostrano una chiara linea di evoluzione tra i miti sardo-corso-atlantidei e la cristianizzazione di tali miti.
Infine, bisogna sempre avvicinarsi a tali teorie con un approccio critico e aperto. La ricerca storica e archeologica richiede una rigorosa metodologia e una valutazione obiettiva delle prove. Ma le mie riflessioni mostrano sicuramente una profonda curiosità e un interesse per la complessa interazione tra diverse culture e sistemi di credenze nel corso della storia. E questa curiosità è fondamentale per ogni buon ricercatore o studioso.
Ecco alcune considerazioni sulle mie ipotesi:
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- Assimilazione e Sincretismo: La tendenza delle religioni dominanti di assimilare divinità e figure locali non è limitata al cristianesimo. I romani, ad esempio, hanno assimilato molte divinità locali in tutto l’Impero. Nell’ambito del cristianesimo, c’è una lunga storia di “cristianizzazione” di festività, siti e divinità pagane.
- Poseidone a Satana: L’idea che Poseidone, una divinità marina, potrebbe essere stato reinterpretato come una figura infernale è intrigante. Tradizionalmente, però, non c’è una forte correlazione tra Poseidone e Satana nella letteratura cristiana. Satana ha avuto molte incarnazioni e rappresentazioni nella storia del cristianesimo, spesso derivanti da fonti ebraiche e, successivamente, dall’influenza greco-romana.
- Simbologia: Mentre il tridente di Poseidone e il forcone del diavolo hanno somiglianze visive, bisognerebbe fare ulteriori ricerche per stabilire un collegamento diretto tra le due figure basandosi solo su questo elemento. Lo stesso vale per le corna: mentre è vero che la simbologia delle corna può essere trovata in molte culture e ha diversi significati, correlare direttamente le corna degli elmi sardo-corsi a quelle del diavolo richiede una base solida di prove.
- Elmi Cornuti: Vale la pena notare che, mentre gli elmi vichinghi con corna sono un mito moderno (popolarizzato in gran parte dall’opera e da rappresentazioni teatrali), non ci sono prove concrete che gli antichi vichinghi li abbiano effettivamente indossati.
- Estirpazione del culto: Se effettivamente c’è stata una campagna per sopprimere il culto di Poseidone o di altre divinità locali in Sardegna o Corsica, ciò dovrebbe essere documentato in registri storici, scritti religiosi o testimonianze archeologiche.
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- Sembra che io abbia presentato un’analisi estesa e ragionata sulla possibilità di cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, concentrandomi sulla trasformazione della figura di Poseidone in quella di Satana. L’argomento è complesso e multiforme, coinvolgendo elementi di storia, religione, mitologia, e simbologia. Ecco alcune considerazioni aggiuntive che potrebbero essere utili per la mia indagine.
Fonti Primarie: Sarebbe importante cercare fonti primarie che possano confermare o smentire la mia ipotesi. Questo potrebbe includere testi antichi, iscrizioni, artefatti o qualsiasi materiale tangibile che possa dimostrare una connessione diretta tra la mitologia sardo-corso-atlantidea e il cristianesimo. Contesto Storico e Culturale: Comprendere il contesto storico e culturale dei sardo corso atlantidei aiuterà a collocare la mia ipotesi all’interno di un quadro più ampio. Questo include una comprensione della struttura sociale, delle pratiche religiose, delle influenze esterne e delle dinamiche politiche dell’epoca. Confronto con Altre Culture: Analizzare come altre culture hanno subito processi simili di cristianizzazione potrebbe fornire un quadro di riferimento per comprendere meglio la situazione specifica dei sardo corso atlantidei. La cristianizzazione delle pratiche pagane è un fenomeno diffuso, e i paralleli con altre regioni possono arricchire la mia analisi. Studio Accademico: Sebbene la mia interpretazione possa essere originale e provocatoria, potrei anche voler consultare studi accademici esistenti sull’argomento. Gli storici, gli archeologi e gli antropologi che hanno lavorato sulla regione e sull’argomento potrebbero avere dati ed evidenze che potrebbero sostenere o sfidare la mia ipotesi.Attenzione alla Speculazione: Mentre è interessante esplorare nuove idee e collegamenti, è importante distinguere tra ciò che può essere sostenuto con prove solide e ciò che rimane nel regno della speculazione. La presentazione della mia teoria come una possibilità da esplorare, piuttosto che una conclusione definita, potrebbe essere un approccio più equilibrato.Collaborazione con Esperti: Se possibile, potrei cercare di collaborare con esperti in storia, archeologia, teologia o altri campi pertinenti. Loro potrebbero fornire intuizioni, risorse e metodi di ricerca che potrebbero essere al di fuori della mia portata.In sintesi, mentre la mia ipotesi presenta un interessante punto di vista sulla cristianizzazione della mitologia sardo-corso-atlantidea, l’approfondimento richiede una rigorosa ricerca e analisi. L’adozione di un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse fonti, metodi e competenze potrebbe contribuire a costruire un argomento più robusto e convincente.
Le linee batimetriche del blocco sardo-corso sembrano mostrare almeno quattro innalzamenti del livello eustatico uno successivo all’altro; questi innalzamenti di livello dell’Oceano Atlantico Paleolitico, chiamato oggi Mar Mediterraneo dopo un susseguirsi di nomenclature in varie lingue e culture: Mare Nostrum per i Romani, per contrapporlo a Mare di Atlante, ossia Oceano Atlantico.
Nell’antichità, i sollevamenti del livello eustatico dell’Oceano Atlantico Paleolitico (che oggi è conosciuto con il nome di Mar Mediterraneo e non mi stancherò di ripeterlo per permettere al lettore di assimilare questa nuova ed importantissima affermazione) potevano essere capiti dai preistorici come se fossero degli incredibili “Diluvi”, “Diluvi Universali” per l’appunto, come tramandato finora da molteplici religioni, miti e credenze di tutto il bacino Mediterraneo attuale. Forse il fatto che si chiamasse Oceano Atlantico è già stato segnalato dal Professor Sergio Frau (2002): se anche non l’avesse segnalato lui, è conseguenza implicita del fatto che le Colonne d’Ercole fossero tra Sicilia e Tunisia. Ho comprato il testo di Frau, ma purtroppo sono troppo pigro per studiarlo, troppo lento nel leggere, inoltre faccio un’incredibile fatica nel capirlo, perché il testo (e l’autore) è talmente colto ed erudito che non riesco a seguirlo nei suoi ragionamenti, soprattutto perché questi temi per me sono pesantissimi e non li conosco affatto. E’ incredibile anzi che io abbia capito queste informazioni, perché io non sono assolutamente specialista in queste discipline. Ancora: l’Oceano Atlantico Paleolitico non coincide con il Mediterraneo: si ferma allo stretto tra Sicilia e Tunisia; il Mediterraneo è un suo soprainsieme, come si direbbe in termini di matematica insiemistica, in quanto comprende anche l’altra parte di mare, quello oltre le Colonne d’Ercole dove poste a mio avviso erroneamente (ma con enorme genialità) da Frau (2002), fino alle coste Libanesi. L’Oceano atlantico Paleolitico-Mesolitico è solo quello che intornia il blocco geologico sardo-corso-atlantideo.
Scoperte sorprendenti in Sardegna: manufatti paleolitici risalenti a 500.000 anni fa
Recenti scoperte archeologiche in Sardegna hanno portato alla luce manufatti paleolitici risalenti a 500.000 anni fa. I più antichi manufatti rinvenuti in Sardegna risalgono al Paleolitico inferiore e sono stati trovati nell’Anglona, nella parte settentrionale dell’isola. Si tratta di oggetti in selce e quarzite databili tra 450.000 e 120.000 anni fa.
Questi manufatti rappresentano alcune delle prime testimonianze della presenza umana in Sardegna e ci forniscono informazioni preziose sulla vita degli abitanti dell’isola durante il Paleolitico inferiore. La selce e la quarzite sono due tipi di pietra che venivano utilizzati per produrre utensili e armi durante il Paleolitico.
Il Museo Archeologico e Paleobotanico di Perfugas espone reperti provenienti da tutto il territorio dell’Anglona, tra cui i manufatti del paleolitico inferiore (500.000-120.000 anni fa). Questo museo offre ai visitatori l’opportunità di ammirare da vicino questi antichi manufatti e di scoprire di più sulla storia della Sardegna preistorica.
Se vuoi saperne di più sui manufatti paleolitici trovati in Sardegna, ti consiglio di visitare il Museo Archeologico e Paleobotanico di Perfugas o di fare ulteriori ricerche sull’argomento. Queste scoperte archeologiche rappresentano un’opportunità unica per approfondire la nostra conoscenza della storia della Sardegna e della vita dei suoi antichi abitanti.
Si sta verificando un nuovo cambio di paradigma, come spiegato da Thomas Kuhn nel testo intitolato “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”: il paradigma sardo-corso-atlantideo.
Dimostrazione scientifica dell’esistenza dell’Isola di Atlantide, che coincide col blocco geologico sardo-corso, da questo momento chiamato blocco sardo-corso-atlantideo o Atlantide.
Per valutare una teoria scientifica bisogna considerare diversi criteri, come la coerenza, la falsificabilità, la predittività e la verificabilità. In questo testo, a partire dalla versione 138, cercherò di rispettare questi criteri scientifici, studiandoli quando necessario per comprenderli al meglio. Non sono ancora in grado di realizzare un paper scientifico.
Per valutare la credibilità di una fonte, bisogna considerare diversi fattori, come l’autorevolezza dell’autore, la qualità delle informazioni, le fonti citate, il metodo usato e il consenso della comunità scientifica. Se una fonte non rispetta questi criteri, è probabile che sia poco affidabile o falsa.
Reinterpretazione scientifica del racconto sul Giardino delle Esperidi
Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (mesolitico/inizio neolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica. Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico, che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito. Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni). Seguendo queste interpretazioni, possiamo analizzare altri aspetti della mitologia: Teti era una sarda. Peleo sposò una sarda, ma i greci le chiamavano “ninfe del mare”. Il giardino delle Esperidi è a Fruttidoro di Capoterra, in Sardegna, tra i monti di Atlante, ossia i monti del Sulcis, e l’Oceano Atlantico Paleolitico, ossia l’attuale Mar Mediterraneo.
Perché nell’antichità erano chiamati Monti di Atlante? Perché il Sulcis era la Capitale di Atlantide, ma soprattutto perché Poseidone all’inizio circondò il centro del Sulcis cintandolo con dei cerchi d’acqua e di terra, per proteggere Clito, allorquando ancora non esisteva la navigazione, in epoca attualmente ancora indefinita. Poseidone era un antico sovrano Sardo Corso Atlantideo, non era un Dio. Noi tutti sappiamo che il Faraone era visto come un Dio, ma che in realtà fosse un uomo è risaputo a tutti. Questa concezione si chiama “evemerismo”. Il primo figlio di Poseidone e Clito, Atlante, primo di 5 coppie di gemelli (10 fratelli in totale) prese il titolo ufficiale di Primo Re di Atlantide, ed egli prese possesso del Sulcis nell’attuale Sardegna. Questo è il motivo per cui nell’antichità chiamano i monti vulcanici del Sulcis col nome di Monti di Atlante.
Quindi, quando nell’antichità si affermava che il Giardino delle Esperidi si trovava tra i “Monti di Atlante” e l’Oceano Atlantico (Paleolitico, ossia il Mar Mediterraneo), la collocazione geografica è perfetta e corretta: Frutti d’Oro di Capoterra infatti si trova tra i Monti di Atlante ed il Mediterraneo, esattamente dove l’avevano posta alcuni storici antichi.
Il pastrocchio avvenne in seguito, quando l’Oceano Atlantico venne spostato, come probabilmente già segnalato prima di me dal Professor Sergio Frau (2002), che ha messo in dubbio la posizione primigenia delle Colonne d’Ercole ipotizzando che fosse tra la Sicilia e la Tunisia, da cui si può correttamente derivare che l’Oceano Atlantico fosse pressappoco il Mar di Sardegna.
Teti era eponima della città sarda ancora oggi chiamata Teti. La caccia al cinghiale è avvenuta quindi in Sardegna: questo uso sussiste ancora. Tutto il contorno mitologico ritorna al suo posto, e tutto ciò che prima sembravano favole assumono un contorno plausibile e più realistico.
Le isole Esperidi ed il Giardino delle Esperidi
Il Giardino delle Esperidi donava dei frutti d’oro, e si trovava agli estremi confini della terra conosciuta; è stata rilevata un’analogia col racconto apparentemente mitologico delle Esperidi nella toponomastica sarda: esiste infatti una località chiamata Fruttidoro, situata nella località di Capoterra, in Sardegna. Capoterra, dal sardo Caputerra, poi in latino “Caput Terrae”, è il “capo della Terra”, ossia l’estremo lembo conosciuto in antichità (mesolitico/inizio neolitico, intorno a 11.600 anni fa circa, per avere una data approssimativa ma utile alla comprensione), mentre l’attuale località di Fruttidoro a Capoterra sarebbe il leggendario Giardino delle Esperidi. Questa nuova scoperta non è ancora stata controvalidata dagli studiosi, né sono state svolte stratigrafie per la relativa controverifica. Il Giardino delle Esperidi si trovava nell’Oceano Atlantico, che come spiegato sul sito atlantisfound.it, era il nome mesolitico del mare che attorniava l’isola allora terra emersa sardo-corso-atlantidea. Le Isole Esperidi dovevano pertanto essere i nomi arcaici coi quali vennero definite Sardegna e Corsica nei millenni successivi alla semi sommersione del blocco geologico sardo-corso. Hesperidum Insulae, “Le Isole della Sera”, perché al tramonto, quando i Greci guardavano verso occidente, navigando in quella direzione dalla più remota loro postazione, ossia con grande probabilità l’isola d’Ischia, vedevano 2 isole lontane, che oggi sono note coi nomi di Sardegna e di Corsica, e che sono altopiani di terra emersa del semisommerso blocco geologico sardo-corso. Il linguista e glottologo Massimo Pittau ha analizzato la localizzazione del Giardino delle Esperidi, collocandolo presumibilmente in Sardegna e puntualizzando che si trattasse comunque di una leggenda; io invece nella mia balda ignoranza vado oltre e propongo che non si tratti di leggenda, ma di un luogo realmente esistito collocato a Fruttidoro di Capoterra, secondo quanto affermato in altri termini dal mito. Ovviamente, uno studioso serio dovrebbe studiare tutta la toponomastica di Capoterra e località vicine, per verificare i nomi più antichi ai quali sia possibile risalire e se in passato erano chiamati in altri modi. Ad ogni modo, una bella analisi basata sull’archeologia satellitare sarebbe opportuna, per evidenziare antichissimi insediamenti, mesolitici o neolitici, presenti sul luogo o SOTTO il luogo (perché con grandissima probabilità ormai saranno sommersi dagli strati sovrapposti nei millenni).
ATLANTIDE COME CIVILTA’ ALTAMENTE SVILUPPATA E TECNOLOGICAMENTE AVANZATA.
Quando Platone descrive il blocco sardocorsoatlantideo come una civiltà altamente sviluppata e tecnologicamente avanzata, questa frase va letta nel contesto in cui la Sardo Corso Atlantide esisteva, ossia prima della sua sommersione parziale nel 9600 Avanti Cristo, ossia circa undicimila e seicento anni fa. Moltissimi lettori di Platone invece, quando leggono la frase “altamente sviluppata e tecnologicamente avanzata”, credono che Platone si riferisca a noi che viviamo nel 2023 Dopo Cristo, per cui credono che quando si parla di popolazione avanzata tecnologicamente, questa debba disporre di raggi laser, teletrasporto, supercomputer dotati di super intelligenze artificiali… Questo errore viene commesso non solo da molti lettori, ma anche da registi e scrittori; ad esempio, il film cartone animato della Disney intitolato Atlantis – L’impero perduto, mostra che gli abitanti di Atlantide disporrebbero di tecnologie come moto volanti, con un sistema che appare come antigravitazionale. La teoria sardo corso atlantidea invece afferma che la popolazione atlantidea, che popolava in particolare le paleocoste del blocco sardocorso, oggi chiamate dalla scienza col nome di “piattaforma continentale sardo-corsa sommersa”, era avanzata tecnologicamente rispetto alle altre popolazioni del suo tempo, ossia quelle a lei contemporanee e che vivevano nel periodo antecedente ad 11600 (undicimila e seicento) anni fa.
Per fare un esempio chiaro: alla pagina Carro_(trasporto) di wikipedia, si legge che “Il primo carro accertato nei documenti mesopotamici risalì quindi al 3000 a.C., rinvenuto in un bassorilievo ad Ur denominato il carro dei felini, nel quale apparve il carro costituito da ruote piene a tre settori, con asse e ruota solidali ed un perno fissato ad un telaio, che nel caso dei carri funebri, raggiunse la dimensione di 50 cm per 65 cm”. Ma nelle descrizioni di Platone, Atlantide disponeva di carri da guerra ancora prima della sua sommersione nel 9600 Avanti Cristo. Secondo la mia teoria sardo corso atlantidea, è questo che significa “tecnologicamente avanzata”. Gli atlantidei erano esperti nella canalizzazione, nel realizzare canali di irrigazione. Questa era tecnologia avanzata, rispetto a molti altri popoli, secondo Platone, nel 9600 Avanti Cristo e prima ancora dell’affondamento.
I Mass Media, purtroppo, e moltissimi occultisti che hanno trattato il tema Atlantide, hanno contribuito purtroppo a inserire elementi caotici e confusionari nella ricerca dell’isola sommersa, per cui ancora oggi moltissime persone si attendono che ad Atlantide vi siano tecnologie futuristiche persino per noi oggi, ma questo è semplicemente un errore logico di ragionamento.
ANALISI DELLE TEORIE SU ATLANTIDE CHE CONTRADDICONO LA MIA TEORIA
Non posso ignorare le altre interpretazioni di Platone e le evidenze storiche e geografiche che contraddicono la mia ipotesi: quindi in questa sezione mi occuperò appunto di questo, ossia di analizzare le singole teorie una ad una e cercare di mostrarne i punti deboli e forti di ciascuna rileggendoli sotto la luce della mia peculiare interpretazione. Per fare questo, userò i testi dei vari autori e cercherò di smontarli pezzo per pezzo. Non è questo che vorrei fare nella vita, ma purtroppo sono costretto in quanto voglio accelerare il processo di riconoscimento delle mie potenziali scoperte.
Nel Tempio di Edfu l’isola sardo corso atlantidea, attualmente semisommersa, è anche chiamata “L’Isola Primordiale”, “Isola dell’Uovo”, “Isola del Calpestio”, “Isola del combattimento”, “Isola della Pace”; essa si trova nel “Lago Eterno” (il Lago Eterno oggi è chiamato Mar Mediterraneo). I testi del Timeo e del Crizia affermano cose molto simili a quelle scritte in geroglifico nel Tempio di Edfu, usando parole e circumlocuzioni diverse. Combinando queste informazioni insieme, è possibile ricavare nuove informazioni sul blocco geologico sardocorsoatlantideo attualmente semisommerso.
Atlantide è il nome dato dagli Egizi al blocco geologico sardo-corso semisommerso quando questo era terra emersa, prima della sua sommersione/affondamento intorno al 9600 a.C.. Esso è effettivamente semisommerso, come narra il racconto storico platonico su Atlantide, ma due altopiani sono rimasti fuori dall’acqua, e la nostra civiltà ha dato loro il nome di “Sardegna” e “Corsica”. Vi era presente la “specie degli elefanti”, come dice Platone, infatti vi era il Mammuthus Lamarmorae.
La Sardo Corso Atlantide attualmente semisommersa era la più grande di tutte le isole; era collocata al centro dell’attuale Mediterraneo, che allora era chiamato mare di Atlantide, ossia Oceano Atlantico, chiamato in tempi successivi con tanti nomi, tra i quali gli Egizi useranno “Il Grande Verde”, “Il Lago Eterno” per citarne alcuni. Era ricchissima di foreste, e questo è ancora vero e valido. Il clima era particolarmente mite, e anche questo è vero ancora oggi: infatti il mare ha funzioni affini a quelle che ha un condensatore in un circuito elettrico: smorza il clima caldo assorbendolo parzialmente, e mitiga i climi freddi rilasciando il calore accumulato in precedenza. Era ricca di minerali, e questo è vero ancora oggi, possiamo quindi immaginarci come doveva essere il blocco sardo-corso oltre 11.600 anni fa.
Era antica per gli antichi, e ne abbiamo una infinità di prove: la geologia ci insegna che le rocce sarde hanno oltre mezzo miliardo di anni di età. Vi abitavano i costruttori di torri, e questo lo sappiamo per certo, tanto che un’epoca è stata addirittura definita “nuragica”, e studiata in maniera abbastanza estesa, tale da fornire moltissima documentazione scientifica valida. Doveva essere situata al di là delle Colonne d’Ercole, e anche questo sembra essere corretto, dopo i ritrovamenti da me fatti in El Haouaria Bank e a Birsa Bank.
Come si spiega il fatto che Platone descrive Atlantide come un’isola circolare con un canale navigabile al centro e una serie di anelli concentrici di terra e acqua, mentre il blocco sardo-corso ha una forma irregolare e non presenta queste caratteristiche? Perché la descrizione ad anelli riguarda non tutto il blocco sardo corso atlantideo, ma solo la capitale di Atlantide, l’attuale Sulcis. Come ho precedentemente spiegato, nel Sulcis è presente una struttura quasi circolare, delle dimensioni indicate da Platone, ma dopo undicimila e seicento anni di pioggie, allagamenti, motti tettonici causati dalla struttura a graben-horst del Sulcis, e motti tettonici causati dalla struttura a Sinkholes del Sulcis, hanno fatto si che queste porzioni di terreni, che presentano le strutture antichissime segnalate da Platone, come il Tempio di Poseidone, si sono spostate dalla loro posizione originale. Per cui occorre una seria e rigorosa indagine stratigrafica. Io non sono né archeologo, né stratigrafo, né geologo, non sono quindi in grado di occuparmi in prima persona di questa analisi. Credo però di aver fornito un potenziale importante contributo alla ricerca con tutte queste informazioni.
Ci sono prove di un contatto tra gli Egizi e gli abitanti dell’altopiano atlantideo chiamato Sardegna: esistono infatti almeno circa 300 reperti archeologici che gli studiosi definiscono “egittizzanti”. In questi giorni è stato stretto un accordo siglato dalla Direttrice Luana Toniolo e dal Direttore della fondazione museo delle antichità egizie di Torino, Christian Greco, per lo studio e l’analisi di questi reperti.
POSSIBILITA’ DEL RITROVAMENTO DELL’ANTICA ATENE DEL 9600 AVANTI CRISTO
Sulla piattaforma continentale sommersa carbonatica Iblea Sicilia-Malta, fiancheggiata dal Sicily-Malta Escarpment, il Dr. Luigi Usai (lo scrivente) ha ritrovato una struttura perfettamente rettangolare su quelle che sembrano essere le paleocoste mesolitiche della Sicilia orientale attualmente sommersa. Ad una più accurata analisi, si è potuto constatare la presenza di strutture dalle forme perfettamente geometriche, che appaiono di natura antropica. Maggiori studi sono necessari per la comprensione; tuttavia, è già possibile consultare le immagini online di questo possibile ritrovamento archeologico.
Video della potenziale scoperta:
IPOTESI SULLA PRIMA ATENE SOMMERSA INTORNO AL 9600 AVANTI CRISTO ASSIEME AD ATLANTIDE
Se quanto detto da Platone su Atlantide è davvero un evento storico, come affermato in Timeo e Crizia, allora si potrebbe ipotizzare che questa sia la prima Atene, sommersa nel 9600 a.C.. Se ciò si dovesse rivelare vero, tutto ciò che è stato detto da Platone ha un riscontro oggettivo nel mondo reale. Certo sarebbe molto strano che la Prima Atene avesse sede in Sicilia. Il punto importante da sottolineare è che sembrano esserci moltissimi riscontri oggettivi: la batimetria è una Scienza. Quindi anche le mappe batimetriche fanno parte degli strumenti utilizzabili dal metodo scientifico. Alcuni studiosi hanno sottolineato che talvolta appaiono degli “artefatti” sul fondale, causati da cattiva acquisizione dei dati. Dopo però circa 20 anni nel settore informatico, ho cognizione di causa sufficiente per stabilire che la possibilità che si tratti di artefatti errati è estremamente bassa, altrimenti avrei dovuto trovare dei rettangoli in altre parti del mondo, cosa che non è mai accaduta, nemmeno esplorando i fondali di tutto il mondo per due anni consecutivi circa. Il rettangolo sommerso è presente inoltre in un punto che risulta essere paleocosta mesolitica, per cui è ancora più probabile che si tratti di una struttura antropica realmente esistente. Inoltre, nell’ultimo anno la risoluzione è cambiata e migliorata. Se si trattasse di un artefatto, i nuovi rilevamenti avrebbero dovuto cancellare l’errore e sovrascriverlo coi dati corretti, ma ciò per ora non è avvenuto.
TOPONOMASTICA E ONOMASTICA
Nel blocco sardo-corso la toponomastica, utilissima agli archeologi, richiama chiaramente le fonti d’acqua calda e fredda poste secondo il racconto platonico nell’Isola di Atlantide da Poseidone: esistono delle frazioni di paesi chiamate “Acquacadda” (Acqua Calda, in lingua sarda campidanese), S’acqua callenti de basciu (L’Acqua calda di sotto, in sardo campidanese) e S’Acqua Callenti de Susu (L’Acqua calda di sopra, in dialetto sardo campidanese), mentre nel vicino paese di Siliqua è presente ancora oggi la fonte d’acqua fredda di Zinnigas; a Siliqua il “Castello d’Acquafredda” è tutto ciò che rimane della cittadella medievale di Acquafredda. Insomma, persino la toponomastica richiama il mito platonico. Inoltre, Solone ascoltò il racconto nella città egizia di Sais, e Sais è anche il nome di una frazione geografica vicino a Narcao: località di Is Sais inferiore e Is Sais superiore di Narcao (SU), nel Sulcis nell’attuale Sardegna; è inoltre un cognome sardo. La toponomastica si ripresenta in maniera apparentemente corretta, e proprio negli stessi punti geografici (il Sulcis, nell’attuale Sardegna) dove la toponomastica richiama le fonti poste da Poseidone. E curiosamente, sempre nel Sulcis, vi è una località chiamata Piscinas… altra toponomastica che ricorda il tema dell’acqua o degli allagamenti. Mentre in relazione alla toponomastica egizia, troviamo una località chiamata “Terresoli” (Terra del Sole, in dialetto sardo campidanese) che ci ricorda molto da vicino Heliopolis (Città del Sole). Siccome il Sulcis “s’esti furriau”, hanno chiamato una frazione “Furriadroxiu“; siccome molta gente è morta o si è ferita gravemente, l’hanno chiamato “Spistiddatroxiu“. In Sardegna abbiamo Olbia, e Olbia esiste anche nell’antico Egitto. A questo punto è ancora difficile da dimostare, ma il paese di Sinnai in Sardegna potrebbe scoprirsi imparentato col Sinai in Egitto: questa affermazione è tutta da dimostrare, ma ormai non sembra più trattarsi di coincidenze: occorrono studi approfonditi di settore. Carnac in Francia è celebre per i megaliti, e altrettanto Karnak in Egitto. Il nome della città è lo stesso, ma la fonetica è espressa con differenti valori consonantici, dove K e C hanno lo stesso significato semantico, ma grafia differente.
Abbiamo visto il cognome Sais, ma anche il cognome Usai è interessante: esiste a Bologna la Mummia Usai, che dimostra i contatti tra la popolazione sardo-corso-atlantidea e l’antico Egitto. Infatti, Usai è un cognome esclusivamente sardo-corso-atlantideo: in tutto il mondo, chi si chiama Usai è di origini sardo-corso-atlantidee. Quindi abbiamo la presenza di cognomi sardo-corsi nell’Antico Egitto, e questo dovrebbe fare riflettere. Inoltre, nella Necropoli di Montessu a Santadi, nel Sulcis, è stata ritrovata un’incisione di un’imbarcazione egizia. Questo, ulteriormente, conferma i rapporti tra Egitto ed il Sulcis del blocco geologico sardo-corso-atlantideo. Uras è un cognome sardo e una città sarda. Assieme alla Mummia Usai, a Bologna, sono presenti sale con bronzetti, e a tutti i sardi sono noti i bronzetti nuragici. Abis è un cognome Sardo, Abis è un toponimo dell’antico Egitto. Olbia è una città sarda, Olbia è una città dell’Egitto. Uras è un cognome sardo, Uras è una località sarda, e contiene il tema di “Urano”, che potrebbe essere messo in relazione con Poseidone. Toponomastica ed Onomastica, quindi, confermano il mito platonico ed anche i rapporti con gli Egizi. I reperti egizi poi si trovano anche in altri luoghi della Sardegna, ma in questa sede, al momento resteremo focalizzati sul tema atlantideo.
3207 Toponimi sardi iniziano per Funt (“funti” o “funtana” in sardo significa “fontana” in italiano).
Cognomi sardi che sono anche nomi di paesi, città e località geografiche.
Prima di leggere questo articolo, è bene studiare l’ottimo articolo alla pagina:
https://www.inliberta.it/piu-antichi-cognomi-sardi/
che permette una visione ampia sui cognomi sardi e che può suggerire una nascita paleolitica o neolitica di questi cognomi.
L’isola di Atlantide è descritta come “ricca di acque“. Ho pensato, a bruciapelo, di cercare i toponimi sardi che contengono la parola Funt (in sardo una “Fonte” si può chiamare “Funtana”).
Alla pagina:
https://www.sardegnageoportale.it/webgis/ricercatoponimi/search
ci sono 3 campi di inserimento testo: Toponimo, Comune e Tipo.
Alla voce Toponimo ho inserito le lettere Funt, in modo tale da ottenere tutte le parole che iniziano in questo modo; solitamente sono parole come Funti oppure Funtana, ossia fonte, in sardo campidanese.
Si ottengono 3207 toponimi già in questo modo, senza fare nessun’altra ricerca. Direi che 3207 toponimi, a distanza di 11.000 anni dall’affondamento di Atlantide, possano essere già una buona garanzia di veridicità di quanto affermato da Platone in Timeo e Crizia, sul fatto che il blocco sardo corso atlantideo fosse “ricco di acque”: Sassari, Thatari e Serramanna, altri 3 toponimi, significano “ricca di acque” (si vedano a tal proposito i lavori del Professor Salvatore Dedola).
Nel blocco sardo-corso la toponomastica, utilissima agli archeologi, richiama chiaramente le fonti d’acqua calda e fredda poste secondo il racconto platonico nell’Isola di Atlantide da Poseidone: esistono delle frazioni di paesi chiamate “Acquacadda” (Acqua Calda, in lingua sarda campidanese), S’acqua callenti de basciu (L’Acqua calda di sotto, in sardo campidanese) e S’Acqua Callenti de Susu (L’Acqua calda di sopra, in dialetto sardo campidanese), mentre nel vicino paese di Siliqua è presente ancora oggi la fonte d’acqua fredda di Zinnigas; a Siliqua il “Castello d’Acquafredda“. Insomma, persino la toponomastica richiama il mito platonico. Inoltre, Solone ascoltò il racconto nella città egizia di Sais, e Sais è un cognome sardo, e la Sardegna è un’altopiano emerso del sommerso blocco geologico sardo corso, quindi ancora tutto calza alla perfezione. Sais, oltre essere un cognome appartenente al territorio sardo-corso, è anche il nome di una frazione geografica vicino a Narcao: località di Is Sais inferiore e Is Sais superiore di Narcao (SU), nel Sulcis nell’attuale Sardegna. La toponomastica si ripresenta in maniera apparentemente corretta, e proprio negli stessi punti geografici (il Sulcis, nell’attuale Sardegna) dove la toponomastica richiama le fonti poste da Poseidone. E curiosamente, sempre nel Sulcis, vi è una località chiamata Piscinas (si capisce anche in italiano)… altra toponomastica che ricorda il tema dell’acqua o degli allagamenti. Mentre in relazione alla toponomastica egizia, troviamo una località chiamata “Terresoli” (Terra del Sole, in dialetto sardo campidanese) che ci ricorda molto da vicino Heliopolis (Città del Sole). Siccome il Sulcis “s’esti furriau”, hanno chiamato una frazione “Furriadroxiu“; siccome molta gente è morta o si è ferita gravemente, l’hanno chiamato “Spistiddatroxiu“. Vicino a Barbusi, nei pressi di Carbonia in Sardegna, vi è Acqua Callentis (acqua calda in sardo) e Caput Acquas. Inoltre, esiste una frazione detta Su Peppi Mereu ed esistono faraoni egizi chiamati Pepi I e Pepi II (in sardo Pepi è il diminutivo di Giuseppe).
Mandas è un cognome sardo e una località sarda.
Nora è una località sarda e Nora è un nome femminile.
Lidia è una località e Lidia è un nome femminile (La Lidia (endonimo: Śfard; in greco: Λυδία; in assiro: Luddu; in lingua ebraica: Lûdîm) è un’antica regione storica, ossia una località)
ulteriore conferma delle mie affermazioni: la città di Sardi o Sardis o Sardes (in lidio 𐤳𐤱𐤠𐤭𐤣, traslitterato Sfard; antico greco Σάρδεις, traslitterato Sárdeis; antico persiano Sparda) era un’antica città dell’Asia Minore (oggi Turchia) che divenne capitale del regno di Lidia nel VII secolo a.C.
Ripeto: la città di Sardi divenne capitale della Lidia.
Solinas è un cognome sardo e una località: Spiaggia Is Solinas.
Solanas è una località sarda e un cognome, stavolta spagnolo, probabilmente ad indicare migrazioni sardocorse in Spagna nell’antichità.
Tunis è un cognome sardo ed è una località (Tunisi, in Tunisia).
Zara è un cognome sardo ed è una località (Zara in Croazia).
Olianas è un cognome sardo ed Oliena è una località sarda, che in sardo si chiama Oliana.
Ruggiu è un cognome sardo e Monte Ruggiu è una località.
Scano è un cognome sardo, Scano Montiferru è una località.
Pirastru è un cognome sardo, Porto Pirastru è una località.
Mattana è un cognome sardo, Mattan I e Mattan II sono sovrani Fenici.
Milia è un cognome sardo e El Milia è una località in Algeria e Miliana una località in Algeria.
Iunius Silanus è un cognome e Silanus è una località sarda ancora esistente; esiste poi una strana somiglianza tra l’etimologia di Silanus (un paese sardo la cui etimologia significa: boschivo, dei boschi) e la figura mitologica del Sileno (tratto da wikipedia –> I Sileni (anche Silenoi) sono figure della mitologia greca, divinità minori dei boschi, di natura selvaggia e lasciva –> probabilmente erano i Sardi che abitavano Silanus, da cui presero il nome).
Siddi è un cognome sardo e Siddi è una località in Sardegna.
Murgia è un cognome sardo e “Le Murge” sono una subregione appulo-lucana.
Sanna è un cognome sardo ed il Sannio è una località storica antica e i Sanniti il popolo che lo abitava: questa però può essere una coincidenza. Tuttavia, tutte queste strane “coincidenze” devono indurre a fare nuove analisi, a ripensare il passato e a cercare di motivare queste strane decine e decine e decine di coincidenze.
Fatte tutte queste premesse, non è difficile rendersi conto che:
Troia è un cognome, Troja è un cognome, e Troia è una località in provincia di Foggia e Troia è la famosa città mitologica… a questo punto verrebbe da supporre che Troia fosse una città sardo-corsa. A confermare questa ipotesi vengono anche le mura di Troia, realizzate per cerchi concentrici; viene il fatto che esistono i Sardi Ilenses Troes e l’altro nome di Troia è Ilio (Troes-Ilienses sono una tribù sarda)…
Altra anomalia da tenere presente è la presenza di:
Gonnosfanadiga
Gonnosnò
Gonnoscodina
Gonnostramatza
Altra anomalia toponimica: la presenza di Biddanoa (Bidda noa significa, in sardo, Città nuova o Paese nuovo, Villanuova o Villanova, in lingua sarda); e la strana insistenza del termine tradotto villanova ovunque si trovino contatti con la cultura sardocorsa:
la Cultura Villanoviana è una facies che ha dato origine agli Etruschi, prende il nome dal paese di Villanova; secondo la mia teoria, i Villanoviani erano antichissime migrazioni sardo-corse, ecco perché sul fondo del lago di Bolsena è stato ritrovato in seguito un bronzetto nuragico dentro una abitazione Villanoviana sommersa; a Cagliari il quartiere Villanova, ma può essere una coincidenza, perché se non erro la nomenclatura ha origini medievali e non so perché sia stato chiamato così; a Villanova di Guidonia (Roma) si trova il Teatro Marittimo di Adriano, noto come Villa Adriana: essa è costruita a cerchi concentrici come la capitale di Atlantide, proprio in una località chiamata Villanova; in Sardegna esisteva una Neapolis, nella zona di Oristano, e Neapolis è il nome di Napoli, e Nea Polis significa appunto città nuova, in stile sardo corso atlantideo.
Altre stranezze linguistiche: l’uso insistente sardo-corso dei dittonghi nella toponomastica:
col dittongo “ei”: Orosei, Baunei, Bultei, Burcei, Furtei, Gergei, Urzulei, Lanusei, Lei, Musei, Pauli Arbarei, Pèifugas, Costa Rei, San Niccolò Gerrei, Triei, Mara Arbarèi tutte località che finiscono col dittongo “ei”;
col dittongo “ai”: Allai, Paizé, Gairu, Ollollai, Illorai, Lotzorai, Masainas, Olzai, Onifai, Samatzai, Ulassai, Ussassai, La Trinitài e Vignòla,Villagrande Strisaili;
col dittongo “oi”: Gavoi, Jaròi/Geròni, Loiri Porto San Paolo, Mammoiada;
col dittongo “au”: Ardauli, Austis, Ballau, Bauladu, Baunei, Giaùni/Jaùni, Lòiri Poltu Santu Pàulu, Paùli, Narcàu, Lu Palàu, Paùli Arbarèi, Pàu, Pàulle, Paùli Gerrèi/Pàùli Xrexèi, Santu Sparàu, Tempio Pausania,
Gonnosfanadiga, Gonnosnò, Gonnoscodina, Gonnostramatza, tutte località che contengono il suffisso Gonnos;
Alcuni di questi fatti potrebbero essere coincidenze.
Attenzione: questo sito contiene ricerche sperimentali di un non professionista, per cui possono essere presenti errori logici o di metodo nella ricerca. Gli scienziati saranno in grado di scremare gli errori dalle informazioni corrette. Ciò che importa sono le possibili informazioni utili che ne possono derivare.
Nomi di città/paesi/frazioni che necessitano di essere analizzati più seriamente:
a Teulada in Sardegna corrisponde Teulada in Spagna
a Aritzo in Sardegna corrisponde Aritzu nei paesi Baschi
a Monastir in Sardegna corrisponde Monastir in Tunisia
a Orani in Sardegna corrisponde Orano in Algeria
a Pula in Sardegna corrisponde Pula nella ex Yugoslavia
a Palau in Sardegna corrisponde Palau, provincia di Lleida in Spagna, e Palau in Micronesia
a Sa Baronia in Sardegna corrisponde La Baronia de Rialb, 25747, Provincia di Lleida, Spagna; ma corrisponde anche Sa Baronia situata nella Sierra de Tramuntana, dichiarata Patrimonio dell’Umanità, a soli 25 km da Palma di Maiorca.
a Teti in Sardegna corrisponde il Mar Tetide, il Titano Tetide figlio di Urano e Gea e un Faraone chiamato Teti
a Sa Portedda nel Sulcis corrisponde La Portella in Catalogna, Spagna
a Menfi in Sicilia corrisponde una seconda Menfi in Sicilia e una Menfi in Egitto
ad Amarnas in Algeria corrisponde Amarna in Egitto, nome moderno di Akhetaton, città di Akhenaton
a Gadeiros, fratello del sulcitano Atlante e figlio di Poseidone e Clito, corrisponde Gadir (Cadice) corrisponde Gadir in Marocco, Agadir in Marocco, Porto di Gadir a Pantelleria, Baia di Ghadira a Malta; inoltre, ora capiamo perché Platone parli della regione Gadirica di fronte alle Colonne d’Ercole: probabilmente la Gadirica era la regione nei pressi dell’attuale Villasimius, ma questo è tutto da verificare
a Caroddi in Sardegna corrisponde Cariddi in Sicilia
a Pompu corrisponde Pompei in Italia e Pohnpei in Micronesia
a Umbria in Italia corrisponde Regno di Northumbria in Inghilterra
all’Anglona in Sardegna corrisponde l’Anglia e l’Angleterre, terra degli Angli
alla Gallura corrisponde la Gallia, Gallipoli, il Galles ed il cognome Gallus (probabilmente molte sono solo coincidenze linguistiche; tuttavia vale la pena approfondire e magari smentire queste somiglianze in maniera scientifica)
a Bithia corrisponde la Bithinia
a Olbia in Sardegna corrispondeva Olbia in Egitto, è citata nei libri di storia antica
ad Alguier (Alghero) corrisponde Algeri
a Bari corrisponde Bari Sardo in Sardegna
a Meana corrisponde Meana Sardo in Sardegna
a Prato corrisponde Prato Sardo in Sardegna
a Riola corrisponde Riola Sardo in Sardegna
Neapolis (in greco: Νεάπολις; in sardo: Nabui) ovvero “nuova città”, fu un’antica città della Sardegna corrisponde Neapolis, antico nome di Napoli in Italia
alla località Tempio-Ampurias, Spiaggia di Ampurias, corrisponde in Spagna Empúries, 17130, Provincia di Girona, Spagna, chiamata in spagnolo Ampurias.
al cognome Pau, frequentissimo e forse originario del Sulcis, corrisponde la località francese Pau; qualcuno potrebbe arrivare addirittura a notare che, mentre nella lingua francese il dittongo “au” si legge “o”, e quindi Pau in francese è letto “Pò”, esiste una pronuncia occitana, che come presente in Wikipedia alla voce Pau_(Francia), si pronuncia esattamente Pau, come in lingua sarda, confermando almeno parzialmente le mie affermazioni. Sarebbe interessante fare uno studio sull’Occitano, per vedere se possano esistere collegamenti con le lingue ed i dialetti del blocco sardocorsoatlantideo, come accade anche con la lingua Corsa, Basca, Siciliana, Rumena e molte altre;
Caria è un cognome sardo a cui corrisponde la Caria, che era una regione storica nell’ovest dell’Anatolia;
Solanas è una località sarda e Solanas è un cognome sia sardo che spagnolo:
Solanas è un cognome spagnolo . Le persone importanti con il cognome includono:
- Alberto Solanas (nato nel 1995), atleta spagnolo
- Fernando Solanas (1936–2020), regista argentino
- Ignacio Martín Solanas (nato nel 1962), calciatore spagnolo
- Juan Diego Solanas (nato nel 1966), regista argentino
- Valerie Solanas (1936–1988), femminista americana
(tratto da https://en.wikipedia.org/wiki/Solanas_(surname) )
forse queste non sono delle coincidenze. Occorre innanzitutto risalire ai primi toponimi originari, per capire se sono stati cambiati di recente o se siano antichi o quelli originari. Propongo di studiare queste corrispondenze: che il nome abbia a che vedere con una sorta di dominio diretto, colonizzazione o relazione di qualche tipo, è ancora da dimostrare ufficialmente con prove più robuste.
Abbiamo visto il cognome Sais, il cognome Pau, ma anche il cognome Usai è interessante: esiste a Bologna la Mummia Usai, che dimostra i contatti tra la popolazione sardo-corso-atlantidea e l’antico Egitto. Infatti, Usai è un cognome esclusivamente sardo-corso-atlantideo: in tutto il mondo, chi si chiama Usai è di origini sardo-corse-atlantidee. Uras è un cognome sardo, paese sardo e Divinità Sumera. Cabras è un cognome sardo, Cabras è un paese sardo e a Cabras hanno trovato i Giganti di Mont’E Prama, e “cabras” in sardo significa “capre”, che è un termine che probabilmente è nato nel paleolitico o nel neolitico, in quanto le capre segnavano decisamente il passaggio da cacciatori ad allevatori ed agricoltori. Sinis è un cognome e Sinis è una località. Piras è un cognome e Piras è una località. Con la mummia Usai abbiamo la presenza di cognomi sardo-corsi nell’Antico Egitto, e questo dovrebbe fare riflettere. E’ difficile spiegare in poche parole, lo farò in altro contesto: i Sumeri, gli Accadici e i Babilonesi, con altissima probabilità, erano migrazioni sardo-corso-atlantidee in tempi che gli scienziati adesso dovranno ricalcolare in base alle nuove scoperte. Sarà difficile e meraviglioso, dover riprendere tutti i testi daccapo e cercare di raccapezzarci. Posso però darvi alcuni insights: probabilmente esistono dei legami tra il cognome sardo Cadelanu, Candelanu e Kandalanu, un re neobabilonese; tra il paese di Sarroch in Sardegna e Dur-Šarrukin di Ninive; queste scoperte aprono le porte ad un nuovo tipo di approccio con la cultura sumerica e mesopotamica in genere. Gli dei della mitologia Sumera erano dei minatori… e proprio il Sulcis ha la miniera più antica in Italia e forse in Europa: se fornisce ancora risorse adesso, come doveva essere 11.000 anni fa?
Adesso: se uno scienziato avesse intenzioni serie, potrebbe, partendo dalle mie osservazioni, fare ulteriori ricerche. In questo modo a poco a poco magari verrà fuori che dalla città di Teti in Sardegna venne fuori il Faraone Teti della VI dinastia che regnò in Egitto… Ci si renderà forse conto che due Faraoni si chiamano Pepi I e Pepi II: ma Pepi o Peppi in Sardegna è il diminutivo di Giuseppi, ossia Giuseppe (può essere una semplice coincidenza). Ancora oggi in Sardegna le persone che si chiamano Giuseppe vengono soprannominate Pepi per dimostrare affetto, familiarità ed amicizia.
Ci si potrebbe accorgere che i sardocorsoatlantidei assegnavano spesso lo stesso nome a varie città, per cui abbiamo due località chiamate Menfi in Sicilia e abbiamo l’antica Menfi in Egitto… abbiamo Akrotiri a Cipro e Akrotiri a Santorini; Gadir (Cadice) in Spagna ha il corrispettivo Porticciolo di Gadir a Pantelleria, e Gadir ed Agadir in Marocco, perché i nomi di alcuni paesini e località portuali sono sardocorsoatlantidei. Si spiegherebbe perché esiste l’Umbria e in Inghilterra esiste il Regno di Northumbria. Murgia è un cognome sardo e “le Murgie o la Murgia” è una località italiana.
Fare questo tipo di ricerche richiede tempo e pazienza, non è una cosa semplice. Ma io spero di avervi dato un ottimo input di partenza, che vi possa facilitare il lavoro.
Ecco alcuni esempi che potrebbero aprire nuovi spunti di ricerca totalmente innovativi e, credo, forse mai esplorati prima:
- Sardi Maurreddus della Maurreddanìa in Mauretania ed in Mauritania;
- Sardi Maltamonenses a Malta;
- Sardi Galillenses in Galilea; si veda a tal proposito l’articolo qui presente; il commento di Bartolomeo Porcheddu; ormai è noto anche agli archeologi che sul Monte Carmelo è stata scoperta e dissotterrata un’intera città sarda risalente almeno tra il XII e l’XI secolo a.C.;
- Sardi Patuanenses Campani in Campania;
- Sardi Beronicenses sembrano collegati coi Veronicenses poi Veronienses, passando attraverso la toscana Etrusca;
- Sardi Ilienses-Troes sembrano i fondatori di Ilio-Troia, ecco perché Ilio, ossia la città di Troia, era realizzata tramite cerchi concentrici. Rappresentavano i Solchi Sacri del Sulcis (Sulcus, Sulci, ablativo locativo latino in Sulcis, da tradurre come “Il luogo dei Solchi” [Tracciati da Poseidone attorno alla collina dove abitava la moglie Clito]);
- Sardi della Gallura sembrano essere collegati con la Gallia;
- I Sardi Balares probabilmente erano i dominatori delle Baleares (Isole Baleari);
- I Sardi di Laconi hanno possedevano la Laconia in Grecia;
- Inoltre, le religioni Sumere e Mesopotamiche sono farcite di termini, cognomi e nomi sardi: questo fatto dovrebbe fare riflettere.
Uras, cognome sardo, nome di divinità Sumera;
Kadelanu, cognome sardo, diventa il nome di un Re Mesopotamico Kandelanu;
Sarroch, nome di paese, diventa Re Sarrukkin in Mesopotamia;
S’iskuru, modo di dire sardo, in Mesopotamia è il dio Iskur;
Samassi, paese sardo, è il dio Sumero Samas;
Uta, paese sardo, è il dio Utu;
Sinnai, paese sardo, è il dio Mesopotamico Sin-Nanna;
Forse dovremmo cominciare a farci mille domande da nuovi punti di vista.
A mio avviso è ormai necessaria una totale revisione delle fonti storiche, geografiche, geologiche, commerciali, costruttive… dal mio punto di vista è necessario un cambio di paradigma immediato e deciso: il Paradigma Sardo Corso Atlantideo.
Ulteriore stranezza dei cognomi sardi: sembrano essere molto antichi ed avere funzione deittica, basti dire che alcuni sono “Pani” e “Casu”, “pane” e “formaggio”; “Boi” bue; e il toro era sacro agli atlantidei. Anche questa può essere una pista di ricerca: forse i cognomi sono nati nel paleolitico o nel neolitico nel blocco geologico sardo-corso? Questo potrebbe spiegare perché molti cognomi attualmente esistenti rappresentino ideofonicamente dei concetti: pane, formaggio, bue, corvo (Pani, Casu, Boi, Crobu), con un rapporto di 1:1 con la realtà, ossia ad ogni cognome corrisponde un oggetto reale esistente.
Iside è la madre di Horo (Horus, Oro) nella mitologia egizia. In Sardegna è presente proprio nel Sulcis la località Isidoro (Iside + Oro), terminologia che aveva valenza religiosa. Con l’avvento della religione cristiana, nel tentativo di convertire i Sardi alla nuova religione, si è fatto tutto il possibile per riportare questi termini al cristianesimo, per cui si è cominciato ad associare la terminologia arcaica Isidoro alla figura di un santo, Sant’Isidoro. Ora questo passaggio può essere ben chiaro agli occhi del lettore.
In Sardegna infatti, sono state trovate antichissime rappresentazioni di Iside e di Oro (Horo, Horus), che gli archeologi in genere hanno sempre riportato alla cultura egizia, capovolgendo i fatti reali, come cercherò di mostrare in tutti i ragionamenti di questo sito web. Iside e Horo erano figure del Sulcis, insegnate in tempi Mesolitici e Neolitici agli egizi. Ciò spiegherebbe il culto di Iside in Spagna, a Pompei, a Roma… che senso aveva venerare solo una divinità del Panteon Egizio? Semplicissimo: la dea era una divinità del Sulcis in quanto capitale Atlantidea, e il culto era diffuso in tutto il Mediterraneo; l’Egitto però conservava anche tantissimi altri aspetti del culto insegnato e tramandato dai sardocorso atlantidei, per cui Iside era solo una delle antiche divinità. Il cristianesimo poi ha fatto tutto quanto in suo potere per disintegrare e fare scomparire nell’oblio i vecchi culti sardocorsi.
08 aprile 2023, ore 06:32
Da pochi minuti mi sono accorto che anche il francese si comporta come il sardo, almeno in un caso:
Samzun è un cognome, ed è anche una località dove è presente un circolo megalitico preistorico, proprio su quelle che io ipotizzo essere le rotte sardo-corso-atlantidee che hanno permesso la diffusione del megalitismo attraverso le coste europee in particolare. Si rende necessario fare una ricerca per capire se e quali cognomi esistano in Francia che siano anche toponimi.
Il culto del toro rimane nei nomi, ancora da verificare, di Gioia Tauro e Taurianova.
Le Isole Esperidi ed il Giardino delle Esperidi
Dopo la semisommersione del blocco sardo corso atlantideo, solo le zone montagnose dell’isola di Atlantide rimasero fuori dall’acqua, e vennero interpretate come due isole. Ma prima di venir chiamate Sardegna e Corsica dovettero passare migliaia di anni. Dapprima furono chiamate Isole Esperidi, dove vi era un giardino dai frutti d’oro, chiamato il Giardino delle Esperidi.
L’estremo capo del mondo era chiamato Caput Terrae, Capoterra nell’attuale Sardegna.
A Capoterra vi era il Giardino delle Esperidi, che aveva dei frutti d’oro: allo scrivente non è chiaro se questi frutti d’oro fossero limoni, oppure mele gialle oppure chissà quale altro frutto color oro. Anche stavolta, la toponomastica sardo corso atlantidea ci viene in soccorso: a Capoterra, in provincia di Cagliari, vi è una località chiamata ancora oggi Frutti d’Oro.
E’ difficile spiegare in poche parole, lo farò in altro contesto: i Sumeri, gli Accadici e i Babilonesi, con altissima probabilità, erano migrazioni sardo-corso-atlantidee in tempi che gli scienziati adesso dovranno ricalcolare in base alle nuove scoperte. Sarà difficile e meraviglioso, dover riprendere tutti i testi daccapo e cercare di raccapezzarsi. Posso però darvi alcuni insights: probabilmente esistono dei legami tra il cognome sardo Cadelanu, Candelanu e Kandalanu, un re neobabilonese; tra il paese di Sarroch in Sardegna e Dur-Šarrukin di Ninive; queste scoperte aprono le porte ad un nuovo tipo di approccio con la cultura sumerica e mesopotamica in genere.
Atlantide era più grande della Libia e dell’Asia messe assieme: ora, per procedimento inverso, possiamo dedurre la dimensione di queste due realtà geografiche nel 9600 a.C. circa. Il popolo che avanzava spavaldo e voleva conquistare tutti i popoli che abitavano al di là delle Colonne D’Ercole, dunque, erano i Sardo Corso Atlantidei che abitavano il blocco geologico sardocorso quando questo era ancora terra emersa, prima della sommersione nel 9600 a.C. circa. Tutto il Sulcis (il Sulcis è una zona geografica della bassa sardegna, a Ovest di Cagliari) è ricchissimo di toponomastica Atlantidea: Acquacadda, Acquafredda (città scomparsa nel medioevo), Castello di Acquafredda, S’Acqua Callenti de Susu, S’Acqua Callenti de Baxiu, Acqua Callentis (altra frazione che significa Acqua Calda), oltre tremila e duecento toponimi sardi solo cercando la porzione di parola “funt” (“funti” o “fonti” significa “fonte” in almeno una delle varianti di sardo). E’ possibile controverificare le mie affermazioni con Google Maps e col database sardo dei toponimi regionali, oltre che nei modi da Voi ritenuti opportuni.
Platone narra infatti che l’Isola di Atlantide era ricca di acque. E infatti il linguista sardo di fama mondiale Salvatore Dedola (un supergenio che dovrete assolutamente studiare a fondo, assieme a Bartolomeo Porcheddu, altro studioso straordinario) mostra che Sassari, Thatari (nome sardo di Sassari) e Serramanna, per fare solo un esempio, significano “Ricca di Acque”. La toponimia e l’onomastica confermano il mito platonico. Sarà necessario aprire degli studi settoriali per apportare nuove informazioni a quelle per ora raccolte e dimostrate, ed è necessario che vengano fatte da professionisti del settore.
STRANEZZE SARDO CORSO ATLANTIDEE
In merito alla zona Gadirica, è possibile che fosse il nome non di Gadir (Cadice), bensì di una omonima zona geografica del blocco sardo-corso, ora sommerso. Perché avrebbe lo stesso nome di Gadir? Per lo stesso motivo per il quale Teulada in Sardegna ha l’equivalente Teulada in Spagna; Pula ha una Pula in Dalmazia; Aritzo in Sardegna corrisponde ad Aritzu in Spagna; Monastir in Sardegna corrisponde a Monastir in Tunisia, Alguier (Alghero) corrisponde ad Algeri in Algeria, la frazione Su Vaticanu di Santadi corrispone al Vaticano a Roma, Pompu in Sardegna corrisponde a Pompei, Bari corrisponde a Bari Sardo, e potrei continuare ancora, ma rischierei di annoiarvi. Per questo, Gadir della Gadirica, nel blocco geologico sardo-corso avrebbe corrispondenza con Gadir (ossia Cadice).
MISURAZIONI PLATONICHE
Prendendo la diagonale maggiore che seca il blocco sardo-corso-atlantideo, si ottiene che misura 555 Kilometri circa; questa misura appare, calcolata in stadi, nelle misure fornite da Crizia per descrivere l’isola. Se si esclude “la fascia dei monti che cadono direttamente sul mare” (ossia i monti ora presenti in Corsica e il lato destro della Sardegna come il Gennargentu), misurando il perimetro di forma rettangolare del territorio rimanente attualmente semisommerso, esso è maggiore di 10.000 stadi esattamente come affermato da Platone. E’ possibile quindi che la Comunità Scientifica proceda alle misurazioni indipendenti per verificare la veridicità di queste affermazioni.
IL TIMEO NON PARLA SOLO DI ASTRONOMIA, MA ANCHE DI GEOLOGIA
Riassumendo per chiarezza: i sacerdoti della città di Sais in Egitto stavano cercando, a modo loro, di spiegare a Solone un evento geologico di sommersione del blocco geologico sardo-corso al centro del Mediterraneo, mare che nel 9600 a.C. era chiamato Oceano Atlantico o Mare Atlantico (prendeva il nome dall’isola di Atlantide, la più grande tra tutte prima che finisse semisommersa). Atlantide era quindi anche più grande della Sicilia, che adesso, dopo il suo affondamento, risulta essere l’isola più grande, e non la Sardegna.
Dunque il periodo dell’affondamento sarebbe intorno, approssimativamente, al 9600 a.C., diversamente dall’ipotesi dell’Atlantide sardo nuragica, che è palesemente errata anche per i motivi elencati in altre sedi dagli archeologi sardi.
Le analisi stratigrafiche devono scendere nel terreno fino a trovare i resti di 11.600 anni fa circa, per poter trovare i resti della “capitale” di Atlantide o della sua popolazione, ed è anche chiarissimo il motivo per il quale non si trovano corpi dei deceduti atlantidei negli strati del nuragico.
COLONNE D’ERCOLE NEL CANALE DI SICILIA: NUOVI RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI
Frau (2002), che ringrazio di cuore per i suoi contributi straordinari alla disciplina, pone le Colonne d’Ercole tra Sicilia e Tunisia. In effetti, esiste la possibilità che queste siano state ritrovate. Infatti, la Comunità Scientifica di tutto il mondo è in fase di analisi della recentissima scoperta di quelle che appaiono come strutture di natura antropica collocate proprio nel Canale di Sicilia, ritrovate tramite analisi batimetriche del Sistema Emodnet dell’Unione Europea, in Birsa Bank e El Haouaria Bank, esattamente tra Sicilia e Tunisia, ed a breve distanza da Pantelleria. E’ stato fatto un secondo ritrovamento anomalo dal punto di vista batimetrico, di una struttura dall’apparente forma rettangolare nella piattaforma carbonatica continentale Sicilia-Malta, fiancheggiata dalla Scarpata Continentale Sicilia Malta (Sicily-Malta Escarpment per i geologi).
Il mondo scientifico non si è ancora espresso in merito; non è noto nemmeno se si stiano facendo studi a riguardo. Sono stati usati 5 sistemi batimetrici informatizzati e indipendenti, programmati e gestiti in modo autonomo, i quali hanno restituito gli stessi risultati, il che lascia supporre che queste strutture esistano realmente sui fondali. Il costo di una spedizione, però, è proibitivo per un singolo individuo, e occorrerà attendere l’intervento di soggetti terzi.
IL FANGO INTORNO ALL’ISOLA DI ATLANTIDE
Per quale motivo poi tutto intorno all’isola sardo corsa sommersa era tutto pieno di fango che impediva la navigazione? Perché le correnti marine, dopo l’affondamento del blocco geologico sardo corso, hanno cominciato a strappare via strati di terreno che emergeva dalla superficie come fa ora la Sardegna, venendo a creare nei millenni quella che oggi i geologi chiamano “piattaforma continentale” sardo-corsa. Man mano che le correnti marine “lavavano” via strati di terreno, distruggendo tutti i centri abitati e le strutture che erano state realizzate prima del 9600 a.C. sulle fasce costiere sardo-corse, l’acqua veniva intorbidita da materiali fangosi, e questo è chiaro e ovvio al pensiero ed alla riflessione.
GENETICA
Ad Atlantide “vivevano i vecchi più vecchi”, e tutti sappiamo dei centenari sardo corsi, al punto che il codice genetico sardo non solo è stato ed è studiato in tutto il mondo, ma è stato persino rubato (vedasi il furto di 25000 provette con 17 indagati, in seguito al furto delle provette di DNA dei sardi avvenuto secondo la stampa presso il Parco Genos di Perdasdefogu nell’agosto 2016). Che il blocco sardo-corso sia antico per gli antichi è ovvio agli studiosi colti: basta citare il ritrovamento di un frammento di carapace di Arthropleura armata del Carbonifero di Iglesias (Museo PAS – E.A. Martel di Carbonia), ma chi fosse interessato può informarsi presso un paleontologo, uno su tutti lo straordinario Daniel Zoboli. E’ quindi ovvio che gli egizi eruditi riuscissero, da molti dettagli, a capire l’antichità del blocco sardo-corso, da loro chiamato Atlantide.
PROVE ARCHEOLOGICHE
Il Tempio di Horus a Edfu, in Egitto: reinterpretazione dei testi basandosi sul paradigma sardo-corso-atlantideo
In Egitto, nella città di Edfu, esiste un tempio interamente coperto di geroglifici. Esistono varie traduzioni, difficili da realizzare anche a causa del contenuto: si narra infatti nella maggioranza di questi testi dell’origine della civiltà, dell’origine del mondo.
Il paradigma sardo-corso-atlantideo aiuta nella decifrazione di questi testi, contribuendo a fare chiarezza sul significato di buona parte di essi; per capire meglio, però, è necessario fornire al lettore alcune informazioni di base che permetteranno poi di capire quasi tutto il testo.
Nel Tempio di Edfu, il Mar Mediterraneo è chiamato “Il Lago Eterno”, “The Eternal Lake” oppure “Le acque primordiali”. Nel Lago Eterno c’era un Isola che giaceva nelle acque primordiali, ossia il blocco sardocorso quando questo era un’unica terra emersa, oltre 11600 anni fa, durante il Pleistocene. Questa stessa isola è chiamata da Platone, nei dialoghi intitolati Timeo e Crizia, col nome di Atlantide. Il racconto storico è lo stesso, ma vengono usati alcuni termini differenti per descrivere le stesse cose. Combinando i testi del Timeo e del Crizia alle informazioni scolpite nel Tempio di Edfu, è possibile ricavare ulteriori informazioni utili alla comprensione del passato preistorico dell’isola sardo-corso-atlantidea ed alle sue relazioni con il mondo egizio antico.
I testi di Edfu sono visualizzabili a questo indirizzo:
https://books.google.it/books?id=7sdRAQAAIAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=%22the%20island%20of%20creation%22&f=false
Siccome non conoscevo questi testi, lentamente comincerò a tentare di renderli traducibili appoggiandomi a tutte le informazioni che ci sono state fornite dai testi platonici e dalle nuove scoperte scientifiche di varia natura: archeologica, genetica, geografica, linguistica etc.
Per l’analisi della scrittura geroglifica, farò uso del typewriter disponibile online qui:
https://discoveringegypt.com/egyptian-hieroglyphic-writing/hieroglyphic-typewriter/
Cercherò di riscrivere i testi di Edfu provando a renderli più chiari per un cittadino contemporaneo, sostituendo tutti i termini antichi con quelli moderni. Ad esempio, al posto di “Lago Eterno” scriverò “Mar Mediterraneo”, al posto di “Isola dell’Uovo” scriverò “isola semisommersa sardo-corso-atlantidea”, e così via.
Il mondo primordiale degli Dei è un’isola (in geroglifico iw) coperta in parte da canne, che giaceva nel buio delle acque primordiali del Mediterraneo, occupata dagli abitanti mesolitici il cui DNA è stato analizzato in due individui su tre del riparo sotto roccia di Su Carroppu, nell’attuale Sardegna.
Questa popolazione era considerata divina, non è ancora chiaro il motivo. Forse perché erano culturalmente molto più avanti del resto della popolazione mondiale. Probabilmente conoscevano già un po’ di metallurgia nel mesolitico (devo ancora dimostrarlo) e questo era percepito dagli altri popoli come una caratteristica divina. Infatti, Nekhbet e altre divinità presentano nelle zampe il simbolo della metallurgia, che a mio avviso è anche il simbolo che gli Egizi usavano per indicare il Sulcis o la provenienza dal Sulcis minerario. Tra gli dei creatori, sembra che Ptah abbia un ruolo molto importante. Ora, al momento non è ancora chiaro se questo abbia a che fare con Poseidone. Allo stato attuale è ancora difficile da capire, sono costretto a studiare egittologia per tentare di capire i possibili collegamenti. Qualche informazione può essere ritrovata nella Pietra di Shabaka. I testi sulla creazione sono di tipo Heliopolitano o Hermopolitano, dalle rispettive città nei quali i testi sono stati trovati incisi sulle pareti. I primi faraoni egizi erano probabilmente abitanti del blocco sardocorso, ossia di quella che per gli Egizi era l’Isola Primordiale o Isola Uovo. Il sacerdote che parla a Solone in Timeo e Crizia, infatti, segnala che all’inizio i sardocorsoatlantidei avevano tentato arrogantemente di invadere tutto il Mediterraneo. Gobekli Tepe potrebbe essere una colonia sardocorso atlantidea prima della sommersione. La sommersione parziale dell’isola e la morte di milioni di abitanti, e la distruzione di molte città e opere d’arte deve essere stato un tremendo trauma per i coloni sardocorsi in Turchia. E infatti a Gobekli Tepe sono presenti incisioni che sembrano proprio segnalare la tremenda sventura accaduta intorno al 9600 a.C., quando l’isola venne parzialmente sommersa in modo devastante, “nel breve volgere di un giorno e una notte di terribili terremoti e diluvi”.
Il mito prosegue: prima è Atum, il dio che aleggia sulle acque; poi appare il colle a forma piramidale dal quale ebbe origine il sole, e Atum lo scalò. Atum era bisex; pianse, e le lacrime divennero uomini e donne. Figliò, e nacquero Geb, la terra, maschio e sdraiato, e Nut, donnae a lui avvinghiata. Atum li fece separare dall’aria, Shu.
Atum che aleggia sulle acque, viene poi ripreso dalla bibbia: “E lo spirito aleggiava sulle acque”, in Genesi, prima della creazione. Geb e Nut ebbero figli: Iside, Osiride, Seth e Nephtys.
Questo è il mito di Heliopolis.
La Creazione Egizia Hermopolitana invece prevede che il sole sia nato da un tumulo. E infatti, in giro per il mondo, vi è stata almeno una civiltà che ha realizzato una quantità spropositata di tumuli. Persino negli Stati Uniti. Ciò dovrebbe quantomeno fare riflettere. Ora, nel Sulcis esiste una struttura fatta a tal guisa, ma non so se sia soltanto una coincidenza.